Enzo Fogliani

 

La mediazione nella nautica da diporto.

 

 

Comune denominatore delle relazioni che abbiamo sin'ora ascoltato sono i problemi di ordine sistematico ed interpretativo posti dal proliferare di norme sulla nautica da diporto spesso mal coordinate fra loro.

 

Questo fenomeno certamente non si verifica nella mediazione; anzi, semmai ci si può lamentare del contrario. Pur essendo il fenomeno della mediazione di primaria importanza nei traffici marittimi, in cui quasi tutti i rapporti contrattuali (siano essi di assicurazione, di trasporto, o di noleggio) passano attraverso l'opera di un broker, non troviamo nel codice della navigazione e più in generale nel nostro ordinamento norme specifiche di carattere privatistico che disciplinino il contratto di mediazione e le responsabilità del mediatore marittimo, e tanto meno del mediatore nella nautica da diporto.

 

Esiste, è vero, una legge speciale che disciplina la professione del mediatore marittimo, istituendone i relativi ruoli [1]; ma si tratta di norme di carattere pubblicistico che disciplinano soltanto l'accesso alla professione, e non sono di aiuto per definire le obbligazioni contrattuali e le responsabilità nella mediazione [2].

 

Per queste ultime è necessario rifarsi al codice civile (artt. da 1754 a 1765 c.c.), il quale, peraltro, detta norme di carattere generale che sono da sempre oggetto di perplessità, e molti ritengono del tutto inadeguate a disciplinare una fattispecie che si rinviene in quasi ogni settore dell'attività contrattuale.

 

Elemento segnalatore delle difficoltà di inquadramento e di definizione sistematica della mediazione incontrate dal legislatore emergono sin dall'art. 1754 c.c., nel quale non viene definito il contratto di mediazione, bensì la figura del mediatore, identificato in "colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare  senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.". Il mediatore - continua poi l'art. 1755 c.c. - "ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l'affare è concluso per effetto del suo intervento".

 

Non è certo questa la sede in cui dare conto delle difficoltà in cui si è dibattuta la dottrina e la giurisprudenza per inquadrare nel sistema questo istituto dalle peculiari caratteristiche. Per quel che qui rileva, basterà osservare come la normativa del codice sia estremamente generica, e debba in astratto valere non solo per settori estremamente eterogenei (dalla vendita di immobili a quella di navi, dalla cessione di quote societarie all’affitto d’azienda), ma anche per “affari” costituiti da contratti dalla più diversa natura giuridica.

 

Le norme speciali, sotto questo profilo, non aiutano granchè, in quanto si limitano per ciascun settore a prevedere albi o ruoli per i mediatori che garantiscano l’esistenza in capo al mediatore di determinati requisiti soggettivi (morali, culturali, finanziari, etc.), ma non prevedono alcuna ulteriore disciplina di diritto privato più specializzata per il settore in cui operano [3].

 

Nel settore della nautica da diporto, poi, alla generale inadeguatezza della normativa privatistica si aggiunge il fatto che anche la normativa pubblicistica non appare adeguata alle specifiche esigenze del settore, essendo le problematiche del diporto del tutto diverse da quelle della navigazione commerciale.

 

Questo ultimo aspetto è già stato sottolineato da tempo. Già dall’introduzione della prima normativa sul diporto nel 1971 [4] era stata segnalata la mancanza di una specifica disciplina pubblicistica che regolasse la mediazione nel settore diportistico; ma nonostante tali segnalazioni, la successiva legge di riordino del 1989 non aveva portato alcun progresso in tal senso [5]; con il risultato di costringere anche i mediatori della nautica da diporto che volessero agire nella legalità ad iscriversi ai ruoli dei mediatori marittimi.

 

Al riguardo, non ha avuto fortuna la tesi secondo la quale la riforma del 1989 avrebbe modificato il quadro normativo in modo tale da poter ritenere il mediatore nella nautica da diporto figura professionale diversa e distinta da quella del mediatore marittimo, e come tale non soggetta alla iscrizione nei relativi ruoli di cui alla l. 478/1968 [6]. La necessità di iscrizione nei ruoli del mediatore marittimo anche del mediatore professionista che svolga la sua attività solo nell’ambito del diporto è stata infatti sempre sostenuta sia dalla competente amministrazione che dalle camere di commercio, e ha avuto l’avvallo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale ha ritenuto ingannevole la pubblicità di una società operante nel settore della nautica da diporto che si definiva “broker” pur senza essere iscritta all’albo dei mediatori marittimi [7].

