Diritto dei trasporti
2000
 III
pag. 875 

TAR VENETO, SEZ. I, 4 MAGGIO 1999 N. 537

Pres. TROTTA -  Rel.STEVANATO
Aeroporto Valerio Catullo di Verona - Villafranca s.p.a.
(avv. G. Silingardi, M. Riguzzi. S. Sacchetto)
c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell'Ambiente (avv. Brunetti)

 Infrastrutture dei trasporti - Aeroporti - Regolamento per la riduzione dell'inquinamento acustico - Non distinzione fra rumore degli aeromobili e delle operazioni aeroportuali - Legittimità.

Infrastrutture dei trasporti - Aeroporti - Regolamento per la riduzione dell'inquinamento acustico - Gestione e manutenzione del sistema di monitoraggio - Affidamento ai gestori aeroportuali - Legittimità

Infrastrutture dei trasporti - Aeroporti - Regolamento per la riduzione dell'inquinamento acustico - Piano di abbattimento e contenimento del rumore - Predisposizione da parte dei gestori aeroportuali - Obbligo soltanto in caso di superamento dei valori limite.

Infrastrutture dei trasporti - Aeroporti - Regolamento per la riduzione dell'inquinamento acustico - Divieto di volo notturno - Illegittimità.

RIASSUNTO DEI FATTI. Con ricorso straordinario al Capo dello Stato, trasposto in sede giurisdizionale davanti al TAR Veneto, la s.p.a. Aeroporto Valerio Catullo di Verona-Villafranca ha impugnato, per violazione della legge quadro sull'inquinamento acustico 26 ottobre 1995 n. 447, il d.P.R. 11 dicembre 1997 n. 496, con cui è stato emanato il regolamento recante norme per la riduzione dell'inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili.

MASSIME:

Il d.P.R. 11 dicembre 1997 n. 496, recante norme per la riduzione dell'inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili ed emanato in attuazione - integrazione della legge quadro sull'inquinamento acustico, non è illegittimo nella parte in cui non distingue fra le emissioni rumorose degli aeromobili e quelle delle operazioni aeroportuali (1).

L'affidamento ai gestori aeroportuali, da parte del d.P.R. 11 dicembre 1997 n. 496, della gestione e della manutenzione del sistema di monitoraggio del rumore, non implica sottrazione delle competenze che la legge quadro sull'inquinamento acustico attribuisce alle Provincie ed ai Comuni (2).

L'obbligo dei gestori aeroportuali di predisporre il piano di abbattimento e contenimento del rumore, imposto dal d.P.R. 11 dicembre 1997 n. 496, vale soltanto nel caso di superamento dei valori limite di emissione ed immissione (3).

Il divieto di volo notturno, imposto dal d.P.R. 11 dicembre 1997 n. 496, non è ripreso dalla fonte legislativa presupposta (legge quadro sull'inquinamento acustico). Pertanto, poiché l'art. 16 cost. pone una riserva di legge al diritto costituzionalmente garantito alla libertà di circolazione, tale divieto è illegittimo perché previsto da una fonte secondaria mancante della necessaria copertura legislativa (4).
 

