SEZ. U - SENT. 11620 DEL 18/11/1998
PRES. Favara F. REL. Paolini G.
PM. Dettori P. (Conf.)
RIC. Tarros Terminal SpA (avv. Picone)
RES. Min. Trasporti e Navigaz. (Avv. dello Stato)
cassa app. Genova 30 gennaio 1996
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La "Tarros" s.p.a., con atto del 19 giugno 1992,
citò dinanzi
al Tribunale di Genova il Ministero della Marina mercantile e la
Compagnia
lavoratori portuali de La Spezia:
- premesso di essere un'impresa armatrice e di esercitare
prevalentemente
la propria attività nel porto de La Spezia, in cui era
"concessionaria
di una banchina funzionalmente inserita in un terminal operativo di
proprietà
esclusiva", nonché di essere "in grado di eseguire con
personale
alle proprie dipendenze assunto a tempo indeterminato e con propri
mezzi
meccanici tutte le operazioni portuali (imbarco e sbarco di merci e
containers)
inerenti a qualsivoglia tipo di motonave - traghetto";
- facendo presente che, con contratto del 7/17 maggio 1992, si era
obbligata nei confronti della "Sud Cargos" di Marsiglia "a svolgere
continuativamente
e fino al 31 dicembre 1992 le attività di sbarco di merci e
contenitori
da una pluralità indeterminata di motonavi - traghetto
armate e/o
noleggiate" dalla summenzionata impresa francese, e che, con nota del
13
maggio 1992, "ai fini dell'ottenimento del correlativo nulla-osta",
aveva
significato alla Capitaneria di porto che La Spezia che il giorno
successivo
avrebbe dovuto attraccare" al suo pontile la motonave "Saint Louis",
noleggiata
dall'anzidetta "Sud Cargos";
- deducendo che la capitaneria di porto, prima, con nota del 14 maggio
1992, le aveva comunicato che "le operazioni attinenti a detta motonave
avrebbero potuto essere eseguite", non direttamente da essa istante ma,
"dalle maestranze portuali a ciò preposte e autorizzate", e,
poi,
con successiva nota informativa in pari data n. 11.400, le aveva
comunicato
"il nulla-osta all'ormeggio della Saint Louis", precisando,
però,
che le operazioni portuali avrebbero dovuto essere eseguite "con sue
maestranze
nei limiti di cui al D.M. 61/89, del successivo decreto di attuazione
3/89
e dell'ordinanza n. 63 del 15 maggio 1989", con ciò
ribadendo, nella
sostanza, che "avrebbe potuto compiere le sole attività non
riservate
alla Compagnia lavoratori portuali de La Spezia";
- lamentando che, nel contesto illustrato, le operazioni di sbarco
della "Saint Louis" erano iniziate ed erano state ultimate con alcune
ore
di ritardo;
evidenziando che il Pretore de La Spezia, all'esito di un procedimento
ex art. 700 cod. proc. cv., con decreto del 15 maggio 1992, poi
confermato,
nel contraddittorio delle parti, con ordinanza del 3 giugno 1992, in
accoglimento
di sua richiesta in tal senso, l'aveva "facoltizzata in via provvisoria
ad eseguire con mezzi e personale propri le operazioni portuali di
sbarco
inerenti all'esecuzione del contratto concluso con la "Sud Cargos" sul
rilievo della "immediata valenza dei principi di diritto enunciati
dalla
Corte di giustizia delle Comunità europee con sentenza del
10 dicembre
1991", nella parte in cui questi aveva dichiarato
"l'incompatibilità
della legislazione interna (artt. 110, 111, 112, 1172, cod. nav., 152,
156, 203 reg. nav. mar., d.m. 6.1.1989 e successiva ordinanza attuativa
3/89) conferente alle compagnie di diritto esclusivo all'esercizio
delle
operazioni portuali con il combinato disposto degli artt. 90 n. 1, 30,
48 e 86 del Trattato Cee", e della conseguente
inapplicabilità così
dei provvedimenti della capitaneria di porto "limitativi del (suo)
riconosciuto
diritto soggettivo perfetto a svolgere in proprio operazioni portuali
per
conto terzi", come delle disposizioni normative interne prevedenti
riserva
di dette operazioni a favore delle compagnie dei lavoratori portuali:
1) In via incidentale, e a mente dell'art. 5 l. 2248/1865 all. E,
disapplicarsi,
perché emessi in carenza assoluto di potere, i provvedimenti
della
Capitaneria di porto de La Spezia n. 91/92 e 11400/92 del 14 maggio
1992,
nella parte in cui impedivano ad essa istante, quale impresa
autorizzata
ad eseguire operazioni portuali per conto terzi, di svolgere
qualsivoglia
tipo di operazioni portuali, ivi comprese quelle che, in
virtù di
disposizioni normative interne in contrasto con il Trattato Cee,
sarebbero
state riservate a favore della Compagnia lavoratori portuali;
2) condannarsi di conseguenza il Ministero della marina mercantile
a risarcirle in giusta misura ogni danno sofferto e conseguente al
ritardo
dai provvedimenti suddetti causato alle operazioni di sbarco della
"Saint
Louis" avvenute il 14 maggio 1992;
3) disapplicarsi, in ossequio al dettato delle sentenze n.ri 170/84
e 168/91 della Corte costituzionale gli artt. 110, 111, 112, 1172 cod.
