CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA
Dipartimento Centro Studi - Formazione e Crediti formativi
Progetto sul Diritto della Navigazione e dei Trasporti
Numero 6 – novembre 2012
newsletter del Progetto sul Diritto della Navigazione e dei Trasporti
Sono lieto di presentare il sesto
numero della Newsletter, frutto dello studio dei componenti del Progetto sul
Diritto della Navigazione e dei Trasporti e del coordinamento scientifico del
titolare della cattedra di Diritto della Navigazione dell’Università
Vengono di seguito riportati i principali argomenti trattati ed il link per una lettura completa della newsletter.
Il Consigliere delegato al Progetto sul Diritto della Navigazione e dei Trasporti
Avv. Fabrizio Bruni
PROGETTO SUL DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE E DEI TRASPORTI
CONSIGLIERE DELEGATO: Avv. Fabrizio Bruni
Sezione I: DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE
COORDINATORE: Prof. Leopoldo Tullio
Collaboratori per la redazione di questa newsletter:
Marco Basile; Cristina De Marzi; Enzo Fogliani; Chiara Luna; Francesco Mancini; Giovanni Marchiafava; Daniele Ragazzoni; Sara Reverso; Cristina Sposi; Andrea Tamburro.
Indice degli argomenti trattati
Aeromobili - Navigabilità - Certificazione.
Demanio marittimo - Punti d’ormeggio - Pontili galleggianti - Competenza dei Comuni.
Lavoro marittimo - Foro di competenza - Luogo di cessazione del rapporto di lavoro.
Porti - Servizi portuali - Abuso di posizione dominante.
Trasporto aereo di persone - Reg. (CE) n. 261/2004 - Nozione di «negato imbarco».
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Trasporto aereo internazionale - Trasferimento dati del codice di prenotazione - Accordo UE-Australia - Entrata in vigore.
Strategia esterna dell’UE relativa ai dati del codice di prenotazione e breve sintesi dell’accordo firmato con l’Australia.
Il 1° giugno 2012 è entrato in vigore l’accordo internazionale firmato a Bruxelles il 29 settembre 2011, fra l’Unione europea e l’Australia relativo al trasferimento, da parte dei vettori europei all’Agenzia australiana delle dogane e della protezione di frontiera, dei dati del codice di prenotazione (Passenger Name Record - PNR) (GUUE 14 luglio 2012, L186/1-L186/16, in cui sono pubblicati, oltre all’accordo: informazione relativa all’entrata in vigore, dec. 2012/380/UE del Consiglio relativa alla firma, dec. 2012/381/UE del Consiglio relativa alla conclusione dell’accordo).
L’accordo si inserisce nel quadro delle misure applicate dagli Stati per la prevenzione e la lotta dei crimini terroristici e, più in generale, dei crimini transfrontalieri.
La politica comunitaria relativa ai dati del codice di prenotazione è illustrata nella risoluzione del Parlamento europeo sulla «Strategia esterna dell’UE relativamente ai dati del codice di prenotazione» (2012/C 74 E/02 in GUUE C 74 e/8 del 13 marzo 2012), in cui sono segnalati i precedenti atti comunitari sui dati PNR, come la risoluzione del 2007 relativa all’accordo PNR con gli Stati Uniti d’America.
I dati del codice di prenotazione (PNR) sono informazioni personali fornite dai passeggeri e raccolte dai vettori aerei ai fini della prenotazione del volo e delle operazioni di check-in; essi sono conservati nei sistemi di prenotazione e controllo delle partenze dei vettori aerei e contengono tutte le informazioni relative al contratto dei trasporto ed al passeggero.
L’accordo fra UE ed Australia in esame ha lo scopo di fissare le condizioni di trasferimento, uso e modalità di protezione dei dati PNR trasferiti dai vettori europei all’Agenzia australiana delle dogane e della protezione frontaliera.
L’Australia assicura che i dati pervenuti in base all’accordo vengano trattati dalla Agenzia australiana esclusivamente per prevenire, accertare, indagare e perseguire i reati di terrorismo o i reati gravi di natura transnazionale (art. 3).
