Dopo una breve descrizione generale del parassitismo, sono state selezionate
e trattate le zoonosi di più frequente riscontro nel territorio
italiano e in ambito cittadino, in relazione al contatto con animali domestici
(cani e gatti): leishmania, toxoplasmosi, larva migrans cutanea e viscerale,
malattia idatidea da echinococco. Artropodi parassiti: pulci, zecche e
rogne.
Giancarlo Fogliani.
Vincitore
della borsa di studio
Nobile Collegio Chimico Farmaceutico Universitas Aromatariorum Urbis
nobile collegiale Lucia Amadei, anno 2000.
I parassiti
Leishmania
Toxoplasmosi
Larva migrans cutanea
Larva migrans
viscerale (toxocara canis)
Echinococco
Le pulci
Le zecche
Zecca dei piccioni
Acari
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INTRODUZIONE
Per zoonosi si intende la trasmissione all'uomo di una malattia animale
(cioè una malattia propria o caratteristica degli animali, o comunque
trasmessa all'uomo da un animale).
Il più delle volte, la malattia in questione è di tipo
parassitario, e gli animali interessati sono gli animali d'affezione i
quali vivono spesso a stretto contatto con l'uomo e quindi hanno svariate
occasioni di trasmettere le loro malattie, sia a chi si prende cura di
loro, sia ad altri individui estranei che possono venire in contatto direttamente,
indirettamente od incidentalmente con essi.
Nelle città gli animali domestici, principalmente cani e gatti,
hanno un grande valore sociale e psicologico per la compagnia che offrono,
e per le attenzioni e l'affetto di cui possono essere oggetto. Le persone
sole, anziane, malate, ma anche i giovani e i bambini, si possono giovare
della loro presenza, tuttavia alla facilità con cui oggi si può
ottenere un animale domestico non corrisponde una cultura sanitaria veterinaria
adeguata. Spesso mancano anche le conoscenze più elementari che
avevano i nostri nonni dalle reminiscenze della vita della campagna.
In questo panorama il ruolo del farmacista, in collaborazione e sinergia
con il medico veterinario, dovrebbe consistere nella divulgazione di una
cultura sanitaria veterinaria che nella maggioranza dei casi manca. Il
farmacista dovrebbe cercare di cogliere ogni occasione per diffondere conoscenze
di prevenzione delle malattie parassitarie che gli animali domestici possono
trasmettere, sia presso i proprietari degli stessi animali sia presso tutti
i cittadini. In particolare, frequente vittima innocente della diffusione
di alcune zoonosi sono purtroppo i bambini, i quali, soprattutto in città
affollate e non troppo pulite, vengono spesso in contatto, direttamente
od indirettamente, con suolo e terreno contaminati dagli animali.
A questo proposito, i proprietari degli animali domestici -e comunque
coloro che se ne prendono cura- devono avere coscienza della responsabilità
che hanno verso la collettività per l'eventuale trasmissione di
malattie parassitarie. Ad esempio, quando si porta "fido" a passeggio bisognerebbe
avere la cautela di condurlo in luoghi appropriati, isolati e lontani dagli
spazi frequentati dalla gente in genere e dai bimbi in particolare. Il
problema sanitario si integra inoltre con quello civico e sociale: la rimozione
immediata degli escrementi non solo contribuisce a mantenere il decoro
dei marciapiedi ed al rispetto del nostro prossimo, ma rappresenta un fattore
igienico di controllo della trasmissione delle malattie parassitarie.
Per quanto riguarda inoltre gli atteggiamenti personali verso gli animali
domestici, spesso si ritiene di poterli trattare come degli esseri umani.
Si considerano erroneamente puliti e sani solo perché vengono lavati
tutti i giorni; si permette loro qualsiasi cosa, finanche di salire sul
proprio letto. Ma gli animali domestici non possono essere completamente
controllati per quanto riguarda i contatti con l'ambiente, il terreno,
altri animali e fonti di alimentazione diverse da quelle che forniscono
loro i rispettivi proprietari. A questo punto interviene il ruolo del farmacista,
che si presenta in un duplice aspetto: come operatore sanitario lavora
al fianco del medico veterinario dispensando i farmaci che questi prescrive
agli animali, oppure interviene in modo autonomo nei casi più semplici
per i quali possa servirsi di medicinali o prodotti senza obbligo di prescrizione;
come educatore sanitario mette in guardia dai possibili, e sempre in agguato,
pericoli di diffusione di malattie parassitarie e zoonosi, ed indirizza
quando lo ritiene opportuno i proprietari degli animali domestici alla
consulenza specializzata del medico veterinario.
Il farmacista urbano, calato nel contesto dell'ambiente in cui opera,
non è coinvolto dalle problematiche relative alle zoonosi dei grossi
animali d'allevamento o dalle patologie trasmesse dagli animali selvatici
delle campagne e dei boschi, bensì individua nelle relazioni con
cani, gatti e piccoli animali d'appartamento l'obiettivo vicino ed immediato
per la sua azione di informazione.
I PARASSITI
I parassiti sono organismi che vivono nutrendosi a spese di un altro
organismo ospite più grande. Anche se in senso generale potrebbero
essere definiti parassiti pure i batteri ed i virus, abitualmente si intendono
con questo termine organismi piccoli ma spesso visibili ad occhio nudo,
appartenenti alle classi animali dei protozoi, elminti ed artropodi.
Il fenomeno del parassitismo implica un adattamento della specie parassita
ad un ospite specifico, per il quale il parassita nel corso del tempo si
è specializzato a vivere ed a riprodursi arrecando un danno trascurabile
e sostenibile a lungo nell'ospite. Al contrario, la presenza di un parassita
in un ospite non abituale determina di frequente una malattia importante
che può condurlo più o meno brevemente anche alla morte.
Il ciclo vitale dei parassiti si distingue spesso in diversi stadi
morfologici, a cui possono corrispondere fasi diverse (stadi larvali) su
ospiti diversi (o a volte a vita libera nel terreno).
Si deve notare in particolare che il parassita spesso si riproduce
sfruttando le possibilità e i vantaggi offerti sia dalla replicazione
asessuata che dalla riproduzione sessuata. Attraverso la riproduzione sessuata
si garantisce la variabilità genetica, la conservazione o il rafforzamento
della specie mediante la selezione biologica, mentre la riproduzione asessuata
assicura il mantenimento e la propagazione della specie attraverso il fattore
quantitativo della sua popolazione e della carica infestante.
Si definisce definitivo l'ospite per il quale il parassita ha una maggiore
specificità di adattamento, e nel quale normalmente viene completato
con la riproduzione il ciclo vitale.
L'ospite intermedio (uno o più di uno) è invece quello
nel quale avviene un ciclo intermedio di sviluppo, normalmente indispensabile
come veicolo per la trasmissione (vettore) e l'infestazione dell'ambiente
o dell'ospite definitivo. Come esempio è noto a tutti come la malaria
sia trasmessa all'uomo dalla puntura della zanzara anopheles.
La suscettibilità e la resistenza dell'ospite all'infestazione
ed alla azione patogena del parassita può variare in relazione allo
stato immunitario ed alla abbondanza e completezza della alimentazione.
Ad esempio, è noto che l'uso di cortisone (e suoi derivati) sia
nell'uomo che negli animali domestici deprime il sistema di difesa immunitaria,
favorendo in tal modo l'azione del parassita. Al contrario la aggiunta
di integratori dietetici in fasi particolari come gravidanza e allattamento
permette all'ospite di aumentare la resistenza compensando parzialmente
il depauperamento causato dal parassita.
La trasmissione delle malattie parassitarie avviene per contatto fisico
e successiva penetrazione nell'ospite, secondo meccanismi ben selezionati
dalla specie parassita. Nei casi più comuni di infestazione umana
il parassita viene veicolato alla bocca dalle mani sporche, che hanno toccato
terreno contaminato con feci di animali parassitati, o per ingestione di
cibi contaminati (trasmissione oro-fecale), oppure attraverso la puntura
di insetti ematofagi.
Un altro meccanismo di diffusione delle parassitosi è costituito
dall'ingestione di carni infestate: una forma larvale raggiunge i muscoli
o gli organi dell'ospite intermedio, e vi rimane quiescente (cisti) in
attesa di essere ingerita dall'ospite nel quale proseguire il ciclo di
sviluppo. Nel caso di alimentazione umana, questo problema è stato
perlopiù risolto mediante controlli sanitari sulla carne macellata;
permane invece di attualità per gli animali domestici o randagi.
I proprietari di animali domestici o da compagnia dovrebbero essere educati
al controllo delle fonti dell'alimentazione dei loro beniamini, in particolare
ogni tipo di carne o pesce che consumano dovrebbe essere cotta.
L'evoluzione e le manifestazioni cliniche delle infestazioni parassitarie
nell'uomo e negli animali dipendono dall'equilibrio che si raggiunge tra
la risposta immunitaria dell'ospite e le capacità di adattamento
del parassita. In questo senso l'immunità acquisita per contatti
subliminali (nota 1), l'età del soggetto
(nota
2) e situazioni di deficit immunologico (anche dovuto a somministrazione
di farmaci immunosoppressori o cortisonici) si possono rivelare fattori
determinanti nella diffusione delle zoonosi.
