CONSIGLIO DELL’ORDINE

DEGLI AVVOCATI DI ROMA

Dipartimento Centro studi - Formazione e Crediti formativi

Progetto sul Diritto della Navigazione e dei Trasporti

 

Newsletter di Diritto della Navigazione e dei Trasporti

Numero 15 — novembre-dicembre 2013

 

Sono lieto di presentare il quindicesimo numero della Newsletter, frutto dello studio dei componenti del Progetto sul Diritto della Navigazione e dei Trasporti e del coordinamento scientifico del titolare della cattedra di Diritto della Navigazione della Sapienza, Università di Roma, prof. Leopoldo Tullio.

Sono di seguito riportati gli argomenti trattati e il link per una lettura completa della Newsletter.

Il consigliere delegato al Progetto sul Diritto della Navigazione e dei Trasporti

Avv. Fabrizio Bruni

 

 

PROGETTO SUL DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE E DEI TRASPORTI

 

CONSIGLIERE DELEGATO: Avv. Fabrizio Bruni

 

COORDINATORE: Prof. Leopoldo Tullio

 

Collaboratori per la redazione di questa Newsletter:

Cristina De Marzi, Enzo Fogliani, Giovanni Marchiafava, Elena Provenzani, Daniele Ragazzoni, Andrea Tamburro, Leopoldo Tullio.

 

 

Indice degli argomenti trattati

 

Assicurazione danni - Interesse a contrarre dell’assicurato - Necessità di incidenza del danno sul patrimonio dell’assicurato - Furto di imbarcazione appartenente al figlio dell’assicurato - Sussistenza dell’interesse a contrarre.

Demanio marittimo - Strutture amovibili di facile rimozione – Imposizione di rimozione al termine della stagione estiva - Valutazioni tecniche della pubblica amministrazione - Sindacato giurisdizionale e principio di ragionevolezza.

Navigazione da diporto - Noleggio occasionale - Tassa di possesso annuale.

Porti - Presidente dell’autorità portuale - Requisiti di qualificazione richiesti dalla legge.

Trasporto aereo di persone - Ritardo - Responsabilità del vettore - Danni patrimoniali - Compensazione pecuniaria.

Trasporto ferroviario di persone - Ritardo - Indennizzo previsto dall’art. 17 reg. (CE) n. 1371/2007 - Esclusione convenzionale per causa di forza maggiore - Illegittimità.

Trasporto marittimo di cose - Diritto di ritenzione del vettore - Collegamento funzionale tra bene e credito - Sussistenza.

 

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Assicurazione danni - Interesse a contrarre dell’assicurato - Necessità di incidenza del danno sul patrimonio dell’assicurato - Furto di imbarcazione appartenente al figlio dell’assicurato - Sussistenza dell’interesse a contrarre.

 

TRIBUNALE DI ROMA 3 SETTEMBRE 2013 N. 17714

 

Validità del contratto di assicurazione a copertura di un bene intestato al figlio.

 

Nel settore del diritto della navigazione e dei trasporti si rilevano spesso sentenze vistosamente lontane dalla normativa applicabile, il cui esito — pur ispirato da intenti di giustizia sostanziale — lascia il sospetto (spesso più che fondato) che gli estensori siano molto poco familiari con le norme che avrebbero dovuto applicare.

Non è questo certamente il caso della sentenza in esame, il cui giudice — pur dimostrando precisa conoscenza delle norme applicabili — privilegia esplicitamente esigenze di giustizia sostanziale alla rigida applicazione della norma.

La questione verteva sulla nullità del contratto di assicurazione per carenza di interesse. Questione di importanza primaria, assolutamente chiara dal punto di vista teorico: l’interesse dell’assicurato — identificato dal fatto che il rischio coperto incida sul suo patrimonio — è elemento della causa del contratto di assicurazione, sicché, mancando esso, il contratto è nullo. A fronte di tale precisa norma necessaria a distinguere l’assicurazione dalla scommessa, cristallizzata nell’art. 1904 c.c., sta la difficoltà dell’ordinamento  di approntare norme che rendano poi  sicura —  sia nei rapporti fra privati, sia davanti al giudice — gli elementi sulla cui base tale norma dovrebbe applicarsi.

