Università degli studi di Udine

Corso di Informatica giuridica

Enzo Fogliani
 


Le Procedure di riassegnazione dei nomi a dominio (MAP)

(aggiornamento: 3 febbraio 2009)

 

 

1. Il Cybersquatting.

 

Il minimo costo della registrazione di un nome a dominio, la circostanza che si trattasse di una cosa nuova che non tutti conoscevano e di cui pochi avevano immediatamente compreso le enormi possibilità di impiego commerciale, fecero sì che con la diffusione dei nomi a dominio si verificassero spiacevoli episodi di accaparramento, definiti con il termine di cybersquatting [1].

 

Con tale termine si definisce la registrazione e l'accaparramento di nomi a dominio corrispondenti a marchi o nomi altrui, effettuata da chi non ne abbia il diritto a fini di concorrenza sleale o per la rivendita a prezzi molto maggiori all'effettivo costo.

 

Nel primo caso, si tratta di imprenditori che registrano nomi a dominio corrispondenti a marchi o alla denominazione di propri concorrenti per sviarne la clientela sul proprio sito o sui propri prodotti; oppure registrano nomi corrispondenti a marchi famosi per sviare sul proprio sito utenti Internet attratti da un marchio che non è il loro.

 

Nel secondo caso, i cybersquatter registrano nomi a dominio corrispondenti a nomi o marchi famosi non ancora registrati dai rispettivi aventi diritto, ai quali poi li offrono in vendita per somme altissime. Se poi gli aventi diritto si dimostrano poco propensi ad accettare l'offerta, spesso i cybersquatter trasformano l'offerta in un vero e proprio ricatto, allestendo nei nomi a dominio in questione siti pornografici (il cosiddetto pornosquatting), o semplicemente ridirigendo gli utenti che accedano a quell'indirizzo siti porno altrui.

 

In questi casi, il titolare del marchio corrispondente al nome a dominio non solo subisce il pregiudizio di non poter essere presente su internet con il proprio marchio o il proprio nome, ma si trova esposto ad un gravissimo danno d'immagine agli occhi dell'utente che, convinto di accedere al suo sito commerciale, si trova invece di fronte ad un sito pornografico.

 

Ben presto il fenomeno raggiunse una entità preoccupante, a fronte del quale gli strumenti giuridici tradizionali si presentarono del tutto inadeguati.

 

A causa del basso costo della registrazione di un nome a dominio [2], il rapporto costi – benefici per i cybersquatter è altissimo; basta anche un dominio rivenduto a caro presso ad un legittimo proprietario per coprire i costi di anche un migliaio di registrazioni abusive di domini la cui rivendita non sia coronata da successo.

 

D'altra parte, la giustizia ordinaria non consente una reazione efficace  nei confronti dei cybersquatter, che spesso agiscono in ordinamenti giuridici diversi da quello in cui ha sede l'avente diritto al dominio. In questi casi, i soli costi per il radicamento del giudizio all'estero rendono più conveniente, sotto il profilo economico, cedere al ricatto del cybersquatter piuttosto che far valere il proprio buon diritto.

 

Ma anche se il cybersquatter appartiene allo stesso stesso ordinamento giudirico dell'avente diritto al dominio, difficilmente il ricorso alla giustizia statale consente una reazione rapida, efficace ed economicamente conveniente. Anche se, in questo caso, i costi economici del ricorso alla giustizia possono non essere proibitivi come per i casi di procedimenti all'estero, i tempi per ottenere un risultato utile possono essere troppo lunghi a fronte di un danno all'immagine che aumenta esponenzialmente con l'aumentare del tempo in cui, ad esempio,  un sito pornografico rimane in linea su un dominio corrispondente ad un marchio famoso. E difficilmente, nel caso di esito positivo, tali danni potrebbero essere recuperati dal cybersquatter.

 

Sicchè, spesso è sufficiente che il cybersquatter richieda una somma di valore congruo ai costi che l'avente diritto sosterrebbe per recuperare giudizialmente il nome a dominio per ottenere un ottimo guadagno per la sua illecita registrazione [3].

 

Per reagire a tale fenomeno, ICANN con il supporto dell'Organizzazione mondiale per la proprietà industriale (OMPI o, all'inglese, WIPO [4]) ha introdotto per i gTLD .com, .net, e .org a far data dall'inizio del secolo un procedimento amministrativo di risoluzione delle dispute relative ai nomi a domino rapido ed efficace.

 

Le MAP (Mandatory Administrative Proceedings o, all’italiana, procedure di riassegnazione) traggono origine dal “Final Report” di WIPO [5] del 30 aprile 1999, nell’ambito del quale erano suggeriti ad ICANN, fra le altre cose, i passi da intraprendere per combattere il cybersquatting.

 

Nel periodo da maggio a settembre 1999 vengono elaborati e approvati da ICANN i documenti necessari ad implementare il nuovo strumento per la risoluzione delle dispute sui nomi a dominio [6]; e finalmente il 24 ottobre 1999 entrano in vigore la Uniform Domain Name Dispute Resolution Policy [7] e le relative Rules  [8].