nav., 152, 146 e 203 reg. nav. mar., il d.m. 6.1.1989 e la successiva
ordinanza
di attuazione 3/89, oltre che tutte le ulteriori disposizioni normative
e regolamentari che secondo i principi dettati dalla Corte di giustizia
della Comunità europea con sentenza 10 dicembre 1991,
contrastano
con le norme di Trattato Cee;
4) conseguentemente, dichiararsi e riconoscersi essere essa istante
titolare di un diritto soggettivo perfetto ad eseguire qualsivoglia
operazioni
portuale, ancorché questa, secondo l'illegittima e
disapplicanda
normativa interna, si appalesasse riservata alle compagnie dei
lavoratori
portuali".
Il tribunale, nella disposta riunione del processo in tal guisa
istituito
ad altro promosso dal Ministero della marina mercantile per ottenere la
revoca del dianzi ricordato provvedimento d'urgenza pretorile e per far
dichiarare l'infondatezza delle istanze fatte valere dalla "Tarros"
s.p.a.
dinanzi al pretore, con sentenza del 4 maggio 1994, resa nel
contraddittorio
anche della Compagnia lavoratori portuali de La Spezia,
rigettò,
per difetto di legittimazione della società attrice, le
domande
di questa intese a ottenere la disapplicazione dei discussi
provvedimenti
amministrativi e della contestata normativa nazionale; respinse,
altresì,
la pretesa risarcitoria coltivata dalla società anzidetta e
condannò
questa nelle spese processuali.
Sul gravame della "Tarros" s.p.a., la Corte d'appello di Genova, con
sentenza del 30 gennaio 1996, data nel contraddittorio del Ministero
dei
trasporti e della navigazione, subentrato a quello della marina
mercantile,
e della Compagnia lavoratori portuali La Spezia, in parziale riforma
della
sentenza impugnata, dichiarò il difetto di giurisdizione del
giudice
ordinario a conoscere della domanda della società appellante
relativa
alla disapplicazione dei provvedimenti nn. 91/92 e 11400/92 della
Capitaneria
di porto de La Spezia, sanzionò la reiezione della pretesa
della
società medesima volta a far dichiarare il proprio diritto
perfetto
ad eseguire qualsiasi operazione portuale ancorché riservata
dalla
normativa interna alle compagnie dei lavoratori portuali,
confermò
nell'"an" la condanna della predetta nelle spese del primo stadio del
giudizio
e pose a carico della stessa anche le spese del secondo grado.
La corte distrettuale motivò la pronuncia, considerando, in
definitiva:
A) dover essere disattesa, per sopravvenuta carenza di interesse, la
domanda, di mero accertamento, con la quale la "Tarros" s.p.a. chiedeva
accertarsi il proprio incondizionato diritto di eseguire qualsiasi
operazione
portuale, avendo da l. 28.1.1994 n. 84 abolito ogni riserva
riconosciuta
al riguardo dalla previgente normativa alle compagnie dei lavoratori
portuali;
B) dover, tuttavia, essere delibata nel merito tale domanda onde
verificare
la sua fondatezza nel momento della relativa proposizione, e
ciò
ai fini dell'individuazione della soccombenza virtuale e della
pronuncia
sulle spese processuali;
C) dover, ai fini considerati, essere ritenuta infondata la domanda
in discorso, per essere riferibile il principio affermato dalla
più
sopra citata sentenza della Corte di giustizia delle
Comunità europee
del 10 dicembre 1991 in ordine al contrasto della contestata previgente
normativa interna italiana accordante alle compagnie portuali una
posizione
dominante solo alla disciplina delle operazioni portuali svolte nei
porti
integranti parte sostanziale del mercato comune, cioè nei
principali
porti italiani, e, quindi, non nel porto de La Spezia;
D) difettare di giurisdizione il giudice ordinario in ordine alla
richiesta,
comunque infondata, di disapplicazione dei discussi provvedimenti
amministrativi
adottati dalla capitaneria di porto de La Spezia;
E) risultare destituita di fondamento e, comunque, preclusa dal
giudicato
- nella mancata specifica impugnazione della decisione del primo
giudice
nella declaratoria recante affermazione dell'inesistenza della prova
del
danno lamentato - la domanda risarcitoria coltivata dalla appellante;
F) dover quest'ultima, in quanto soccombente, sopportare l'onere delle
spese processuali.