Quando un parassita si è adattato ad una specie ospite in modo
da potervi albergare arrecandole poco danno (o in modo asintomatico), questa
rappresenta per il parassita un serbatoio, cioè una riserva di parassiti,
fonte potenziale di nuova infestazione per l'uomo o gli animali domestici.
LEISHMANIA
La leishmaniosi è una importante malattia parassitaria del cane,
che attraverso la puntura di insetti ematofagi può essere trasmessa
anche all'uomo.
La leishmania è un organismo microscopico, un protozoo (animale
unicellulare) che appartiene alla famiglia dei tripanosomatidi. Si presenta
in due stadi morfologici di cui il primo (promastigote, forma con flagello)
è presente nel flebotomo (ospite intermedio obbligato) e il secondo
(amastigote, forma senza flagello) si moltiplica nelle cellule del sistema
reticolo-endoteliale dell'ospite definitivo (cane o uomo).
La trasmissione avviene ad opera dei flebotomi, ditteri (nota
3) simili ai tafani ma molto piccoli, pelosi, silenziosi nel
volo, molto mobili. Sono presenti un po' in tutto il territorio poiché
depositano larve quasi dovunque; prediligono gli anfratti nascosti e le
crepe dei muri, per cui anche la prevenzione con trattamenti insetticidi
è di difficile realizzazione. Più promettente potrebbe essere
la lotta biologica, da attuare con predatori o microrganismi specificamente
patogeni per il flebotomo, oppure mediante il rilascio di maschi sterili
(nota
4) .
In Italia la leishmaniosi è diffusa lungo le coste, in particolare
in Liguria, nelle isole, sul Gargano, in Calabria e in Toscana, poiché
il flebotomo vive ad una altitudine inferiore ai 400 m. e per il suo sviluppo
ha bisogno di clima umido. Sono stati però ultimamente segnalati
numerosi casi anche in regioni, come Piemonte e Veneto, che si ritenevano
indenni.
La leishmania si moltiplica nell'intestino del flebotomo, e poi risale
nel faringe formando un ammasso di parassiti che dovrà essere espulso
per permettere il pasto di sangue e quindi verrà inoculato nella
prossima vittima. Le femmine sono ematofaghe, pungono per succhiare il
sangue sia il cane che l'uomo. Poiché il flebotomo colpisce generalmente
(benché non solo) dopo il crepuscolo e nelle primissime ore del
mattino, all'aperto, la prevenzione principale della diffusione della malattia
consiste nel far dormire il cane domestico all'interno delle abitazioni,
e nell'uso di zanzariere a maglie strette, meglio se trattate con insetticidi.
Il contagio assume andamento stagionale, nei mesi tardo estivi (agosto-settembre),
in relazione al clima ottimale che consente lo sviluppo di due generazioni
di adulti di flebotomo (al contrario, durante la stagione fredda dei nostri
climi, il ciclo di sviluppo di questi insetti è fortemente rallentato
nota
5 ). Per ora non esiste una vaccinazione, anche se è allo studio.
L'uso degli insettorepellenti, per allontanare i flebotomi ed evitarne
la puntura, ha un'utilità molto limitata, comunque è possibile
utilizzare soluzioni di permetrina per il cane e la classica dietiltoluamide
(Autan(r)) per l'uomo.
La profilassi principale per impedire la diffusione della malattia
è rappresentata dalla lotta al randagismo. Il cane rappresenta il
serbatoio della malattia, per cui non è possibile eliminare definitivamente
l'agente eziologico, né evitare che questo possa essere trasmesso
all'uomo. In effetti, i cani in cui è presente il parassita sono
molti di più di quelli che presentano i sintomi clinici della malattia.
L'utilizzazione di moderni metodi diagnostici ha permesso di verificare
e costatare l'ampia diffusione della malattia, che giustifica la definizione
di "zoonosi emergente".
Le manifestazioni cliniche della leishmaniosi (di cui si dirà
in seguito in dettaglio) dipendono dal tipo di risposta immunitaria che
l'organismo ospite riesce a elaborare, e dal profilo delle interleuchine
prodotte (nota 6) . In genere, se la risposta immunitaria
è di tipo cellulo-mediata (nota 7) , l'ospite
infetto rimane asintomatico; al contrario, la risposta immunitaria prevalentemente
umorale non conferisce protezione, e l'ospite che la produce presenterà
manifestazioni cliniche di malattia.
I protozoi inoculati vengono fagocitati dai monociti-macrofagi. All'interno
del citoplasma dei macrofagi, se non sono inattivati (prevalentemente con
l'attivazione di fattori ossidativi tossici per la leishmania), si trasformano
in amastigoti e si moltiplicano per scissione binaria fino ad ottenere
la rottura della cellula, da cui attaccano altri macrofagi. I protozoi
si diffondono in questo modo a tutti gli organi e tessuti del corpo, ad
eccezione del sistema nervoso centrale.
Ogni segno di malessere e deperimento dell'animale deve far sorgere
il sospetto della malattia e consigliare di rivolgersi al centro zooprofilattico
più vicino. Molto spesso il proprietario si reca dal veterinario
perché il cane diminuisce di peso e le sue performance decadono.
Quando la malattia comincia a manifestarsi clinicamente, ed anche se il
quadro dei sintomi è incerto e di difficile interpretazione, è
sempre significativa dal punto di vista diagnostico l'alterazione del protidogramma
(nota
8) , con incremento delle proteine totali ed inversione del rapporto
albumine/globuline. Questo tipo di alterazione è una conseguenza
del danno renale. Altri metodi diagnostici accurati sono la ricerca del
parassita all'esame di strisci del midollo osseo o di puntato linfonodale,
e i metodi sierologici di ricerca degli anticorpi (in questo caso bisogna
tener presente che la finestra temporale per la formazione di anticorpi
circolanti è di 15-20 giorni). Attualmente la diagnosi più
semplice e precoce si pone in seguito all'analisi delle urine, in relazione
alla presenza di enzimi epatici che rivelano la sofferenza del fegato come
danno precoce della malattia.
I sintomi clinici nel cane presentano un quadro molto variabile, con
manifestazioni e lesioni a livello della cute (eczema cronico, zone di
rarefazione del pelo con desquamazione furfuracea, ulcerazioni, onicogrifosi
nota
9 ), lesioni oculari (congiuntivite e cheratite), febbre irregolare,
astenia o aumento dell'appetito, dimagramento fino alla cachessia, manifestazioni
a carico del fegato e del sangue (epatosplenomegalia, anemia, leucopenia,
ipergammaglobulinemia), insufficienza renale, epistassi e disturbi della
deambulazione. Di solito si verifica una concomitanza di più sintomi,
ma a volte può esserne presente uno solo. L'anoressia colpisce in
genere gli animali con insufficienza renale. La febbre dipende da infezioni
secondarie o opportuniste. L'atrofia dei muscoli facciali conferisce il
tipico aspetto di "cane vecchio", mentre la presenza di onicogrifosi e
di ipercheratosi digitale può causare zoppia. Le lesioni cutanee
si sviluppano principalmente intorno all'occhio, all'orecchio, sul padiglione
auricolare e sul naso; sono croniche e non pruriginose, caratterizzate
da desquamazione di colore bianco-grigiastro. Tipico è il cosiddetto
segno degli occhiali, per alopecia intorno agli occhi. La congiuntivite
non risponde alle terapie abituali. Il deposito di immunocomplessi (derivanti
dalla reazione immunitaria) a livello dei reni determina insufficienza
renale per glomerulonefrite, e questa è la principale causa di morte
dei cani colpiti da leishmaniosi.
La malattia ha mortalità elevata per i casi clinici non curati.
Quando il trattamento non dà i risultati sperati, piuttosto che
assistere alla dolorosa progressione della malattia, si consiglia l'eutanasia
dell'animale.
I cani trattati che guariscono clinicamente, rimangono portatori del
protozoo, come pure lo sono gli animali infetti con forme inapparenti:
ciò riveste particolare importanza nell'epidemiologia della zoonosi.
La leishmania infatti si localizza estesamente a livello cutaneo e perciò
rientra facilmente in gioco per la trasmissione attraverso la puntura del
flebotomo.
Nell'uomo la malattia viene classificata tradizionalmente in base alle
manifestazioni cliniche come leishmaniosi viscerale (comunemente detta
Kala azar), cutanea e mucocutanea.
Anche nell'uomo le manifestazioni cliniche dipendono dal tipo di risposta
immunitaria del soggetto. Infatti si è notato che al perdurare di
una elevata endemia della malattia nel cane non è associata una
maggiore frequenza dei casi umani, e ciò sembra appunto dovuto all'aumento
della resistenza individuale.
I sintomi si possono manifestare dopo 2-4 settimane, o mesi o anni
dal primo contagio, oppure soggetti asintomatici possono risultare sieropositivi.
