SENT. N. 0071 DEL 14/03/2003
PRES. CHIEPPA ; REL. VACCARELLA
INFONDATEZZA
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Riccardo CHIEPPA; Giudici: Gustavo
ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Piero Alberto CAPOTOSTI,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 423 del
codice della navigazione promosso con ordinanza del 6 febbraio 2002 dal
Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Nuvoletta
Giovanni e la Tourship Italia s.p.a. ed altro, iscritta al n. 274 del
registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Visto l'atto di costituzione della Tourship Italia s.p.a.
nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 29 gennaio 2003 il Giudice relatore
Romano Vaccarella.
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso di un giudizio civile, promosso, davanti al Tribunale di
Genova, da Giovanni Nuvoletta nei confronti della società
Tourship Italia s.p.a. e di Giuseppe Pacilio, per ottenere la condanna
dei convenuti al risarcimento dei danni cagionati alla sua autovettura
durante l'imbarco sul traghetto “Sardinia Nova”
della predetta società, il giudice dell'adito tribunale, con
ordinanza del 6 febbraio 2002, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale, in riferimento all'articolo 3
della Costituzione, dell'art. 423 del codice della navigazione, nella
parte in cui “disciplina la limitazione di
responsabilità del vettore nell'ipotesi di trasporto
nazionale in modo meno favorevole all'utente privato occasionale
rispetto alla disciplina prevista, in materia di colpa grave e in
materia di misura per sola unità di carico, per le ipotesi
di trasporto internazionale”, nonché
“per la parte che la misura del risarcimento fissato per
legge non è più stata aggiornata da oltre 50
anni”.
Riferisce il giudice rimettente che l'attore, quale “utente
privato occasionale”, aveva stipulato con la convenuta
società un contratto di trasporto marittimo, per recarsi in
Sardegna per le proprie vacanze; che dalle prove raccolte appare
emergere una colpa grave della società convenuta; che tale
società ha, tuttavia, eccepito la limitazione del debito del
vettore marittimo prevista dall'art. 423 cod. nav., il quale, al primo
comma, stabilisce che «il risarcimento dovuto dal vettore non
può, per ciascuna unità di carico, essere
superiore a lire duecentomila (limite così elevato dalla
legge 16 aprile 1954, n. 202) o alla maggior cifra corrispondente al
valore dichiarato dal caricatore anteriormente all'imbarco».
1.1.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale, il giudice rimettente rileva che
il cittadino italiano, che stipuli un contratto di trasporto,
è soggetto ad una disciplina diversa, quanto alla
responsabilità del vettore per la perdita o le avarie delle
cose trasportate, a seconda che si tratti di un trasporto nazionale o
internazionale, in quanto il viaggio tocchi porti compresi solo nello
Stato italiano ovvero in Stati diversi.
Il regime del trasporto marittimo nazionale, stabilito dall'art. 423
cod. nav., infatti, differirebbe da quello del trasporto marittimo
internazionale, risultante dalla Convenzione di Bruxelles, come
modificata dai Protocolli di Visby e di Bruxelles, per i seguenti
aspetti: a) il limite del risarcimento dovuto dal vettore, a norma
dell'art. 423 cod. nav., è - secondo la giurisprudenza della
Cassazione - operativo anche in caso di colpa grave del vettore
medesimo o dei suoi ausiliari, mentre per il trasporto internazionale
la normativa convenzionale uniforme prevede che il vettore non
può beneficiare della limitazione di
responsabilità, da essa stabilita, «se viene
fornita la prova che il danno è risultato da un atto o da
una omissione del vettore che ha avuto luogo sia con l'intenzione di
provocare un danno sia temerariamente e con la consapevolezza che un
danno probabilmente ne sarebbe risultato»; b) il limite
dell'art. 423 cod. nav. è rapportato soltanto alla
«unità di carico», mentre la disciplina
convenzionale uniforme adotta un doppio parametro, stabilendo un limite
di somma «per collo o unità» in concorso
con un limite di somma «per chilogrammo di peso lordo delle
merci perdute o danneggiate» e prevedendo l'applicazione del
limite, in concreto, più elevato.
