CONSIGLIO DELL?ORDINE DEGLI
Dipartimento Centro Studi - Formazione e Crediti
formativi
Progetto sul Diritto della Navigazione e dei Trasporti
Numero 5 - ottobre 2012
newsletter
del Progetto sul Diritto della Navigazione e dei Trasporti
Sono
lieto di presentare il quinto numero della newsletter, frutto dello studio dei
componenti del Progetto sul Diritto della Navigazione e dei Trasporti e del
coordinamento scientifico del titolare della cattedra di Diritto della Navigazione
dell?Universit? La Sapienza, Prof. Leopoldo Tullio, coordinatore del Progetto e
responsabile della I Sezione della newsletter, dedicata al Diritto della
Navigazione.
Vengono
di seguito riportati i principali argomenti trattati ed il link per una lettura
completa della newsletter.
Il Consigliere delegato al Progetto sul Diritto della
Navigazione e dei Trasporti
Avv.
PROGETTO SUL DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE E DEI TRASPORTI
CONSIGLIERE DELEGATO: Avv. Fabrizio Bruni
Sezione I: DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE
COORDINATORE: Prof. Leopoldo Tullio
Collaboratori per la redazione di questa
newsletter:
Enzo
Fogliani;
Indice degli argomenti trattati
Inquinamento del mare - Navi
petroliere - Necessit? del doppio scafo.
Trasporto marittimo di
cose - Compenso di controstallia - Natura giuridica Clausola penale.
*****************************
Armatore - Crediti marittimi - Assicurazione obbligatoria
- Limitazione del debito - Convenzione LLMC sui crediti marittimi.
Assicurazione obbligatoria della
responsabilit? dell?armatore e nuova disciplina per la limitazione del debito.
Il d.lg. 111/2012 ha disposto in Italia l?attuazione
della dir. 2009/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009
sull?assicurazione degli armatori per i crediti marittimi.
Tale direttiva stabilisce, fra le altre cose, che gli
Stati comunitari rendano obbligatoria per i propri armatori un?assicurazione di
responsabilit?, con massimale armonizzato alle disposizioni della Convenzione
IMO sui crediti marittimi del 1976, come modificata dal protocollo del 1996
(Convenzione LLMC).
La direttiva presuppone che gli stati comunitari
abbiano aderito alla Convenzione LLMC, come l?Unione europea raccomanda da
tempo agli Stati membri. L?Italia ne ha autorizzato la ratifica fin dal 2009,
con legge 23 dicembre 2009 n. 201, nella quale il governo era altres? delegato
ad emanare decreti legislativi di attuazione della Convenzione LLMC entro 6
mesi.
Tuttavia, lo strumento di ratifica della convenzione
ad oggi non ? stato ancora depositato, n? tantomeno sono stati emanati i
decreti attuativi, sicch?, per l?Italia,
La soluzione adottata dal d.lg. 111/2012 ? stata
quella di riprodurre (e quindi introdurre nel nostro ordinamento) quel minimo
di norme della Convenzione LLMC relative ai limiti di responsabilit?
armatoriale senza le quali non ? possibile definire n? le responsabilit?
armatoriali soggette a limitazione, n? i relativi massimali (cfr. art. 7 e 8 del d.lg. 111/2012, sostanzialmente
identici agli art. 6 e 7 Convenzione LLMC).
Cos? facendo, per?, si ? creata una pericolosa
situazione di incertezza e di vuoto normativo. Anche se la riproduzione del
contenuto degli art. 6 e 7 della Convenzione LLMC era necessaria per fissare i
massimali assicurativi in relazione alle tipologie di crediti marittimi, di
fatto ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo regime di responsabilit? e
di limitazione del debito dell?armatore, che se da un lato non ? quello della
Convenzione LLMC (della quale il d.lg. 111/2012 non recepisce altre norme pure
essenziali per delineare il regime di responsabilit? limitata dell?armatore e
la sua attuazione), dall?altro va a scardinare quello previsto dal codice della
navigazione, che rimane applicabile alle sole navi di stazza lorda inferiore
alle 300 tonnellate (art. 275 c. nav.).
