SEZ. L SENT. 2622 DEL 09/03/1998
PRES. Pontrandolfi P REL. Vidiri G
PM. Buonajuto A (Conf.)
RIC.: Cosulich F.lli S.p.A. (Avv. Barbantini)
RES.: Lonano Teodoro (Avv. Vacirca)
Conferma trib. Genova 17 maggio 1995
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 18 settembre 1990 e rivolto al
Pretore
di Genova, in funzione di giudice del lavoro, Teodoro Lonano esponeva
di
essere stato arruolato per cinque volte, nel periodo compreso fra l'11
aprile 1984 ed il 14 giugno 1988 e nella qualità di
cameriere, dalla
s.p.a. F.lli Cosulich, che agiva quale agente raccomandatario marittimo
della Atlantic Navigation s.a. Monrovia e che aveva, pertanto,
effettuato
altrettanti imbarchi sulle navi di proprietà di
quest'ultima, Fafa
Venture e Franciosi Venture. Gli imbarchi erano avvenuti tutti a Genova
e gli sbarchi ad Annaba, Rotterdam, Lisbona, Aqaba e, nuovamente a
Rotterdam.
La Atlantica Navigation, pur trasformatasi in Occidental Navigation
s.a.
di Monrovia, aveva mantenuto l'acquisita anzianità di
imbarco di
esso ricorrente (4 anni e 2 mesi nel maggio 1988), come emergeva
chiaramente
dai listini paga. Dopo lo sbarco dell'ultimo viaggio in data 14 giugno
1988, gli era stato comunicato verbalmente - e mai per iscritto - che
non
sarebbe stato più imbarcato. Aggiungeva ancora il ricorrente
che
pur avendo ricevuto le dovute retribuzioni non aveva riscosso il
trattamento
di fine rapporto, previsto dalla legge italiana, e che comunque il
licenziamento
doveva ritenersi inefficace per mancanza di forma scritta, e
subordinatamente
illegittimo per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo, in
forza
della estensione della tutela ex leggi n. 604/1966 e n. 300/1970 anche
al lavoro nautico, come affermato dalla Corte Costituzionale con
sentenza
3 aprile 1987 n. 96. Tale normativa doveva infatti ritenersi
applicabile
alla fattispecie in esame trattandosi di tutela rientrante nei principi
fondamentali del nostro ordinamento. Tutto ciò premesso,
Teodoro
Lonano chiedeva dichiararsi l'inefficacia e l'illegittimità
del
licenziamento e, pertanto, condannarsi la Occidental Navigation s.a.
Monrovia
e, per essa, o comunque, in solido con essa, l'agente raccomandatario
marittimo
e procuratore s.p.a. Cosulich, a reintegrarlo nel suo posto di lavoro
ed
a corrispondergli le prestazioni dovute dalla data della sentenza
all'effettiva
reintegra, nonché a risarcirgli il danno derivante dal
suddetto
licenziamento nella misura risultante in corso di causa, anche ai sensi
dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970. In via subordinata chiedeva
condannarsi
i medesimi convenuti alla corresponsione del trattamento di fine
rapporto.
Costituitasi la s.p.a. Fratelli Cosulich, sia in proprio che quale
raccomandataria dell'armatrice Occidental Navigation s.a. di Monrovia,
eccepiva l'inesistenza della responsabilità in proprio e
comunque
in via solidale con l'imprenditore, avendo adempiuto agli obblighi
posti
dalla legge 4 aprile 1977 n. 135, solo in violazione dei quali detta
responsabilità
si sarebbe potuta configurare. Contestava l'applicabilità
delle
leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970 al rapporto in causa, per
essere
lo stesso soggetto, ai sensi dell'art. 9 cod. nav. e delle convenzioni
individuali di arruolamento stipulato fra le parti, alla legge dello
Stato
di immatricolazione della nave, e, quindi, alla legge liberiana, oltre
che ai contratti collettivi appositamente stipulati dagli armatori con
i sindacati italiani.
Il Pretore rigettava la domanda attrice sul presupposto della mancata
prova sull'esistenza di un rapporto lavorativo a tempo indeterminato, e
dichiarava la nullità della domanda subordinata di pagamento
del
trattamento di fine rapporto per assoluta indeterminatezza del petitum.