Ad avviso del giudice rimettente, la differenziazione di regime tra i
due tipi di trasporto, porta, quanto ai trasporti nazionali, a
risarcimenti palesemente irrisori e sperequati rispetto a quelli
ottenibili nei trasporti internazionali, ed è del tutto
irragionevole, poiché, se è vero che vi
è la possibilità di derogare al limite legale,
mediante la dichiarazione del valore delle cose trasportate, tale
possibilità “realizza un equilibrio accettabile
per parti sufficientemente edotte sui meccanismi giuridici
vigenti”, ma non è soddisfacente per
l'«utente privato occasionale», il quale,
“per carenza di informazioni e conoscenze può
trovarsi esposto ad un regime di debito iniquo (in quanto non
sufficientemente valutato ed accettato), con importi di poche centinaia
di migliaia di lire a fronte di carichi valutabili in decine di
milioni”.
Inoltre, l'art. 423 cod. nav. “viola l'art. 3 della
Costituzione sotto il profilo della irragionevolezza del limite del
risarcimento in relazione al mai avvenuto adeguamento di tale limite da
oltre 50 anni”.
1.2.- Quanto alla rilevanza della questione, il giudice rimettente
osserva che: a) nella specie è incontestato che il
caricatore danneggiato abbia la qualifica di «utente privato
occasionale»; b) è evidente la palese
difficoltà per l'utente privato occasionale di dichiarare il
valore della merce, “per le tipiche modalità di
carico dei traghetti, per la mancanza di modulistica all'uopo
predisposta, per la mancanza di informativa e addirittura per una
confusione in materia in base alle caratteristiche dei biglietti, per
il tipo di utente estraneo a normative particolarmente specialistiche,
considerato che il principio della conoscenza delle leggi si deve
applicare nel campo penale, ma non è principio assoluto in
campo civilistico, per la tutela accordata in ogni caso al consumatore
non professionale che deve essere messo a conoscenza dei propri diritti
e dei modi per farli valere ed attuare”; c) l'applicazione
della disciplina convenzionale uniforme, sussistendo la colpa grave del
vettore, comporterebbe per il danneggiato la possibilità di
ottenere l'integrale risarcimento o, comunque, in base ai parametri da
essa stabiliti, un “serio ristoro” dei danni subiti.
2.- Costituitosi in giudizio a mezzo dell'Avvocatura generale dello
Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che: a) non si
può dare apoditticamente per acquisita la particolare
difficoltà di dichiarare il valore della merce solo per il
carattere “non professionale” del contraente e per
le particolari modalità di carico dei traghetti; b) la
differenziazione di regime fra trasporti nazionali e internazionali
è irrilevante, non essendo preclusa al contraente la
possibilità di ottenere un risarcimento proporzionato al
valore del bene trasportato; c) il mancato aggiornamento della misura
del risarcimento non implica di per sé violazione dell'art.
3 della Costituzione.
Il Presidente del Consiglio dei ministri conclude per la dichiarazione
di infondatezza della questione di legittimità
costituzionale.
3.- La società Tourship Italia s.p.a., costituitasi fuori
termine, ha depositato memoria sostenendo l'infondatezza della
questione.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale di Genova dubita, in riferimento all'art. 3, primo e
secondo comma, Cost., della legittimità costituzionale
dell'art. 423 cod. nav. per la limitazione che esso pone - in punto sia
di entità del risarcimento, sia di rilevanza della colpa
grave, sia ancora di riferimento alla sola unità di carico -
alla responsabilità del vettore marittimo nel trasporto
nazionale rispetto a quello internazionale, nonché per
essere il limite del risarcimento fissato in un ammontare non
più aggiornato da circa cinquanta anni.
2.- La questione non è fondata sotto alcuno dei profili
prospettati.