Così, nel giudizio in esame da un lato abbiamo un’assicurazione che, dopo aver incassato premi assicurativi a copertura del rischio di furto di un natante, solo al momento di versare l’indennizzo scopre ed eccepisce che detto natante non sarebbe stato di proprietà dell’assicurato.

Dall’altro, abbiamo la titolarità del natante lasciata — perlomeno nel corso del giudizio — ad elementi tanto vaghi da non consentire al giudice una decisa affermazione su di essa, ma semplicemente che «sono stati acquisiti agli atti elementi tali da far fondatamente ritenere» che la proprietà del natante appartenga non alla persona che lo ha assicurato, ma a suo figlio.

 A questo punto il giudice deve scegliere se rendere una sentenza seguendo il puro diritto (summum jus, summa iniuria), oppure rendere «giustizia» all’attore, condannando l’assicuratore al pagamento dell’indennizzo. Sceglie la seconda via, ma non senza evidenziare con precisione ratio e funzionamento della norma che, con il suo dictum, si appresta a disattendere.

Pur dando atto del fatto che la relazione fra persona assicurata  e cosa coperta da assicurazione «non deve essere di mero fatto, bensì giuridica», finisce poi con il ritenere sufficiente alla validità del rapporto assicurativo il rapporto di parentela esistente fra assicurata e proprietario del natante.

È abbastanza evidente che un rapporto di parentela fra persone è diverso da un rapporto giuridico fra una persona ed una cosa; ma proprio la stridente  contraddizione fra le due affermazioni, che nella sentenza sono l’una di seguito all’altra, evidenzia la difficoltà del giudice di rendere «giustizia» in un sistema normativo incompleto.

Infatti, nonostante l’art. 29 cost.  riconosca «i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», il sistema consente in teoria ad un assicuratore di incassare premi versati dalla madre per tutelare un bene che, seppur intestato al figlio, è per la sua rilevanza parte del patrimonio lato sensu familiare, ed eccepire poi la nullità del contratto per carenza di interesse, senza neppure prevedere che l’assicuratore che formuli tale eccezione abbia l’onere di dimostrare di aver verificato, al momento della stipula, la titolarità del bene assicurato.

 

Enzo Fogliani

 

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Demanio marittimo - Strutture amovibili di facile rimozione - Imposizione di rimozione al termine della stagione estiva - Valutazioni tecniche della pubblica amministrazione - Sindacato giurisdizionale e principio di ragionevolezza.

 

Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 SETTEMBRE 2013 N. 4642

 

Sui limiti del sindacato giurisdizionale nei confronti di provvedimenti che siano espressione di valutazioni tecniche della pubblica amministrazione.

 

Il Consiglio di Stato conferma l’attuale orientamento giurisprudenziale sui limiti del sindacato giurisdizionale nei confronti di provvedimenti che siano espressione di valutazioni tecniche della pubblica amministrazione.

In tale ambito la giurisprudenza più risalente consentiva esclusivamente un sindacato formale ed estrinseco, circoscritto all’iter logico seguito nel provvedimento impugnato, all’errore di fatto e all’illogicità manifesta; successivamente, un orientamento maggiormente orientato alla effettiva tutela del cittadino ha cercato strumenti di controllo più ampi, giungendo a ritenere ammissibile un sindacato «intrinseco» sulle valutazioni tecniche espresse dall’amministrazione, prevedendo, di fatto, la verifica diretta della loro attendibilità e correttezza (Cons. St. n. 601/2009).

Una volta riconosciuta la possibilità di un controllo intrinseco su questa tipologia di atti amministrativi, lo sforzo giurisprudenziale si è incentrato sulla individuazione del grado di incidenza di detto controllo, concludendo nel senso della ammissibilità del solo «sindacato debole»: non potendosi il giudice sostituire al potere amministrativo, il vaglio dell’atto dovrà limitarsi necessariamente all’accertamento della correttezza delle regole tecniche applicate.

Ove tali regole risultino rispettate e l’iter logico-argomentativo del provvedimento risulti ragionevole, proporzionale e attendibile, il giudice non potrà che confermare il provvedimento impugnato anche ove lo ritenesse opinabile.

Ne consegue che il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti amministrativi che siano espressione di valutazioni tecniche potrà incidere sui soli provvedimenti che appaiano in contrasto con il principio di «ragionevolezza tecnica» .