Su gravame del Lonano il Tribunale di Genova, con sentenza non
definitiva
del 27 ottobre-10 novembre 1994, in riforma della decisione di primo
grado,
dichiarava l'inefficacia del licenziamento intimato al lavoratore ed
ordinava
alla Occidental Navigation s.a. Monrovia di reintegrarlo nel suo posto
di lavoro, condannando inoltre la suddetta società, in
solido con
la s.p.a. F.lli Cosulich, a risarcire al Lonano i danni, derivanti dal
licenziamento, liquidati in 45 mensilità dell'ultima
retribuzione
corrisposta, con gli interessi e la rivalutazione dalle singole
scadenze
al saldo. Disponeva la rimessione della causa sul ruolo per la
quantificazione
del risarcimento.
Nel pervenire a tale conclusione il Tribunale premetteva che il
rapporto
lavorativo del Lonano doveva intendersi a tempo indeterminato, alla
stregua
dell'art. 326 cod. nav., in quanto il primo e secondo imbarco,
perché
intervallati da un periodo a terra di durata inferiore ai due mesi,
erano
sufficienti ad integrare l'anno di ininterrotto servizio, al quale la
norma
riconnette l'automatica trasformazione del rapporto. Per di
più
la contrattazione collettiva prevedeva la regolamentazione con le norme
riguardanti il contratto a tempo indeterminato del rapporto del
lavoratore
marittimo in caso di ininterrotto servizio alle dipendenze dello stesso
armatore per un periodo superiore a cinque mesi (non tenendosi conto a
tal fine, dei periodi di permanenza a terra inferiori ai novanta
giorni).
Inoltre la concreta disciplina cui il rapporto lavorativo era stato
sottoposto
ne attestava la natura di contratto a tempo indeterminato
(riconoscimento
di anzianità di servizio a partire dal primo giorno della
firma
del primo contratto di arruolamento; previsioni di cause di
interruzione
dell'anzianità medesima coincidenti con l'astensione del
periodo
di permanenza a terra, con lo svolgimento del servizio militare, ecc.;
decadenza dall'anzianità di servizio in caso di rifiuto
ingiustificato
dell'imbarco proposto dalla Compagnia entro i quindici giorni
precedenti
la scadenza del periodo di licenza. Circostanze tutte che
presupponevano
la permanenza del rapporto anche al di là del singolo
imbarco).
Doveva, dunque, ritenersi che alla data in cui la Occidental Navigation
aveva informato verbalmente il Lonano che non sarebbe stato
più
imbarcato sulle sue navi, sussisteva tra le parti un rapporto di
lavoro,
al quale l'armatore aveva posto unilateralmente fine. Da ciò
conseguiva
che al Lonano doveva estendersi la tutela legislativa sulla
stabilità
del rapporto di lavoro alla luce dei principi fissati dalla sentenza
della
Corte Costituzionale 3 aprile 1987 n. 96.
Non poteva poi sostenersi che dovessero trovare nella fattispecie in
oggetto applicazione le disposizioni della legge liberiana. Ed invero
il
disposto dell'art. 31 delle preleggi impediva la libera
recedibilità
del datore di lavoro dal rapporto a tempo indeterminato in quanto la
tutela
della stabilità del rapporto doveva ritenersi costituire -
oltre
che un principio di ordine pubblico internazionale giusta il contenuto
della convenzione OIL - anche un limite all'applicabilità
nello
Stato della legge straniera. Limite che impone, appunto, per
l'attuazione
del principio della stabilità, la diretta applicazione della
legge
italiana, ogniqualvolta la legge straniera non garantisca in alcun modo
detta stabilità.
Nel caso di specie il licenziamento del Lonano era stato comminato
senza alcuna forma scritta, in spregio dell'art. 2 della legge n. 604
del
1966 (costituente una delle norme dirette a proteggere il lavoratore
dal
recesso ingiustificato del datore di lavoro), non potendo valere a
supplire
la mancanza di detta forma né la comunicazione alle
organizzazioni
sindacali (giacché tale comunicazione non era destinata al
lavoratore)
né la corresponsione dell'indennità di preavviso,
che non
soltanto non risultava provata e la cui accettazione non poteva, in
ogni
caso, privare il lavoratore del diritto alla reintegrazione nel posto
di
lavoro.
Il Lonano doveva pertanto essere reintegrato nel suo posto di lavoro.
Altre argomentazioni il giudice d'appello sviluppava in relazione al
risarcimento dei danni scaturenti dall'illegittimo licenziamento.