Tuttavia, dato che il resto del d.lg. 111/2012
riguarda solo l?assicurazione obbligatoria e non le responsabilit? armatoriali
che essa dovrebbe coprire, ne risulta un attuale quadro normativo estremamente
incerto e lacunoso, soprattutto se comparato con quello della Convenzione LLMC.
In tale quadro non ? pi? precisato, fra le altre cose,
quali siano i crediti armatoriali soggetti a limitazione e quelli che ne siano
esclusi, n? sono previsti casi in cui l?armatore perda il beneficio della
limitazione; circostanza quest?ultima che potrebbe far dubitare della
costituzionalit? della norma. A ci? si aggiunga che neppure il soggetto
legittimato a fruire della limitazione di responsabilit? ? identico a quello
definito dalla Convenzione LLMC, che ? invece pi? ampio (Owners, Charterer, Manager and Operator of a seagoing ship).
Anche sotto il profilo dell?applicazione pratica il d.lg.
111/2012 si profila foriero di notevoli problemi, in quanto in esso manca del
tutto una disciplina del procedimento di limitazione, non essendo quello
previsto attualmente dal codice della navigazione adeguato alla nuova
normativa.
La ovvia e semplicissima soluzione sarebbe quella di
depositare lo strumento di ratifica della LLMC, cosa che il Governo avrebbe
dovuto fare da oltre due anni. Ogni ulteriore commento ? superfluo.
Enzo Fogliani
Lavoro nautico - Sicurezza
sociale dei lavoratori migranti - Lavoratore di cittadinanza olandese che
lavora a bordo di navi al di fuori dell?Unione europea ? Affiliazione al
sistema olandese di sicurezza sociale.
CORTE
DI GIUSTIZIA DELL?UNIONE EUROPEA 7 GIUGNO 2012, CAUSA C-106/11
L'applicazione
della norma comunitaria a risoluzione della controversia.
La sentenza n. C-106/11 del 7 giugno 2012 emessa dalla
Corte di giustizia europea pone in evidenza la questione relativa alla corretta applicazione di norme
relative alla sicurezza sociale dei lavoratori migranti e residenti nel
territorio di un altro Stato membro.
Il caso di specie trae origine dal ricorso, promosso
ed incardinato in vari gradi di giudizio all'interno delle corti olandesi, di
un lavoratore di cittadinanza olandese che espleta la propria attivit? a bordo
di navi battenti bandiera olandese che navigano al di fuori del territorio dell?Unione
europea pur essendo impiegato per un datore di lavoro avente sede nei Paesi
Bassi. Il giudizio ? promosso contro lo Staatssecretaris van Financi?n
(Segretario di Stato alle finanze) in tema di affiliazione obbligatoria del
lavoratore alle assicurazioni sociali olandesi per il 2004.
La domanda di pronuncia verte sull?interpretazione del
titolo II del reg. (CEE) n. 1408/71 del Consiglio del 14 giugno 1971, relativo
all?applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai
lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all?interno della
Comunit?, come modificato e aggiornato dal reg. (CE) n. 118/97 del Consiglio
del 2 dicembre 1996, come modificato dal reg. (CE) n. 307/1999 del Consiglio
dell?8 febbraio 1999.
A tale riguardo occorre ricordare che l?art. 13, ? 2,
lett. c, del reg. (CEE) n. 1408/71
stabilisce espressamente che la persona che esercita la sua attivit?
professionale a bordo di una nave che batte bandiera di uno Stato membro ?
soggetta alla legislazione di tale Stato.
Di contro il lavoratore opponeva principalmente la
questione che la nave solcasse acque extra UE e che pertanto la legislazione
nazionale olandese tendesse ad escludere la sua affiliazione al sistema
previdenziale nazionale.