 

Il 29 novembre 1999 viene abilitato il primo Dispute-Resolution Service Provider (DRSP), cui due giorni dopo viene presentato il primo ricorso, che porta il 14 gennaio 2000 alla prima decisione. Successivamente, nel periodo dicembre 1999 – maggio 2000, vengono abilitati altri tre DRSP [9].

 

Le procedure di riassegnazione sono state in seguito adottate  - seguendo sostanzialmente il modello di Icann – anche da un gran numero di ccTLD, fra cui il .it, che è stato uno fra i primi ad implementarle, nell’agosto del 2000. Esso sono state previste anche per il dominio .eu [10].

 

2. Le MAP di ICANN

 

Le MAP di ICANN sono gestite dai Dispute-Resolution Service Provider” (DRSP) soggetti che fungono da “cancelleria” per i “panelist” cui sono affidate le decisioni.

 

I DRSP sono abilitati alla gestione delle MAP dallo staff di ICANN. Era prevista per il 2000 l’introduzione di una precisa procedura di accreditamento [11], ma ad oggi essa non è stata ancora implementata. Al momento attuale i DRPS abilitati da ICAN sono quattro in tutto il mondo.

 

Secondo la Policy di ICANN, un nome a dominio si considera registrato abusivamente e viene quindi riassegnato ad un terzo che lo reclami, quando questi dimostri che: a) il nome a dominio è identico o di similitudine tale da indurre in confusione in relazione ad un marchio su cui egli vanta dei diritti; b) l’assegnatario del nome a dominio non abbia diritti o legittimi interessi in relazione al suddetto dominio; c) il nome a dominio sia stato registrato e venga usato in malafede [12].

 

Il procedimento è piuttosto rapido e semplice. Il ricorrente (cioè colui che ritiene essergli stato sottratto illegittimamente un nome a dominio) presenta al DRSP prescelto il ricorso e la relativa documentazione, versando quanto previsto dalle tariffe in vigore per il procedimento. Il DRSP  invia ricorso e documentazione all’assegnatario del nome a dominio contestato, invitandolo a far prevenire le proprie repliche e la documentazione a supporto delle sue difese. Una volta ricevute le repliche (o scaduto inutilmente il termine di 20 giorni senza che l’assegnatario ne abbia inviate), il DRSP nomina un Panel di una o più persone (a seconda delle indicazioni del ricorrente) scelte fra un elenco di esperti selezionati dal DRSP [13]. Entro 14 giorni il Panel decide sulla controversia [14]; se l’esito è favorevole al ricorrente (ossia se viene disposta la cancellazione o la riassegnazione del nome a dominio) il Registro presso cui è registrato il nome a dominio attua la decisione, salvo che entro il termine di 10 giorni lavorativi dalla decisione il soccombente non ricorra alla magistratura [15].

 

3. Le procedure di riassegnazione italiane.

 

In Italia, che fino alla fine del 1999 era stata praticamente immune dal fenomeno del cybersquatting a causa delle restrizioni in vigore per la registrazione dei domini [16], le MAP, denominate “procedure di riassegnazione”, vengono introdotte il 28 luglio 2000 [17]. I primi DRSP (denominati fino al 2007 “enti conduttori”, oggi chiamati  PSRD - Prestatori del servizio di risoluzione delle dispute) cominciano ad operare nel settembre 2000. 

 

A grandi linee, le procedure di riassegnazione italiane seguono quelle di ICANN. Le principali differenze riguardano:

a) I soggetti che possono ricorrere alla procedura. Non essendo possibile la mera cancellazione del nome a dominio contestato, solo chi possa registrare domini nel TLD .it [18] è legittimato ad iniziare la procedura [19].

b)Tutela offerta al ricorrente. Nelle Procedure italiane non è possibile richiedere la sola cancellazione del nome a dominio contestato, ma è necessario chiederne la riassegnazione [20].

c) Diritti tutelati. Nelle procedure italiane è tutelato anche il diritto al nome delle persona fisica, anziché il solo marchio come nella MAP di ICANN.

d) Onere probatorio. Le MAP di ICANN prevedono per il ricorrente la prova dell’assenza del diritto al nome a dominio in capo al resistente [21], mentre, più esattamente, le procedure italiane addossano al resistente di provare il proprio diritto al nome a dominio.

e) Tempistica del procedimento. I termini per le repliche nelle procedure italiane sono più lunghi, mentre quelli per ricorrere alla giustizia ordinaria dopo una decisione sfavorevole sono adeguati ai tempi della giustizia italiana.

f)     Diversi effetti della proposizione di un giudizio ordinario rispetto alla procedura.