La s.p.a. F.lli Cosulich doveva ritenersi coobbligata in solido con
l'armatrice al pagamento di detti danni ai sensi dell'art. 9
dell'accordo
collettivo, stipulato in data 1 aprile 1987 fra la Occidental
Navigation
s.a. - rappresentata dalla propria accomandataria - e la FIT-CISL, con
il quale la raccomandataria medesima si dichiarava solidalmente
responsabile
per la Compagnia armatrice per tutti gli obblighi derivanti
dall'applicazione
dell'accordo medesimo e, con esso, dei contratti di imbarco, stipulati
ai sensi dell'articolo 2 dell'accordo ed alla stregua degli allegati 1
e 2.
La quantificazione del risarcimento doveva, infine, farsi coincidere
con la retribuzione non percepita dalla data di licenziamento sino al
momento
della sentenza. Al di fuori di altro imbarco della durata di cinque
mesi
non era stata provata, dopo il licenziamento, alcuna altra
attività
lavorativa da parte del Lonano. Tenuto, quindi, conto della durata
degli
imbarchi effettuati in rapporto alla durata complessiva del rapporto,
poteva
ritenersi che il Lonano avrebbe potuto trovare applicazione sulle navi
della Occidental Navigation per una durata complessiva di 45 mesi (a
seguito
della già disposta deduzione per l'indicato imbarco con
altro armatore
per cinque mesi). Sulla somma che andava in concreto quantificata nel
prosieguo
del giudizio dovevano decorrere gli interessi e la svalutazione
monetaria.
Avverso tale sentenza la s.p.a. Fratelli Cosulich propone ricorso per
cassazione affidato a cinque motivi.
Resiste con controricorso Teodoro Lonano.
Non si è costituita la Occidental Navigation s.a. Monrovia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o
falsa applicazione
e insufficiente e/o contraddittoria motivazione in relazione agli artt.
9 cod. nav., 31 delle preleggi al codice civile, all'intero articolato
delle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970, quest'ultima anche come
modificata dalla sentenza della Corte Costituzionale del 3 aprile 1987
n. 96, nonché violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4
della
legge n. 135 del 1977 e violazione e falsa applicazione dell'art. 11
della
convenzione O.I.L. n. 22 del 1926. In particolare la ricorrente
sostiene
che il Tribunale ha errato nel ritenere applicabile al rapporto
lavorativo
del Lonano la legislazione italiana nonostante che l'art. 9 del codice
della navigazione e la volontà delle parti espressa nel
contratto
individuale di arruolamento dichiarassero applicabile al rapporto non
detta
legge bensì quella della repubblica di Liberia, stato di
immatricolazione
della nave sulla quale era imbarcato il Lonano e di
nazionalità
dell'armatore. Tali principi di diritto internazionale privato erano
stati
vanificati dal Tribunale di Genova sulla base di una errata
applicazione
dell'art. 31 delle preleggi al codice civile perché,
contrariamente
a quanto sostenuto dallo stesso Tribunale, la libera
risolubilità
del rapporto di lavoro a tempo indeterminato (con il solo onere di
preavviso)
non può considerarsi principio "contrario all'ordine
pubblico".
Del resto la libera risolubilità del contratto di lavoro era
regola
generale sino alle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970 e la stessa
Corte Costituzionale, con la sentenza n. 96 del 1987, nel rendere
applicabile
anche al lavoro marittimo la severa disciplina del licenziamento per
giusta
causa o giustificato motivo ciò aveva fatto non
perché il
divieto del licenziamento ad nutum fosse un principio fondamentale
dell'ordinamento,
ma alla stregua del disposto dell'art. 3 Cost., non risultando
giustificata
una differenza di normativa tra lavoro terrestre e lavoro nautico.
Al fine di dimostrare l'esistenza di un generale divieto di risoluzione
del rapporto ad nutum non era, poi, rilevante il richiamo alla
convenzione
internazionale n. 22 del 1926 (concernente il contratto di arruolamento
dei marittimi), ratificata dall'Italia, in quanto l'art. 11 ("la
legislazione
nazionale deve stabilire le circostanze nelle quali l'armatore o il
comandante
ha la facoltà di congedare immediatamente il marittimo") di
detta
convenzione si limitava ad imporre agli stati aderenti di prevedere
specificamente
le ipotesi di licenziamento senza preavviso cioè di
licenziamento
in tronco, che è cosa ben diversa dal diritto di risolvere
il rapporto
a tempo indeterminato con preavviso.