L’Allegato 1 all’accordo enumera gli elementi del PNR che i vettori sono tenuti a trasferire in base all’accordo. Oltre al codice PNR di identificazione della pratica ed ai dati desumibili direttamente dal contratto di trasporto (nome del passeggero, data e ora del volo, bagaglio), vi si trovano, fra l’altro, le informazioni sui viaggiatori abituali, tutte le informazioni relative al pagamento e fatturazione, l’agenzia di viaggio, le informazioni APIS (cioè i dati anagrafici raccolti dalla banda a lettura ottica del passaporto).
Si tratta, quindi, di un’ampia gamma di informazioni che viaggiano dal vettore all’autorità australiana almeno 72 ore prima del passeggero stesso (art. 21); essi vengono trasferiti con il metodo push, per cui è il vettore aereo che trasmette i dati al Paese terzo e non già il Paese terzo che accede alle banche dati del vettore aereo.
I dati PNR sono soggetti alla legge australiana in materia di sicurezza dei dati (Privacy Act del 1988) e l’art. 8 dell’accordo fa divieto all’Agenzia australiana di trattare dati PNR sensibili che devono essere cancellati. Sono definiti «dati sensibili» dall’art. 2 dell’accordo: «qualunque dato personale che riveli l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, o la salute o l’orientamento sessuale».
I dati raccolti e trasferiti dal vettore non riguardano soltanto il passeggero ma anche l’equipaggio incluso il comandante (art. 2, lett. g), per cui il vettore è tenuto ad inviare i dati relativi ai propri dipendenti.
L’accordo contiene una serie di articoli volti a garantire il rispetto della persona del passeggero, il quale deve essere chiaramente informato dal vettore della raccolta, del trattamento e dell’uso dei dati PNR (art. 11), può chiedere all’Agenzia australiana di accedere ai suoi dati (art. 12) e dopo cinque anni e mezzo dalla raccolta, salvo eccezioni, i suoi dati vengono cancellati (art. 16).
Dalla lettura degli articoli si evince lo sforzo di contemperare i diversi e contrapposti interessi in gioco: la salvaguardia della sicurezza, da un lato, ed il diritto alla protezione dei dati personali dall’altro.
Invero mi sembra che, nonostante gli sforzi, il primo degli interessi sia senza dubbio prevaricante. Infatti, benché sia previsto che i dati viaggino con mezzi informatici sicuri, che siano contenuti in strumenti non accessibili, che divengano anonimi dopo tre anni e così via, rimane il fatto che tutti i dati, anche quelli sensibili (benché poi cancellati) relativi a tutte le persone che si accingono a viaggiare in aereo, vengono registrati, trasmessi, esaminati, catalogati per essere quindi ritrasmessi alle autorità competenti se vi sia il sospetto che una persona possa compiere un atto di terrorismo, o finanziarlo o raccogliere fondi «direttamente o indirettamente, con l’intenzione di utilizzarli per compiere un atto di terrorismo» (art. 3).
Cristina De Marzi
Porti - Servizi portuali - Abuso di posizione dominante.
CORTE D’APPELLO DI ROMA, SEZ. I CIVILE, 2 LUGLIO 2012
Abuso di posizione dominante in ambito portuale.
La vertenza era particolarmente complessa, sia in quanto vertente su un settore di mercato in cui per forza di cose si possono facilmente verificare monopoli di fatto, sia per la circostanza che la vicenda si intrecciava con più di una pronuncia del Tribunale amministrativo regionale e del Consiglio di Stato, cui non erano estranei elementi di diritto penale.
La sentenza, ampiamente motivata, dopo aver esattamente delineato gli ambiti di competenza delle pronunce della giurisdizione amministrativa intervenuta sulla questione e quelli riservati alla cognizione della Corte d’appello, ha posto una serie di punti fermi che possono essere ritenuti fondamentali per la soluzione di controversie analoghe in ambito portuale.
Fra questi, si può citare il principio secondo il quale, affinché possa configurarsi una indebita situazione di monopolio a favore di un determinato operatore portuale su un bene portuale, non è sufficiente che questi sia titolare di concessione esclusiva del bene portuale che l’impresa che intende entrare nel mercato vuole utilizzare, ma è necessario che tale concessionario, richiestone, neghi l’uso di tale bene. Inoltre (e rileva anche sotto il profilo processuale) la deduzione di un abuso di posizione dominante a carico di un singolo operatore in zona portuale ove viceversa operino più soggetti, comporta la necessità di dimostrare l’esistenza di un accordo monopolistico fra tutti gli operatori interessati, che a tal fine dovrebbero quindi essere contraddittori necessari del giudizio.