La "Tarros Terminal" s.p.a., già "Tarros" s.p.a., ricorre
con
sei motivi, per la cassazione della surrichiamata sentenza di secondo
grado,
notificatale il 29 febbraio 1996.
Il Ministero dei trasporti e della navigazione resiste al ricorso,
notificatogli presso l'Avvocatura distrettuale dello stato di Genova,
il
27 aprile 1996, con controricorso del 19 ottobre 1996.
La compagnia lavoratori portuali de La Spezia, cui pure il ricorso
è stato notificato il 27 aprile 1996, si è
astenuta da ogni
attività difensiva nella presente sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Il qui deliberato ricorso per cassazione, in violazione del
dettato
dell'art. 11, comma 1, r.d. 30.X.1993 n. 1611, risulta essere stato
notificato
all'intimato Ministero dei trasporti e della navigazione,
anziché
presso l'Avvocatura generale dello Stato, presso l'Avvocatura
distrettuale
dello Stato di Genova, nella cui circoscrizione ha sede la corte
territoriale
che ha pronunciato la sentenza impugnata.
La conseguente nullità della notificazione dell'atto cennato
(cfr., al riguardo, Cass. SS.UU. civ., sent. n. 1275 del 6.11.1998), ad
ogni buon conto, deve intendersi sanata, con effetto "ex tunc",
dall'intervenuta
costituzione della p.a. anzidetta (cfr., "ex aliis", Cass. SS.UU. civ.,
sent. n. 12029 del 15.XII.1990, e, più recentemente, id.
Sez. III
civ., sent. n. 3023 del 15.III 1995, id. Sez. lav., sent. n. 10959 del
21.X.1995).
La nullità in argomento, peraltro, ha impedito il decorso
dei
termini assegnati all'intimato dall'art. 370 cod. proc. civ. per la
notifica
ed il deposito del controricorso, che, perciò, vanno
ravvisati validamente
compiuti pur se posti in essere a distanza di circa otto mesi dalla
data
della notificazione del ricorso (cfr., "in terminis", Cass. Sez. III
civ.,
sent. n. 4755 del 16.V.1994).
2) La "Tarros" s.p.a., impresa "concessionaria di una banchina
funzionalmente
inserita in un terminal operativo di proprietà esclusiva"
nel porto
de La Spezia, attualmente operante con ragione sociale "Tarros
Terminal",
con la prima, in ordine logico, e principale delle domande azionate nel
presente giudizio, ha chiesto accertarsi, nei confronti così
del
Ministero dei trasporti e della navigazione, come della compagnia dei
lavoratori
portuali operante nello scalo marittimo suindicato, essere essa istante
titolare, sulla base della normativa di cui "al combinato disposto
degli
art. 90, n. 1, 30, 48 e 86 del Trattato Cee", come interpretato dalla
Corte
di giustizia delle Comunità europee con sentenza resa il 10
dicembre
1991 nella causa n. C: 179/90, "del diritto soggettivo perfetto ad
eseguire
qualsivoglia operazione portuale, ancorché questa, secondo
l'illegittima
e disapplicanda normativa interna, risultasse riservata alle compagnie
dei lavoratori portuali": per suffragare la pretesa, ha dedotto essere
insorte contestazioni sulla sussistenza del suo diritto considerato,
perché,
avendo essa comunicato alla Capitaneria di porto de La Spezia la
propria
determinazione di dar corso, nel proprio impianto cennato, ed in
esecuzione
di obblighi negozialmente assunti con una "Sud Cargos" di Marsiglia,
alle
operazioni di scarico della motonave "Saint Louis", detto organo
periferico
del ministero odierno controricorrente, con le note del 14 maggio 1992,
di cui in narrativa, le aveva significato che "avrebbe potuto compiere
le sole attività non riservate alla Compagnia lavoratori
portuali
de La Spezia" alla stregua della normativa di cui agli artt. 110, 111,
112, 1172 cod. nav., 152, 156, 203 reg. nav. mar., del d.p. 6.1.1989 e
della successiva ordinanza attuativa 3/89, e cioè proprio di
quel
complesso di disposizioni statuali dalla Corte di giustizia delle
comunità
europee con la sentenza dianzi ricordata riscontrare contrastanti con
il
Trattato Cee e, pertanto, inapplicabili.