 

Ciò però facilita la proliferazione dei mediatori abusivi. Il settore della nautica da diporto non è infatti un mercato particolarmente appetibile per i mediatori marittimi professionali in regola con le norme pubblicistiche. Non essendo prevista alcuna distinzione, a livello di iscrizione al ruolo dei mediatori marittimi, fra i broker che si interessano della navigazione commerciale sulle navi maggiori e chi invece si occupa di intermediazione nella nautica da diporto, il mediatore che voglia dedicarsi alla nautica da diporto con tutti i crismi di legge si trova costretto ad avere conoscenze tecniche e requisiti finanziari ed organizzativi congrui al settore della navigazione commerciale, ma del tutto spropositati (e per altri versi non adeguati) alla navigazione da diporto. Il tutto per operare in un settore sottoposto alla facile concorrenza di pseudo mediatori occasionali che, come tali, eludono gli oneri pubblicistici imposti dall’iscrizione al ruolo dei mediatori marittimi.

 

Il progetto del nuovo codice della nautica da diporto sembra finalmente accogliere i voti della maggior parte degli operatori, separando la disciplina pubblicistica del mediatore da diporto da quella del mediatore marittimo. Per i mediatori del diporto sono infatti istituiti ruoli speciali regionali nei quali deve essere iscritto il mediatore del diporto [8]. Inoltre, l’esercizio professionale della mediazione senza aver ottenuto l’iscrizione in uno dei ruoli regionali viene configurato come reato [9]. 

 

Il progetto del nuovo codice della navigazione da diporto non si spinge oltre, lasciando alle regioni la disciplina dei requisiti e delle modalità di iscrizione nel ruolo, la formazione e la conservazione del ruolo, le cause di cancellazione e le norme disciplinari [10]. Il che desta qualche perplessità.

 

Dato infatti che l’iscrizione ad un ruolo regionale abilita il mediatore del diporto all’attività su tutto il territorio nazionale[11], è facile prevedere che le iscrizioni si concentreranno sulle regioni che delibereranno modalità meno onerose. E’ vero che l’uniformità dovrebbe essere garantita dall’obbligo imposto alle regioni di seguire, nella redazione della disciplina loro affidata, i principi fondamentali posti nel progetto del codice [12]; ma in concreto tali principi non sembrano essere stati scritti nel progetto del codice.

 

Meglio sarebbe stato, quindi, se non una normativa nazionale come quella che regola il mediatore marittimo [13], prevedere effettivamente dei principi e delle norme generali comuni che garantissero la uniformità in ambito nazionale.

 

La diversificazione del mediatore marittimo da quello del diporto e la previsione di un ordinamento professionale anche per quest’ultimo costituisce indubbiamente un passo avanti rispetto al passato, ma lascia aperti i problemi posti dalla mancata specificazione della disciplina privatistica.

 

In mancanza di quest’ultima, la normativa speciale di carattere pubblicistico  raggiunge solo parzialmente lo scopo di garantire all’utente la “professionalità” del mediatore. La disciplina privatistica della mediazione (ed in particolare il diritto alla provvigione) si applica infatti anche al mediatore occasionale, ossia colui che non svolge la sua attività con continuità e con specifica organizzazione a ciò dedicata [14].

 

Il problema della concorrenza degli pseudo mediatori occasionali con i mediatori professionisti – soggetti, rispetto ai primi, a maggiori oneri finanziari, fiscali e normativi – è comune a tutti i settori, ma nella nautica da diporto si manifesta probabilmente più che altrove, e a tutto detrimento dell’utenza.

 

Da un lato, infatti, la prevalente stagionalità dell’attività diportistica facilita il mediatore a definire la propria attività come occasionale e a sfuggire quindi agli oneri pubblicistici che incombono sul broker professionale. Dall’altro, la circostanza che l’utenza, per definizione, non si rivolga al mediatore nell’ambito di una propria attività professionale rende il diportista facile preda di pseudo mediatori di dubbie capacità.

 

Questa situazione è ovviamente pagata dall’utenza, che spesso si trova di fronte mediatori improvvisati e di pochi scrupoli: evanescenti e pronti a sparire nel momento in cui si vogliano far valere le loro responsabilità, ma ben presenti e puntuali nel reclamare le proprie provvigioni, spesso ancor prima che un affare si sia concluso.

 

Ma l’aspetto negativo della proliferazione degli pseudo mediatori occasionali nella nautica da diporto non si ferma qui. Mentre il mediatore professionale, in virtù della sua preparazione richiestagli per l’iscrizione al ruolo (per la quale deve comunque superare un esame [15]) può svolgere (e di solito svolge) per le parti anche una qualificata consulenza sugli aspetti tecnici e giuridici delle operazioni che intendono porre in essere; un tale supporto non viene quasi mai dato dallo pseudo mediatore occasionale, o, se viene dato, non è certo a livello di quello che potrebbe fornire il mediatore professionale.