La
classica leishmaniosi viscerale colpisce soprattutto i bambini ed i giovani
adulti, ed è caratterizzata nella forma conclamata da epatosplenomegalia,
anemia con leucopenia, piastrinopenia, trombocitopenia e ipergammaglobulinemia,
febbre elevata irregolare. Ultimamente sono stati segnalati numerosi casi
in soggetti con deficienze immunologiche (AIDS), in cui la malattia ha
un decorso particolarmente grave e rapido in quanto virus e protozoo cooperano
nella distruzione del sistema immunitario. La trasmissione interumana è
possibile mediante sangue e derivati, e ciò assume notevole importanza
nei confronti di malati di AIDS. Questa categoria infatti è notoriamente
ad alta prevalenza di tossicodipendenti, e tra questi è diffusa
la pratica del tutto anti-igienica di riutilizzare e scambiarsi le siringhe
infette.
Nei casi non trattati la malattia evolve con andamento cronico fino
a portare alla morte.
Il trattamento farmacologico è efficace nel 90% dei casi. Il
farmaco d'elezione, sia del cane che dell'uomo, è Glucantim(r),
un composto dell'antimonio, da somministrare una volta al giorno, nell'uomo
in cicli di 10 giorni, e nel cane fino a 6 settimane consecutive, fino
a guarigione. Se il farmaco risulta inefficace (ciò è indice
di resistenza) o in caso di intolleranza agli effetti tossici, occorre
ricorrere all'amfotericina B, farmaco antimicotico sistemico che si è
rivelato molto efficace anche nel trattamento della leishmania.
Nel trattamento della malattia del cane il Glucantim(r) si associa
abitualmente a Zyloric(r), allopurinolo, dotato di azione parassitostatica
ed adatto ad un uso continuato per il controllo della sintomatologia.
La forma di leishmaniosi cutanea nell'uomo, chiamata "bottone d'oriente",
è caratterizzata da lesioni ulcerose sulla pelle, mentre quella
mucocutanea è più grave, e le ulcere tendono ad interessare
anche le mucose (bocca, fosse nasali) L'agente eziologico ha una stretta
parentela con quello della leishmaniosi viscerale. Viene anch'essa considerata
una zoonosi, ma non si conosce quale sia esattamente il ruolo degli animali
domestici; piuttosto si sospettano certe specie di ratti come serbatoi
naturali.
TOXOPLASMOSI.
Toxoplasma è un genere di protozoi (sporozoi coccidiali) parassiti
intracellulari in organi e tessuti di tutti i mammiferi (ed anche di uccelli),
compreso l'uomo. Ospite definitivo (che può essere anche completo)
e riserva naturale dell'infezione è il gatto. Nel felino si completa,
nell'epitelio intestinale, sia il ciclo di sviluppo asessuale che quello
sessuale, in conseguenza del quale avviene la liberazione attraverso le
feci di una grande quantità di ovocisti infettanti.
La trasmissione avviene per contaminazione con feci infettate di gatto,
per ingestione di carne cruda in cui siano presenti le cisti del parassita
(bradizoiti), e per trasmissione transplacentare al feto.
Le fonti di contaminazioni più comuni per l'uomo sono: le mani
sporche dopo il contatto con la cassettina del gatto o con terreno o vegetali
contaminati; ingestione di verdure e vegetali contaminate anche dai liquami
di concimazione; carni e cibi contaminati a loro volta da mani sporche
o per trasporto passivo da insetti coprofagi (nota
10) .
Nel gatto, il parassita è presente in tutti i suoi stadi morfologici.
Raggiunto l'epitelio dell'intestino del gatto, qui si riproduce alacremente,
e in un tempo variabile da 3 a 48 giorni emette (normalmente per una sola
volta nella vita del gatto) milioni di ovocisti al giorno per una o due
settimane (fase enteroepiteliale). L'ovocisti (ciascuna delle quali contiene
4 sporozoiti), rappresenta lo stadio di resistenza del parassita nell'ambiente
esterno (dove matura dopo 1-5 giorni), e viene costantemente eliminata
e disseminata approssimativamente dall'1% di tutta la popolazione felina.
Contemporaneamente però a questa fase morfologica, il parassita
nel gatto e in tutti gli altri ospiti intermedi attraversa l'epitelio intestinale,
diffonde per via ematica o linfatica e penetra all'interno dei vacuoli
di diversi tipi di cellule, come macrofagi, epatociti, fibroblasti (nota
11) , cellule miocardiche, dove si riproduce per via asessuale (endoduogenia).
Questa fase di attività extraintestinale del parassita (tachizoita)
rappresenta la fase acuta della malattia, che cessa allorquando l'organismo
comincia a produrre la reazione immunitaria e gli anticorpi specifici.
A questo punto il parassita (bradizoita) forma cisti localizzate nei visceri,
in particolare nel tessuto muscolare e nel sistema nervoso centrale. La
forma cistica rappresenta la fase di resistenza cronica al sistema immunitario
dell'ospite, nonché mezzo di trasmissione della malattia agli animali
che si cibano della carne -cruda- in cui sia presente.
L'infezione è ampiamente diffusa nell'uomo e negli animali,
generalmente asintomatica, salvo l'alto potere patogeno per gli embrioni
(effetto teratogeno), dovuta alla trasmissione transplacentare.
La diagnosi si pone di solito per esame sierologico di due campioni
prelevati a distanza di 1-2 settimane, per valutare l'incremento del titolo
anticorpale, segno di infezione recente. Indagini epidemiologiche hanno
valutato la sieroprevalenza per toxoplasma in una percentuale che va dal
7 al 50%, ed anche superiore per veterinari, macellatori e soggetti che
hanno frequenti contatti coi gatti.
In relazione alla risposta immunitaria dell'individuo, generalmente
l'infezione acquisita è asintomatica. Occasionalmente i sintomi
possono variare da una malattia benigna simile alla mononucleosi (nota
12) (febbre, abbattimento del sensorio, linfoadenopatia), fino
alla malattia disseminata conclamata con gravi lesioni al cervello ed all'occhio,
ai muscoli, fegato e polmone. Nei casi più gravi si può giungere
ad exitus (nota 13) , frequentemente nei malati
immunocompromessi (AIDS). La malattia può avere recidive, per riattivazione
dei bradizoiti in seguito alla diminuzione delle difese immunitarie.
Tuttavia come già accennato l'importanza della malattia è
da ricollegarsi alla grave patogenicità del parassita nei confronti
del feto, per trasmissione transplacentare durante la gravidanza, anche
da madre asintomatica. In questo caso, la gravità della malattia,
in conseguenza di una grande sensibilità del feto in accrescimento,
dipende dal mese di gravidanza in cui viene contratta, ed è tanto
maggiore quanto più è precoce. Nelle prime fasi di gravidanza
la toxoplasmosi può provocare aborto, mentre nelle fasi successive
il bambino può nascere vivo con malattia conclamata o presentare
i sintomi qualche mese o qualche anno più tardi. I sintomi tipici
sono la retinocoroidite (nota 14) ; idrocefalo
(nota
15) e calcificazioni endocerebrali con convulsioni, disturbi
psicomotori e del SNC; ittero grave ed epatosplenomegalia. Può conseguire
cecità e grave ritardo mentale. La malattia cronica nei pazienti
che superano la fase acuta può avere recidive.
La prevenzione della malattia si basa sulle cautele igieniche e sull'educazione
sanitaria finalizzata ad evitare il contatto con le feci di gatto e tutto
quanto può esserne contaminato (igiene delle mani). Colui che ha
gatti in casa deve curare costantemente la pulizia della lettiera e l'eliminazione
delle feci, tenendo comunque a mente che le ovocisti eliminate con le feci
dal gatto maturano e divengono quindi infestanti non immediatamente, ma
dopo 1-5 giorni. Nelle cucine occorre sempre la massima attenzione all'igiene
delle mani, alla pulizia accurata delle verdure, ad evitare che carni e
cibi possano essere contaminati da gatti e mosche di passaggio, eventualmente
coprendoli con teli (ad esempio nel caso di macellai, cuochi e massaie).
L'altra misura indispensabile è quella di evitare assolutamente
il consumo di carni crude, non solo per l'uomo ma anche per il gatto. Per
distruggere le cisti è sufficiente infatti il trattamento per 15
minuti anche a moderato calore (56°), ma comunque l'uso tipicamente
italiano di salumi stagionati non è implicato nella trasmissione
della toxoplasmosi, per un'azione combinata della stagionatura e della
salatura. Il congelamento non garantisce il controllo dell'infezione, se
non vengono raggiunti e mantenuti i -20 gradi per almeno 5 giorni..