DIRITTO - L'impugnato regolamento governativo è stato emanato in esecuzione della legge 26.10.1995 n. 447 «legge quadro sull'inquinamento acustico». Quest'ultima ha fissato principi generali di tutela dell'ambiente e degli ambienti abitativi, nonché degli ecosistemi, dei beni e delle attività umane, dai rumori fastidiosi, pericolosi e dannosi per la salute.
Secondo un modello di normativa recentemente affermatosi (il criterio è quello della semplificazione delle fonti di produzione normativa e della delegificazione) la legge 447/95 si limita a fissare gli aspetti della disciplina, con norme di astratto principio e di distribuzione delle competenze (indicando autorità e tipologie di atti) e rinviando per il resto a regolamenti e ad atti generali, dello Stato o degli enti locali, oltre che a leggi delle Regioni, che dovranno svolgere e completare la disciplina concretamente applicabile, nonché attuare la pianificazione e l'organizzazione delle funzioni.
In sintesi, il contenuto della legge quadro è costituito da norme di definizione (art.2), norme di distribuzione delle competenze tra Stato, Regioni, Provincie e Comuni (artt. 3, 4, 5 e 6), norme sulla pianificazione (artt. 7 ed 8), sulle sanzioni (art. 10) e sui controlli (art.14).
L'art. 11, co. 1, della legge quadro prevede l'emanazione di appositi «regolamenti di esecuzione» de parte del governo, distinti per sorgente sonora, tra cui quella avente origine dal traffico aereo: la previsione è stata attuata con l'impugnato d.p.r. 11.12.1997 n. 496.
Una prima questione che deve essere affrontata riguarda la natura di questi regolamenti: secondo l'interpretazione letterale, si tratterebbe di regolamenti «esecutivi» ex art. 17, lett. A, della l. 23.8.1988 n. 400. In realtà, nonostante la legge utilizzi il termine «regolamenti di esecuzione» l'interpretazione da preferirsi è che si tratta di regolamenti attuativi-integrativi ex art. 17, lett. B, della l. 23.8.1988 n. 400, poiché al criterio letterale del nomen juris va senz'altro preferita l'interpretazione logica e teleologica.
Infatti, come si è detto sopra, la legge quadro si limita a fissare pochi ed astratti principi o a distribuire le competenze. Disposizioni di questo genere non possono essere utilmente svolte con una semplice normazione di dettaglio, quale soltanto può essere recata da regolamenti esecutivi, ma richiedono necessariamente un completamento che può essere dato solo da una normazione di attuazione e di integrazione. D'altra parte, la legittimazione ad introdurre norme attuative-integrative deriva dallo stesso art. 17, lett. B, l. 400/88, senza che occorra una specifica autorizzazione della legge da attuare ed integrare.
Ciò premesso, col primo motivo la società ricorrente ha censurato la definizione delle attività aeroportuali (art. 1 del regolamento) che sarebbe ultronea rispetto al dettato della legge perché non distingue tra emissioni rumorose degli aeromobili ed emissioni rumorose delle operazioni aeroportuali, con la differenza che i relativi oneri sono indifferentemente posti a carico degli enti gestori (come emerge dall'art. 3, co. 4, del regolamento).
La disposizione censurata è quella che definisce l'attività aeroportuale, con rinvio all'art. 3, comma 1, lettera m), punto 3) della legge quadro, che così recita: «per attività aeroportuali si intendono sia le fasi di decollo o do atterraggio, sia quelle di manutenzione, revisione e prove motori degli aeromobili».
Ora, è vero che la definizione alla quale viene fatto rinvio, nella legge quadro, è finalizzata soltanto alla «individuazione delle zone di rispetto per le aree e le attività aeroportuali e ai criteri per regolare l'attività urbanistica nelle zone di rispetto», essendo dettata «ai fini della presente disposizione». Tale limitata portata della definizione nelle legge non impedisce però che la stessa possa essere ripresa dal regolamento per un'estensione e per effetti più ampi. Né si può dire che tale definizione introduca alcun significato discordante rispetto alla legge.