Per di più la legge speciale confermava la vigenza nella
materia
in esame dell'art. 9 della navigazione. Nella fattispecie in oggetto la
s.p.a Fratelli Cosulich, quale accomandataria di armatore straniero (la
Occidental Navigation Co.) aveva arruolato in Italia, in nome e per
conto
dell'armatore straniero, il Lonano per l'imbarco su di una nave di
nazionalità
straniera. Doveva, quindi, trovare applicazione, il comma quarto
dell'art.
4 della legge 4 aprile 1977 n. 135 (che prevede l'arruolamento da parte
di agente raccomandatario di armatore straniero di marittimi italiani
per
l'imbarco su navi di bandiera estera subordinandolo alla condizione che
il contratto individuale di arruolamento offerto al marittimo "non
contenga
clausole che contrastino con i principi fondamentali contenuti nei
vigenti
contratti collettivi di lavoro nazionale"), disposizione che non
deroga,
bensì presuppone e conferma l'art. 9 del codice della
navigazione,
richiamando i principi generalissimi scaturenti dalla contrattazione
collettiva
(che contempla tra l'altro la risoluzione del contratto per
volontà
dell'armatore) e lasciando del tutto impregiudicato il funzionamento
delle
norme di diritto internazionale privato al fine di individuare la legge
applicabile, in via generale, al rapporto.
In ogni denegata ipotesi la legittimità o meno della
risoluzione
del rapporto di lavoro con il Lonano avrebbe dovuto essere valutata in
relazione alle norme contrattuali applicabili ed alla legge liberiana
che,
come aveva dato atto il Tribunale, per quanto riguarda il contratto
individuale
di arruolamento consente un recesso libero e soggetto al preavviso.
2) La censura è infondata e pertanto va rigettata. Riguardo
ai contratti di lavoro della gente di mare l'applicabilità
della
disciplina richiamata dall'art. 9 disp. prel. cod. nav. - secondo cui
tali
contratti sono regolati dalla legge nazionale della nave, salva, se
questa
è di nazionalità straniera, la diversa
volontà delle
parti - trova un limite ai sensi dell'art. 31 delle preleggi soltanto
nella
contrarietà alle norme costituzionali, all'ordine pubblico
ed al
buon costume (cfr. al riguardo: Cass. 20 marzo 1987 n. 2787). Questa
Corte
in relazione al richiamo internazionalprivatistico - ai sensi dell'art.
25 disp. prel. - alle leggi straniere ha statuito che il giudice
italiano
non può dare attuazione alla disciplina straniera che si
ponga in
contrasto con i principi che informano l'ordinamento giuridico e
concorrono
a caratterizzare la struttura etico-sociale della società
nazionale
in un determinato momento storico. In questa ottica, ha poi
più
volte ribadito, in tema di regolamentazione del rapporto lavorativo
nautico,
che la regola del favor verso il lavoratore subordinato costituisce un
principio di ordine pubblico internazionale che impedisce in ogni caso
l'applicazione della legge straniera meno vantaggiosa per il prestatore
di lavoro, ed ha dato concreta attuazione a tale regola in tema di
disciplina
di contratto a termine meno favorevole di quella dettata dalla legge 18
aprile 1962 n. 230 (cfr. al riguardo ex plurimis: Cass. 27 marzo 1996
n.
2756 e Cass. 22 febbraio 1992 n. 2193) ed ancora in tema di trattamento
di fine rapporto e pensionistico da parte di legislazione straniera
meno
favorevole di quella italiana (cfr. Cass. 9 settembre 1993 n. 9435).
Il principio di favore verso il lavoratore subordinato non
può
non operare come limite di ordine pubblico internazionale, e quindi non
può non impedire, alla stregua del disposto dell'art. 31
preleggi,
l'applicazione della legislazione straniera allorquando detta
legislazione
consenta al datore di lavoro di recedere liberamente da un rapporto di
lavoro garantito dalla legislazione italiana con una più
incisiva
tutela, quale quella apprestata dall'art. 18 della legge 20 maggio 1970
n. 300 (ora modificato dall'art. 1 della legge 11 maggio 1990 n. 108).
E' noto il dibattito che si riscontra in dottrina tra un indirizzo
in base al quale la valutazione delle condizioni più
favorevoli
debba essere condotta nell'ambito di ogni singolo istituto (ossia con
riferimento
ad ogni profilo del rapporto lavorativo dotato di una propria e
sufficiente
autonomia normativa), ed altro orientamento, che propende, invece, per
una valutazione che faccia riferimento alla legislazione straniera
esaminata
nel suo complesso e non in alcune soltanto delle sue norme,
isolatamente
considerate.