Con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato valuta il provvedimento con cui la Soprintendenza per le province di Lecce, Brindisi e Taranto autorizza la realizzazione di strutture precarie all’interno di un’area già oggetto di concessione demaniale marittima, a condizione che le stesse vengano rimosse al termine della stagione estiva.

Il provvedimento era stato inizialmente annullato dal TAR Lecce per ritenuta contraddittorietà dell’iter logico seguito e per mancata indicazione delle ragioni concrete ed effettive che giustificassero la limitazione temporale imposta.

Il giudice dell’appello ribalta la decisione del TAR accogliendo la tesi dell’amministrazione e fa rientrare il provvedimento impugnato nella tipologia degli atti che costituiscono espressione di valutazioni tecniche, nei cui confronti è ammesso il solo sindacato giurisdizionale «debole».

In aderenza a tale principio, il Collegio, previo accertamento della legittimità del procedimento seguito dalla Soprintendenza e in particolare del rispetto della normativa regionale ad esso applicabile, esamina l’atto impugnato limitandosi all’accertamento dell’attendibilità delle valutazioni tecniche ivi contenute, secondo le quali i valori paesaggistici della zona non vengono alterati solo se il manufatto viene rimosso nel periodo invernale.

Dette conclusioni vengono ritenute ragionevoli ed attendibili, posto che, nell’opinione del Collegio, effettivamente le strutture realizzate sull’arenile potrebbero avere un impatto sensibilmente diverso nei diversi periodi dell’anno, in quanto il paesaggio marino muta sensibilmente nel contesto invernale ed estivo; inoltre, la ragionevolezza della limitazione temporale viene riconosciuta anche in considerazione del bilanciamento degli interessi coinvolti e dell’esigenza di garantire un’incidenza quanto più possibile limitata sull’ambiente prospiciente il mare .

 

Elena Provenzani

 

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Navigazione da diporto - Noleggio occasionale - Tassa di possesso annuale.

 

ART. 23 DECRETO LEGGE 21 GIUGNO 2013 N. 69

(convertito in l. 9 agosto 2013 n. 98)

DISPOSIZIONI URGENTI PER IL RILANCIO DELL’ECONOMIA

(G.U. 20 agosto 2013 n. 194)

 

Interventi a favore della nautica da diporto.

 

Con la norma in esame il legislatore è intervenuto per favorire il «rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico»: l’intervento legislativo riguarda, più in particolare, il noleggio occasionale e la tassa annuale per le unità da diporto.

Il noleggio occasionale, non presente nell’originario impianto del c.d. codice della nautica da diporto (d.lg. 18 luglio 2005 n. 171), è stato introdotto dall’art. 59-ter della l. 24 marzo 2012 n. 27, che ha convertito con modificazioni il d.l. 24 gennaio 2012 n. 1 (c.d. decreto liberalizzazioni).

L’articolo menzionato ha inserito nel codice della nautica da diporto l’art. 49-bis, il quale consente — secondo il testo originale — al titolare persona fisica o all’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria di effettuare, in forma occasionale, attività di noleggio di imbarcazioni e navi da diporto. L’effettuazione del noleggio occasionale «non costituisce uso commerciale dell’unità», ed è subordinata alla previa comunicazione all’Agenzia delle entrate ed alla capitaneria di porto territorialmente competente, nonché all’INPS ed all’INAIL in caso di impiego di personale la cui attività dia luogo a prestazioni di lavoro occasionale di tipo accessorio. I proventi derivanti dal noleggio occasionale possono essere assoggettati ad una imposta sostitutiva del 20%, purché — ai sensi dell’originaria formulazione dell’art. 49-bis, comma 5 — di importo non superiore a 30.000 euro annui.

La norma, per come formulata, aveva dato luogo ad interpretazioni discordanti, relativamente sia ai soggetti menzionati — l’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria poteva essere anche una persona giuridica? — sia al concetto di «occasionalità» del noleggio, non facilmente individuabile in assenza di parametri precisi.

L’art. 23, comma 1, d.l. 69/2013, al dichiarato fine di rilanciare la nautica da diporto ed il turismo nautico, ha modificato l’art. 49-bis, provvedendo peraltro a fugare i contrasti interpretativi ora menzionati.