La massima cautela si raccomanda alle donne in gravidanza, di evitare
il contatto con i gatti e di effettuare un controllo sierologico (toxo-test)
da ripetersi periodicamente durante tutta la gravidanza. La situazione
di maggiore rischio si verifica quando il risultato del toxo-test è
negativo, poiché in caso di infezione la madre si troverebbe scoperta
dal punto di vista immunitario. Infatti l'incidenza della toxoplasmosi
in gravidanza è minore in donne che hanno familiarità con
i gatti, perché frequenti contatti subliminali con toxoplasma determinano
lo sviluppo di resistenza immunologica.
Il trattamento della malattia acuta dei neonati, donne incinte e pazienti
immunodepressi si attua con sulfadiazina e pirimetamina (nota
16) per cicli di 3-4 settimane. Data la teratogenicità
della pirimetamina, deve essere somministrato il solo sulfamidico nel primo
trimestre di gravidanza; negli altri casi per diminuire la tossicità
ematologica della pirimetamina si associa la somministrazione di acido
folico. Promettente è anche l'uso di clindamicina, ma comunque nessuna
di queste medicine è in grado di eliminare completamente i bradizoiti
(cisti) dall'organismo.
LARVA MIGRANS CUTANEA.
Una vera e propria zoonosi trasmessa da cani e gatti all'uomo è
la sindrome denominata larva migrans cutanea o dermatite serpiginosa. Il
parassita responsabile appartiene di solito al genere anchilostoma (vermi
tondi), molto spesso ad una specie (ancylostoma braziliensis) non ematofaga
che infesta il cane e il gatto, parente stretto dell'anchilostoma del cane
e dell'anchilostoma duodenale dell'uomo. Questi vermi hanno la caratteristica
che le uova emesse con le feci nel terreno sviluppano forme larvali capaci
di penetrare nell'ospite recettivo attraverso la cute integra. Raggiunto
il circolo ematico, le larve migrano nelle vie aeree, risalgono la trachea
e giungono dal faringe al tubo digerente, dove maturano le forme adulte.
Le uova del parassita, deposte nel terreno con le feci di cani e gatti,
producono larve che persistono a lungo se le condizioni di calore ed umidità
sono favorevoli, come ad esempio nella sabbia. Il maggiore fattore di rischio
quindi è la frequentazione di aree contaminate come le spiagge,
dove è consentito il libero accesso ai cani, e le sabbiere per i
giochi dei bambini frequentate dai gatti, ad esempio nei giardinetti pubblici.
Per questo la sindrome viene anche chiamata "malattia da verme della sabbia".
La pianta dei piedi, le gambe, le natiche e la schiena sono le sedi più
colpite. Il parassita, per cui l'uomo è un ospite occasionale non
naturale e non idoneo al completamento del ciclo, nel tentativo di raggiungere
attraverso la cute l'intestino, scava tragitti tortuosi negli strati sottoepidermici,
per alcune settimane o mesi. Queste larve infatti non possiedono gli enzimi
specifici capaci di depolimerizzare lo strato dermico per raggiungere il
torrente circolatorio, ma scavano gallerie sinuose che danno edema, infiammazione
e prurito accentuato a cui consegue spesso sovrainfezione batterica secondaria.
LARVA MIGRANS
VISCERALE (toxocara canis).
Il termine indica l'invasione dei tessuti da parte di larve di parassiti
non specifici per l'ospite umano, ed è impiegato abitualmente per
definire le infezioni da toxocara del cane.
Toxocara canis è un grosso verme tondo della famiglia degli
ascaridi, particolarmente importante per la sua diffusione tra i cani domestici.
Ha notevoli dimensioni, fino a 18 cm la femmina, 8-10 cm il maschio. Ha
un ciclo vitale complesso e diverse modalità di infestazione, dovuta
alla capacità infestante contemporanea di varie forme larvali.
L'ingestione delle uova (o di ospiti intercalari nota
17, come topi e roditori, in cui le larve si localizzano nei
muscoli) determina la prima fase intestinale.
Se l'ingestione avviene da parte di un cane adulto, dopo la prima fase
intestinale con eliminazione di uova con le feci, le larve migrano e si
localizzano in vari organi e nei muscoli (migrazione somatica), dove rimangono
incapsulate; se il cane adulto è una femmina, le larve si mobilizzeranno
durante la gravidanza con migrazione placentare al feto. Se l'ingestione
delle uova avviene invece da parte di un cucciolo di età inferiore
ai tre-sei mesi le larve migrano nell'albero respiratorio e poi risalgono
in trachea fino a ritornare nel tubo digerente per maturare in adulti (migrazione
tracheale e seconda fase intestinale, con eliminazione di uova con le feci).
La strategia di infezione di toxocara si esplica attraverso l'attivazione
e la mobilizzazione delle larve durante la gravidanza, con un meccanismo
sensibile alla modificazione del profilo ormonale dell'ospite, ed il bersaglio
è costituito dai cuccioli.
Questi possono essere infestati già prima della nascita (infestazione
prenatale delle larve che migrano nel polmone del feto), oppure bersagliati
dai parassiti presenti nel latte materno (eliminati per tre settimane di
allattamento) o per contaminazione ambientale. Infatti la riattivazione
della fase intestinale nella madre e la fertilità di toxocara nei
cuccioli appena infestati determina una eliminazione massiva di uova con
le feci: si calcola che la prevalenza di cuccioli sotto i sei mesi che
eliminano uova possa superare l'80%, e che un grammo di feci possa contenere
anche 15.000 uova. Inoltre, le uova resistono nell'ambiente esterno per
anni, anche in condizioni sfavorevoli, e comunque il serbatoio dell'infezione
è costituito dalle larve annidate nei tessuti delle femmine di cane,
per le quali gli antielmintici non sono efficaci. Per questo motivo, infestazioni
di cucciolate possono avvenire anche da cani che erano stati trattati costantemente
con antiparassitari e che parevano essere esenti dall'infezione.
Nelle infestazioni gravi, a causa della migrazione della larva nei
polmoni, si possono avere tosse, aumento della frequenza del respiro, muco
spumoso e in genere segni di polmonite nei cuccioli infestati nelle prime
settimane di vita. La presenza di vermi interi nell'intestino può
invece dar luogo ad estensione dell'addome ed ostruzione, ritardi della
crescita e diarrea. In concomitanza dell'infestazione può aver luogo
un abbassamento delle difese immunitarie con rischio di contrarre il cimurro
(nota
18) .
Il trattamento di tutti i soggetti infestati (facile è la diagnosi
attraverso la ricerca delle uova nelle feci) ed il trattamento sistematico
di tutte le madri e di tutti i cuccioli riduce la contaminazione ambientale
e l'epidemiologia della malattia, ma soprattutto controlla il rischio di
zoonosi nei confronti dell'uomo. I vermi adulti vengono facilmente rimossi
dall'uso dei comuni trattamenti antielmintici (pirantel pamoato, mebendazolo,
levamisolo). Tutti i cuccioli dovrebbero essere trattati due volte a distanza
di due settimane dalla nascita e di nuovo dopo due-tre settimane, e così
pure le madri. Tutti i cani adulti dovrebbero essere trattati ogni 3-6
mesi. Inoltre la somministrazione giornaliera di dosi elevate di fenbendazolo
da tre settimane prima del parto fino a due giorni dopo può essere
efficace per evitare la infestazione transmammaria, ma non agisce sulle
larve quiescenti nei tessuti.
Questo tipo di trattamento periodico e continuo sui cani non è
solo utile per la riduzione dell'epidemiologia tra i cani, ma soprattutto
rappresenta la base del controllo della zoonosi nell'uomo. La sindrome
della larva migrans viscerale colpisce spesso i bambini tra i 2 e i 4 anni
che hanno contatti con ambienti frequentati da cani e contaminati da materiale
fecale, ad esempio i giardini ed i parchi pubblici. Prove eseguite su terreno
prelevato da parchi urbani hanno evidenziato che in più del 10%
dei casi sono presenti uova vitali del parassita.
In seguito all'ingestione accidentale delle uova contenenti la larva
(in fase L2), queste migrano e vengono intercettate dal fegato, dove possono
causare epatomegalia ed eosinofilia marcata (superiore al 60%). Se le larve
superano il filtro epatico, giungono per via ematica fino all'occhio, al
polmone e al cervello. Nell'occhio la larva causa, specie nei bambini più
grandi e negli adulti, un granuloma sul fondo della retina (di difficile
diagnosi differenziale nota 19 ), che esita in
endoftalmo e retinite con danneggiamento della capacità visiva e
a volte nei casi più gravi anche perdita totale della vista. Nel
polmone causa tosse, affanno e polmoniti ricorrenti. Nel SNC può
causare epilessia e disturbi del comportamento.
Le forme a localizzazione epatica vengono raramente diagnosticate,
ma si calcola che nei paesi occidentali la prevalenza sierologica per il
parassita sia intorno al 4-8% della popolazione umana.
Il controllo della zoonosi da toxocara si basa sulla raccolta e distruzione
delle feci dei cani dai giardini e cortili, nonché dai marciapiedi
cittadini. Nei giardini pubblici, bisognerebbe riservare ai cani delle
aree apposite, mentre se ne dovrebbe impedire l'accesso alle zone destinate
al gioco dei bambini.