Di conseguenza, l?art. 13, ? 2, lett. c, del reg. (CEE) n. 1408/71 ha
l?effetto di rendere inopponibile, ai soggetti riguardati da tale disposizione,
una clausola della legislazione nazionale applicabile che subordini
l?ammissione al regime previdenziale istituito da questa legislazione alla
residenza nello Stato membro interessato (v., in tal senso, sentenza Kits van Heijningen, punto 22).
L?articolo 13, ? 2, lett. c, del reg. (CEE) n. 1408/71 del
Consiglio del 14 giugno 1971, relativo all?applicazione dei regimi di sicurezza
sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari
che si spostano all?interno della Comunit?, come modificato e aggiornato,
dev?essere interpretato nel senso che osta a che una misura legislativa di uno
Stato membro escluda dall?affiliazione al sistema di sicurezza sociale di tale
Stato membro una persona che si trovi nella situazione del ricorrente di cui
trattasi nel procedimento principale, che ha la cittadinanza di tale Stato
membro, ma non risiede nel medesimo, ? occupato su una nave di dragaggio
battente bandiera di tale Stato membro e svolge le sue attivit? al di fuori del
territorio dell?Unione europea.
Alessandro Ghiani
Lavoro aereo - Contratto collettivo -
Disciplina della progressione in carriera - Divieto di discriminazione fondato
sull?et?.
CORTE
DI GIUSTIZIA UE, SEZ. II, 7 GIUGNO 2012, CAUSA C-132/11
Contratto collettivo e divieto di discriminazione
fondato sull?et?.
La questione all?esame
della Corte di giustizia dell?Unione europea, adita in via pregiudiziale dal
giudice di appello austriaco, ha ad oggetto l?interpretazione di una clausola
di un contratto collettivo di una compagnia aerea, sospettata di essere in contrasto
con il diritto comunitario ed in particolare con la dir. 2000/78/CE, che reca
disposizioni concernenti ?la parit? di trattamento in materia di occupazione e
di condizioni di lavoro? e, in particolare, vieta nel mondo del lavoro
qualsivoglia disparit? di trattamento fondata sull?et? che non sia debitamente
giustificata.
I giudici comunitari sono stati chiamati a valutare
una disposizione contrattuale che, nel regolare la progressione in carriera
degli assistenti di volo e quindi nel determinare l?importo della loro
retribuzione, tiene conto soltanto dell?esperienza lavorativa maturata presso
una determinata compagnia aerea, con esclusione di quella sostanzialmente
identica maturata presso altra compagnia, peraltro dello stesso gruppo.
Secondo il ragionamento
del giudice del rinvio una clausola siffatta realizzerebbe una discriminazione,
sia pure indiretta, in danno dei lavoratori pi? anziani, in violazione della
dir. 2000/78/CE e segnatamente dell?art. 2, ? 2, lett. b, a mente del quale si configura una discriminazione indiretta,
tra l?altro, quando una disposizione, apparentemente neutra, possa mettere in
posizione di svantaggio le persone di una particolare et?.
Con questa sentenza la
Corte di giustizia esclude che la disposizione del contratto collettivo in
esame, anche se in grado di determinare, in taluni casi, una differenza di
trattamento in funzione della data di assunzione da parte del datore di lavoro,
possa integrare una discriminazione basata sull?et? ai sensi della dir.
2000/78/CE.
Ci? in quanto
l?eventuale differenza di trattamento non ? direttamente n? indirettamente
fondata sull?et? o su un evento legato all?et? ma ? soltanto l?effetto della
(mancata) valutazione dell?esperienza maturata dal lavoratore presso un?altra
compagnia dello stesso gruppo di imprese, del tutto scevra dalla considerazione
dell?et? dello stesso lavoratore al momento dell?assunzione.
Strutture destinate alla nautica da diporto ? Proroga
della concessione ex art. 1, comma 18, d.l. 194/2009 ? Applicabilit? ai soli punti
di ormeggio.
CORTE
DI CASSAZIONE, SEZ. III PEN., 3 MAGGIO-11 GIUGNO 2012 N. 22624.
Sulla qualificazione giuridica delle
strutture dedicate alla nautica da diporto.