Da un lato, l’intervento legislativo ha esteso il novero dei soggetti legittimati all’effettuazione del noleggio occasionale, aggiungendo a quelli già indicati anche la «società non avente come oggetto sociale il noleggio o la locazione»; dall’altro, ha sostituito al criterio quantitativo dei 30.000 euro annui un più chiaro criterio temporale: i proventi dell’attività di noleggio possono ora essere assoggettati ad una imposta sostitutiva del 20% nel caso in cui la durata complessiva della stessa attività non sia superiore a 42 giorni.

Il legislatore infine, sempre per le medesime finalità, è intervenuto anche in tema di tassa di possesso annuale delle unità da diporto, introdotta dall’art. 16 del d.l. 6 dicembre 2011 n. 201(c.d. decreto salva Italia), convertito con modificazioni dalla l. 22 dicembre 2011 n. 214, successivamente più volte modificato: l’art. 23, comma 2, d.l. 69/2013, infatti, modifica il secondo comma del menzionato art. 16, escludendo il pagamento della tassa annuale per le unità con scafo uguale o inferiore ai 14 metri (lett. a e b) e riducendo del 50% la tassa annuale per le unità con scafo di lunghezza compresa tra i 14,01 e i 20 metri (lett. c e d).

 

Daniele Ragazzoni

 

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Porti - Presidente dell’autorità portuale - Requisiti di qualificazione richiesti dalla legge.

 

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV, 26 SETTEMBRE 2013 N. 4768

 

Sui requisiti dei candidati a presidente dell’autorità portuale.

 

Nella sentenza in commento il Consiglio di Stato ha affrontato nuovamente la questione dell’accertamento dell’effettiva sussistenza del requisito della «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale» in capo ai candidati a presidente dell’autorità portuale, che, al di là delle sue funzioni di rappresentanza, è un organo essenzialmente tecnico non solo per quanto attiene al profilo trasportistico e marittimistico, ma anche antitrust.

Tale connotazione tecnica traspare dalle previsioni relative alla nomina e alla revoca dello stesso presidente dell’autorità portuale contenute nella l. 28 gennaio 1994 n. 84 sul riordino della legislazione in materia portuale. Riguardo al primo profilo, che è stato oggetto della decisione del Consiglio di Stato, il presidente dell’autorità portuale, ai sensi dell’art. 8 della citata legge, è nominato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Regione interessata, «nell’ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale» individuata e costituita da Provincia, Comuni e Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura competenti secondo i limiti della circoscrizione territoriale dell’autorità portuale. Tre mesi prima della scadenza del mandato del presidente la terna di esperti è comunicata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che è legittimato a chiedere con decreto motivato la comunicazione di una nuova terna. L’individuazione di una seconda terna di esperti può essere chiesta dal Ministro laddove sia emerso che i componenti della prima terna siano sprovvisti del requisito previsto dal citato art. 8. Qualora non sia pervenuta alcuna designazione da parte degli enti competenti, lo stesso Ministro, d’intesa con la Regione interessata, può procedere direttamente alla nomina del presidente, seppure sempre nell’ambito di una terna di «personalità che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale».

Al fine di garantire l’effettiva sussistenza del requisito di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale, presupposto indispensabile per potere essere inclusi nella terna di esperti, il legislatore del 1994 ha stabilito che nel procedimento di nomina del presidente dell’autorità portuale sia previsto un duplice livello di verifica: l’uno svolto dagli enti designatori, l’altro intrapreso dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti d’intesa con la Regione interessata qualora gli stessi enti competenti non abbiano designato alcuna terna ovvero la terna designata non sia idonea.

In ragione della mancata previsione di parametri obiettivi per accertare l’effettiva sussistenza di una adeguata qualificazione professionale dei candidati, il meccanismo di designazione è risultato tuttavia non idoneo a evitare l’insorgenza di controversie ed è quindi oggetto di revisione da parte del legislatore.

Con la sentenza in epigrafe il Consiglio di Stato ha riformato la decisione del TAR Sardegna-Cagliari, che aveva respinto il ricorso proposto da un docente di diritto della navigazione avverso il procedimento di nomina del presidente dell’autorità portuale di Cagliari per violazione dell’art. 8 della legge n. 84/1994, annullando gli atti impugnati in primo grado.