Da quest'ultima, in particolare, non emerge il principio che le sorgenti di rumore negli aeroporti debbano ricevere un trattamento separato. Più precisamente, le misure tecniche di abbattimento dei rumori prodotti dagli aeromobili non sono disgiunte dalle procedure antirumore (vd. l'art. 10, co. 5, ed il decreto del Ministero dell'Ambiente 31.10.1997) il che è del tutto logico se si considera che il rumore immesso nell'ambiente esterno dipende da una serie di concause, non esclusivamente dal rumore emesso dal velivolo, ma anche dalle caratteristiche e dalle modalità di esercizio delle infrastrutture aeroportuali (si pensi, ad esempio, alla contemporaneità di più fasi di decollo e/o di atterraggio, al tempo di accensione dei motori, etc.).
In definitiva, l'ampia definizione impiegata dal regolamento non contrasta con la legge, ma anzi appare indispensabile per le finalità attuative e di completamento di una disciplina dell'inquinamento acustico avente origine dal traffico aereo. La stessa definizione della legge, limitata agli effetti urbanistici, non toglie che essa abbia obiettivamente un significato generale ed onnicomprensivo del concetto di produzione del rumore, facendo riferimento alle fasi del decollo, dell'atterraggio, della manutenzione, della revisione e delle prove dei motori.
Il primo motivo va perciò disatteso.
Passando al secondo motivo, la disposizione censurata (art.2, co. 2, del regolamento) affida la gestione e la  manutenzione del sistema di monitoraggio agli enti gestori. Secondo la società ricorrente, tale funzione spetta alle Provincie ed ai Comuni, perché ad essi la legge quadro attribuisce le funzioni di vigilanza e controllo.
Anche tale censura è infondata perché muove da un equivoco sulla portata e sulla interpretazione delle relative norme.
Invero, le funzioni di vigilanza e controllo, sull'osservanza della disciplina relativa all'inquinamento acustico, sono contemplate dall'art. 14 della legge quadro e sono distribuite tra le Provincie ed i Comuni, genericamente per tutte le sorgenti sonore.
Diverso è il caso in questione, che riguarda la specifica gestione del sistema di monitoraggio indicato dall'art.2, co.2, del regolamento impugnato. Esso è istituito per il rilevamento dei dati, da utilizzarsi per la repressione (da parte del direttore della circoscrizione aeroportuale) delle violazione delle procedure antirumore causate dagli aeromobili, col procedimento sanzionatorio disciplinato dai restanti commi dell'art. 2 del regolamento, secondo lo svolgimento dei principi posti dall'art. 10, co. 3, della legge quadro. Tali procedure antirumore sono state definite con decreto 31.10.1997 del Ministro dell'Ambiente, di concerto col Ministro dei Trasporti e della Navigazione.
Il sistema di monitoraggio, in altri termini, è affidato agli enti gestori per la sola misurazione del rumore prodotto dagli aeromobili ed appare logico e ragionevole che tale incombente tecnico sia stato affidato agli stessi soggetti che gestiscono gli aeroporti ed hanno la disponibilità di tutte le relative infrastrutture.
Anche tale disposizione rientra, quindi, nei limiti della fonte secondaria: non c'è sottrazione delle competenze spettanti alle Provincie o ai Comuni ex art. 14 della legge, ma viene definita una fase tecnico-accertativa del procedimento per l'irrogazione delle sanzioni amministrative, previste dall'art. 10 della legge.
Il secondo motivo va pertanto anch'esso disatteso.