Nella sentenza in epigrafe la Corte di cassazione ha
affrontato la questione della qualificazione giuridica delle strutture
destinate alla nautica da diporto.
In passato la definizione delle principali strutture
da diporto (porti turistici, approdi turistici e punti di ormeggio), peraltro
non sempre uniforme, ha assunto una mera finalit? descrittiva. D'altra parte,
la distinzione di tali strutture in quanto priva di rilievo giuridico non era
stata ritenuta idonea a influire sull'unitariet? della categoria alla quale
esse appartengono (L. Tullio, Aspetti giuridici della realizzazione degli
approdi turistici, in Dir. trasp.
1/1989, 111, 112). Il d.P.R. 509/1997 ha poi definito e classificato le
principali strutture destinate alla nautica da diporto, determinando
l'applicazione di regimi concessori diversificati, benefici o effetti giuridici
particolari per ciascun tipo di struttura. Pertanto, al fine di stabilire il
regime normativo ad esse applicabile si ? resa necessaria una loro preventiva
qualificazione giuridica. Nel citato d.P.R. 509/1997, il porto turistico,
l'approdo turistico e il punto di ormeggio sono definiti secondo tre criteri
distintivi: funzione della struttura posta al servizio della nautica da diporto
e del diportista, localizzazione in una preesistente infrastruttura destinata
alla nautica da diporto e caratteristica tecnica delle opere. In proposito, il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in considerazione della
specifica incidenza che la distinzione tra approdo turistico e punto di
ormeggio ha sul riparto delle competenze nonch? sui rispettivi regimi
normativi, ? intervenuto per chiarire che i criteri della localizzazione e
della caratteristica tecnica delle opere sono complementari e sussidiari
rispetto al ?vero criterio differenziale? e cio? il criterio funzionale. Sulla
base di tale criterio i porti e approdi turistici si distinguono dai punti di
ormeggio per la fornitura di servizi complementari rispetto al mero ormeggio e
ricovero (circ. 27 settembre 2000 n. 17). In tale senso si sono espresse la
giurisprudenza e
La necessit? di qualificare l?approdo turistico e il
punto di ormeggio ? emersa anche a seguito dell?emanazione della norma che ha
prorogato fino al 2015 il termine di durata delle concessioni di beni demaniali
marittimi con finalit? turistico ricreativa
(art. 1, comma 18, del d.l. 194/2009, convertito dalla legge n. 25/2010).
Al riguardo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha chiarito che
il citato articolo ?si applica anche alle concessioni demaniali marittime
aventi ad oggetto i punti di ormeggio [...] (pontili galleggianti e gavitelli
di ormeggio), in considerazione della prevalente valenza turistica rispetto a
quella di infrastruttura per la nautica da diporto? (circ. 6 maggio 2010 n.
prot. M_TRA/PORTI/6105; circ. 21 marzo 2012 n. 46). Tale indirizzo
ministeriale, che ha trovato riscontro anche in normative regionali, ? stato
accolto dai giudici amministrativi (TAR Puglia 24 marzo 2011 n. 546, cit.; TAR Campania 29 settembre 2011 n.
1570 e 1571) ed ? conforme alle considerazioni di chi in dottrina ha ritenuto
che la precariet? e l'essenzialit? proprie dei punti di ormeggio nonch? il loro
prevalente utilizzo da parte di natanti da diporto consentono di ritenerli pi?
aderenti a una finalit? turistico-ricreativa (R.
Tranquilli Leali, I porti
turistici, Milano 1996, 99).
