PRES. Baldassarre V. REL. Corona R.
PM. Cafiero D. (Conf.)
RIC. Lo Schiavo ed altri (avv. Lombardi Francesco Comite)
RES. Min. Finanze (Avvocatura dello Stato)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 2 dicembre 1976, il Ministero delle Finanze convenne, davanti al Tribunale di Catanzaro, Giuseppe Lo Schiavo. Espose che la Capitaneria di Porto di Vibo Valentia aveva dato in concessione al convenuto un'area del demanio marittimo in localita' "Pennello" di Vibo Valentia Marina; scaduta la concessione, il concessionario non aveva rilasciato l'area ed aveva omesso di pagare i canoni ed i conguagli. Domando' la condanna del Lo Schiavo all'immediato rilascio, al pagamento dei canoni scaduti ed al risarcimento dei danni conseguenti all'abusiva occupazione. Giuseppe Lo Schiavo rimase contumace.
Con sentenza 6 luglio - 3 ottobre 1994, il Tribunale dichiaro' la contumacia del convenuto, che condanno' al rilascio dell'area abusivamente occupata, nonche' al pagamento della somma di lire 24.525.280, oltre gli interessi legali dal 14 settembre 1968, a titolo di risarcimento del danno; respinse la domanda di condanna al pagamento dei canoni scaduti e condanno' il convenuto alla rifusione delle spese processuali.
Giudicando sull'impugnazione proposta da Giuseppe Lo Schiavo, in contraddittorio con il Ministero per le Finanze, la Corte d'Appello di Catanzaro con sentenza 13 maggio - 5 giugno 1997, in parziale riforma della sentenza impugnata, condanno' Lo Schiavo a pagare, a titolo di risarcimento dei danni per l'occupazione senza titolo, la somma di lire 4.755.600, con gli interessi legali annui del 5% sulla somma di lire 366.665, rivalutata di anno in anno dal 1 gennaio 1971 alla data della decisione; lo condanno', inoltre, alla rifusione delle spese del doppio grado del giudizio.
Ricorrono per cassazione Annunziata Maria, Leonardo, Isabella Lo Schiavo e Anna Nicolina Solano, quali eredi del defunto Giuseppe Lo Schiavo; resiste con controricorso il Ministero per le Finanze.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- A fondamento del ricorso i ricorrenti deducono:
1.1 Violazione e falsa applicazione degli artt. 137, 138 e 139 cod. proc. civ. Omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.)
La notifica della citazione in primo grado era stata effettuata non presso il domicilio del destinatario Lo Schiavo Giuseppe, via Aspromonte 4, bensi' in luogo diverso (via Aspromonte 2).
La Corte ha disatteso l'eccezione di nullita' o di inesistenza della notifica, con il semplice argomento della presunzione di veridicita' intrinseca della dichiarazione dell'incerto consegnatario dell'atto: la presunzione suddetta puo' applicarsi se la notifica viene effettuata presso il domicilio, ma la sua identita' personale non puo' ricavarsi se la notifica viene effettuata altrove.
Senza prove la Corte ha ritenuto che l'immobile abitato dal Lo Schiavo fosse lo stesso, ancorche' contrassegnato da due numeri civici diversi. Allo stesso tempo, qualsiasi dichiarazione dell'Ufficiale Giudiziario non poteva valere a sostituire le formalita' stabilite per la regolarita' della notifica.
2.- Violazione e falsa applicazione degli
artt. 164 e 354
cod. proc. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.)
Rilevata la nullita' della notifica della citazione davanti
al Tribunale di Catanzaro, la Corte avrebbe dovuto decidere nel merito,
previa ammissione del convenuto a svolgere le attivita' processuali che
gli erano state impedite in primo grado per la contumacia incolpevole.
3.- Violazione e falsa applicazione degli
artt. 2697 e
1150 cod. civ. Omessa motivazione sul punto decisivo della
sdemanializzazione
tacita (art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.).
La sdemanializzazione tacita doveva ritenersi
effettuata
in virtu' del consenso dato al Lo Schiavo ad eseguire delle private
costruzioni,
del tutto incompatibili con l'uso pubblico del demanio marittimo.
Il primo atto interruttivo, configurato dalla
citazione
del 1976, doveva considerarsi inefficace, posto che la citazione era
invalida,
non essendo stata ritualmente notificata, mentre il secondo atto
interruttivo,
configurato dalla citazione del 1992, era estraneo alla
realta' processuale
del giudizio davanti alla Corte d'Appello.
4.- Violazione e falsa applicazione dell'art. 345 cod. proc.
civ. e
dell'art. 2041 cod. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.).
La domanda di indennizzo per i miglioramenti
apportati
sull'area posseduta non poteva considerarsi nuova, perche' in primo
grado
il giudizio di primo grado era stato caratterizzato dalla assenza di
contraddittorio,
per difetto di citazione del convenuto.
2.1 Non puo' essere accolto il primo
motivo, con il quale
i ricorrenti pretendono di inficiare tutto il procedimento.
Il procedimento di notificazione - e' noto - si
esaurisce
nel momento in cui l'atto viene portato nella sfera di disponibilita'
del
destinatario; per contro, l'effettiva conoscenza da parte di
quest'ultimo,
pur costituendo lo scopo della notificazione, e' estranea alla sua
struttura,
in quanto rientra nella sfera volitiva del destinatario.