La soluzione cui è pervenuta
Enzo Fogliani
Demanio marittimo - Punti d’ormeggio - Pontili galleggianti - Competenza dei Comuni.
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI, 4 LUGLIO 2012 N. 3908
Caratteristiche strutturali dei punti d’ormeggio e regime concessorio.
Con la sentenza del 4 luglio 2012 n. 3908, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha confermato quanto statuito in primo grado dal TAR Lazio-Latina 30 giugno 2011 n. 576, dichiarando legittimo il diniego ad una concessione demaniale marittima, segnatamente per l’installazione di un pontile galleggiante, da parte del Comune.
Il ricorrente principale ha proposto appello avverso la sentenza assumendo, da un lato, che detto diniego fosse stato adottato in violazione delle competenze regionali e delle disposizioni vigenti per l’utilizzazione del litorale, dall’altro, che detto pontile galleggiante non rientrasse nelle «strutture coperte» cui devono ricollegarsi i limiti stabiliti dal regolamento regionale n. 11/2009. Tale regolamento, emanato ai sensi degli art. 52, commi 3 e 4, e 56 della l. reg. 6 agosto 2007 n. 13, stabilisce i requisiti e le caratteristiche delle diverse tipologie di utilizzazione delle aree demaniali marittime per finalità turistiche e ricreative, tra cui i punti d’ormeggio.
Il pontile galleggiante è
un’importante struttura dedicata alla nautica da diporto che, insieme ai
gavitelli di ormeggio, funge da punto di ormeggio; in generale, per ormeggio si
intende «il luogo nel quale una nave o imbarcazione in genere può essere o è
ormeggiata»; secondo un’accezione più completa indica la «fermata stabile» di
una nave in porto (cfr. U.
Una prima definizione a livello legislativo dei punti di ormeggio è stata data con il d.P.R. 2 dicembre 1997 n. 509, il cui art. 2 li definisce come le «aree demaniali marittime e gli specchi acquei, dotati di strutture che non importino impianti di difficile rimozione, destinati all’ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di piccole imbarcazioni e natanti da diporto».
La finalità del decreto è quella di regolamentare il procedimento di concessione dei beni del demanio marittimo, finalizzato alla realizzazione delle strutture dedicate alla nautica da diporto e per consentire ai privati di costruire tali strutture, in attuazione dell’art. 20, comma 8, della legge n. 59/1997 recante la «Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa».
Quanto alle concessioni per i punti di ormeggio, il decreto stabilisce che devono essere rilasciate con procedure snelle e celeri, equiparando tali strutture a quelle di interesse turistico-ricreativo in ragione della tenuità delle installazioni.
I giudici amministrativi, nella sentenza in commento, certi che la competenza in materia di rilascio, rinnovo e revoca di concessioni del litorale marittimo per finalità turistiche e ricreative spetti ai Comuni, analizzano i requisiti e le caratteristiche che le strutture devono possedere per essere definite come aventi finalità turistiche e ricreative.
La giurisprudenza si è più volte
soffermata sulla definizione di punto di ormeggio per differenziarlo
dall’approdo turistico, facendo leva sul criterio funzionale, proprio ai fini
dell’individuazione del regime normativo applicabile in materia concessoria. Il
punto d’ormeggio, essendo destinato ai natanti ed alle imbarcazioni minori per
la fornitura di servizi minimi quali la guardiania, l’ormeggio, la fornitura
d’acqua o di luce (cfr. ex multis TAR Puglia 24 marzo 2011 n.
Secondo i giudici di palazzo Spada, la struttura de qua avrebbe dovuto possedere i requisiti strutturali richiesti dal regolamento regionale n. 11/2009 e, pertanto, del tutto priva di pregio è la circostanza che la struttura sia o meno coperta, ciò non trovando alcuna corrispondenza nel dato normativo.
Detto regolamento stabilisce che
i punti d’ormeggio, oltre al fatto che devono essere di facile rimozione,
possono misurare una superficie massima di 25 mq e sono destinati a natanti o
piccole imbarcazioni (cfr. art.