Anche a volere condividere quest'ultima opinione, è comunque
innegabile che l'attuale normativa in materia di licenziamenti, nel
porre
dei limiti al potere di recesso del datore di lavoro, garantisce una
incisiva
protezione del lavoratore sul piano sociale e patrimoniale in
attuazione
di precise norme costituzionali (artt. 3, 4, 35 e 36 Cost.). Tale
protezione
finisce per caratterizzare e qualificare l'intero rapporto lavorativo e
per impedire, conseguentemente, ai sensi dell'art. 31 delle preleggi,
l'introduzione
nel nostro ordinamento di una legge straniera meno favorevole per il
lavoratore.
Alla luce delle argomentazioni svolte non è, dunque,
suscettibile
di nessuna critica la sentenza impugnata che, sul presupposto che la
tutela
della stabilità del rapporto costituisca principio di ordine
pubblico
internazionale, ha poi affermato - in piena aderenza ai principi
innanzi
esposti - che detta tutela rappresenta, a norma dell'art. 31 delle
preleggi,
un limite all'applicabilità nello stato della legge
straniera: un
limite di natura positiva che impone, per la realizzazione di quel
principio,
la diretta applicazione della legge italiana, ogni qual volta la legge
straniera non garantisca in alcun modo una simile tutela. Il che
accade,
appunto, con riferimento alla legge liberiana che - come risulta non
contestato
in causa - non appresta alcuna tutela del lavoratore avverso il recesso
ingiustificato del datore di lavoro.
3) Le esposte considerazioni del tutto condivisibili in diritto
conducono
a ritenere che legittimamente il Tribunale ha condannato la Occidental
Navigation s.a Monrovia a reintegrare il Lonano nel suo posto di
lavoro.
Il Tribunale, però, ha anche condannato, in solido con detta
società,
la raccomandataria s.p.a. Fratelli Cosulich, a risarcire i danni
derivanti
dall'illegittimo licenziamento. La società accomandataria
nel presente
ricorso, rifacendosi a quanto già sostenuto nel giudizio di
merito,
ha eccepito di non essere vincolata solidalmente con la Occidental
Navigation
al pagamento dei danni a favore del Lonano. A tali fini ha richiamato
l'art.
4 della legge 4 aprile 1977 n. 135, e ha eccepito il proprio difetto di
legittimazione passiva, affermando che essa raccomandataria poteva
essere
chiamata a rispondere - alla stregua della citata disposizione - delle
obbligazioni derivanti dal rapporto contrattuale e delle retribuzioni
pattuite
con i lavoratori imbarcati su nave straniera, non essendo affatto
tenuta
ad alcun controllo sulla legge applicabile in base ai principi di
diritto
internazionale privato.
Non ignora questa Corte che sull'interpretazione da darsi all'art.
4 della legge n. 135 del 1977 si è configurato un contrasto
tra
i giudici di legittimità. Un primo orientamento -
assimilando la
funzione dell'agente accomandatario a quella di garante ex lege della
conformità
del trattamento del marittimo imbarcato su nave straniera alla tutela
retributiva
ed assistenziale assicurata dai principi che inspirano la legislazione
nazionale - ha affermato che il marittimo usufruisca di un trattamento
del tutto conforme ai principi fondamentali in materia di lavoro. A
tale
riguardo i giudici di legittimità hanno osservato che in
caso diverso
la funzione dell'accomandatario si ridurrebbe ad "una mediazione
formale-amministrativa
inefficace rispetto al fenomeno delle bandiere-ombra ed in contrasto
con
la stessa sanzione penale a cui la legge assoggetta gli obblighi
dell'accomandatario"
(cfr. in tali sensi: Cass. 20 maggio 1993 n. 5696). Un distinto
orientamento
ha invece statuito che l'accomandatario risponde in solido con
l'armatore
delle obbligazioni assunte (art. 5, comma 3, legge n. 135 del 1977)
solo
se viene meno l'obbligo di garantire il pagamento nel territorio
nazionale
delle somme che l'armatore è tenuto a versare all'equipaggio
secondo
il contratto di arruolamento, ma non è tenuto a garantire
anche
la regolarità del contratto da un punto di vista normativo
ed economico,
rientrando tale accertamento nei compiti dell'autorità
marittima
la quale con il diniego del suo nulla-osta, impedisce non
già l'ingaggio,
bensì il mero imbarco dei marittimi regolarmente ingaggiati.