ECHINOCOCCO (MALATTIA IDATIDEA).
L'agente eziologico della malattia idatidea è l'echinococcus,
piccolo verme appartenente alla classe dei cestodi (vermi piatti), parente
stretto del verme solitario (tenie). Come questo, è un parassita
dell'apparato digerente di animali superiori, ma si distingue da questo
e si caratterizza perché le forme larvali danno luogo ad una formazione
in crescita che è la cisti idatidea (o idatide). La cisti costituisce
lo stadio larvale dell'echinococco, è una vescicola con liquido
abbondante, dalla cui membrana germinativa interna si formano per gemmazione
numerose capsule proligere contenenti diversi scolici. A volte si possono
formare cisti figlie all'interno della cisti madre, oppure all'esterno,
dando luogo alla disseminazione delle idatidi.
L'echinicocco è parassita allo stadio adulto dell'intestino
tenue del cane, ed il suo ciclo biologico prevede la formazione delle cisti
larvali in vari mammiferi erbivori, suini ed equini ma soprattutto gli
ovini, che fungono da ospiti intermedi nella trasmissione della parassitosi.
L'echinococco è lungo 6 mm, possiede uno scolice (testa) munito
di uncini per aderire alla mucosa intestinale, ed il corpo è formato
da 3 o 4 proglottidi, cioè unità che giungono a maturazione
sessuale per ermafroditismo (tra gli organi della stessa proglottide o
di altre proglottidi). Man mano che l'ultima proglottide matura, di dimensioni
maggiori delle altre, si stacca dal corpo e mescolata alle feci è
eliminata nell'ambiente esterno. Ogni parassita adulto distacca una proglottide
ogni due giorni, ma un cane può albergare fino a centinaia di parassiti,
poiché l'echinococco non è patogeno per il cane e non vi
determina alcun sintomo clinico. La proglottide emessa con le feci si disgrega
liberando le uova, che sono dotate di notevole resistenza agli agenti atmosferici
e contaminano abbondantemente il terreno, i pascoli e le acque.
Quando l'ospite intermedio, generalmente ovini (cioè soprattutto
pecore), si contaminano con le uova, da queste si liberano le larve che
migrano per via ematica e raggiungono generalmente il fegato o il polmone,
ma anche rene ed altri organi, dove danno luogo alla cisti idatidea. Questa
tende ad accrescersi, ed in relazione alle reazioni immunitarie dell'ospite
può raggiungere lentamente anche dimensioni notevoli (5-10 cm e
più). Il ciclo si completa e ricomincia quando un cane ingerisce
col cibo cisti fertili, in genere attraverso i residui della mattazione
(visceri di ruminanti). L'infestazione si può verificare anche se
i cani da caccia vengono alimentati con i visceri degli animali selvatici
cacciati, e di conseguenza il successivo contagio del cacciatore può
dar luogo a casi di idatidosi.
Se ad essere contaminato è l'uomo, funge da ospite intermedio
(zoonosi). La cisti idatidea in accrescimento determina sintomi di compressione
simili a quelli di una massa tumorale, per cui la malattia è curabile
solo mediante asportazione chirurgica. Inoltre si possono verificare complicazioni
assai gravi in caso di rottura della cisti: shock anafilattico talora mortale,
oppure disseminazione massiva delle forme larvali che si liberano, con
echinococcosi secondaria generalizzata. In altri casi invece la cisti può
andare incontro a infezione, o a trasformazione involutiva con deposito
di sali di calcio (calcificazione distrofica) e formazione di un nodulo
duro (che deve essere rimosso chirurgicamente qualora la sintomatologia
lo consigli).
La presenza della malattia in Italia è legata soprattutto alle
zone con cospicui allevamenti di ovini, come Sardegna, Sicilia, Lazio e
Abruzzi (dove potrebbe considerarsi come malattia professionale di pastori
e contadini). Le uova sopravvivono nel terreno per circa un anno. L'infestazione
dell'uomo può avvenire per ingestione di acqua od alimenti contaminati,
come verdure crude, oppure per mezzo di mani direttamente contaminate tramite
il contatto con il pelo dell'animale sporco. Le uova possono essere trasportate
sul cibo anche da mosche e blatte, o portate alla bocca dalle mani di bimbi
che giocano per terra su prati e terreno contaminato dalle feci di un cane
infestato. La malattia può restare asintomatica per decenni, fintanto
che la cisti, di solito nel fegato, può provocare dolore addominale
o massa palpabile, o può ostruire un dotto biliare. Altre volte
la cisti si forma in sede polmonare, e causa tosse, dolore toracico ed
emottisi (nota 20) .
La diagnosi si effettua con test sierologici ed esami radiografici
ed ecografici, e la terapia più efficace è quella chirurgica;
farmaci antielmintici quali albendazolo, mebendazolo e praziquantel sono
in grado di inattivare le idatidi. La profilassi si basa sul trattamento
periodico sverminante dei cani con praziquantel, almeno due volte all'anno,
in primavera ed autunno. Soprattutto nelle zone di coltura ovina è
fondamentale il controllo dell'accesso dei cani ai residui della mattazione
e la distruzione dei visceri e delle carcasse degli ovini; inoltre si è
costatato che la soppressione dei cani randagi attuata per il controllo
della rabbia determina una diminuzione dell'incidenza di idatidosi nell'uomo.
CRIPTOSPORIDIOSI.
I criptosporidi sono microrganismi sferici di ridotte dimensioni, protozoi
dalla tassonomia incerta, che colonizzano le cellule dell'epitelio intestinale
di vari mammiferi. I criptosporidi non hanno una specificità per
la specie che colpiscono, ma poiché nell'uomo la malattia viene
trasmessa normalmente per contagio dalle feci di animali domestici, viene
considerata come una zoonosi. Altre possibili occasioni di trasmissione
sono naturalmente acqua e cibi contaminati, ed il contatto interpersonale
diretto, specie tra i bambini.
Sono causa nell'animale domestico e nell'uomo di una enterite acuta.
Nell'uomo normalmente l'esordio è esplosivo, caratterizzato da diarrea
acquosa profusa accompagnata da crampi intestinali. Si manifesta da 4 a
14 giorni dopo il contatto, ma scompare rapidamente in una settimana circa,
salvo in pazienti immunocompromessi, nei quali può assumere un andamento
cronico grave in relazione alla perdita continua di liquidi associata a
diarrea.
ARTROPODI PARASSITI.
Gli artropodi parassiti sono insetti che rivestono una duplice importanza
dal punto di vista parassitologico: svolgono una azione propria nutrendosi
del sangue dell'ospite (o comunque sulla sua cute arrecandogli un danno
diretto), e si comportano da vettori meccanici o biologici di altri parassiti
(soprattutto protozoi), virus o batteri.
LE PULCI.
Le pulci sono piccoli insetti terrestri dell'ordine degli afanitteri.
Gli adulti sono privi di ali, con il corpo schiacciato tra i due lati,
di colore bruno. Il terzo paio di arti è modificato, con zampe allungate,
per consentire grandi balzi mediante i quali in modo caratteristico la
pulce salta sull'ospite. Solo la forma adulta è parassita, è
ematofaga e colonizza la cute dell'ospite (ectoparassita). La puntura è
molto molesta, perché oltre all'azione meccanica viene iniettata
la saliva, che contiene sostanze anticoagulanti che determinano nell'ospite
irritazione e sensibilizzazione.
Le uova, prodotte in abbondanza, sono lasciate al suolo o sull'ospite,
da dove cadono a terra. Si schiudono nell'arco di 2-10 giorni; le larve
che ne fuoriescono, fornite di apparato buccale masticatore, si nascondono
negli anfratti nascosti del terreno (nota 21)
o delle abitazioni e si nutrono voracemente per qualche giorno di residui
organici e delle feci degli adulti, ricche di sangue indigerito. Dopo tre
stadi larvali, la larva muta in pupa e si riveste di un bozzolo che fila
con le secrezioni delle proprie ghiandole salivari, mescolate a detriti.
In questa fase di incistamento, che può durare da una settimana
ad un anno, la resistenza delle giovani pulci è massima.
Esse emergeranno dal bozzolo solo quando la temperatura calda e umida
è favorevole, ed anche in relazione all'effetto di uno stimolo uditivo
(rumore). Il ciclo naturale presenta una stagionalità tardo estiva,
ma il microambiente all'interno delle abitazioni domestiche permette lo
sviluppo continuo durante tutto l'arco dell'anno.
La pulce svolge buona parte del suo ciclo vitale fuori dall'ospite,
sia in tutte le fasi di sviluppo di larva e pupa, sia a volte anche da
adulto, tra un pasto e l'altro ed alla ricerca di un nuovo ospite. L'adulto
può tollerare un lungo digiuno, salvo che la sua aggressività
aumenta in relazione al digiuno prolungato.
La pulce ha una specificità di specie piuttosto limitata, potendosi
adattare anche ad ospiti temporanei, e questo spiega l'importanza del parassita
nella patologia umana per la trasmissione di svariate malattie e parassitosi.