La struttura, nel caso di specie (un pontile di 140 mq, dotato di wc chimico, ancorato al fondale da 56 corpi morti e da un sistema di catenarie di non facile rimozione) sembrerebbe destinata anche ad imbarcazioni di notevoli dimensioni oltre al fatto che farebbe presumere possa fornire dei servizi ulteriori a quelli minimi prima descritti.
Il Consiglio di Stato, considerando il diniego operato dal Comune un atto dovuto, non ha potuto far altro che rigettare l’appello, anche con riferimento alla richiesta risarcitoria, confermando la statuizione di primo grado.
Sara Reverso
Lavoro marittimo - Foro di competenza - Luogo di cessazione del rapporto di lavoro.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI, 12 LUGLIO 2012 N.11910
Circa il foro di competenza nell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro nautico.
Nel caso in esame il lavoratore era stato sbarcato per malattia e successivamente, in seguito all’accertamento della sua permanente inidoneità alla navigazione, il rapporto era cessato.
Il Tribunale di Bari aveva ritenuto competente, in applicazione dell’art. 603 c. nav., il foro del luogo di cessazione del rapporto, considerato quello dello sbarco e quindi il Tribunale di Livorno. Era stata esclusa l’applicabilità al caso di specie di quel consolidato principio giurisprudenziale per cui nei rapporti di lavoro nautico, aventi un carattere di continuità, assume rilievo, nell’ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro durante il periodo di sbarco, il domicilio del lavoratore in cui lo stesso deve stare in attesa del reimbarco.
La fattispecie ha
offerto inoltre lo spunto alla Suprema Corte per sottolineare come si debba
considerare estesa ai rapporti di lavoro marittimo la disciplina generale dei
rapporti di lavoro che ha limitato i licenziamenti; pertanto, precisa
Secondo
Infatti in tal caso
viene attribuita efficacia risolutiva automatica del rapporto ad una ipotesi di
impossibilità della prestazione normalmente temporanea e ciò è in contrasto con
i criteri di cui alla legge n. 604/1966. Del resto, evidenzia
Cristina Sposi
Trasporto aereo di persone - Trasparenza delle tariffe - Assicurazione dell’annullamento viaggio - Espressa e consapevole accettazione dei costi per prestazioni non indispensabili.
CORTE DI GIUSTIZIA UE, SEZ. III, 19 LUGLIO 2012, CAUSA C-112/11
Nella prenotazione on line dei biglietti aerei l’assicurazione sull’annullamento del viaggio deve essere espressamente (e consapevolmente) accettata dal passeggero.
La sentenza in commento segna un ulteriore passo in avanti nella direzione del rafforzamento della tutela del passeggero-consumatore nei confronti di talune pratiche commerciali, che non brillano certo per trasparenza e correttezza, alquanto diffuse non solo nel settore della prenotazione e della vendita dei biglietti aerei.
Si tratta in particolare di quei sistemi di commercializzazione e di comunicazione pubblicitaria che tendono a riconoscere come richiesto dal consumatore un determinato servizio non perché da lui espressamente scelto (opt-in) ma perché dallo stesso non espressamente rifiutato (opt-out).
Nel caso di specie
Occorreva preliminarmente decidere se nella nozione di «supplementi di prezzo opzionali» di cui all’art. 23, § 1, ultima parte, del reg. (CE) n. 1008/2008 potesse rientrare anche il costo dell’assicurazione per il rischio di annullamento del viaggio.
Invero, nell’ambito del regolamento citato, gli art. 22 e 23 contengono misure finalizzate proprio a garantire una maggiore trasparenza delle tariffe dei voli ed in particolare l’art. 23, § 1, ultima parte, dispone che «i supplementi di prezzo opzionali sono comunicati in modo chiaro, trasparente e non ambiguo all’inizio di qualsiasi processo di prenotazione e la loro accettazione da parte del passeggero deve avvenire sulla base dell’esplicito consenso dell’interessato (opt-in)».
Alla
questione pregiudiziale sottoposta al suo vaglio
Nella sentenza inoltre si sottolinea che l’art. 23 del citato regolamento si prefigga in generale proprio il compito di tutelare il passeggero-consumatore, mirando ad evitare che sia indotto ad acquistare in maniera inconsapevole servizi non indispensabili ai fini del volo.