Tale
conclusione viene motivata sulla base delle disposizioni che regolano
l'attività
del raccomandatario marittimo e della capitaneria di porto(art. 3,
comma
1, art. 4, comma 4, l. n. 135 del 1977) e precisamente sulla
considerazione
che, appunto, l'esame delle predette disposizioni, nella loro
successione,
mostra chiaramente che il raccomandatario è tenuto soltanto
a garantire
il pagamento delle retribuzioni spettanti ai marittimi che egli intende
ingaggiare, munendosi di idonea garanzia bancaria o assicurativa in
favore
dell'armatore; dopo essersi munito di tale garanzia egli può
procedere
all'arruolamento, ma l'imbarco dei lavoratori è subordinato
al nulla
osta della capitaneria, la quale è tenuta a verificare la
conformità
del contratto stipulato dal raccomandatario con i principi fondamentali
della contrattazione collettiva nazionale (cfr. in tali sensi: Cass. 24
novembre 1993 n. 11580).
Orbene ritiene questa Corte che l'indirizzo ora ricordato vada
condiviso
sulla base della chiara lettera degli artt. 3 e 4 della legge n. 135
del
1977, che per quanto riguarda il trattamento economico spettante ai
marittimi
limita il ruolo del raccomandatario a quello di mero garante delle sole
obbligazioni assunte suo tramite dall'armatore mentre devolve alla
competente
autorità marittima, al fine della concessione del nulla-osta
all'imbarco,
un vero e proprio controllo di legalità sul contratto di
arruolamento,
che sia dal punto di vista normativo che da quello economico, non deve
contenere clausole contrastanti con i principi fondamentali contenuti
nei
contratti collettivi di lavoro nazionale (cfr. art. 4, comma 4, l. n.
175
del 1977), né deve contraddire - per le ragioni innanzi
svolte -
quelle disposizioni configurabili come di ordine pubblico, in ragione
della
diversa forza (contrattuale) delle parti del rapporto di lavoro e della
natura degli interessi che si intendono tutelare. Anche la ratio
sottesa
alla legge n. 175 del 1977 conforta la conclusione indicata in quanto
l'esigenza
di improntare alla necessaria celerità la conclusione dei
contratti
di arruolamento consiglia nel momento in cui si obbliga ad compito di
garanzia
il raccomandatario di non richiedere a tale imprenditore una verifica,
talvolta di particolare difficoltà, sui limiti che sul
versante
normativo incontra la contrattazione in materia, verifica che
è
apparsa opportuna devolvere all'autorità marittima, dotata
di maggiore
competenza specifica e nei cui compiti istituzionali si è
fatto
rientrare un doveroso controllo sulla legittimità del
contratto
di arruolamento. Nulla però impedisce che la
regolamentazione legislativa
della posizione del raccomandatario possa essere modificata assicurando
migliori garanzie ed una più intensa tutela al
lavoratore-marittimo,
attraverso una assunzione unilaterale o contrattata di ulteriori
obblighi
oltre quelli imposti dalla citata legge n. 135 del 1977, risultando il
combinato disposto degli artt. 3 e 4 di detta legge, a tutela del
marittimo,
inderogabile soltanto in peius.
Le considerazioni ora svolte comportano la conferma della decisione
impugnata, che con un accertamento di fatto, non contestabile in questa
sede di legittimità, ha fondato la condanna in solido della
s.p.a.
Fratelli Cosulich non sulla base degli artt. 3 e 4 della legge n.
135/1977
ma bensì sulla base dell'impegno contrattualmente assunto
dalla
società stessa, per essersi la raccomandataria - ai sensi
dell'art.
9 dell'accordo collettivo stipulato il 1 aprile 1987 fra la Occidental
Navigation s.a. (rappresentata dalla propria raccomandataria) e la
FIT/CISL
- dichiarata solidalmente responsabile con la Compagnia armatrice per
quanto
riguardava "tutti gli obblighi derivanti dall'applicazione dell'accordo
medesimo e, con esso, dei contratti di imbarco, stipulati ai sensi
dell'art.
2 dell'accordo ed alla stregua degli allegati 1 e 2". Su tale punto
della
decisione impugnata non si riscontra alcuna motiva e specifica censura
del ricorrente, sicché la condanna in solido disposta dal
giudice
d'appello non può che trovare conferma.
4) Con il secondo motivo la società ricorrente denunzia
violazione
e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2721 e segg. c.c.
nonché
dei principi generali di diritto sulle prove; violazione e falsa
applicazione
degli artt. 244 e 421 c.p.c.; omessa, insufficiente e/o contraddittoria
motivazione su un punto decisivo; violazione e/o falsa applicazione
dell'art.