La Corte d'appello di Genova, con la decisione impugnata ha disatteso
la domanda di accertamento di cui trattasi, in buona sostanza,
evidenziando
non rivelarsi la stessa sorretta, al momento della decisione, da un
rilevante
interesse ad agire, per essere stata la sussistenza del diritto vantato
dall'odierna ricorrente indiscussamente riconosciuto dalla sopravvenuta
l. 28.1.1994 n. 84, recante completa e definitiva abrogazione di ogni
precedente
disposizione contemplante riserva di lavoro portuale a favore delle
compagnie
portuali".
La corte distrettuale, quindi, sul ritenuto, e qui non contestato,
presupposto che l'interesse ad agire della "Tarros" s.p.a. in relazione
alla domanda in esame sia sussistito al momento dell'instaurazione del
giudizio (19 giugno 1992) "e fino all'entrata in vigore della L. (n.)
84"
del 1994, prec. cit., ha svolto un'indagine diretta a verificare "se
l'azione
fosse stata fondatamente intrapresa, al fine di poter così
provvedere
in ordine alle spese di lite alla luce del criterio della soccombenza
virtuale",
a tale indagine ha concluso affermando, in definitiva, che la ripetuta
sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del
10
dicembre 1991 avrebbe dichiarato la come sopra contestata normazione
statuale
inapplicabile soltanto nell'ambito dei porti nazionali integranti, per
volume di traffico, "parte sostanziale del mercato comune" e
cioè
nei porti di Genova, Taranto, Venezia, Livorno, Napoli e Ravenna; che,
pertanto, sarebbe da escludere che i principi affermati nella sentenza
cennata dovessero essere applicati "senz'altro ed automaticamente, per
cos dire, nel porto della Spezia"; che, consequenzialmente, andrebbe
affermata
l'attitudine ad operare in tale porto della contestata normativa
nazionale.
La corte anzidetta ha fatto discendere dalle così riassunte
affermazioni il corollario che l'azione dichiarativa in argomento
sarebbe
risultata infondata anche in origine, ed a tale declaratoria ha
ancorato,
per quanto di ragione, la sanzionata condanna dell'odierna ricorrente
nelle
spese.
La "Tarros Terminal" s.p.a. critica la pronuncia in tal guisa resa
dalla corte ligure sulla fondatezza originaria della sua considerata
domanda
e, derivatamente, sul regolamento delle spese processuali con censure
articolate
nei primi cinque mezzi di ricorso, intesi nel loro insieme, a
denunciare
la ravvisabilità nella sentenza revocata in discussione di
"violazione
dell'art. 360 n. 3 e 5 in relazione all'art. 163 e 113 del c.p.c.,
nonché
agli artt. 1 L. 287/90, 59 e 30 del Trattato C.E.", di "violazione
dell'art.
360 n. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 5 e 177 del Trattato Ce", e
di "violazione dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.": in estrema sintesi,
deduce
che, in contrasto con quanto infondatamente ritenuto dalla corte
anzidetta,
la citata sentenza della Corte di giustizia delle Comunità
europee
in data 10 dicembre 1991, come più sopra evidenziato recante
declaratoria
dell'imcompatibilità con le prescrizioni degli artt. 90, n.
1, 30,
48 e 86 del Trattato Cee degli artt. 110, 111 cod. nav. e 203 del
regolamento
di esecuzione di tale codice (navigazione marittima), avrebbe
comportato
una generale inapplicabilità della normativa di cui alle
contestate
disposizioni dell'ordinamento statuale e l'immediata insorgenza in capo
ad essa ricorrente dell'accampato diritto subiettivo perfetto ad
eseguire
qualsiasi operazione portuale.
Le doglianze, da esaminarsi congiuntamente perché, nella
realtà,
afferenti tutte alla medesima questione, sono fondate.