 

In Italia i requisiti richiesti agli enti conduttori, in passato specificati nel Regolamento di assegnazione e gestione dei nomi a dominio sotto il ccTLD “.it”, sono oggi indicati in un apposito documento, denominato "Modalità di accreditamento dei Prestatori del servizio di risoluzione extragiudiziale delle dispute nell'ambito del ccTLD .it", in vigore dal marzo 2007. Gli enti conduttori sono abilitati alla gestione delle procedure dal Registro, su parere positivo della Commissione per le regole, previa verifica dell’esistenza di una lista di almeno 15 “esperti” disponibili a rendere le decisioni nelle procedure, di un sito web su cui pubblicarle, di una stabile organizzazione per gestirle [22].

 

Con l'introduzione delle nuove modalità di accreditamento sono state revocate le precedenti abilitazioni effettuate a suo tempo dalla Naming Authority [23]Con il nuovo sistema sono oggi solo 4  i PRSD abilitati dal Registro [24]; di questi, il più importanti è C.r.d.d. -  Centro risoluzione dispute domini, che fra i PRDS attivi è quello che ha risolto la maggior parte delle dispute.

 

4. Le procedure di riassegnazione per il .eu.

 

Anche le procedure di riassegnazione predisposte per il .eu seguono sostanzialmente lo schema delle MAP di ICANN. Rispetto ad esse (e a quelle italiane) si caratterizzano per i maggiori costi, la maggiore burocrazia e la maggior complessità.

 

Esse prevedono infatti una serie di possibili eventuali sub procedimenti interni per risolvere questioni di rito o formali, che possono appesantire notevolmente il procedimento e allungarne i tempi, che già di per sé sono più lunghi di quelli delle MAP di Icann e italiane [25].

 

Le procedure .eu prevedono infatti una serie di sub procedimenti, per ciascuno dei quali, in caso di contestazioni delle parti, viene nominato un apposito arbitro per la decisione di questioni su:

  • lingua da adottare per la decisione;
  • contestazione sulla regolarità formale di ricorso o replica;
  • ricusazione dell’arbitro nominato.

 

Per quanto riguarda gli enti conduttori del procedimento, il regolamento 874 del 2004 ne prevede una pluralità. Al momento, tuttavia, l’unico ente abilitato è la camera arbitrale di Praga [26].

  
5. Natura delle procedure di riassegnazione italiane.

 

Le procedure di riassegnazione si inquadrano nell’ordinamento giuridico italiano [27]Per esplicita dichiarazione normativa, la procedura di riassegnazione italiana “non ha natura giurisdizionale, e come tale non preclude alle parti il ricorso, anche successivo, alla magistratura o all’arbitrato[28].

 

Essa si inserisce funzionalmente nell’ambito procedimentale della registrazione e più precisamente  nell’ambito della verifica del titolo alla richiesta del nome a dominio. La procedura tende infatti ad accertare la rispondenza al vero della dichiarazione, contenuta nella lettera di assunzione di responsabilità, con la quale il richiedente il nome a dominio dichiara “di avere titolo all’uso e/o disponibilità giuridica del nome a dominio richiesto e di non ledere con tale richiesta di registrazione diritti di terzi”.

 

La circostanza che questo tipo di verifica sia svolto non d’ufficio, ma su sollecitazione ed in contraddittorio con un soggetto che assume leso un proprio diritto non muta la natura della procedura, che rimane pur sempre di tipo amministrativo; tanto che la procedura italiana non può essere intrapresa in pendenza di giudizio o di arbitrato sul nome a dominio contestato, e si interrompe nel caso un giudizio ordinario sia intrapreso durante il suo corso [29].

 

Le norme  sulle procedure di riassegnazione hanno dunque carattere meramente procedimentale. Esse vincolano tutti gli assegnatari dei domini sotto il ccTLD .it in virtù del richiamo dinamico alle regole di naming contenuto nella lettera di assunzione di responsabilità con cui è stato registrato il nome a dominio,  richiamo che assoggetta l’assegnatario alle regole di naming ed alle future loro modifiche. Come regole di carattere procedimentale, sulla base del principio “tempus regit actum” si applicano nella versione in vigore al momento del procedimento, indipendentemente dal momento in cui il nome a dominio è stato registrato o è stato sottoposto a contestazione [30].

 

6. Il procedimento.

 

Procedure di riassegnazione italiane, le MAP di ICANN e le ADR di Eurid seguono sostanzialmente gli stessi principi [31]. La scelta del PSRD è lasciata al ricorrente [32]. Sia le MAP di ICANN che le procedure italiane e quelle europee prevedono la possibilità per il ricorrente di scegliere fra un collegio uninominale ed un collegio di tre saggi [33].

 

L’atto introduttivo deve essere presentato sia in versione cartacea che elettronica [34] e deve contenere tutti gli elementi previste dalle norme [35], pena la inammissibilità del ricorso [36]. Salvo che nelle ADR di Eurid, non viene imposto un formulario specifico, anche se gli enti conduttori indicano in genere nel loro sito un modulo contenente tutti gli elementi previsti dalle norme.