Nella sentenza peraltro non si manca di valorizzare i principi diffusi nel diritto comunitario volti ad affermare la necessità di un consenso espresso del consumatore per ogni pagamento supplementare rispetto alla remunerazione dell’obbligazione principale del professionista.
La pronuncia si rivela dunque di estremo interesse, soprattutto nella delineata prospettiva di tutela dell’utente dei sistemi di prenotazione on line, perché stabilisce chiaramente che la scelta di prestazioni non indispensabili per l’effettuazione del trasporto aereo deve passare, oltre che per una chiara e tempestiva informativa, anche e soprattutto per una espressa accettazione da parte dell’interessato del servizio in questione e non già attraverso un’operazione di rifiuto della relativa componente di costo, altrimenti automaticamente contabilizzata dal sistema (opt-out).
Secondo i giudici comunitari, peraltro, è irrilevante che la prestazione opzionale venga offerta dal vettore ovvero da un altro soggetto giuridicamente distinto, essendo per contro solamente importante che tale servizio e il suo prezzo siano in rapporto con il volo stesso e inseriti nel medesimo contesto della procedura di prenotazione; ragionando diversamente infatti i ricordati principi su cui si fonda la normativa comunitaria di riferimento sarebbero facilmente aggirati e violati.
È infine interessante segnalare che, sempre sullo stesso tema ma con riguardo all’ipotesi speculare delle componenti di costo non evitabili né separabili dal prezzo del biglietto aereo (come, ad esempio, le commissioni per l’utilizzazione della carta di credito), è di recente intervenuta l’Autorità garante della concorrenza e del mercato la quale, nel comminare sanzioni ad alcune compagnie aeree, ha chiarito che non risponde ai criteri di trasparenza e completezza informativa l’indicazione del prezzo senza le componenti che necessariamente vi entrano a far parte (due dei provvedimenti in parola, rispettivamente contro Alitalia e contro Ryanair, sono pubblicati in Dir trasp. 2011, 735 e in Dir. trasp. 2011, 1052).
Francesco Mancini
Servizi della navigazione interna - Esercizio non autorizzato del trasporto di cose per conto terzi - Natura reale dell’autorizzazione.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II, 26 LUGLIO 2012 N. 13265.
Sulla qualificazione dell'autorizzazione per il trasporto di cose per conto terzi in acque interne.
Con la sentenza in epigrafe
La mancanza di un’autorizzazione
riferita al natante utilizzato per l’esercizio del servizio di trasporto di
cose per conto di terzi, secondo i giudici di legittimità, configura una
violazione della l. reg. Veneto 30 dicembre 1993 n. 63 sull'esercizio delle
funzioni amministrative in materia di servizi di trasporto non di linea nelle
acque di navigazione interna e del regolamento attuativo del comune di Venezia.
In particolare, la sopramenzionata normativa regionale e comunale sottopone
l’esercizio del servizio di trasporto di cose per conto terzi nella laguna di
Venezia a un’apposita autorizzazione comunale riferita a un singolo natante
«specificatamente indicato nell'autorizzazione stessa». (art. 30 della l. reg.
Veneto n. 63/1993; art. 2, 18 e 19 del reg. att. comune Venezia). Pertanto,
La sentenza della Corte di cassazione è condivisibile, essendo conforme alla disciplina della regione Veneto e del comune di Venezia in materia di servizi di trasporto non di linea in acque interne, che obbliga coloro che sono stati ammessi all’esercizio del trasporto di cose per conto terzi nella laguna di Venezia a utilizzare solo quei natanti ai quali si riferiscono le rispettive autorizzazioni comunali. Tuttavia non sembra da condividere in pieno la decisione dei giudici di legittimità di qualificare l'autorizzazione per il trasporto di merci per conto di terzi come autorizzazione reale.