In proposito, ai limitati fini che ancora interessano dell'accertamento
della soccombenza virtuale e della, conseguenziale, pronuncia sulle
spese,
è sufficiente rilevare che, giusta quanto subito
espressamente riconosciuto
dalle autorità governative italiane con l'emanazione della
circolare
del Ministero della marina mercantile n. 21 del 9 luglio 1992 - basata
sul conforme parere n. 598 del 13 maggio 1992 del Consiglio di Stato,
Sez.
II -, nonché in conformità di quanto ritenuto
dall'Autorità
garante della concorrenza e del mercato con provvedimento n. 2879 del 9
marzo 1995, e secondo l'avviso quali unanima della dottrina, dal
"dictum"
e dalla "ratio" della ripetuta sentenza della Corte di giustizia delle
Comunità europee si ricava una inequivocabile dichiarazione
della
radicale incompatibilità con l'ordinamento comunitario di
tutta
la normativa statuale nella presente sede contestata dall'attuale
ricorrente:
ciò posto, in virtù del saldo principio per il
quale le sentenze
interpretative della Corte predetta, ai sensi dell'art. 177 del
Trattato
Cee, sono immediatamente operative nel nostro ordinamento e determinano
l'immediata disapplicazione della normazione nazionale ravvisata
incompatibile
con l'ordinamento comunitario, è senz'altro da ritenere che
dalla
dichiarazione cennata sia conseguita una automatica e generalizzata
caducazione
dell'efficacia delle discusse disposizioni statuali e la diretta
attribuzione
ai singoli dei diritti ad essi riconosciuti dalla sovraordinata
normativa
comunitaria, nonché, corrispettivamente, l'insorgenza del
dovere
dei giudici e di ogni altra autorità nazionale di tutelare,
in ogni
sede, tali diritti (cfr., "in terminis", al riguardo, oltre che la
Corte
di giustizia Cee, sent. 10.XII.1991, prec., cit., il già
ricordato
Cons. Stato, Sez. II, parere n. 598 del 13.V.1992, per il quale, in
particolare
ogni autorità amministrativa dotata "di specifica competenza
'in
subiecta materia'... ha l'onere di procedere all'attuazione della
sentenza
in oggetto provvedendo alla non applicazione delle norme (statuali)
'contra
ius'").
Sul tema, vale la pena di puntualizzare che questa Corte, con una
pronuncia
resa sulla problematica considerata dalla propria prima sezione civile,
sulla base di una motivazione totalmente condivisibile, ha statuito che
la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee
in data
10 dicembre 1991 sulla riserva, a favore delle compagnie e gruppi
portuali,
dell'esecuzione delle operazioni portuali ha avuto efficacia diretta ed
immediata nel nostro ordinamento, ed ha comportato la subitanea e
generalizzata
disapplicazione degli artt. 110, ultimo comma, 111, ultimo comma, cod.
nav. e di ogni normativa secondaria da tali disposizioni derivata
(Cass.
Sez. I civ., sent. n. 2787 del 28.III. 1997).
Nel contesto illustrato, ed alla stregua dei dati fin qui posti in
risalto dalla declaratoria, risultante dalla impugnata sentenza della
Corte
d'appello di Genova, secondo la quale alla data dell'istituzione del
presente
giudizio, se non, addirittura, fino alla data di entrata in vigore
della
l. 28.1.1994 n. 84, sarebbe da escludere l'esistenza di un diritto
subiettivo
dell'attuale ricorrente a svolgere direttamente nell'ambito dello scalo
marittimo de La Spezia qualsiasi operazione portuale si appalesa del
tutto
inaccettabile, dovendo, al contrario, opinarsi che siffatto diritto
alla
medesima senz'altro competesse in virtù del combinato
dettato degli
artt. 30, 48, 86 e 90 del Trattato Cee, da avere per immediatamente
operanti
nell'ordinamento nazionale a seguito della ridetta sentenza della Corte
di giustizia delle Comunità europee del 10 dicembre 19991.
La declaratoria cennata, quindi, va cassata.
3) La "Tarros" s.p.a., con una domanda complementare rispetto a quella
di cui al paragrafo precedente, ha chiesto accertarsi illegittimi e
disapplicarsi,
a mente degli artt. 4 e 5 l. 20.III.1865 n. 2248 all. E, i
provvedimenti,
risultanti dalle note in data 14 maggio 1992, di cui in narrativa, con
i quali la Capitaneria di porto de La Spezia, in applicazione della
normativa
statuale come sopra ravvisata caducata, ha adottato misure comportanti
restrizione dell'esercizio, e sostanziale negazione, del diritto da
essa
deducente accampato di svolgere incondizionatamente nell'ambito del
suindicato
scalo marittimo qualsiasi operazione portuale.