24 Cost ed, ancora, violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1372
c.c.
In particolare sostiene che il Tribunale erroneamente non aveva ammesso
la prova testimoniale richiesta con la quale si tendeva a dimostrare
che
il Lonano, successivamente allo sbarco del 14 giugno 1988, era stato
chiamato
telefonicamente per ben due volte per essere imbarcato su altre navi ma
aveva rifiutato detto imbarco. La circostanza si dimostrava decisiva ai
fini della risoluzione ex art. 1372 c.c. del contratto di lavoro e, per
conseguenza, determinante anche ai fini di respingere la domanda di
reintegra
e di risarcimento danno preteso dal lavoratore. Eventuali carenze nella
formulazione dei capi della prova per testimoni potevano essere
superati
dai poteri istruttori del giudice esercitabili ai sensi dell'art. 421
c.p.c.
Anche l'esposto motivo di ricorso va rigettato.
E' giurisprudenza costante di questa Corte che la mancata ammissione
di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio di motivazione della
sentenza
denunciabile in cassazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. quando il
vizio stesso emerga dal ragionamento posto a base della decisione (che
si dimostri incompleto, incoerente ed illogico), ed il ricorrente
indichi
specificamente le circostanze di fatto, oggetto della prova ed il nesso
di causalità tra l'asserita omissione e la decisione, al
fine di
consentire al giudice di legittimità il controllo della
decisività
della prova non ammessa, controllo che deve peraltro essere compiuto
esclusivamente
sulla base delle deduzioni contenute nel ricorso, senza
possibilità
di colmare le eventuali lacune con indagini integrative (cfr. ex
plurimis:
Cass. 17 giugno 1995 n. 6863; Cass. 22 luglio 1992 n. 8831; Cass. 16
luglio
1986 n. 6256). Orbene va in primo luogo evidenziato come nel caso di
specie
i giudici di merito, con una motivazione del tutto corretta sul piano
logico-giuridico,
e pertanto non censurabile in questa sede di legittimità,
hanno
rifiutato l'ammissione della prova per testi richiesta, sottolineandone
l'estrema genericità. In relazione al requisito della
decisività
della prova non ammessa va poi precisato che la ricorrente non ha in
alcun
dimostrato come il rifiuto di imbarco, che si assume essere avvenuto in
un tempo imprecisato ma dopo il 14 giugno 1988, possa assumere una
qualche
influenza sulla controversia in corso e sul giudizio di fondatezza
della
domanda di reintegra spiegata dal Lonano.
5) Con il terzo motivo la società ricorrente deduce
violazione
e/o falsa applicazione della legge 15 luglio 1966 n. 604 in particolare
dell'art. 2 della stessa legge; insufficiente, contraddittoria e/o
inesistente
motivazione su punti decisivi della controversia nonché
violazione
e/o falsa applicazione dell'art. 1372 c.c. In particolare la ricorrente
sostiene che la risoluzione del rapporto lavorativo era obiettivamente
giustificata dalla vendita di tutte le navi della Occidental Navigation
Monrovia sicché detta società era ricorsa, con
l'accordo
dei sindacati, alla procedura per licenziamento collettivo.
Ciò
comportava l'inapplicabilità delle leggi n. 604 del 1966 e
n. 300
del 1970, ed in particolare l'inapplicabilità alla
fattispecie in
esame della nullità del licenziamento per mancanza di forma
scritta,
richiesta unicamente per il licenziamento individuale. Il giudice
d'appello
aveva inoltre errato nel ritenere irrilevante l'accettazione da parte
del
lavoratore dell'indennità di preavviso, che comportava sia
la conoscenza
della avvenuta risoluzione del rapporto che la rinuncia o, comunque, la
decadenza ad impugnarla. Con il quarto motivo la s.p.a. Fratelli
Cosulich
deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1372 c.c.;
insufficiente
e/o contraddittoria e/o omessa motivazione in punto di quantificazione
del risarcimento dovuto in denegata ipotesi al Lonano. La ricorrente,
in
altri termini, lamenta che il giudice d'appello non ha tenuto conto
dell'imbarco
del Lonano con altro armatore il 7 settembre 1990, e non ha considerato
affatto che da tale imbarco doveva dedursi la risoluzione consensuale
del
rapporto precedente per cui almeno da tale data cessava l'obbligo del
precedente
armatore di pagare la retribuzione.