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di cassazione ha
ritenuto di accogliere il ricorso del pubblico ministero avverso la decisione
del Tribunale per il riesame che, in ragione della proroga fino al 2015 del
termine di durata delle relative concessioni demaniali ex art. 1, comma 18, del
d.l. 194/2009, aveva rigettato l?appello dello stesso pubblico ministero per la
mancata emanazione di un decreto di sequestro preventivo, da parte del giudice
delle indagini preliminari, di zone strutturate portuali occupate abusivamente
ex art. 54 e 1161 c. nav. Secondo la Corte, l?omessa distinzione delle singole
strutture oggetto di concessione ha condotto il Tribunale a equiparare,
peraltro sulla base di principio giuridico non attinente alle strutture
dedicate alla nautica da diporto, le rispettive concessioni demaniali,
qualificandole come concessioni di beni demaniali marittime con finalit?
turistico-ricreativa. Tutto ci? senza considerare che solo per la concessione
di punti di ormeggio, in ragione della
loro valenza turistica, ? prevista l?applicazione del regime proprio delle
concessioni di beni demaniali marittimi con finalit? turistico-ricreativa e
perci? della norma che ne ha disposto la proroga.
La decisione della Corte di cassazione di annullare
l'ordinanza del Tribunale per il riesame, mancante di un?adeguata
qualificazione delle strutture portuali in concessione, e di rimettere al
giudice del merito la valutazione della questione, ? da condividersi. Tale
valutazione per essere esaustiva non dovrebbe tuttavia limitarsi alla
distinzione per tipologia delle strutture dedicate alla nautica da diporto, ma
includere anche l?individuazione dei regimi concessori adottati. In effetti, si
rileva che il d.P.R. 509/1997 regola la concessione per la sola realizzazione
dei porti e degli approdi turistici, essendo la concessione dei punti di
ormeggio disciplinata dalla normativa generale in materia di concessioni di
beni demaniali marittimi. Peraltro, il medesimo decreto regola la concessione
per la costruzione di tali strutture e non quella per la loro gestione, alla
quale ? applicabile la normativa sulle concessioni di occupazione e uso dei
beni del demanio marittimo (A. Lefebvre
d?Ovidio - G. Pescatore - L. Tullio, Manuale
di diritto della navigazione, XII ed., Milano, 2011, 130; A. Air?, op. cit., 265).
Giovanni Marchiafava
Inquinamento
del mare - Navi petroliere - Necessit? del doppio scafo.
Sicurezza della navigazione e prevenzione
dell?inquinamento: l?Unione europea autorizza ad operare solo le petroliere a
doppio scafo.
Come si legge nei considerando
del testo normativo, il regolamento in oggetto trae origine dalla seria
preoccupazione dell?Unione per i sinistri marittimi causati da petroliere e per
l?inquinamento ed i danni che ne conseguono: di qui il vivo interesse al
miglioramento delle norme relative alla sicurezza delle navi cisterna, cos?
come previsto dalla Convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione
dell?inquinamento causato da navi, come modificata dal Protocollo del 1978
(Convenzione MARPOL 73/78), contenente norme relative alla prevenzione
dell?inquinamento riguardanti specificamente la costruzione e l?esercizio delle
petroliere.
La materia era precedente disciplinata dal reg. (CE)
n. 417/2002, il quale nel corso degli anni aveva tuttavia subito modificazioni
tali da comprometterne una chiara ed immediata comprensione.
L?emanazione del presente testo normativo, che si
compone di 13 articoli, opera pertanto una rifusione del precedente al fine, da
un lato, di accelerare ulteriormente l?introduzione delle norme in oggetto e,
dall?altro, di rendere maggiormente chiara e
lineare la disciplina de qua.
Lo scopo del regolamento ? precisato all?art. 1, e
consiste anzitutto nel ?prevedere l?introduzione accelerata delle norme in
materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente di cui alla Convenzione
MARPOL 73/78?, e quindi nel ?vietare il trasporto verso o da porti degli Stati
membri di prodotti petroliferi pesanti in petroliere monoscafo?.
Il regolamento si applica alle petroliere di portata
lorda pari o superiore alle 5.000 tonnellate (art. 2); il limite ? ridotto a
600 tonnellate per i mezzi che trasportano prodotti petroliferi pesanti (art.
2, ? 1 e art. 4, ? 3): ? il caso di precisare che le norme in esso contenute si
applicano alle petroliere battenti la bandiera di uno Stato membro, nonch? ad
ogni petroliera ? indipendentemente dalla bandiera ? che acceda a porti,
terminali in mare aperto e zone sotto la giurisdizione di uno Stato membro
(art. 2).