 

Quali le soluzioni? Anzitutto è da escludere la possibilità di privare il mediatore occasionale del  diritto alla provvigione. La norma attuale di per sé appare giusta in linea di principio, in quanto il mediatore occasionale svolge pur sempre una attività che comporta un beneficio per le parti, che è giusto sia adeguatamente ricompensata [16].

 

La via per risolvere il problema, a mio avviso, è quella di far uscire la mediazione marittima dalla nebulosa normativa generale dettata dal codice civile, predisponendo per essa una normativa specifica di carattere privatistico sia per il settore commerciale delle navi maggiori – per il quale basterebbe rifarsi alla prassi seguita dai broker -, sia per la nautica da diporto.

 

In questo modo, l’utente non sarebbe tutelato soltanto da elementi di carattere pubblicistico quale l’iscrizione ad un ruolo dei mediatori (disposizioni, come visto, non difficilmente eludibili), ma anche e soprattutto da una precisa disciplina privatistica che fissi esattamente l’oggetto del rapporto e le obbligazioni delle parti.

 

Un simile quadro presuppone ovviamente interventi normativi di un certo rilievo sia sul codice della navigazione che nel futuro codice della nautica da diporto oggi allo studio. Ma anche la semplice creazione di un albo per i mediatori della nautica da diporto distinto da quello più generale del mediatore marittimo aiuta senz’altro a sviluppare adeguatamente il settore e tutela l’utenza assai più validamente della disciplina pubblicistica attuale.

 

 

Enzo Fogliani

 

 

Postilla:

 

Successivamente allo svolgimento del convegno (1 ottobre 2004) e durante la stampa dei relativi atti, è stato presentato un nuovo progetto di codice per la navigazione da diporto, che è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 20 maggio 2004. Tale nuovo progetto ha significativamente modificato il progetto divulgato dal ministero nel 2004, sulla cui base era stata svolta la relazione che precede.

 

Per quanto attiene la mediazione, il nuovo progetto ha ridotto drasticamente le norme ad essa dedicate, contenute ora in soli due articoli (artt. 50 e 51). I suddetti articoli si limitano ad istituire i ruoli iscrivendosi ai quali il mediatore è abilitato allo svolgimento della professione, e a sancire la competenza delle regioni nella tenuta dei ruoli e nella disciplina delle sanzioni e delle cancellazioni.

 

Ciò consente di individuare la figura professionale del mediatore del diporto, differenziandolo dal mediatore marittimo; ma nulla più. Sotto il profilo pubblicistico, nel nuovo progetto non sono minimamente indicati i principi generali entro i quali dovrebbero legiferare le regioni negli ambiti di competenza affidati loro. Oltre a ciò, contrariamente ad altri settori della mediazione, non è esplicitamente prevista l’illiceità dell’esercizio abusivo della professione di mediatore del diporto.

 

L’aspetto privatistico è del tutto assente anche nel nuovo progetto di codice della navigazione da diporto, che pure, per altri istituti quali la locazione ed il noleggio, detta norme privatistiche di sicuro interesse.

 

 

Enzo Fogliani.



[1] Si tratta della legge 12 marzo 1968, n. 478, la cui disciplina è stata poi completata dal d.p.r. 4 gennaio 1973, n. 66.

 

[2] Su questo concorda CAMPAILLA, La mediazione marittima, in Atti del convegno “Dai tipi legali ai modelli socialinella contrattualistica della navigazione, dei trasporti e del turismo”, Milano 1996, 177.

[3] Per la mediazione in generale, basilare importanza ha la legge 3 febbraio 1989, n. 39, modificativa della precedente disciplina di cui alla legge 21 marzo 1958, n. 253, la quale regolamenta la professione della mediazione con eccezione degli agenti di cambio, dei mediatori pubblici e dei mediatori marittimi. Per la sua importanza nel settore della navigazione è da segnalare anche la l. 28 novembre 1984, n. 792, che ha identificato la figura del broker assicurativo istituendone i relativi albi.

 

[4] L. 11 febbraio 1971, n. 50.

 

[5] L. 5 maggio 1989, n. 171. ANTONINI (in L’attività di mediazione nella navigazione da diporto, in Trasporti 1989, n. 47, pag. 47, 52) ricorda come il disegno di legge originario prevedesse l’istituzione di un ruolo speciale dei mediatori delle unità da diporto; previsione poi non giunta sino alla stesura finale della legge 171/1989.

 

[6] La tesi è formulata da ANTONINI, op. cit., 53, il quale ritiene che l’elemento da cui dedurre tal fondamentale modifica del quadro normativo sia la previsione di ruoli speciali per le ditte operanti nel settore della locazione e del noleggio della nautica da diporto introdotta dall'art. 15.3 l. della 171/1989.