Col terzo motivo è stata censurata la norma recata dall'art. 3, co. 1, del regolamento, perché imporrebbe un obbligo generalizzato ed incondizionato, per gli enti gestori, di predisporre il piano di abbattimento e contenimento del rumore prodotto dalle attività aeroportuali, indipendentemente dal superamento dei valori limite di emissione ed immissione, come invece è previsto dall'art. 10 della legge.
Anche tale censura muove da un equivoco interpretativo. L'art. 3 del regolamento impugnato, in realtà, non è formulato in modo da introdurre un obbligo indiscriminato ed incondizionato di prestazione del piano di abbattimento, aggravando il precetto contenuto nell'art. 10, co. 5, della legge che pone tale obbligo soltanto nel caso di superamento dei valori limite di emissione ed immissione.
La norma regolamentata recita infatti: «Ai sensi dell'art. 10, co. 5, della legge 26 ottobre 1995 n.447, le società e gli enti gestori degli aeroporti, predispongono e presentano col comune interessato il  piano di abbattimento e contenimento del rumore prodotto dalle attività aeroportuali, redatto in conformità a quanto stabilito dal Ministro dell'ambiente con proprio decreto». Essa perciò si limita a ripetere il dettato della legge, senza nulla aggiungervi.
E' evidente, quindi, che l'obbligo vale soltanto nel caso di superamento dei valori minimi di emissione ed immissione, come prescritto dal richiamato art. 10, co. 5, della legge: nessuna novità è introdotta rispetto alla legge quadro.
Anche il terzo motivo è perciò infondato.
Resta infine da decidere sul quarto motivo, diretto contro l'art. 5 del regolamento che ha introdotto il divieto di volo notturno, dalle ore 23 alle ore 6, escluse le circoscrizioni degli aeroporti intercontinentali di Roma-Fiumicino e di Milano- Malpensa ed i voli effettuati per il servizio postale, con previsione di deroghe di volta in volta autorizzabili dall'Ente nazionale per l'aviazione civile.
Al riguardo, la società ricorrente ha dedotto che tale disposizione è priva di copertura legislativa.
In effetti, il divieto di volo notturno, posto dall'art. 5 del regolamento impugnato, non è previsto da alcuna disposizione della legge quadro che, pur in via generale e di principio, abbia previsto questa misura contro l'inquinamento acustico derivante dal traffico aereo. Il divieto stesso, non essendo ripreso dalla fonte legislativa presupposta, costituisce quindi una misura normativamente concepita ed introdotta autonomamente ed originariamente dal regolamento, cioè da una fonte produttiva normativa secondaria che, come si è detto sopra, trova la sua fonte legittimante nell'art.11, co. 1, della stessa legge quadro 447/95.
Nessuna disposizione della legge stessa contiene, insomma, un principio sul quale possa svilupparsi e giustificarsi come norma attuativa-integrativa, la disciplina del divieto di volo notturno introdotto dal regolamento, con le relative deroghe ed eccezioni.
Oltre a ciò, si deve considerare che il divieto generalizzato dei movimenti aerei su tutti gli aeroporti civili incide, direttamente o indirettamente, su un diritto costituzionalmente garantito come quello della libertà di circolazione e sul collegato interesse della collettività alla circolazione, col mezzo aereo, sul territorio dello stato.
L'art. 16 della Costituzione pone al riguardo una riserva relativa di legge: conseguentemente, se una disciplina anche limitatrice è senz'altro ammissibile, da parte di una fonte di produzione normativa primaria, non altrettanto può dirsi con riguardo ad una fonte secondaria. Ed il regolamento in questione introduce una disciplina certamente limitatrice in un campo che è riservato alla legge.
Manca quindi la necessaria copertura legislativa, come dedotto.
Il quarto motivo è perciò fondato.
Per le considerazioni che precedono, il ricorso va parzialmente accolto e conseguentemente va annullato l'art. 5 del regolamento impugnato.
 