Ad esempio, le epidemie storiche di peste (batterio Yersinia) e di tifo
murino (Rickettsie) sono state causate dal contagio dovuto a pulci dei
ratti.
Sebbene esistano pulci specifiche dell'uomo, la frequente infestazione
dovuta alle pulci degli animali domestici, cani e gatti, è considerata
una zoonosi, e si verifica in situazioni esasperate di convivenza senza
precauzioni igieniche, in modo particolare nei bambini.
Nell'ambiente domestico le larve si possono nascondere negli interstizi
delle piastrelle, fessure, battiscopa, divani, materassi, ovunque trovino
a disposizione residui organici di cui nutrirsi, oppure gli adulti possono
essere trasportati all'interno delle abitazioni da ospiti temporanei.
Può accadere che in una casa lasciata per una stagione disabitata,
le pulci venute a sviluppo attacchino l'uomo che vi fa ritorno (rumorosamente)
la stagione successiva, con alta aggressività in relazione al digiuno
prolungato.
Il morso della pulce determina nell'animale domestico una piccola piaga
infiammata, ma la sintomatologia maggiore è costituita dalla dermatite
allergica e dalle reazioni di sensibilizzazione, poiché nella saliva
dell'insetto è presente un aptene (nota 22)
. Si formano così aree di eczema umido, causate dalla reazione dell'ospite
che si gratta, si morde e si sfrega (autotraumatismo). Sulle lesioni si
può sviluppare superinfezione batterica. Se il cane lecca e ingoia
la pulce, questa è frequente veicolo di infestazione di vermi cestodi
Dipylidium. Eczema e prurito senza cause apparenti nel cane devono essere
spesso curate con trattamenti disinfestanti per le pulci, poiché
derivati del cortisone o altre cure sintomatiche non rimuovono la causa.
Nelle abitazioni occorre attuare una pulizia accurata, con l'aiuto
dell'aspirapolvere, che rimuove uova e larve da tappeti e moquette; bisogna
poi avere l'accortezza di gettare o distruggere tutto il sacchetto d'aspirazione.
Si deve porre sospetto di infestazione per il modo caratteristico con
cui cani e gatti si grattano, e quando si osserva la cosiddetta polvere
di carbone, costituita dalle feci scure e dalle uova biancastre delle pulci.
La diagnosi negli animali domestici si può attuare verificando la
presenza dei parassiti raccolti su una plastica dopo spazzolamento del
pelo dell'animale, trattato con uno spray insetticida.
La prevenzione periodica e il trattamento degli animali domestici si
attua con antiparassitari specifici (non sempre lo stesso in caso di cani
e gatti). L'uso di collarini antiparassitari ha un effetto modesto, che
si giustifica soltanto nel periodo primaverile per evitare il contagio
di animali non infestati, ma dato lo scarso effetto abbattente non deve
distogliere il proprietario da trattamenti più efficaci nel prosieguo
della stagione, qualora siano necessari. Molto utile a tale proposito è
l'uso di soluzioni di fipronil: questo principio attivo, efficace e poco
tossico, sia per il cane che per il gatto, ha un ottimo effetto, tanto
abbattente che residuale, e la sua protezione si estende anche alle zecche.
In alternativa (ma solo nel trattamento del cane perché nel gatto
possono provocare fenomeni di intolleranza) si possono utilizzare preparati
a base di piretrine e piretroidi, sinergizzati con piperonil-butossido.
Poiché però nessun insetticida è attivo sulla forma
incistata, vi si associa l'uso dei cosiddetti regolatori della crescita:
il lufenuron (Program(), somministrato per via orale, passa attraverso
il sangue nelle femmine fertili di pulce dove interferisce con la sintesi
di chitina e quindi determina interruzione dei cicli successivi del parassita.
Si accenna infine che l'ingestione accidentale insieme alla terra da
parte di bambini di pulci morte può veicolare i vermi piatti del
cane (Dipylidium caninum) di cui la pulce è ospite intermedio. Questi
cestodi danno nell'uomo prurito in zona anale, fino a coliche con diarrea
ed ascite (nota 23) . A volte nei bimbi è
possibile anche una reazione sistemica grave di sensibilizzazione. Il trattamento
nell'uomo prevede l'uso di niclosammide per via orale (Yomesan(), mentre
nel cane si somministra il praziquantel per via parenterale.
LE ZECCHE.
Le zecche sono degli aracnidi della famiglia degli acari, visibili
ad occhio nudo, caratterizzate da larve simili all'adulto (ma con un paio
di zampe in meno), ematofaghe in tutte le fasi. Le più comuni forme
di zecche hanno uno scudo dorsale chitinoso rigido (nota
24) , e vengono chiamate zecche dure (Ixodidi). Il corpo è tozzo
e tondeggiante, con caratteristico apparato buccale (ipostoma, a forma
di doccia), con due paia di appendici chiamate cheliceri e palpi: penetra
saldamente nel tessuto cutaneo dell'ospite e vi aderisce intimamente per
un tempo prolungato.
Queste zecche trascorrono un periodo limitato a bordo dell'ospite,
ma il pasto di sangue è obbligatorio e prolungato, una volta per
ciascuna delle tre fasi dello sviluppo del parassita. La loro puntura,
a differenza di quella delle pulci, non è fastidiosa o dolorosa
per l'ospite, che spesso non si accorge neanche della presenza del parassita.
Questa caratteristica, insieme alla gravità delle malattie che può
veicolare, rende la infestazione da zecche molto più pericolose
di quella delle pulci.
L'importanza patologica delle zecche è dovuta inoltre ai seguenti
fattori: le zecche sono più resistenti delle pulci alle condizioni
ed agli stress ambientali; sono parassiti obbligati in ogni fase di sviluppo;
hanno pochi nemici naturali; sono particolarmente longeve (il ciclo biologico
a seconda delle varie specie si completa in 10-20 anni); hanno una forte
capacità riproduttiva; hanno un ampio spettro di ospiti possibili,
e con ciò una ampia possibilità di nutrirsi, ed anche di
diffondere le malattie di cui sono vettori.
Dopo che la femmina è stata fecondata, si nutre del sangue dell'ospite
ancora per diversi giorni (anche due settimane), fintanto che non si gonfia
di sangue (fino a 200 volte il peso iniziale) e cade a terra, dove depone
le uova in ammassi di alcune centinaia. Nel terreno le uova si schiudono,
e se le condizioni di umidità (che deve essere elevata) e di temperatura
lo permettono, la larva si apposta nell'attesa dell'ospite.
La "zecca dei cani" (Ixodes ricinus) predilige i luoghi più
umidi all'aperto, specialmente l'erba, i pascoli in vicinanza del suolo
e il sottobosco ombreggiato. E' in grado di attaccare ovini e cani di passaggio,
ed eventualmente anche l'uomo. Questa zecca ha una grande resistenza ai
fattori ambientali, rallentando il suo sviluppo qualora la temperatura
sia troppo bassa, e regolando la dispersione d'acqua tornando a rifugiarsi
in anfratti umidi se la temperatura cresce. Inoltre riconosce la presenza
di ospiti potenziali percependo differenze di concentrazione di anidride
carbonica (emessa dagli animali a sangue caldo come catabolita respiratorio),
e si dispone nel cosiddetto "atteggiamento di caccia" rizzandosi sulle
zampe posteriori ed agitando quelle anteriori. Le infestazioni negli animali
domestici in Italia hanno generalmente andamento stagionale, dalla tarda
primavera all'inizio dell'autunno.
La "zecca dei cani e dei gatti" (Rhipicephalus sanguineus) è
una specie in grado di muoversi molto rapidamente; ha bisogno di meno umidità
e quindi vive benissimo negli ambienti urbani, magazzini, autorimesse,
dove vi sia un passaggio anche occasionale d'animali.
Questa zecca può sopravvivere anche diversi anni nell'attesa
di un pasto: in questa fase è sottile come un foglio di carta e
può installarsi in fessure invisibili. Assi di legno all'apparenza
perfettamente pulite possono nascondere un numero elevatissimo di zecche
di questo tipo (nota 25) .
Quando una delle due zecche di cui sopra ha trovato il suo ospite,
per il quale tra l'altro non è molto selettiva, affonda il suo apparato
buccale nel derma per iniziare il prolungato pasto di sangue. L'azione
tagliente delle estremità dei cheliceri è seguita dall'inserzione
dell'ipostoma e dal suo ancoraggio mediante denticoli retroversi. La zecca
inocula immediatamente un fluido salivare ricco di svariate sostanze, in
particolare enzimi in grado di avviare un processo di parziale digestione
del derma, anticoagulanti che facilitano il flusso di sangue, antinfiammatorii
che diminuiscono la sensibilità dolorifica e la reazione dell'ospite.