 

Il costo del procedimento è sostenuto interamente dal ricorrente e deve essere versato anticipatamente [37]. All'esito positivo della procedura, il ricorrente potrà  eventualmente adire al giudice ordinario per ottenere la condanna di chi aveva illegittimamente registrato il nome a dominio al rimborso delle spese per il procedimento. Le norme prevedono esplicitamente che il costo della procedura non venga restituito al ricorrente, anche nel caso di successiva rinuncia al ricorso o nel caso in cui la procedura si interrompesse per uno dei casi previsti [38].

 

Una volta ricevuto il ricorso via e-mail e in formato cartaceo, il PSRD provvede ad inviarlo all’assegnatario del nome a dominio contestato. Questi deve far pervenire le sue eventuali repliche e documenti entro 25 giorni (20 giorni correnti per le MAP di ICANN, 30 giorni lavorativi per le ADR di Eurid) [39]. Il termine decorre dal momento in cui il ricorrente ha conoscenza del ricorso [40]; momento che a tutti gli effetti viene considerato quello di inizio della procedura [41] .

 

 Ricevute le repliche o trascorso inutilmente il termine suddetto, il PSRD nomina il collegio fra i saggi della propria lista. Una volta accettato l’incarico e costituitosi, il collegio ha un determinato termine di tempo per rendere la propria decisione [42]. 

 

La decisione viene comunicata dal PSRD entro 4 giorni alle parti ed al Registro [43]. Nel caso il ricorso venga accolto, il Registro provvede al trasferimento del nome a dominio a meno che non riceva, entro 15 giorni dalla data in cui le è pervenuta la decisione del collegio, una comunicazione adeguatamente documentata da parte del resistente di aver iniziato un procedimento giudiziario in relazione al nome a dominio contestato [44]. L’introduzione di un tale giudizio blocca l’esecuzione della decisione e la riassegnazione del nome a dominio [45].

 

Se invece nulla perviene al Registro entro tale periodo, il dominio viene revocato al precedente assegnatario ed il vincitore della procedura invitato ad esperire i necessari passi per ottenere la registrazione del dominio a suo favore.

 

7. La malafede nelle procedure di riassegnazione.

 

Elemento essenziale su cui sono basate le decisioni per la riassegnazione del nome a dominio è la malafede nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio in contestazione da parte dell'assegnatario.

 Tutti i regolamenti delle procedure di riassegnazione  prevedono in via esemplificative alcune circostanze ritenute indicative della malafede dell'assegnatario del nome a dominio.

 

Esse, per le procedure italiane, sono:

a) circostanze che inducano a ritenere che il nome a dominio è stato registrato con lo scopo primario di vendere, cedere in uso o in altro modo trasferire il nome a dominio al ricorrente, titolare di un nome oggetto di un diritto riconosciuto o stabilito dal diritto nazionale o comunitario, o ad un suo concorrente, per un corrispettivo, monetario o meno, che sia superiore ai costi ragionevolmente sostenuti dal resistente per la registrazione ed il mantenimento del nome a dominio;

b) la circostanza che il dominio sia stato registrato dal resistente per impedire al titolare del diritto ad un nome, marchio, denominazione anche geografica o altro segno distintivo riconosciutodal diritto nazionale o comunitario, di utilizzare tale nome, denominazione, marchio o altro segno distintivo in un nome di dominio corrispondente ed esso sia utilizzato per attività in concorrenza con quella del ricorrente o, per gli enti pubblici, magistratura o altri organi dello stato, in modo da sviare i cittadini che ricerchino informazioni su attività istituzionali;

c) la circostanza che il nome a dominio sia stato registrato dal resistente con lo scopo primario di danneggiare gli affari di un concorrente o di usurpare nome e cognome del ricorrente;

d) la circostanza che, nell'uso del nome a dominio, esso sia stato intenzionalmente utilizzato per attrarre, a scopo di trarne profitto, utenti di Internet ingenerando la probabilità di confusione con un nome oggetto di un diritto riconosciuto o stabilito dal diritto nazionale o comunitario oppure con il nome di un ente pubblico;

e) il nome di dominio sia un nome proprio, ovvero di un ente pubblico o privato per il quale non esista alcun collegamento dimostrabile tra il registrante del nome di dominio e il nome di dominio registrato [46].

Tuttavia, il collegio può desumere la malafede nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio da qualsiasi altra circostanza emerga nel corso della procedura di riassegnazione; tanto che a volte la malafede è stata desunta dalla sola notorietà del marchio cui il nome a dominio in contestazione è identico.

Nel corso del tempo si sono quindi delineate con precisione alcune fattispecie tipiche ulteriori rispetto a quelle esemplificativamente previste dai regolamenti.

Fra queste, può citarsi il cosiddetto “passive domain holding” ossia la mera registrazione di un nome a dominio identico al nome o al marchio altrui, senza che esso sia utilizzato in alcun modo. 

Oppure, il cosidetto ”pornosquatting”, ossia l'utilizzo del nome a dominio registrato per localizzarvi un sito porno, oppure per ridirezionare l'utente su un sito pronografico di terzi, del tutto estranei alla operazione di cybersquatting. 