Le definizioni di
?petroliera?, di ?prodotti petroliferi pesanti? e degli altri termini
utilizzati nel testo sono contenute nell?art. 3, unitamente alla distinzione
tra petroliere di categoria 1, 2 e 3, ed alla distinzione tra petroliere
monoscafo e petroliere a doppio scafo.
All?art. 4, esclusivamente le petroliere a doppio
scafo sono autorizzate ad operare battendo una bandiera di un Paese membro o,
indipendentemente dalla bandiera, ad accedere a porti, terminali o zone sotto
la giurisdizione di uno Stato membro.
Una deroga ? ammessa per le petroliere a doppio fondo
e per quelle di cui all?art. 4, ? 2, le quali potranno continuare ad operare
sino al 2015 o alla data, se precedente, del compimento del venticinquesimo
anno dalla consegna della nave stessa (art. 4, ? 2).
Eventuali esoneri, infine, possono essere previsti per
le petroliere che operano esclusivamente nei porti o nella navigazione interna
(art. 4, ? 4).
Il termine ultimo per la circolazione delle petroliere
monoscafo, pertanto, scatter? nel 2015 (art. 7).
Infine, ? attribuito alla Commissione (art. 10) il
potere di adottare atti delegati riguardo all?allineamento dei rinvii contenuti
nello regolamento alle modifiche non sostanziali della Convenzione MARPOL
73/78, alle condizioni stabilite nell?art. 11.
Il regolamento ? entrato in vigore il 20 luglio 2012,
ovvero il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale dell?Unione europea, avvenuta il 30 giugno 2012, come previsto
dall?art. 13.
All?allegato I ? riportato l?abrogato reg. (CE) n.
417/2002, con l?elenco delle successive modificazioni; all?allegato II ?
riportata la tavola di concordanza tra gli articoli dei due regolamenti (n.
530/2012 e n. 417/2002).
Daniele Ragazzoni
Contratto di
organizzazione di viaggio - Responsabilit? dell?organizzatore per il ritardo
del vettore aereo.
TRIBUNALE
DI GROSSETO, SEZ. CIV., 19 GIUGNO 2012
Sulla
responsabilit? dell?organizzatore di viaggio per mancato o inesatto adempimento
delle obbligazioni assunte con pacchetto turistico.
La fattispecie, oggetto
della sentenza in esame, rientra nel c.d. contratto di organizzazione di
viaggio disciplinato nella parte terza del d.lg. 206/2005 (codice del consumo),
dedicata ai servizi turistici, e pi? precisamente deve essere inquadrata
nell?ambito dei pacchetti turistici, che secondo la citata normativa hanno ad
oggetto i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso, risultanti dalla
prefissata combinazione di almeno due dei tre elementi costituiti dal
trasporto, dall?alloggio e dai servizi turistici non accessori, venduti od
offerti in vendita ad un prezzo forfettario, e di durata superiore alle
ventiquattro ore ovvero comprendente almeno una notte.
Nella specie il
Tribunale, chiamato a decidere su una questione concernente l?acquisto presso
un?agenzia di un viaggio di andata e ritorno con soggiorno di otto giorni ad un
prezzo forfettario, ha ritenuto sussistenti tutte le condizioni previste dalla
legge per la configurabilit? dell?acquisto di un pacchetto turistico.
In fatto, gli attori
esponevano di aver stipulato con la societ? convenuta un contratto di viaggio,
comprendente i voli di andata e ritorno con una determinata compagnia aerea ed
il soggiorno per il periodo dal 23 al 31 dicembre alle isole Mauritius.
Lamentavano che la
partenza era avvenuta con un ritardo di 5 ore e con un aereo di diversa
compagnia e che il ritorno, previsto per il 31 dicembre, era avvenuto
addirittura il 2 gennaio con un ritardo di 30 ore. Chiedevano pertanto il
risarcimento dei danni conseguenti ai ritardi aerei, sia dell?andata sia del
ritorno, e quelli conseguenti alla perdita dei festeggiamenti organizzati per
l?ultimo dell?anno.