 

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Cristina De Marzi

Profili di legittimità del regolamento sulla riduzione dell'inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili.

1. La sentenza che qui si annota trae origine dalla impugnazione da parte della società che gestisce l'aeroporto Valerio Catullo di Verona - Villafranca del decreto del Presidente della Repubblica 11.12.1997 n.496 recante norme per la riduzione dell'inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili, emanato in esecuzione della legge 26.10.1995 n.447 "legge quadro sull'inquinamento acustico" (1)
La decisione del TAR di respingere i primi tre motivi del ricorso, sostanzialmente sulla base della riconosciuta capacità integrativa del decreto, non ci sembra del tutto condivisibile.
In primo luogo la società ricorrente ha lamentato la mancata distinzione nel regolamento impugnato fra emissioni rumorose degli aeromobili ed emissioni rumorose delle operazioni aeroportuali.
L'art. 1 del regolamento stabilisce che il proprio campo di applicazione riguarda le modalità di abbattimento e contenimento del rumore prodotto dagli aeromobili civili nelle attività aeroportuali come definite dall'art. 3, comma 1, lettera m), punto 3) della legge quadro. Tale disposizione individua la competenza statale nella determinazione dei criteri di misurazione del rumore emesso dagli aeromobili, con particolare riguardo alla individuazione delle zone di rispetto per le aree e le attività aeroportuali. Ai  fini della presente disposizione - continua la norma - per attività aeroportuali  si intendono sia le fasi di decollo o di atterraggio, sia quelle di manutenzione, revisione e prove motori degli aeromobili. La definizione generale  così intesa è da riferirsi soltanto alla determinazione dei criteri di misurazione del rumore nelle zone in questione (2). Se, da un lato, fare riferimento alla definizione generica di rumore prodotto dalle attività aeroportuali può aver rimediato alla genericità del titolo del regolamento (3); dall'altro non sembra invece coerente con il dettato della norma quadro. L'art. 3 del regolamento riproduce l'art. 10, comma 5, della legge quadro, nella parte in cui prevede che le società e gli enti gestori degli aeroporti predispongano piani di abbattimento e contenimento del rumore; ma a differenza del primo, si riferisce all'insieme del rumore prodotto dagli aeromobili durante le operazioni di decollo e atterraggio e dalle infrastrutture aeroportuali.
Alla interpretazione del TAR secondo la quale "la limitata portata della definizione nella legge non impedisce però che la stessa possa essere ripresa dal regolamento con un'estensione e per effetti più ampi. Né si può dire che tale definizione introduca alcun significato discordante rispetto alla legge", ci sembra possibile muovere due osservazioni.
In primo luogo, la legge contiene una specifica distinzione tra sorgenti sonore fisse e sorgenti sonore mobili (art.2); inoltre prevede espressamente che il rumore prodotto dall'insieme di sorgenti sonore fisse e mobili quale "attività aeroportuale" sia considerato ai fini della determinazione delle zone di rispetto per le aree e le attività aeroportuali e ai criteri per regolare la attività urbanistica nelle zone di rispetto (art. 3, comma1, lett. m), punto 3). Il regolamento ha del tutto trascurato la prima disposizione ed ha ampliato la portata della seconda li dove dei limiti erano già ben tracciati dalla legge quadro.
 In secondo luogo, la assenza di distinzione fra le due diverse sorgenti sonore ha quale grave conseguenza quella di aver posto a carico degli enti gestori degli aeroporti  non solo la responsabilità per il rumore prodotto dalle infrastrutture aeroportuali gestite, ma anche la responsabilità per il rumore prodotto dal decollo e dall'atterraggio degli aeromobili. Come noto, i gestori aeroportuali non hanno alcuna competenza per quanto riguarda la navigazione aerea in senso stretto. Inoltre la norma in questione li rende di fatto responsabili dei danni da rumore causati a terzi sulla superficie, nonostante la specifica disciplina già esistente in materia (4).
La ricorrente censura poi l'affidamento della gestione e della manutenzione del sistema di monitoraggio agli enti gestori anziché alla Provincie ed ai Comuni, secondo quanto dispone l'art. l'art. 2, comma 2 del regolamento.
Anche questa censura ci sembra corretta. Se infatti il citato articolo del regolamento prevede, al comma 5, una attività di controllo e vigilanza da parte dell'agenzia regionale in ottemperanza dell'art. 14, comma 3 della l. 447/95, tuttavia  trascura la medesima funzione attribuita dalla stessa norma alle Provincie e ai Comuni. Ne risulta un sistema in cui la gestione e la manutenzione del sistema di monitoraggio è affidata all'ente gestore dell'aeroporto che raccoglie i dati e le infrazioni rilevate negli archivi; il direttore della circoscrizione aeroportuale competente contesta all'esercente l'avvenuta violazione delle procedure antirumore con riscossione della relativa sanzione; l'agenzia regionale controlla periodicamente l'efficienza del sistema di monitoraggio elaborando i dati registrati negli archivi. Sembra quindi che le Provincie ed i Comuni siano rimasti fuori dal sistema precisato dal regolamento.
  Ulteriore motivo di gravame è l'art. 3 del regolamento che, nell'imporre l'obbligo per gli enti gestori degli aeroporti di predisporre e presentare al comune interessato il piano di abbattimento e contenimento del rumore, non riproduce l'inciso "nel caso di superamento dei valori" di emissione e di immissione di rumore previsto dall'art. 10, comma 5, l. 447/95. A questo punto si può notare una inversione di tendenza del giudicante, che ritiene di dover leggere tale norma alla luce dei limiti posti dalla legge quadro senza nulla aggiungere. Anche se incoerente con la linea precedentemente seguita, questa ci sembra la chiave di lettura migliore per una norma che, altrimenti interpretata, non potrebbe che essere censurata (5).