In altri casi, è stato ritenuto elemento indicativo della malafede l'indicazione al Registro, al momento della registrazione, di un nome o di un indirizzo falso da parte dell'assegnatario.

 8. Procedura di riassegnazione e ricorso alla magistratura.

MAP e procedure di riassegnazione rappresentano uno  strumento alternativo al ricorso alla magistratura ordinaria allorché si lamenti una registrazione abusiva di un nome a dominio.

Tuttavia, una controversia sottoposta a MAP o procedura di riassegnazione non necessariamente ha lo stesso esito che avrebbe se sottoposta alla magistratura ordinaria [47]. Infatti, le norme sulla base della quali sono decise MAP di ICANN e  procedure di riassegnazione, da un lato sono principalmente volte a combattere il fenomeno del cybersquatting, dall’altro tengono conto delle peculiarità dell’ambiente “internet” in cui ci si muove in misura maggiore di quanto non facciano le norme di legge applicate dal giudice ordinario. 

MAP e procedure di riassegnazione hanno come punto centrale non tanto il diritto del ricorrente sul nome a dominio contestato, quanto la buona fede dell’assegnatario nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio. Non è infatti sufficiente per il ricorrente dimostrare di vantare un diritto al nome a dominio in contestazione, ma è necessario provare anche la malafede del resistente nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio [48].  Il ricorrente deve infatti dimostrare che il nome a dominio contestato è identico o tale da indurre confusione rispetto ad un marchio su cui egli vanta diritti, o al proprio nome e cognome, e che il nome a dominio sia stato registrato e venga usato in mala fede. 

Una volta provato dal ricorrente un proprio diritto sul nome a dominio, spetta al resistente provare di avere a suo volta un concorrente titolo o diritto sul nome a dominio stesso. Se non ci riesce, ed il ricorrente ha assolto agli oneri probatori che su di lui incombono, il dominio viene trasferito a chi lo ha contestato. Se invece il resistente prova di avere a sua volta un diritto o un titolo al nome a dominio (seppur concorrente con quello del ricorrente), il ricorso viene respinto. 

MAP e procedure di riassegnazione prevedono che, anziché provare l’esistenza di un vero e proprio diritto sul nome a dominio contestato, il  resistente possa provare alcune circostanze dimostrando l’esistenza delle quali viene dato ingresso ad una presunzione juris et de jure che il resistente stesso abbia titolo al nome a dominio contestato [49]; con la conseguenza che, in applicazione del principio prior in tempore potior in jure, nella concorrenza di più diritti sullo stesso nome a dominio viene preferito quello di chi per primo lo ha registrato.

Le circostanze alla cui prova le regole fanno conseguire la suddetta presunzione di diritto o titolo al nome a dominio a favore del resistente sono:

  • (a) che prima di avere avuto notizia della contestazione il resistente abbia usato o si sia preparato 
  • oggettivamente ad usare in buona fede il nome a dominio o un nome ad esso corrispondente per 
  • offerta al pubblico di beni e servizi; oppure che
  • (b) che il resistente stesso sia conosciuto, personalmente, come associazione o ente commerciale,
  •  con il nome corrispondente al nome a dominio registrato, anche se non ne abbia registrato il relativo
  •  marchio; oppure
  • (c) che del nome a dominio il ricorrente stia facendo un legittimo uso non commerciale, oppure
  •  commerciale senza l'intento di sviare la clientela del ricorrente o di violarne il marchio registrato [50].

Se da un lato il ricorrente è facilitato dalla previsione di circostanze specifiche che, se provate, assumono il valore di vere e proprie presunzioni nella prova della malafede [51], dall’altro il resistente ha a sua disposizione presunzioni “juris et de jure che non trovano riscontro nelle norme che regolano il giudizio ordinario. Non solo infatti nelle MAP e nelle procedure di riassegnazione non ha alcun rilievo l’eventuale priorità del ricorrente rispetto al resistente nell’acquisto del diritto sul nome a dominio in contestazione [52], essendo rilevante soltanto la concorrente esistenza di un diritto del resistente, indipendentemente dal momento in cui tale diritto è sorto; ma tale diritto è ritenuto comunque esistente in presenza di determinate circostanze che, in un giudizio ordinario, sarebbero del tutto irrilevanti [53]. 

Quindi, mentre in un giudizio ordinario sarebbe sufficiente che il ricorrente dimostrasse un proprio diritto esclusivo (o comunque precedente a quello del resistente) sul nome a dominio, e la mala fede dell’assegnatario avrebbe importanza relativa (rilevando soltanto in relazione ad una eventuale richiesta di risarcimento del danno), nelle MAP e nelle procedure di riassegnazione l’elemento soggettivo del resistente è punto fondamentale. Con la conseguenza che, in mancanza della dimostrazione della malafede nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio, anche chi vanti diritti di esclusiva su un nome a dominio vedrà il suo ricorso respinto.