La societ? convenuta
contestava la propria responsabilit? in ordine ai ritardi, dipesi a suo dire
dalla compagnia aerea, dalla quale riteneva dovesse essere tenuta indenne,
nonch? la genericit? ed eccessivit? delle pretese risarcitorie.
Secondo il Tribunale, accertata la
configurabilit? del pacchetto turistico, ? indubbio che la normativa di
riferimento sulla base della quale deve essere valutata l?eventuale responsabilit?
dell?organizzatore e/o venditore ? l?art. 93 del d.lg. 206/2005, il quale al
primo comma dispone che: ?fermi restando gli obblighi
previsti dall'articolo precedente, in caso di mancato o inesatto adempimento
delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico,
l'organizzatore e il venditore sono tenuti al risarcimento del danno, secondo
le rispettive responsabilit?, se non provano che il mancato o inesatto
adempimento ? stato determinato da impossibilit? della prestazione derivante da
causa a loro non imputabile?.
Il secondo comma della stessa
norma prevede che: ?l'organizzatore o il venditore che si avvale di altri
prestatori di servizi ? comunque tenuto a risarcire il danno sofferto dal
consumatore, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti?; infine, a
complemento di quanto sopra, l'art. 96 prevede al primo comma che: ?l'organizzatore
ed il venditore sono esonerati dalla responsabilit? di cui agli articoli 94 e
95, quando la mancata o inesatta esecuzione del contratto ? imputabile al
consumatore o ? dipesa dal fatto di un terzo a carattere imprevedibile o
inevitabile, ovvero da un caso fortuito o di forza maggiore?.
Pertanto non vi ? dubbio
che la normativa pone chiaramente a carico dell?organizzatore e/o venditore del
pacchetto turistico l?onere di provare l?esistenza di una causa allo stesso non
imputabile al fine di esonerarlo dalla responsabilit? per mancato o inesatto
adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del detto pacchetto.
Quanto sopra, non esclude comunque l?onere che sempre grava sull?attore di
fornire la prova dell?esistenza del danno lamentato.
Infatti nel caso de quo il Tribunale, in relazione al
lamentato ritardo del volo di andata ed alla non corrispondenza di quanto gli
attori assumevano essere stato pattuito, ha ritenuto di non poter accogliere la
richiesta di risarcimento del danno, non avendo parte attrice fornito la prova
n? del fatto lesivo n? dell?inadempimento (ritardo e non corrispondenza del
volo).
Il Tribunale ha invece
accolto la domanda attrice di risarcimento del danno per ritardo del volo di
ritorno, avendo ritenuto il detto ritardo provato e non avendo la societ?
convenuta organizzatrice del viaggio dato la prova che lo stesso era dipeso da
fatto a lei non imputabile.
Cristina Sposi
Trasporto marittimo di
cose - Compenso di controstallia - Natura giuridica - Clausola penale.
CORTE DI
CASSAZIONE, SEZ. I, 20 LUGLIO 2012 N. 12711
In
tema di natura giuridica del compenso di controstallia.
Le stallie costituiscono un periodo di tempo, determinato
normalmente nel contratto di trasporto, entro il quale si presume che vengano
portate a termine le operazioni di caricazione o scaricazione delle merci.
Spirato il termine di stallia senza che, per causa imputabile al caricatore o
al destinatario, sia stata ultimata la caricazione o la scaricazione, il
vettore ? tenuto ad un periodo di ulteriore attesa, detto tempo di
controstallia, per il quale ha diritto ad un compenso (art. 446 c. nav.).
La sentenza in epigrafe riveste particolare interesse poich?
il problema della natura giuridica del compenso controstallia ? molto discusso
(in dottrina, cfr., tra gli altri, F.
Berlingieri, Stallie e
controstallie, Milano, 1970, 69 ss.; L.