Nell’ambito della classificazione dei provvedimenti amministrativi autorizzatori, si distingue tra autorizzazioni personali e reali a seconda dell’oggetto dell’accertamento. L'autorizzazione assume carattere personale quando il suo rilascio presuppone da parte dell’autorità amministrativa competente un giudizio favorevole sui requisiti personali di chi esercita l'attività autorizzata (ad esempio, abilitazione alla condotta di navi). L'autorizzazione ha invece carattere reale quando è concessa «esclusivamente in considerazione della cosa in relazione alla quale l'azione autorizzata deve essere svolta» e richiede un accertamento sui requisiti della stessa res (ad esempio, certificati di sicurezza e di idoneità delle navi). L'autorizzazione reale, riferendosi alla res e non alla persona che ne dispone, è definita «ambulatoria» in quanto si trasferisce con la res senza necessità di uno specifico atto di trasferimento o di voltura. (cfr. A.M. Sandulli, Abilitazioni - Autorizzazioni - Licenze, in Rass. dir. pubb. 1958, 1, 2; Manuale di diritto amministrativo, I, XV ed., Napoli, 1989, 625; R. Garofoli - G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, V ed., Roma, 2012, 629).
Per quanto attiene all’autorizzazione comunale per lo svolgimento del servizio di trasporto di cose per conto terzi, si osserva che secondo la l. reg. Veneto n. 63/1993 e il regolamento attuativo del comune di Venezia a dovere essere munito dell’autorizzazione in parola non è il natante al quale essa si riferisce, ma colui che abbia superato una selezione per titoli mediante concorso pubblico, previo accertamento del possesso di requisiti di carattere personale (età, cittadinanza, carichi pendenti, idoneità fisica, assenza di incapacità e inabilità). L’autorizzazione in questione è inoltre riservata ai proprietari di natanti immatricolati per il trasporto di merci, ove la portata prevale sul numero delle persone trasportate (art. 18 del reg. att. com. Venezia). Pertanto, l’autorizzazione per il trasporto di cose per conto terzi, essendo condizionata non solo alla presenza di requisiti oggettivi connessi al natante alla quale essa è riferita, ma anche all’accertamento di requisiti soggettivi legati al richiedente, è rilasciata ob rem ac personam. Peraltro, la sostituzione definitiva del natante è subordinata non al rilascio di una nuova autorizzazione, ma alla comunicazione di tale sostituzione all’autorità comunale competente, che dovrà provvedere ad annotarla sull’originaria autorizzazione (art. 19 del reg. att. comune Venezia). D’altra parte, la trasferibilità dell’autorizzazione in parola non contraddice il suo carattere personale, giacché l’autorizzazione ob personam è trasmissibile per decisione del titolare, sempre che il successore designato sia in possesso dei necessari requisiti (art. 6 del reg. att. comune Venezia; cfr. A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit., 625).
Giovanni Marchiafava
Aeromobili - Navigabilità - Certificazione.
Specifiche tecniche e procedure di certificazione di aeronavigabilità e ambientale.
Il 3 agosto 2012 è stato emanato il reg. (UE) n. 748/2012, che fissa le regole di attuazione per la certificazione di aeronavigabilità di aeromobili e relativi prodotti, parti e pertinenze e per la certificazione ambientale, nonché per la certificazione di imprese di progettazione e produzione; la sua emanazione nasce dalla necessità di mantenere, nel settore dell’aviazione civile, standard elevati di sicurezza e di tutela ambientale comuni a livello europeo
La disciplina comunitaria relativa ai requisiti necessari per il rilascio della certificazione era dettata dall’Annesso al reg. (CE) n. 1702/2003 (parte 21), mentre quella inerente alle verifiche periodiche era contenuta nell’annesso I (parte M) del reg. (CE) n. 2042/2003.
Poiché però il reg. (CE) n.
1702/2003 ha subito, nel corso degli anni, reiterate modifiche, è stato
necessario procedere ad una sua rifusione, anche alla luce del reg. (CE) n. 216/2008,
che ha determinato regole e requisiti essenziali comuni per la sicurezza nel
settore dell’aviazione civile e per la protezione ambientale. Il reg. (CE) n.
216/2008, in particolare, al considerando n. 4, auspicava che
Da ciò l’emanazione del reg. (UE) n. 748/2012, che abroga il reg. (CE) n. 1702/2003 ed il cui scopo, come chiarito nell’art. 1, è quello di definire i requisiti tecnici comuni e le procedure amministrative, uniformi a livello europeo, per la certificazione di aeronavigabilità e certificazione ambientale di prodotti, parti e pertinenze, conformemente a quanto disposto dagli art. 5, § 5 (aeronavigabilità) e 6, § 3 (protezione ambientale) del reg. (CE) n. 216/2008.