La Corte d'appello di Genova, con la decisione qui impugnata, ha
dichiarato
il difetto di giurisdizione del giudizio ordinario in ordine alla
cognizione
della domanda di cui trattasi, osservando, a supporto della
così
resa pronuncia, che, nella ritenuta persistente vigenza al momento
dell'azione
dei provvedimenti contestati, almeno con riguardo a porto de La Spezia,
delle norme statuali investite dalla declaratoria di
incompatibilità
con l'ordinamento comunitario di cui alla sentenza della Corte di
giustizia
delle Comunità europee del 10 dicembre 1991, prec. cit., i
provvedimenti
medesimi dovrebbero essere ritenuti espressione di un potere in
virtù
del quale la p.a. competente ad emetterli aveva la potestà
di incidere
sulle posizioni soggettive dei (relativi) destinatari", e che da
ciò
dovrebbe farsi conseguire "il difetto di giurisdizione dell'Ago a
conoscere
delle doglianze relative alle due note della capitaneria, eventuali
doglianze
al riguardo dovendo proporsi davanti agli organi di giustizia
amministrativa".
La "tarros Terminal" s.p.a., con censure queste pure enucleabili dal
complesso dei surricordati primi cinque mezzi di ricorso, prospetta
che,
nella da lei accampata, e come sub 2) acclarata, caducazione della
normativa
statuale in base alla quale i discussi provvedimenti amministrativi
risultano
essere stati adottati, tali provvedimenti avrebbero dovuto, e
dovrebbero
essere ritenuti emanati in una situazione di totale carenza di potere
e,
perciò, lesivi di un suo diritto subiettivo perfetto,
tutelabile
dinanzi al giudice, non già amministrativo, ma, ordinario.
Anche le censure in discorso sono fondate.
Nella (come nel paragrafo precedente) accertata caducazione delle norme
statuali in base alle quali i provvedimenti della Capitaneria di porto
da La Spezia in argomento sono stati emanati, e, quindi, nella
riscontrata
inesistenza del potere della p.a. anzidetta di adottare i provvedimenti
medesimi, nonché nella rilevata concreta attitudine di
questi ad
incidere, pregiudicandole, su posizione soggettiva dell'odierna
ricorrente,
per quanto detto sub 2), configurantisi come diritto soggettivo, deve
ritenersi
la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda in
discorso
in base al principio, pacifico, per cui devono, di massima,
considerarsi
esperibili davanti al tale giudice tutte quelle azioni proposte nei
confronti
della p.a. che si ricolleghino ad atti e provvedimenti dalla stessa
emessi
nella carenza di un potere discrezionale, e che, perciò,
finiscono
per risolversi in pregiudizio per posizioni subiettive integranti
diritti,
e non interessi solo indirettamente protetti.
In accoglimento delle qui esaminate censure, pertanto, la sentenza
impugnata va sassata anche nella statuizione recante la considerata
declinatoria
di giurisdizione.
4) La cassazione delle statuizioni della sentenza della corte
distrettuale
di cui sub 2) e sub 3), a mente dell'art. 336 cod. proc. civ., comporta
la cassazione anche del capo della sentenza medesima, da esse
manifestamente
dipendente, recante il regolamento delle spese processuali, e, quindi,
l'assorbimento dell'esame del sesto mezzo di ricorso, con il quale la
"Tarros
Terminal" s.p.a. denuncia essere inficiato tale capo di pronuncia da
"violazione
dell'art. 360 con 3 in relazione all'art. 91 c.p.c.", per aver posto a
suo totale carico l'onere delle spese predette.
5) Conclusivamente, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve
essere correlativamente cassata, e, previa dichiarazione della
giurisdizione
del giudice ordinario a conoscere della domanda di cui al paragrafo 3),
la causa, per un rinnovato esame, va rinviata dinanzi ad una sezione
della
Corte d'appello di Genova diversa da quella che ha reso la decisione
annullata,
demandando al così designato giudice di rinvio la pronuncia
sulle
spese della presente fase di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese della presente fase di legittimità, dinanzi ad una sezione della Corte d'appello di Genova diversa da quella che ha reso la pronuncia cassata.
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