 



[1]  Il fenomeno viene definito “cybersquatting”, ossia occupazione dello cyberspazio non occupato dai legittimi aventi diritto, dal termine “squatter” con cui si indicano gli occupanti abusivi di case lasciate vuote dai legittimi proprietari. Il fenomeno viene anche definito ”domain grabbing” ossia accaparramento dei domini.  
[2]  Un nome a dominio può essere registrato da un qualunque privato per anche solo 20 oltre iva euro annuali. Se poi il cybersquatter è egli stesso un maintainer, il relativo costo può essere anche inferiore ai 5 euro.
[3]  Un ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. difficilmente costa, nella migliore delle ipotesi, 3.500 euro, che corrisponde a oltre 100 volte il costo di mercato per la registrazione ed il mantenimento annuale di un nome a dominio.
 
[4] World Intellectual Property Organization con sede in Ginevra, https://www.wipo.int .

[5]  Il final report di Wipo è disponibile all’indirizzo  https://wipo2.wipo.int/process2/report/html/ report.html
[6]   Per il dettaglio cronologico dello sviluppo della UDPR si consulti https://www.icann.org/udrp/ udrp-schedule
 
[7]  UDRP, nel seguito semplicemente “Policy”, disponibile all’indirizzo https://www.icann.org/udrp/ udrp-policy-24oct99.htm  
[8]   Rules for Uniform Domain Name Dispute Resolution Policy, nel seguito semplicemente Rules, disponibili su https://www.icann.org/udrp/udrp-rules-24oct99.htm
 
[9]  L’elenco degli enti abilitati per la conduzione delle MAP di ICANN si trova su https://www. icann.org/udrp/approved-providers.htm. Per l’elenco completo delle decisioni si veda https://www.icann.org/ udrp/proceedings-list.htm

[10] Regolamento 874 del 28 aprile 2004, artt. 20 e seguenti.
[11] Come si legge ancora sul sito di ICANN,  https://www.icann.org/en/udrp/#approve-provider. Alla stessa pagina sono indicati i requisiti  richiesti  per l’abilitazione.
[12]  Art. 4, a della Policy.
 
[13]  Art. 5 delle Rules.
 
[14]  Art. 15 delle Rules.
 
[15] Art. 4, k della Policy.
 
[16] Le regole di naming in vigore fino al 15 dicembre 1999 prevedevano infatti che potessero registrare domini solo enti pubblici o soggetti italiani dotati di partita iva, con un limite di un nome a dominio per ciascuno. L’accaparramento era quindi estremamente difficoltoso, in quanto ad ogni dominio registrato doveva necessariamente corrispondere un diverso assegnatario.  
[17] Le procedure di rassegnazione sono state definitivamente approvate dal Comitato esecutivo della Naming Authority alla riunione del 14 luglio 2000 (su https://www.nic.it/NA/exec/exec-000714.txt), sono state rese pubbliche con il comunicato n. 25 del 18 luglio 2000 (su https://www.nic.it/NA/exec/comexec-25.txt).  
[18] Art. 1.2.2.2, lett. g) del “Regolamento di assegnazione e gestione dei nomi a dominio sotto il ccTLD .IT”.  Salvo diversa specificazione, si fa riferimento alla versione 5.0.2 del 24 gennaio 2008, pubblicato sul sito del Registro alla pagina https://www.nic.it/documenti/Regolamento5.0.2.pdf . Il regolamento, oltre che sul sito del Registro del ccTLD .it, si possono reperire complete dell’indicazione cronologica delle varie modifiche succedutesi nel tempo su https://www.crdd.it/norme  
[19] Art. 4.1 del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it". Salvo diversa indicazione, si fa riferimento alla versione 1.1 del 18 febbraio 2008, pubblicata all'indirizzo  https://www.nic.it/documenti/RegolamentoUDRP1.1.pdf. Tale regolamento, oltre che sul sito del Registro del ccTLD .it,  si può reperire assieme alle altre versioni precedenti su https://www.crdd.it/norme  
[20] Il divieto di semplice cancellazione è stato esplicitamente introdotto nelle procedure italiane dal 27 aprile 2001 (decisione del Comitato Esecutivo della Naming authority n. 33.2). Le decisioni avutesi in precedenza erano state tutte concordi nel ritenerla ammissibile: cfr. MASTERCARD.IT, 7/12/2000, saggio Alessandro Zampone,  su https://www-crdd-it/decisioni/mastercard.htm; OZEGNA.IT, 9/1/2001, saggio Giuseppe Loffreda, su https://www-crdd-it/decisioni/ozegna.htm.
[21] Art. 4, a della Policy.  
[23]  La Naming Authority aveva a suo tempo abilitato ben 11 Enti conduttori, con macroscopica differenza fra  ICANN e il ccTLD .it nel rapporto fra domini registrati ed risolutori delle dispute: per le MAP di ICANN sono abilitati solo 4 enti su circa una trentina di milioni di domini registrati, per le procedure italiane erano abilitati 11 enti su circa 900.000 domini.  Il rapporto enti conduttori per domini registrati nei due casi era quindi, sino al 2007, di uno ogni 80.000 in Italia, uno ogni 7.500.000 per ICANN.
 