Il ruolo della zecca nella trasmissione vettoriale di altri agenti patogeni
dipende dal fatto che essa ha la capacità, nel mentre che rimane
fissata alla cute ed è diventata un tutt'uno con essa, di concentrare
il sangue, la linfa e il lisato cellulare ingerito, mediante un complesso
meccanismo attivo di eliminazione di acqua e di ioni attraverso le ghiandole
salivari. In pratica le zecche rigurgitano nella ferita praticata nell'ospite
la maggior parte dei liquidi ingurgitati, e le malattie di cui sono vettori,
che si localizzano nelle ghiandole salivari seguendo lo stimolo di segnali
chemiotattici.
Come già accennato, sebbene l'uomo non sia l'ospite specifico
per questi aracnidi, le zecche possono occasionalmente attaccarlo sia nelle
abitazioni e negli ambienti urbani, sia nei terreni e prati molto frequentati
da cani o pascolati di recente da ovini, dove le forme a vita libera possono
essere particolarmente abbondanti.
Il danno diretto causato dalla zecca consiste nella lesione (con possibilità
di infezione), nella anemia da depauperamento di sangue, nelle possibili
reazioni tossiche dovute a suoi metaboliti (paralisi da zecche per inoculazione
di neurotossine, talvolta letale per animali di piccola taglia ed anche
per l'uomo.).
Ancora più grave è l'azione vettoriale per la trasmissione
di malattie causate da spirochete come Borrelia (malattia di Lyme nota
26 ), oppure Rickettsie (in Italia la febbre bottonosa; negli Usa la
"malattia delle montagne rocciose"), oppure protozoi (Babesia, piroplasmosi).
In particolare, la Rickettsie canovi, responsabile della sindrome febbrile,
spesso con formazione di un'escara nerastra ("febbre del Carducci" o petecchiale),
è costantemente associata alla presenza di zecche, poiché
queste si trasmettono tra loro il microrganismo per via transovarica. Meno
frequente ma possibile la trasmissione di malattie batteriche come la tularemia
(nota
27) e la meningoencefalite (nota 28)
da zecche.
Per mettersi al riparo da eventuali malattie trasmesse dalle zecche,
è bene attuare immediatamente una terapia antibiotica in tutti i
soggetti con sospetto contatto; infatti la maggior parte di queste malattie
può essere diagnosticata solo in seguito, in relazione al quadro
clinico, ma la tempestiva terapia con tetracicline o cloramfenicolo è
risolutiva.
La prevenzione ed il trattamento della infestazione sugli animali domestici
si effettuano con antiparassitari. Per applicazione topica va benissimo
una soluzione a base di fipronil (già considerata per le pulci),
efficace per 30 giorni grazie al prolungato tempo d'azione residua. Il
rapido effetto abbattente è particolarmente importante nella prevenzione
della trasmissione vettoriale delle malattie, poiché usualmente
ci vogliono 24-72 ore da quando ha "agganciato" l'ospite perché
la zecca inoculi l'agente patogeno.
Nel caso di cani, alla soluzione antiparassitaria per uso esterno può
essere associato l'uso sistemico di un organofosfato (Tiguvon(r)), che
somministrato mensilmente avvelena la femmina mentre questa consuma il
suo pasto di sangue.
Se ci si accorge che il cane ospita delle zecche, bisogna immediatamente
cercare di individuarle e di estrarle, ed occorre trattare con uno spray
antiparassitario ad azione abbattente. Le zecche cadute devono essere raccolte
su un foglio di carta o di plastica e poi bruciate.
Per quanto riguarda l'uomo, nella tarda primavera ed estate è
bene controllare attentamente la eventuale presenza di zecche, esaminando
il corpo in occasione della doccia, al ritorno da gite in campagna e sui
prati. In Italia vengono segnalati qualcosa come 1500 casi all'anno di
malattie trasmesse dal morso di zecche.
Se si è in presenza di una zecca infissa nella cute, è
necessario rimuoverla tempestivamente, ma con molta attenzione. La zecca
non va uccisa o schiacciata, ma va estratta delicatamente intera, per evitare
contaminazioni ed infezioni. All'uopo è bene usare un paio di pinzette,
cercando delicatamente di arrivare alla base del rostro, e poi effettuare
movimenti circolari per scollarlo dal derma, evitando di spremere l'insetto.
La consuetudine di trattare la zecca con olio o petrolio per stordirla
ed estrarla più facilmente, è in realtà dannosa poiché
sembra che questo trattamento favorisca il rigurgito della zecca, col conseguente
rischio di esposizione alle malattie di cui è vettore.
ZECCA DEI PICCIONI.
Una specie diversa di zecche, appartenente alla famiglia delle Argasidi,
zecche molli, sta venendo alla ribalta nelle aree urbane per la crescente
diffusione dei piccioni, e comincia a costituire un problema igienico-sanitario.
Le zecche molli, a differenza delle ixodidi, hanno pasti brevi e frequenti,
il che le porta a cambiare spesso l'ospite, che pungono normalmente di
notte. Sono caratteristiche dei volatili, ma possono cadere nelle abitazioni
dai sottotetti frequentati dai piccioni, in particolare tra le murature
e gli stipiti dei serramenti o i battiscopa, e possono pungere l'uomo.
Il rischio per l'uomo aumenta quando si attuano trattamenti di eliminazione
dei piccioni, a seguito dei quali si possono verificare massicce invasioni
dei locali vicini, oppure quando vengono sigillati luoghi dove avevano
accesso i piccioni senza effettuare contemporaneamente la disinfestazione
con insetticidi idonei. La migrazione di zecche verso l'uomo in queste
situazioni è stata accertata persino a due anni di distanza dagli
interventi di eliminazione dei volatili.
Le zecche dei piccioni possono essere causa di sindromi allergiche
a volte gravi (edema della glottide, shock), dovute a sensibilizzazione
verso la saliva fortemente allergizzante, oppure possono trasmettere la
malattia di Lyme (Borrelia Borgdorferi), ed altre malattie o virosi.
ACARI.
Gli acari sono aracnidi di piccole dimensioni, parenti delle zecche.
Gli acari che si considerano tra i parassiti trascorrono la maggior parte
della loro vita sulla superficie della cute dei loro ospiti, e tradizionalmente
vengono classificati come scavatori o non scavatori, in relazione all'attitudine
di scavare gallerie nella cute dell'ospite. Causano la tipica patologia
pruriginosa nota con il nome di rogna. A differenza delle zecche, questi
acari si riproducono e si accrescono sull'ospite, dando luogo a forme infestanti
in rapida espansione e ad alta contagiosità. Anche se esiste una
specificità di specie e vi sono forme tipiche dell'uomo, il contatto
con un animale domestico infestato determina facilmente il contagio anche
per l'uomo.
Acari scavatori: rogna sarcoptica del cane (Sarcoptes scabiei). Il
corpo è di piccole dimensioni, tondeggiante, a malapena visibile
ad occhio nudo (0.4 mm), con zampe corte.
La femmina fecondata scava gallerie nello spessore dello strato corneo,
avanzando alla velocità di 2-3 mm al giorno. Si nutre dei liquidi
interstiziali che essùdano dal tessuto danneggiato. Le uova vengono
deposte lungo i cunicoli, e si schiudono dopo 3-5 giorni. Le larve quindi
perforano la parete della galleria e migrano sulla superficie dell'epidermide,
infestandola abbondantemente. Il ciclo si completa in appena tre settimane.
Nei cani domestici (è rara nei gatti) dopo una settimana dall'infezione
primaria la rogna si manifesta con intenso prurito, che causa lesioni per
autotraumatismo. L'intensità del prurito viene spesso aumentata
dall'azione sensibilizzante di allergeni tossici del catabolismo dell'acaro.
Se l'animale viene trascurato, la rogna si diffonde su tutta la cute, e
causa odore acido intenso e sintomi generali di abbattimento ed emaciazione.
Il trattamento si basa su bagni e spugnature con acaricidi quali permetrina
e flumetrina (piretroidi sintetici) o organofosfati, da effettuare una
volta alla settimana per almeno un mese e fino alla scomparsa delle lesioni
(nota
29) .
La rogna sarcoptica del cane, altamente contagiosa, si trasmette anche
all'uomo per semplice contatto. Le aree più colpite sono palmo delle
mani, polsi, braccia e torace, poiché queste sono le parti che lambiscono
gli animali. Gli acari del cane, per nostra fortuna, ci causano solo eruzioni
pruriginose che scompaiono dopo poche settimane, poiché non riconoscono
il loro ospite abituale e non scavano gallerie né si riproducono
sull'epidermide dell'uomo. La rogna sarcoptica tipica dell'uomo è
invece sostenuta da un ceppo specifico, le cui manifestazioni cliniche
sono ben più gravi.
Acari non scavatori. Cheyletiella è un acaro che vive sulla
pelle dell'ospite senza scavare gallerie ma nutrendosi dei detriti cutanei.