Il reg. (UE) n. 748/2012 è composto da 12 articoli e da un allegato (parte 21), diviso in 2 sezioni; la sez. A («requisiti tecnici»), definisce diritti e doveri dei titolari dei certificati o dei soggetti che intendono richiedere i certificati di aeronavigabilità e di omologazioni di parti e pertinenze, mentre la sez. B («procedure per le autorità competenti») stabilisce le prassi cui le autorità competenti di ciascuno Stato devono adeguarsi per la concessione, la revoca e le modificazioni delle certificazioni. Sempre nell’ambito della sez. B, sono indicate le specifiche tecniche di certificazione che l’EASA (l’Agenzia europea per la sicurezza aerea) deve predisporre onde agevolare gli Stati membri nell’esecuzione di quanto previsto dal regolamento. Il regolamento auspica peraltro che l’EASA elabori «specifiche di certificazione» destinate ai singoli Stati, onde giungere ad una uniformità di normativa negli Stati membri.
L’art. 2 prevede il rilascio di certificati di omologazione per parti, prodotti e pertinenze dell’aeromobile, prevedendo una parziale eccezione per gli aeromobili non registrati in uno Stato membro.
Agli articoli da
Per quanto invece riguarda le imprese che effettuino progettazione o modifiche o riparazioni di prodotti, parti e pertinenze, viene stabilito, all’art. 8, che esse debbano fornire la dimostrazione della propria idoneità ad operare e che tale idoneità sia conforme a quanto stabilito dall’allegato I del regolamento stesso. Per quanto riguarda le imprese non aventi sede nell’Unione, esse saranno considerate idonee ad operare purché siano sottoposte, nello stato in cui hanno sede, a controlli di tipo e di livello analoghi a quelli posti in essere nell’Unione.
Regole analoghe valgono per le imprese di produzione di prodotti, parti e pertinenze.
Particolarmente interessante è poi l’art. 10, che prevede che l’agenzia determini alcune «modalità di rispondenza plausibili» di cui le autorità e le imprese interessate possono avvalersi onde dimostrare l’adeguamento alle disposizioni previste dall’allegato I; tali modalità di rispondenza tuttavia non possono condurre all’elaborazione di criteri diversi o meno stringenti rispetto a quelli previsti dal regolamento stesso.
Il regolamento è direttamente ed immediatamente applicabile in tutti gli Stati membri e si inserisce nel novero delle disposizioni finalizzate a rendere il settore dell’aviazione civile comunitario sempre più sicuro e sempre più attento alla tutela dell’ambiente.
Chiara Luna
Trasporto aereo di persone - Reg. (CE) n. 261/2004 - Nozione di «negato imbarco».
CORTE DI GIUSTIZIA UE, SEZ. III, 4 OTTOBRE 2012, CAUSA C-321/11
CORTE DI GIUSTIZIA UE, SEZ. III, 4 OTTOBRE 2012, CAUSA C-22/11
Le importanti sentenze in esame rappresentano l’occasione per il giudice dell’Unione di precisare – ampliandola – la nozione di «negato imbarco» di cui all’art. 2, lett. j, del reg. (CE) n. 261/2004, contribuendo ad accrescere e rafforzare la tutela dei diritti del passeggero dell’aria.
La causa C-321/11 trae origine
dalla domanda di pronuncia pregiudiziale presentata nel giudizio promosso dai
sig. Rodríguez Cachafeiro e Martínez-Reboredo Varela-Villamor, i quali avevano
acquistato un biglietto aereo da
La causa C-22/11 trae origine dalla domanda di pronuncia pregiudiziale presentata nella controversia promossa dal passeggero sig. Lassooy contro la compagnia aerea Finnair: quest’ultima, a seguito della cancellazione di un volo in conseguenza dello sciopero del personale di volo avvenuto nell’aeroporto di Barcellona il 28 luglio 2006, aveva provveduto – al fine di riproteggere i passeggeri – a riorganizzare i propri voli dei giorni successivi. In base a tale riorganizzazione, al sig. Lassooy veniva negato l’imbarco sul volo delle 11:40 del 30 luglio 2006, nonostante lo stesso avesse acquistato il biglietto e si fosse regolarmente presentato all’imbarco; il passeggero poteva raggiungere la destinazione finale solamente con il volo speciale delle 21:40 del medesimo giorno.