Con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente deduce violazione e/o
falsa applicazione dell'art. 1463 c.c.; insufficiente, omessa e/o
contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia. Ed invero il
rapporto
di lavoro, stante la vendita della navi da parte della
società Occidental
si era comunque risolto ex art. 1463 c.c. e perciò risultava
impossibile
la disposta riassunzione.
Il terzo, quarto e quinto motivo - da esaminarsi congiuntamente
perché
riguardanti questioni tra loro connesse - vanno tutti rigettati
perché
privi di fondamento.
Per quanto riguarda l'affermazione che nel caso in esame si sia in
presenza di un licenziamento collettivo per cui non potrebbe trovare
applicazione
la normativa di cui alle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970
è
sufficiente ricordare l'indirizzo giurisprudenziale in base al quale il
datore di lavoro che abbia motivato un atto di recesso da un rapporto
di
lavoro quale attuazione di un licenziamento collettivo per riduzione di
personale è tenuto, in caso di contestazione a provare, in
osservanza
del generale principio di cui all'art. 2697 c.c., i fatti costitutivi
del
diritto potestativo esercitato e, quindi, l'esistenza di un
ridimensionamento
della struttura imprenditoriale ed il nesso causale tra lo stesso e
l'attuata
riduzione del personale (cfr. tra le altre: Cass. 23 febbraio 1996 n.
1415).
Prova che non è stata fornita in alcun modo nel corso del
giudizio
né dalla Occidental Navigation né dall'attuale
ricorrente.
Sotto altro versante, va poi evidenziato come la mera accettazione
della
liquidazione ancorché non accompagnata da alcuna riserva non
può
essere considerata - come invece sostiene la ricorrente - come tacita
dichiarazione
di rinunzia ai diritti derivanti dall'illegittimità del
licenziamento
non sussistendo alcuna incompatibilità logica e giuridica
tra accettazione
della liquidazione e la volontà di ottenere la dichiarazione
di
illegittimità del licenziamento al fine di conseguire
l'ulteriore
diritto alla riassunzione o al risarcimento del danno (cfr. al
riguardo:
Cass. 2 giugno 1995 n. 6189; Cass. 25 settembre 1978 n. 4307). Ed
ugualmente
non si riscontra alcun genere di incompatibilità tra
l'instaurazione
di un nuovo rapporto lavorativo e la volontà di far valere
in giudizio
tutti i diritti che il lavoratore può vantare sulla base di
un precedente
rapporto lavorativo in relazione al quale è stato intimato
un licenziamento
inefficace per mancanza della prescritta forma. Ne consegue che l'avere
accettato un imbarco con un diverso armatore non può di per
se solo
costituire un motivo per ritenere che il Lonano abbia accettato la
risoluzione
del precedente rapporto lavorativo con la s.a. Occidental Navigation
Monrovia
e che non possa quindi chiedere la reintegra in ragione
dell'invalidità
del denunziato licenziamento.
Per concludere poi va affermato che non assume alcuna rilevanza ai
fini decisori il richiamo, operato dalla società ricorrente,
all'art.
1463 c.c. ed all'impossibilità da parte dell'armatore di
adempiere
all'ordine di reintegra nel posto di lavoro, atteso che dalle
risultanze
istruttorie e dal contenuto degli atti processuali non emerge in alcun
modo la prova che l'armatore abbia cessato la sua attività
imprenditoriale
e non abbia invece venduto solo alcune delle sue navi, continuando la
suddetta
attività. Ne consegue che il motivo di ricorso sul punto si
traduce,
come detto, in una mera asserzione, priva di qualsiasi rilevanza
decisoria.
6) Ricorrono giusti motivi - in considerazione della notevole
complessità
delle questioni trattate e di alcuni profili di novità delle
stesse
- per compensare le spese del presente giudizio di cassazione tra la
società
ricorrente ed il Lonano. Detta compensazione include anche le spese
attinenti
l'incidente per la sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata
(spese richieste dal Lonano con apposita istanza), la cui
regolamentazione
per costante giurisprudenza spetta alla Corte di cassazione (cfr. ex
plurimis:
Cass. 16 aprile 1987 n. 3780; Cass. 27 marzo 1985 n. 2152; Cass. 8
novembre
1983 n. 6599; Cass. 30 marzo 1979 n. 1847; Cass. 7 marzo 1977 n. 923).
Nessuna statuizione sulle spese per quanto riguarda la Occidental
Navigation
s.a. Monrovia.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio nei confronti del Lonano. Nulla per le spese nei confronti della Occidental Navigation s.a. Monrovia.
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