E' tipico del gatto (ma si diffonde anche tra i cani), per il quale è
molto contagioso ma scarsamente patogeno, in quanto induce soltanto una
dermatite forforacea che conferisce al mantello un aspetto polveroso. Viene
frequentemente trasmesso all'uomo, cui causa irritazione e prurito intenso,
ben maggiori di quelli che si riscontrano nel gatto. Il contagio è
frequente anche per brevi contatti, e l'acaro può persino attraversare
i vestiti per raggiungere l'ospite umano. La diagnosi nel gatto è
semplice: raccogliendo con l'aiuto di un pettine la desquamazione ed i
detriti forforacei su un foglio di carta nero, e avvicinando una fonte
di calore come una lampadina, si vedranno immediatamente gli acari in movimento.
Il gatto si tratta con lavaggi a base di solfuro di selenio, uno alla settimana
per tre settimane, ed in seguito al trattamento anche la dermatite del
proprietario del felino andrà incontro a guarigione spontanea.
Un altro acaro non scavatore è il "pidocchio rosso del pollo"
(Dermanyssus). Il colore è dovuto al sangue di cui si ciba. Come
suggerisce il nome, i suoi ospiti abituali sono i volatili, sia di allevamento
che selvatici. Trascorre la maggior parte della sua vita a terra, e sale
sull'ospite soprattutto di notte, dato che è ematofago. Frequentemente
ne possono essere infestati i pollai. Questo acaro può resistere
per mesi senza alimentarsi, ed in vecchi pollai abbandonati può
attaccare uomo e gatto, causando eritema ed intenso prurito. L'unica misura
efficace è il trattamento insetticida degli ambienti infestati.
CONCLUSIONE.
Alla luce di quanto esposto, il farmacista raccomanderà in tutte
le circostanze di mettere in atto le norme igieniche e di pulizia utili
ad evitare il contagio di malattie e zoonosi parassitarie.
Schematicamente possiamo riassumere queste norme nell'elenco seguente.
* Pulizia accurata delle mani dopo contatto con animali.
* Pulizia accurata e controllo delle parti del corpo che possono essere
state esposte al contatto o al raggio d'azione di parassiti.
* Pulizia accurata delle mani prima di toccare o assumere qualsiasi
tipo di alimento.
* Trattamento con precauzioni igieniche di tutti i cibi e di tutto
il materiale destinato a contenerli.
* Cottura di tutta la carne e del pesce per alimentazione sia umana
che degli animali domestici.
* Controllo dell'alimentazione degli animali domestici.
* Trattamenti periodici antiparassitari e vaccinali per gli animali
domestici, da attuare secondo le direttive di un medico veterinario.
Per concludere, si accenna ad altre patologie che pur non rientrando
nella definizione di zoonosi parassitarie, sono trasmesse dagli animali
domestici e debbono essere considerate alla stessa stregua per quanto riguarda
le norme igieniche da applicare.
La Salmonella è un batterio patogeno che colonizza l'intestino
e provoca una tipica gastroenterite, con dolori addominali, febbre, nausea,
vomito e diarrea. Per prevenirne l'infezione è necessaria la cottura
completa del pollame, e la pulizia e la rimozione di ogni residuo dalle
uova di gallina (per evitare il contatto con le sue feci). Inoltre la salmonellosi
può essere trasmessa al giorno d'oggi anche dai rettili, sempre
più presenti nelle nostre abitazioni come nuovi pets di importazione
(rettili, sauri, iguane).
A carne poco cotta si può attribuire anche la trasmissione all'uomo
di Campylobacter, che può causare una forma sistemica grave, caratterizzata
da febbre, diarrea, debolezza e complicanze sistemiche.
Dicembre 2000.
Giancarlo Fogliani.
Bibliografia: Parassitologia generale e umana, I. de Carneri, edit.
Ambrosiana.
Parassitologia veterinaria, G.M.Urquhart, J.Armour, J.L.Duncan, A.M.Dunn,
F.W.Jennings, editrice Utet.
Guida allo studio della Parassitologia, Pampiglione, Canestri Trotti,
editrice Esculapio.
Manuale Merck di diagnosi e terapia;
Dizionario medico Dorland.
Altre notizie utilizzate provengono dalle lezioni al Nobile Collegio
(primavera 2000).
Le note nel testo.
1 In questo caso il termine subliminale deve essere
inteso relativamente alle manifestazioni cliniche.
2 Di solito l'età giovanile del soggetto ospite
costituisce un fattore di maggiore suscettibilità dell'ospite alle
infestazioni parassitarie, vedi ad esempio Toxocara canis.
3 I Ditteri sono insetti con un solo paio di ali (le
ali posteriori si sono infatti ridotte a un paio di organi vibranti, i
bilancieri), come la mosca domestica, le zanzare, i moscerini della frutta
e i tafani.
4 Il rilascio di maschi sterili fa parte della lotta
biologica agli insetti: si allevano e si sterilizzano (con radiazioni gamma
o con sostanze chimiche) una gran quantità di maschi di una specie
di vettori di cui le femmine si accoppiano una volta sola, quindi si liberano
affinchè competano con i maschi fertili per l'accoppiamento, determinando
la sterilità delle femmine.
5 Si chiama diapausa la sospensione temporanea dei
processi di sviluppo degli insetti.
6 Per "profilo" si intende la quantità relativa
dei vari tipi di interleuchine prodotte dai macrofagi parassitati. In particolare,
nella risposta immunitaria di resistenza alla malattia vengono prodotte
soprattutto interleuchine di tipo 12, mentre nella risposta immunitaria
in cui è presente sensibilità alla malattia vengono prodotte
soprattutto interleuchine del tipo 4 e 10.
7 Il blocco dell'attività enzimatica causato
dalla leishmania all'interno del vacuolo del monocita che l'ha fagocitata
viene rimosso dall'intervento dei linfociti T, mediante la produzione ed
il rilascio di interferone gamma.
8 Protidogramma: rappresentazione grafica dell'analisi
per elettroforesi delle varie costituenti proteiche del sangue e dei loro
rapporti relativi.
9 Incurvamento e deformità delle unghie dovuto
a eccessiva crescita.
10 Insetti coprofagi sono insetti che si nutrono sui
rifiuti organici e feci animali: basti pensare alla mosca.
11 Il fibroblaso (o fibrocita) è la cellula
tipo del tessuto connettivo.
12 Malattia infettiva virale caratterizzata da presenza
abnorme di linfociti atipici.
13 Esito della malattia in morte del paziente.
14 Infiammazione della retina e della membrana coroidea
dell'occhio.
15 Dilatazione dei ventricoli cerebrali ed accumulo
di fluido cerebrospinale all'interno del cranio, con caratteristico ingrossamento
della testa e prominenza della fronte.
16 La pirimetamina è un farmaco diaminopiridinico,
antagonista dell'acido folico e con un meccanismo d'azione simile a quello
del trimetoprim.
17 Si definiscono intercalari o paratenici ospiti
temporanei in cui sia penetrato accidentalmente il parassita, che sopravvive
senza proseguire il suo ciclo di sviluppo ma mantiene la capacità
infestante per gli ospiti successivi.
18 Cimurro: malattia virale sistemica altamente contagiosa
tipica del cane, che può portarlo anche a morte.
19 La lesione oculare causata da Toxocara può
essere scambiata per retinoblastoma, e ciò ha determinato talora
la erronea rimozione del globo oculare.
20 Emottisi è la fuoriuscita di sangue dalla
bocca.
21 Il comportamento istintivo di fuggire la luce ed
addentrarsi negli anfratti del terreno viene definito come fototropismo
negativo e geotropismo positivo.
22 L'aptene, antigene incompleto presente nella saliva
della pulce, si lega alle componenti del collagene dell'ospite formando
un antigene completo, responsabile della reazione di sensibilizzazione.
23 Ascite è gonfiore del ventre e accumulo
di liquido sieroso.
24 Nelle femmine delle zecche lo scudo chitinoso è
presente solo nella parte anteriore, per consentire la dilatazione del
corpo e l'accumulo di sangue, nutrimento necessario per produrre le uova.
25 Si sono verificate infestazioni in scuole Italiane
a causa dell'allestimento di cabine elettorali con legname contaminato
in questo modo.
26 La malattia di Lyme esordisce di solito con sintomi
simili a quelli dell'influenza, accompagnati da linfoadenite e da un caratteristico
eczema cronico migrante. Se non vengono curati tempestivamente (con antibiotici
ad ampio spettro, tetracicline, penicilline ed eritromicine), da due settimane
a due mesi dopo i primi sintomi alcuni pazienti sviluppano disturbi neurologici
(meningiti, polineuriti, meningo-encefaliti progressive), cardiaci e infine
una grave forma artritica.
27 La tularemia è una malattia batterica infettiva
acuta simile alla peste, considerata una zoonosi in relazione alla trasmissione
attraverso carni, pelli ed escrezioni di vari animali infetti.
28 Queste encefaliti trasmesse da zecche sono causate
da vari tipi di virus.
29 Nessun acaricida è attivo contro le uova,
anche per la difficoltà di raggiungerle all'interno delle gallerie
nella cute.
Giancarlo Fogliani: "Il ruolo del farmacista quale educatore sanitario
nella prevenzione delle zoonosi parassitarie".
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