2. Viene infine in questione la norma del decreto che più di tutte ha fatto discutere e che ha imposto il divieto di movimenti aerei su tutti gli aeroporti civili dalle ore 23 alle ore 6 locali, ad esclusione di quelli effettuati nelle circoscrizioni degli aeroporti intercontinentali di Roma-Fiumicino e Milano-Malpensa (art. 5).
In effetti la disposizione si mostra illegittima sotto vari profili, alcuni dei quali riscontrati  dallo stesso tribunale amministrativo che ha provveduto ad annullarla.
La norma eccede i limiti posti dalla legge quadro che non prevede né direttamente né indirettamente alcun limite alla attività di volo notturno. Si tratta dunque di un divieto posto unicamente dal decreto, e, come lo stesso TAR ha sostenuto, se una limitazione alla libertà di circolazione, costituzionalmente prevista dall'art.16, può essere ammessa, non può che essere  contenuta da una legge primaria, stante la riserva di legge che si legge nella Costituzione stessa. Dunque, oltre che eccedente i limiti posti dalla legge quadro, la disposizione in esame viola una riserva di legge costituzionalmente prevista.
Lo stesso discorso può farsi per quanto riguarda il limite contenuto dalla disposizione in esame alla libertà di iniziativa economica previsto dall'art. 41 della Costituzione, anch'essa coperta da riserva di legge. Un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale dell'art. 5 si legge, lì dove consente agli aeroporti Roma-Fiumicino e Milano-Malpensa non soltanto i voli notturni intercontinentali, ma anche quelli nazionali con evidente disparità di trattamento rispetto agli altri aeroporti nazionali. Esso infine equipara, senza un apparente motivo, ai due aeroporti maggiori quello di Bergamo-Oriolo al Serio, rientrante nella circoscrizione aeroportuale di Milano (6).
 Sulla questione si è pronunciata anche la Autorità Garante della concorrenza e del mercato, ritenendo che i criteri utilizzati per individuare gli aeroporti esentati dal divieto di volo notturno non siano oggettivamente legati alla rumorosità degli stessi e creino un'ingiustificata discriminazione tra aeroporti. Ha infatti specificato che gli aeroporti, almeno quelli facenti parte della stessa area geografica, sono tra loro sostituibili, con la conseguenza che la dispensa dal divieto dei voli notturni dei citati aeroporti crea a questi un ingiustificato vantaggio ed una evidente restrizione della concorrenza tra aeroporti (7).

 Note:

(1)  Recita l'art. 11 della l. 447/1995: "1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'Ambiente di concerto, secondo le materie di rispettiva competenza, con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione, dei lavori pubblici e della difesa, sono emanati regolamenti di esecuzione, distinti per sorgente sonora relativamente alla disciplina dell'inquinamento acustico avente origine dal traffico veicolare, ferroviario, marittimo ed aereo, avvalendosi anche del contributo tenico-scientifico degli enti gestori dei suddetti servizi, degli autodromi, delle piste motoristiche di prova e per attività sportive, da natanti, da imbarcazioni di qualsiasi natura, nonché dalle nuove localizzazioni aeroportuali. 2. I regolamenti di cui al comma 1 devono essere armonizzati con le direttive dell'Unione europea recepite dallo Stato italiano. 3. La prevenzione e il contenimento acustico nelle aree esclusivamente interessate da installazioni militari e nelle attività delle Forze armate sono definiti mediante specifici accordi dai comitati misti paritetici di cui all'art. 3 della L. 24 dicembre 1976, n. 898, e successive modificazioni". Sulla problematica del rumore negli aeroporti cfr. GUERRIERI, Il rumore causato da aeromobili nel diritto anglosassone, in Riv.dir.nav. 1960, I, 231; TEMPESTA, Note di diritto comparato sulla responsabilità per danni da rumore di aeromobile ,in Dir.aereo 1965, 10; PASANINI, Responsabilità dell'esercente di aeromobili e dell'esercente aeroportuale per danni a terzi in superficie provocati da rumore di aerei e suoi effetti sulla garanzia assicurativa, in Dir.prat.ass 1966, 7; TULLIO, Responsabilità per danni a terzi sulla superficie, in Enc.dir. XXXIX/1988, 1420; LEFEBVRE D'OVIDIO - PESCATORE - TULLIO,  Manuale di Diritto della Navigazione, IX ed., Milano, 2000, 690 ss., in cui si precisa che l'art. 1 della Convenzione di Roma del 7 ottobre 1952 esclude la risarcibilità del danno «che risulti dal semplice fatto del passaggio dell'aeromobile attraverso lo spazio aereo in conformità della vigente regolamentazione del traffico aereo», tale norma è volta a regolare la problematica dei danni causati dal rumore prodotto dagli aeromobili, i quali «risultano risarcibili soltanto nel caso di volo in qualche modo non regolare»; cfr.  MAFFEO, Rassegna giurisprudenziale in tema di responsabilità per danni da rumore aereo, in Dir.trasp. 1996, 135; TINCANI, Attività aeroportuali ed immissioni di rumore aereo, in Dir..trasp. 1996, 415; TULLIO, Aeroporti e rumore: problematiche giuridiche, in Gli operatori aeroportuali, Milano, 1996, 101; MAFFEO, La legge quadro sull'inquinamento acustico e i relativi provvedimenti attuativi : dal rumore aereo al rumore aeroportuale, in Dir.trasp. 1999, 93; TULLIO, Aeroporti e rumore: seconda puntata, in Dir.trasp. 1999, 85.