In entrambi i casi in esame, i
giudici del rinvio hanno adito
Seguendo un medesimo iter argomentativo,
nelle due pronunzie
Nella prima sentenza,
Secondo il giudice dell’Unione, pertanto, la nozione di «negato imbarco» include la situazione in cui, nell’ipotesi di un unico contratto di trasporto comprendente più prenotazioni su voli immediatamente successivi e registrati in concomitanza, il vettore aereo nega l’imbarco ad alcuni passeggeri per il motivo che il primo volo incluso nella prenotazione ha subito un ritardo imputabile al vettore, e che quest’ultimo ha erroneamente previsto che i passeggeri in questione non sarebbero arrivati in tempo per imbarcarsi sul secondo volo.
Nel secondo caso all’esame della Corte, i giudici europei hanno ritenuto di condividere le conclusioni dell’avvocato generale (già pubblicate e commentate nel n. 1 della presente Newsletter), precisando pertanto che rientra tra i casi di «negato imbarco» anche quello in cui ad un passeggero, presentatosi all’imbarco nelle condizioni previste all’art. 3, § 2, reg. (CE) n. 261/2004, viene negato l’imbarco in seguito alla riorganizzazione dei voli effettuati dallo stesso vettore.
Le esigenze operative che hanno
dato luogo al negato imbarco – prosegue
In conclusione, alla luce di una interpretazione, per un verso, estensiva dei diritti riconosciuti ai passeggeri e, per altro verso, restrittiva delle deroghe alle disposizioni che accordano tali diritti, in base alle pronunce in esame la nozione di «negato imbarco» contenuta nel reg. (CE) n. 261/2004 deve essere interpretata nel senso che essa comprende non soltanto il negato imbarco dovuti a situazioni di sovraprenotazione (c.d. overbooking), ma anche quello dovuto a motivi diversi, quali ad esempio ragioni operative e di riorganizzazione dei voli.
Daniele Ragazzoni
Trasporto aereo di persone - Ritardo - Reg. (CE) n. 261/2004
- Compensazione pecuniaria - Equiparazione alla cancellazione del volo -
Compatibilità con
CORTE DI GIUSTIZIA UE, GRANDE SEZ., 23 OTTOBRE 2012, CAUSE C-581/10 E C-629/10.
La compensazione pecuniaria per il ritardo nel trasporto aereo nella giurisprudenza interpretativa della Corte di giustizia.
Il reg. (CE) n. 261/2004 stabilisce che in caso di cancellazione
del volo i passeggeri hanno diritto ad una compensazione forfettaria di
importo compreso tra 250 e 600 euro in ragione della lunghezza della tratta.
Nella sentenza Sturgeon (C. giust. UE 19 novembre 2009)
Nella sentenza in oggetto
Il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte prende le mosse dal disposto dell’art. 5, § 1, lett. c, punto (iii), del reg (CE) n. 261/2004, secondo il quale hanno diritto ad una compensazione pecuniaria i passeggeri il cui volo sia stato cancellato ed ai quali il vettore non è in grado di proporre un volo alternativo che parta non più di un’ora prima dell’orario di partenza previsto e raggiunga la destinazione finale meno di due ore dopo l’orario di arrivo previsto. Ne consegue, ad avviso della Corte, che i passeggeri di voli ritardati di almeno tre ore ed i passeggeri di voli cancellati subiscono un disagio simile, ossia una perdita di tempo pari o superiore a tre ore rispetto alla programmazione originaria del loro volo, onde, in ossequio al principio della parità di trattamento, devono essere considerati in situazioni equiparabili ai fini del diritto alla compensazione pecuniaria.
Secondo
Sui problemi affrontati dalla Corte si può vedere, in dottrina: L. Tullio, Interventi interpretativi della Corte di giustizia europea sul reg. (CE) n. 261/2004, in Dir. trasp. 2009, 367; V. Corona, La compensazione pecuniaria per il ritardo aereo tra diritto positivo e giurisprudenza interpretativa della Corte di giustizia, in Dir. trasp. 2010, 123 (in nota alla sentenza Sturgeon).
Andrea Tamburro