[24] Le nuove modalità di accreditamento in vigore dal 2007 prevedono un'assicurazione obbligatoria a carico del PSRD.
 
[25] Al riguardo si riportano a titolo comparativo i termini previsti dalle MAP di Icann, da quelle italiane e da quelle del .eu: per le repliche del resistente sono rispettivamente 20 giorni di calendario, 25 giorni di calendario e 30 giorni lavorativi; per la decisione sono rispettivamente 14 giorni correnti, 15 giorni correnti (aumentabili a 30 nel caso di richiesta di ulteriori difese dalle parti) e 30 giorni lavorativi.

[26]   Ulteriori informazioni sono reperibili sul sito all’indirizzo https://www.adreu.eurid.eu . 
[27]  Si ricorda che chi registra un nome a dominio sottoscrive una lettera di assunzione di responsabilità nella quale, fra le altre cose, dichiara “di accettare la giurisdizione italiana e le leggi dell'Ordinamento Statale Italiano”.
 
[28]  Art. 3.2, III comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it".  Per la differenza fra l’Arbitrato previsto dal suddetto regolamento (art2).  e le procedure di riassegnazione, si veda la decisione EUROCARD.IT, 15/1/2001, saggio Emanuela Quici, su https://www.crdd.it/decisioni/eurocard.htm; nonchè il lodo arbitrale CYBERSEARCH.IT, 3/8/2001, arbitri Luca Barbero, Enzo Fogliani e Alessia Ambrosini, su https://www.nic.it/NA/arbitri/cybersearch-it.pdf
[29] Art. 3.3, ultimo comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it". Sul punto le MAP di ICANN sono differenti, in quanto, in presenza di un procedimento già avviato prima della MAP o intrapreso nel suo corso, lascia al “Panel” la scelta discrezionale circa la prosecuzione della MAP e la sua interruzione (art. 18 (a) delle Rules).
[30] Sul punto si veda la decisione CORSERA.IT,  6/4/2001, saggio Maria Luisa Buonpensiere, su  https://www-crdd-it/decisioni/corsera.htm  
[31] Rispetto alle MAP di ICANN le procedure italiane prevedono quale condizione di procedibilità la previa opposizione al nome a dominio presso il Registro.  La opposizione consiste nell’invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno al Registro, redatta secondo quanto previsto dall'art. 5.6 del “Regolamento di assegnazione e gestione dei nomi a dominio sotto il ccTLD .IT”., con la quale chi ritiene di avere diritto ad un nome a dominio registrato da altri comunica la sua intenzione di contestarlo. Ricevuta la contestazione, il Registro la annota sul data base whois ad accesso pubblico, la comunica all’assegnatario ed invita tutte due le parti a raggiungere un accordo o adire alle procedure di riassegnazione. La contestazione del nome a dominio, oltre che condizione di procedibilità per l’instaurazione della procedura, svolge la funzione di bloccare il nome a dominio, che da qual momento  non può essere ceduto dall'assegnatario ad altri che non sia chi lo ha contestato (art. 5.6.1, III comma del “Regolamento di assegnazione e gestione dei nomi a dominio sotto il ccTLD .IT”.). Ciò consente di evitare che il nome a dominio sia ceduto a terzi nel corso del procedimento, vanificando così l’esito della procedura di riassegnazione.
 
[32]  Ciò ha dato adito a critiche da parte di chi  teme che la concorrenza dei PSRD possa svilupparsi a discapito della giustizia delle decisioni, essendo preferiti, a lungo andare, gli enti che garantiscono maggiore successo ai ricorrenti. Mentre per ICANN effettivamente l’ente con più procedimenti risulta anche quello con la percentuale più alta di ricorsi accolti, in Italia questo fenomeno non si è  verificato, grazie alla imparzialità e professionalità dei saggi, che hanno ben tenuto presente la necessità “di evitare che questo strumento di riassegnazione venga utilizzato unicamente per garantire al più forte economicamente, quasi d’ufficio, diritto su tutti i nomi di dominio correlati, anche astrattamente, ai segni distintivi dell’azienda” (cfr. decisione DINERSCLUB.IT, 31/1/2001, saggio Giovanni Ziccardi, su https://www.arbitronline.it/tmpdoc%5Cdecisione81.doc).
 
[33] Ad oggi, in Italia sono solo 3 le Procedure in cui è stato richiesto un collegio di tre saggi.
 
[34] Per le procedure italiane: art. 4.2 , I comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it"; per le MAP di ICANN: art. 3 (a) delle Rules.
 
[35] Per le procedure italiane: art. 4.2, nn. da 1 a 11 del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it"; per le MAP di ICANN: art. 3 delle Rules.
 
[36] Per le procedure italiane: art. 4.3, II comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it"; per le MAP di ICANN: art. 4 (b) delle Rules.
 