(2) Cfr. MAFFEO, La legge quadro sull'inquinamento acustico, cit.

(3) Cfr. TULLIO, Aeroporti e rumore: seconda puntata cit., in cui, esaminando il regolamento di esecuzione, si ritiene fra l'altro come la genericità del titolo ("Regolamento recante norme per la riduzione dell'inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili") sembra essere stata ridotta dalla precisazione del campo di applicazione contenuto nell'art. 1, che con il riferimento alle attività aeroportuali ha compreso tutte quelle attività "comunque connesse al funzionamento di motori di aeromobili (decollo e atterraggio, manutenzione, revisione e prove motori)".

(4) Cfr. MAFFEO, La legge quadro sull'inquinamento acustico cit., 98 ss. L'A. evidenzia inoltre che l'impostazione contenuta nel regolamento sia in contrasto con la vigente normativa ambientale basata sul principio "chi inquina deve pagare", principio "codificato nel settore del trasporto aereo dall'art. 10 d.l. 27 aprile 1990 n. 90, convertito il l. 26 giugno 1990 n. 165 (a cui è stata data applicazione con d.P.R. 26 agosto 1993 n. 343". Sulla gestione aeroportuale V. DOMINICI, La gestione aeroportuale nel sistema del trasporto aereo, Milano, 1982; RIGUZZI, L'impresa aeroportuale, Padova, 1984; AA.VV., Il nuovo ruolo dell'aeroporto. L'attività dell'Unione Europea, del legislatore italiano, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Atti del Convegno di Venezia 14-15 ottobre 1994), a cura di SILINGARDI - ANTONINI - FRANCHI - BONANOME, Milano, 1995; LEFEBVRE D'OVIDIO-PESCATORE-TULLIO, Manuale di diritto della navigazione, Milano, 2000, 191;

(5) Cfr. TULLIO, Aeroporti e rumore cit., al riguardo afferma come la disposizione di cui all'art. 3 del regolamento, ove non si ritenesse contenere implicitamente il riferimento ai valori limiti di cui all'art. 10, comma 5, l. 447/95, sarebbe da considerarsi non solo illegittima ma anche irrazionale.

(6) Cfr. TULLIO, op.ult.cit., 91, in cui si sottolinea, tra l'altro, il grande disagio provocato dalla norma in questione agli aeroporti che hanno dovuto cancellare i voli notturni, "con difficoltà per gli operatori turistici sei mesi di tempo non sono sempre sufficienti per la riorganizzazione dei loro programmi"; MAFFEO, op.cit., 96, nota 6.

(7) Cfr. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, segnalazione 31 luglio 1998 n. AS 14 8, in Dir.trasp. 1999, 377 ss.
 
 
 

CRISTINA DE MARZI


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