Orbene, la notifica comporta non solo la predeterminazione dei soggetti, ma anche quella del luogo: la localizzazione e' prevista anche in funzione dell'interesse del notificato, poiche' proprio dalla notifica in un determinato luogo dipende, in base all'esperienza, la probabilita' della raggiunta conoscenza. Peraltro, in un caso la legge svincola la persona dal luogo e cio' quando essa possa essere e sia personalmente raggiunta dall'ufficiale notificante, in qualunque luogo la trovi nell'ambito della circoscrizione alla quale l'ufficiale e' addetto). Il caso e' disciplinato dall'art. dell'art. 138 comma 1 cod. proc. civ., secondo cui l'ufficiale giudiziario puo' sempre eseguire la notificazione mediante consegna della copia a mani del destinatario, ovunque lo trovi nell'ambito della circoscrizione dell'ufficio giudiziario al quale e' addetto.
La notificazione a mani proprie del destinatario, anche se effettuata in luogo diverso da quello in cui lo stesso destinatario ha la normale residenza o il domicilio, e' perfettamente valida, avendo raggiunto lo scopo di portare a conoscenza del soggetto l'atto notificato; peraltro, il riferimento ai criteri della residenza, domicilio e dimora e' rilevante nell'ipotesi che la notificazione non abbia avuto luogo in mani proprie (Cass., Sez. I, 21 gennaio 1993, n. 704; Cass., Sez. II, 29 ottobre 1974, n. 3284).
Alla luce dei principi esposti, diventa del tutto irrilevante il fatto che la notifica della citazione in primo grado non sia stata effettuata presso il domicilio del destinatario Lo Schiavo Giuseppe,via Aspromonte 4, bensi' in luogo diverso (via Aspromonte 2), essendodecisivo il fatto che la notificazione sia avvenuta a mani proprie.
Correttamente la Corte d'Appello ha disatteso l'eccezione di nullita' o di inesistenza della notifica con l'argomento decisivo della presunzione di veridicita' propria della relazione di notifica, posto che la identita' personale si ricava dalla dichiarazione del consegnatario all'ufficiale giudiziario (e dalle conseguenze penali derivanti dalle dichiarazioni false rese al pubblico ufficiale: art. 495 cod. pen.).
2.2/4 Il rigetto del primo motivo
comporta il rigetto dei
motivi secondo e quarto.
Rilevata la validita' della notifica della
citazione davanti
al Tribunale di Catanzaro, correttamente la Corte ha deciso di non
ammettere
il convenuto a svolgere le attivita' processuali impedite in primo
grado
dalla contumacia e, del pari correttamente, ha considerato nuova la
domanda
di indennizzo per i miglioramenti apportati sull'area posseduta,
proposta
per la prima volta in grado di appello.
2.3 Non puo' essere accolto neppure il terzo motivo, avendo la Corte interpretato esattamente le norme vigenti e motivato sul punto in modo logicamente corretto e sufficiente.
In generale, la sdemanializzazione tacita, ossia il passaggio dei beni del demanio pubblico al patrimonio dello Stato, delle regioni, delle provincie e dei comuni, in mancanza di un formale atto di sclassificazione, e' ravvisabile solo in presenza di atti e fatti che rivelino, in maniera del tutto inequivocabile, la volonta' della pubblica amministrazione di sottrarre il bene medesimo a detta destinazione e di rinunziare definitivamente al suo ripristino e non puo' desumersi dalla pura e semplice circostanza che il bene non sia piu' adibito, anche da molto tempo, all'uso pubblico (Cass., Sez. II, 3 maggio 1996, n. 4089).
Per i beni del demanio marittimo dello stato, peraltro, la disciplina e' piu' rigorosa: la sdemanializzazione, infatti, non puo' mai avvenire tacitamente, ma richiede o una legge (come e' avvenuto nel caso di specie), o un provvedimento formale del ministro per la marina mercantile di concerto con quello per le finanze, sensi dell'art. 35 del codice della navigazione.
Orbene, essendo avvenuta la sdemanializzazione del terreno per cui e' causa con legge 23 marzo 1973, n. 81, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 13 aprile 1973, solo dal decimoquinto giorno successivo da tale data era ipotizzabile un possesso "ad usucapionem". Aggiunge la Corte che anche a non volere, per assurdo, riconoscere efficacia interruttiva all'atto di citazione del giudizio di rilascio, notificato il 2 dicembre 1976 (e in effetti non sussiste alcuna ragione per non riconoscere a quest'atto l'efficacia interruttiva, avuto riguardo alla sua validita' dimostrata sopra), al 2 dicembre 1992, data di notifica di una nuova citazione introduttiva del giudizio inscritto al n. 4509 del Tribunale di Catanzaro, non era ancora decorso il termine ventennale richiesto per l'acquisto a titolo originario del terreno.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali.
P.Q.M
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in
solido alla
rifusione delle spese, che liquida, quanto alle spese vive in
complessive
lire
45.400., oltre lire 2.000.000 per gli onorari.
Roma, 23 settembre 1999.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 2 MAR.
2000