Tullio, Stallie e controstallie, in Enc. dir. XLIII/1990, 572; G. Righetti, Stallie e controstallie, in
Dig. comm. XV/1998, 176).
L?orientamento prevalente in giurisprudenza attribuisce a
detto compenso natura risarcitoria, ravvisando nel ritardo del caricatore o del
ricevitore una mora credendi: il
caricatore o il ricevitore, creditore della prestazione del trasporto,
ritardando il compimento della caricazione o della scaricazione, impedirebbe al
vettore di adempiere alla propria obbligazione di trasferimento delle merci; in
tale prospettiva, il compenso di controstallia consisterebbe in una
liquidazione preventiva e forfettaria delle spese e dei danni causati al
vettore dalla violazione del dovere di cooperazione del creditore (cfr. Cass.
30 giugno 1959 n.
Secondo un altro indirizzo, il compenso di controstallia,
prescindendo dalla mora, avrebbe natura retributiva e sarebbe configurabile
come supplemento del nolo. Esso consisterebbe pertanto in un corrispettivo
dovuto per la prestazione aggiuntiva del vettore, avente per oggetto
l?ulteriore attesa (cfr. Cass. 30 giugno 1959 n.
La sentenza in oggetto aderisce all?orientamento prevalente,
affermando che il compenso di controstallia ha natura di liquidazione
forfettaria dei danni e delle spese cagionate dalla mancata cooperazione del
caricatore o del ricevitore al compimento delle operazioni di caricazione o
scaricazione delle merci.
La pronuncia si segnala in particolare per aver qualificato
espressamente il compenso di controstallia come clausola penale, la cui
pattuizione, come ? noto, rispondendo alla finalit? di stabilire in via
preventiva la prestazione dovuta per il caso di inadempimento o ritardo, ha
l?effetto di determinare e limitare a tale prestazione il risarcimento dovuto
(salvo il caso in cui sia stata prevista la risarcibilit? del danno ulteriore),
dispensando il creditore dall?onere di provare l?esistenza e l?ammontare del
danno sofferto.
A tale qualificazione ha fatto seguito l?accoglimento della
richiesta di riduzione del compenso di controstallia, con rinvio alla corte di
merito per la determinazione del quantum,
in applicazione dell?art. 1384 c.c., che prevede la riduzione della penale
qualora l?obbligazione principale ? stata eseguita in parte ovvero l?ammontare
della penale ? eccessivo, avuto riguardo all?interesse del creditore
all?adempimento.
L?orientamento prevalente in giurisprudenza non appare
tuttavia condivisibile.
Ed infatti, il ritardo nell?effettuazione delle operazioni
di caricazione o scaricazione non ? attribuibile in via esclusiva al caricatore
o al ricevitore. Si consideri che la legge considera normale l?ipotesi che tali
operazioni siano effettuate dal vettore, atteso che il caricatore ed il
ricevitore si limitano a presentare ed a ricevere la merce sotto paranco, ossia
sotto il bordo della nave (art. 442 c. nav.). Deve, pertanto, ritenersi che non
si possa parlare di mora del caricatore o del ricevitore, poich? non sussiste
in capo ad essi l?obbligo di eseguire integralmente le operazioni di
caricazione o scaricazione delle merci.
Occorre invece considerare che
l?esecuzione della caricazione e della scaricazione, operazioni complesse cui
partecipano in diversa misura entrambe le parti, costituisce la finalit? per la
quale ? previsto che il vettore debba attendere durante il periodo di
controstallia. Si configura pertanto una prestazione del vettore, accessoria e
strumentale alla prestazione di trasferimento, che ha per oggetto l?obbligo di
tenere ferma la nave per il periodo pattuito, di eseguire le operazioni che gli
spettano e di consentire al caricatore e al ricevitore di compiere quelle che
sono loro demandate. La retribuzione di tale complessa attivit? ? costituita
dal compenso di controstallia (in argomento, cfr. L. Tullio, Contratto di
noleggio, Milano, 2006, 122 s.).