2.1.- La questione, sotto il
profilo della comparazione con il trasporto internazionale, appare
manifestamente infondata per l'evidente diversità - anche
quanto alla fonte della disciplina - delle due situazioni e, in
particolare, per non avere il rimettente considerato che anche nel
trasporto internazionale - come in quello interno - il limite di
responsabilità non è eliso dalla colpa grave,
bensì soltanto «da un atto o da una omissione del
vettore che ha avuto luogo sia con l'intenzione di provocare un danno
sia temerariamente e con la consapevolezza che un danno probabilmente
ne sarebbe risultato» (art. 4, comma 5, lett. e), Convenzione
di Bruxelles del 1924, come modificato dai Protocolli di Visby del 1968
e di Bruxelles del 1979).
2.2.- Venendo, ora, alla questione
della legittimità in sé del limite di
responsabilità del vettore marittimo, questa Corte lo ha
ritenuto non contrastante con la Costituzione (sentenza n. 401 del
1987; analogamente sentenza n. 64 del 1993 a proposito del trasporto
terrestre), in quanto, prevedendo la legge la facoltà
dell'utente di dichiarare il valore della merce trasportata,
l'operatività del limite è rimessa ad una scelta
unilaterale dell'utente stesso alla quale il vettore deve conformarsi.
La circostanza che il caricatore sia un utente occasionale
è, sotto il profilo qui considerato, irrilevante, dal
momento che l'equilibrio costruito dalla norma tra esigenze del vettore
(con la fissazione del limite di responsabilità) ed esigenze
dell'utente, occasionale o non che questi sia, non viola l'indicato
precetto costituzionale in quanto al caricatore è data la
possibilità di non sottostare al limite, usufruendo del
diritto potestativo di rendere la dichiarazione del valore della merce
affidata al vettore, senza che quest'ultimo - se il titolo in base al
quale esercita la sua attività lo obbliga a contrarre -
possa rifiutare di prendere atto della dichiarazione stessa.
Conclusivamente, deve ribadirsi che, poiché
«l'entità del risarcimento è in
funzione del costo dell'operazione di trasporto (in quanto) il vettore,
conoscendo, attraverso la dichiarazione del caricatore, l'effettivo
valore della merce, è posto al corrente
dell'entità della sua eventuale obbligazione risarcitoria e
può perciò adeguare ad essa il nolo»
(sentenza n. 401 del 1987) e poiché, come si è
detto, la determinazione dell'ammontare dei danni risarcibili, in
sostituzione del limite legale, dipende esclusivamente dalla
dichiarazione (di volontà) del caricatore produttiva ex se
del sopra descritto effetto (quale che sia il comportamento del
vettore), la norma censurata non contrasta con l'invocato precetto
costituzionale.
3.- Quanto alla censura che investe il mancato aggiornamento
dell'entità del limite di responsabilità, questa
Corte non può che ribadire la sua incensurabilità
per essere «l'entità del risarcimento in funzione
del costo dell'operazione di trasporto», auspicando ancora
una volta che il legislatore provveda analogamente a quanto da tempo ha
fatto per il trasporto aereo (sent. n. 401 del 1987).
4.- La circostanza che l'equilibrio realizzato dalla norma contestata
tra i contrapposti interessi non violi il richiamato precetto
costituzionale non esclude che - pur non essendo per definizione
«vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di
legge» (art. 1469-ter, comma terzo, del codice civile) -
sussiste anche per tali clausole l'esigenza che «nel caso di
contratti di cui tutte le clausole siano proposte al consumatore per
iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e
comprensibile» (art. 1469-quater cod. civ.), e pertanto deve
risultare chiaramente anche il maggior costo dell'operazione di
trasporto in relazione alla eventuale dichiarazione di valore resa dal
consumatore.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 423 del codice della navigazione sollevata, in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Genova con
l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2003.
F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Romano VACCARELLA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 marzo 2003.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
Gazzetta Ufficiale n. 11 del 19/03/2003
prima serie speciale, Corte Costituzionale.