[37] Per le procedure italiane: art. 4.20, I comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it". Nel caso in cui il  resistente opti  per un collegio di tre saggi, è a suo carico una parte delle spese. Per le MAP di ICANN: art. 19 (a) delle Rules.  
[38]  Per le procedure italiane: art. 4.20, II comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it"; per le MAP di ICANN: art. 19 (a) delle Rules.  
[39]  Per le procedure italiane: art. 4.6, II comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it"; per le MAP di ICANN: art. 5 (a) delle Rules.  
[40]  Sia l’art. 2 (a) delle Rules che l’art. 4.4 del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it" prevedono una serie di incombenze a carico del PSRD, esperite le quali il ricorso si considera portato a conoscenza del resistente.  In concreto, nelle decisioni italiane i saggi hanno ritenuto applicabile quanto previsto in tema di notifiche dall’art. 8 legge 890 del 20.11.1982, il quale prevede che la notifica si considera effettuata  trascorsi dieci giorni dalla data del deposito presso l’ufficio postale del piego non reclamato dal destinatario. Si vedano, in tal senso,  le decisioni SAVINODELBENE.IT, 8/11/2001, saggio Alessandro Zampone, su https://www.crdd.it/decisioni/savinodelbene.htm; CARIPARMA.IT, 3/8/2001,  saggio Luca Peyron, su https://www.crdd.it/decisioni/cariparma.htm
 
[41] Per le procedure italiane: art. 4.6, I comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it"; per le MAP di ICANN: art. 4 (c) delle Rules.  
[42]   15 giorni  per le procedure italiane, aumentabili a 30 nel caso in cui sia stato concesso dal collegio alle parti ulteriore termine per memorie o documenti (art. 4.15, II comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it"). Per le MAP di ICANN il  termine è di 14 giorni (art. 15 (b) delle Rules).  
[43] Per le procedure italiane: art. 4.16, I comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it". Nelle MAP di  ICANN la decisione viene comunicata alle parti ed al Registrar entro 3 giorni dalla sua emissione (art. 16 (a) delle Rules).  
[44] Art. 3.12, I comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it". Per le MAP di ICANN il termine è di 10 giorni lavorativi, trascorsi i quali senza che il registrar abbia ricevuto documentazione attestante l’inizio di un procedimento giudiziario il dominio viene trasferito al vincitore della MAP (Art. 4 (k) della Policy).  
[45]  Art. 3.12, I comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it". Per le MAP di ICANN:  art. 4 (k) della Policy.  
[46]  Art. 3.7 del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it".
 
[47] Sul punto, cfr. la decisione GENTE.IT, 16/1/2001, saggio Francesco Trotta, su https://www.crdd.it/decisioni/gente.htm
 
[48] Per le procedure italiane: art. 3.6, I comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it"; per le MAP di ICANN: art. 4 (a) della Policy.
 
[49] Sul punto si vedano fra le tante le decisioni BENISTABILI.IT,  28/11/2000, saggio Alfredo Antonini,  su https://www-crdd-it/decisioni/benistabili.htm;  MASTERCARD.IT,  7/12/2000, saggio Alessandro Zampone,  su https://www-crdd-it/decisioni/mastercard.htm;
[50] Per le procedure italiane: art. 3.6, II comma del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it"; per le MAP di ICANN: art. 4 (c) della Policy. Queste presunzioni sono sostanzialmente circostanze dalle quali si deduce, più che un titolo del resistente al nome a dominio contestato, la sua buona fede nella registrazione.
 
[51] Per le procedure italiane: art. 3.7 del "Regolamento per la risoluzione delle dispute nel ccTLD.it"; per le MAP di ICANN: art. 4 (b) della Policy.  
[52] Contra, del tutto isolata e negativamente commentata, la decisione SYSCO.IT, 21/9/2001, saggio Fulvio Sarzana di S.Ippolito, su https://www.lidis.it/ec/sysco-it.htm, il quale ha disposto la riassegnazione del nome a dominio nonostante corrispondesse al nome dell’assegnataria resistente, sul rilievo che la ricorrente, dal nome identico, era società che era stata costituita in data posteriore a quella della costituzione della società ricorrente. La decisione non è stata però eseguita, in quanto la questione è stata portata dalla resistente innanzi al giudice ordinario.  
[53]  L’impianto normativo su cui si basano MAP e procedure di riassegnazione valorizza le peculiarità e la unicità dei  nomi a dominio, nell’ambito dei quali possono trovarsi a concorrere diritti relativi a nomi di persona, oppure di marchi dalla denominazione identica riferiti ad ambiti merceologici o geografici diversi. In questi casi MAP e procedure di riassegnazione prevedono esplicitamente il ricorso ad altri elementi, non sempre presi in considerazione dal giudice ordinario, e di fronte a più diritti concorrenti sullo stesso nome a dominio viene applicato il principio “prior in tempore, potior in jure” (“first came, first served”).



(pagina a cura di Enzo Fogliani - aggiornata il 9.3.2013) 

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