 

[7] Provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato PI1745 del 20/5/1998.

 

[8] Articoli da 68 a 70 del progetto del codice della navigazione da diporto.

 

[9] Articolo 71 del progetto del codice della navigazione da diporto, che lo configura come esercizio abusivo della professione di mediatore punibile ai sensi dell’art. 348 c.p.. L’art. 25 della legge 478/1968 sui mediatori marittimi configurava l’esercizio della professione senza iscrizione nei ruoli come reato contravvenzionale, punibile ai sensi dell’art. 665 c.p.; essendo stato peraltro tale articolo del codice penale abrogato dall’art. 13 del d.lgs. 13 luglio 1994, n. 480, oggi anche l’esercizio abusivo della professione di mediatore marittimo deve essere ritenuto soggetto alle più gravi sanzioni previste dall’art. 348 c.p.

 

[10] Articolo 72 del progetto del codice della navigazione da diporto.

 

[11] Articolo 70 del progetto del codice della navigazione da diporto.

 

[12] Articolo 69 del progetto del codice della navigazione da diporto.

 

[13] Intervenendo sugli artt. 15 e 16 del d.m. 21 dicembre 1990, n. 452, attuativo della legge 39/1989, la corte costituzionale ha ribadito la competenza delle regioni nell’organizzazione dei corsi professionali propedeutici all’iscrizione ai ruoli dei mediatori (sent. n. 391 del 31 ottobre 1991)

 

[14] Anche il progetto del nuovo codice della nautica da diporto specifica che la iscrizione al ruolo dei mediatori marittimi è richiesta per colui che attua “l’esercizio professionale della mediazione” (artt. 68 e 71).

 

[15] Ci riferiamo, ovviamente, a quanto previsto dalle attuali norme sui mediatori marittimi, sul presupposto che le norme che le regioni emaneranno per disciplinare l’iscrizione ai ruoli dei mediatori della nautica da diporto si basino sugli stessi principi. Secondo l’art. 10 del d.p.r. 66/1973, per accedere al ruolo l’aspirante mediatore marittimo deve superare un esame orale vertente su: a) norme che regolano la mediazione dettate dal codice civile, da leggi e da regolamenti; b) nozioni teorico-pratiche relative ai contratti di compravendita, di locazione e di noleggio di navi,ai contratti di trasporto di cose ed ai documenti del trasporto marittimo; c) nozioni relative alla costruzione ed all'esercizio della nave; d) conoscenza delle caratteristiche e dell'andamento del mercato dei noli e della compravendita di navi;e) conoscenza dei principali contratti-tipo in uso, delle clausole e degli usi marittimi locali e nazionali, nonché delle principali consuetudini internazionali relative ai trasporti marittimi; f) conoscenza delle principali disposizioni del codice della navigazione in materia di amministrazione della navigazione marittima, di regime amministrativo delle navi, di costruzione e proprietà della nave, di impresa di navigazione, di privilegi e di ipoteche; g) nozioni sulle assicurazioni marittime, corpi e merci; h) nozioni sulle avarie marittime e sui loro regolamenti; i) conoscenza delle operazioni e dei servizi portuali, nonché delle funzioni che svolgono i vari ausiliari del traffico marittimo nella fase portuale (agenti marittimi, spedizionieri, imprese portuali,compagnie portuali, ecc.); l) conoscenza della geografia politica ed economica; m) conoscenza pratica della lingua inglese ed in particolare dei termini tecnici relativi ai vari istituti. Per l’iscrizione ai ruoli speciali e’ prevista anche una prova scritta.

 

[16] L’art. 6 della legge 3 febbraio 1989, n. 39 esclude il diritto a ricevere la provvigione per il mediatore non iscritto ai ruoli. Tali disposizione è da ritenersi però non applicabile al mediatore occasionale che non svolga la mediazione in forma professionale ed organizzata, il quanto la l. 39/1989 disciplina espressamente la mediazione professionale. Non appare quindi condivisibile la posizione di chi, basandosi su una presunta ratio della legge che peraltro si ammette non abbia riscontro testuale nel testo normativo, ritiene che la nuova disciplina renda inammissibile la figura del mediatore occasionale e quindi la rivendica della provvigione per chi non sia iscritto ai ruoli, indipendentemente dal fatto che si tratti di mediazione professionale o di singola attività di mediazione  (così DI CHIO, voce Mediazione e mediatori, nel Digesto delle discipline privatistiche, sez commerciale, vol. IX, pag. 374, 379). In ogni caso, il problema non si pone nel settore marittimo, in quanto l’art. 1 della l. 38/1989 esclude espressamente l’applicabilità della disciplina in essa contenuta ai mediatori marittimi.