A seguito di un’analisi comparativa dei curricula del soggetto nominato a presidente dell’autorità portuale e del docente, il Consiglio di Stato ha rilevato che solo il secondo fosse effettivamente in possesso del requisito della «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia e dei trasporti» richiesto dalla legge. Il curriculum del docente attestava una sua «indubbia preparazione scientifica» in diritto della navigazione, che costituisce in materia portuale «lo strumento dell’economia dei trasporti» e «abbraccia comunque tutti gli aspetti pubblicistici, privatistici, commerciali, comunitari, penali, che interessano la gestione portuale, dalla realizzazione delle infrastrutture, alla polizia portuale, alla gestione dei servizi, all’utenza, al personale portuale, alla sicurezza» e in quanto tali rientrano nell’ambito della competenza dell’autorità portuale. D’altra parte, la stessa legge sul riordino della legislazione in materia portuale, secondo gli stessi giudici, è contenuta nella nozione di diritto della navigazione. Dal medesimo curriculum emergeva altresì che il docente aveva acquisito anche una consolidata esperienza professionale attraverso lo svolgimento di un’attività di consulenza decennale in materia portuale, per la quale è essenziale una specifica competenza e conoscenza. Diversamente, il Consiglio di Stato ha ritenuto che i titoli di studio, l’esperienza professionale di medico e la funzione di parlamentare o consigliere provinciale del componente della terna scelto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, non essendo direttamente attinenti ai settori dell’economia dei trasporti e portuale, non fossero idonei ad integrare il massimo grado di qualificazione professionale richiesto dalla legge in tali settori a coloro che sono destinati ad assumere il ruolo di presidente di un’autorità portuale.

Il Consiglio di Stato ha pertanto dichiarato illegittima la designazione del componente della terna designata e per le medesime motivazioni anche la sua nomina da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti a presidente dell’autorità portuale di Cagliari, giacché privo del requisito della «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale». D’altra parte, la mancanza di tale requisito, secondo lo stesso Consiglio di Stato, avrebbe dovuto condurre il Ministro a richiedere la designazione di una nuova terna di candidati così come previsto dall’art. 8 della legge n. 84/1994 anziché procedere alla scelta del presidente dell’autorità portuale.

Dunque i giudici di palazzo Spada hanno censurato la decisione del TAR di considerare che la regolarità formale del procedimento di nomina del presidente dell’autorità portuale di Civitavecchia fosse idonea di per sé ad integrare anche quella sostanziale stabilita dal citato art. 8 e ciò senza considerare che «condizione assolutamente necessaria» per coloro che sono designati a ricoprire tale carica è il possesso di una massima comprovata qualificazione professionale. Il giudice di primo grado non ha quindi colto la ratio dell’art. 8 della legge n. 84/1994 che è quella di garantire una scelta selettiva idonea ad escludere che possa essere nominato «un soggetto, il quale seppure designato dagli enti locali, non sia realmente esperto».

 

Giovanni Marchiafava

 

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Trasporto aereo di persone - Ritardo - Responsabilità del vettore - Danni patrimoniali - Compensazione pecuniaria.

 

GIUDICE DI PACE DI MASCALUCIA 12 OTTOBRE 2013

 

Iura navigationis non novit curia. Una motivazione clamorosamente errata in tema di ritardo nel trasporto aereo.

 

Nel gennaio 2013 due passeggeri avevano acquistato biglietti aerei per un volo da Spalato a Roma operato da Croatia Airlines con partenza alle ore 16.05 e arrivo alle 17.10 e da lì la prosecuzione per Catania con un volo operato da Alitalia con partenza alle 20.50 e arrivo alle 22.05.

Il volo da Spalato a Roma, a causa del maltempo che aveva determinato la temporanea chiusura dell’aeroporto, era stato ritardato alla partenza di due ore e ventidue minuti, sicché era arrivato a Roma alle 19.50. Dovendo ritirare i bagagli, i passeggeri non avevano fatto in tempo a prendere la coincidenza, sicché avevano dovuto trascorrere la notte in aeroporto e acquistare a loro spese un altro biglietto Alitalia per l’indomani mattina, giungendo a destinazione con oltre dieci ore di ritardo.

I passeggeri avevano dunque citato in giudizio la Croatia Airlines per avere il risarcimento sia del biglietto Alitalia relativo al volo non effettuato sia del nuovo biglietto acquistato, nonché la compensazione pecuniaria ai sensi del reg. (CE) n. 261/2004.

Il giudice si dedica inizialmente all’esposizione del sistema di responsabilità del vettore aereo per ritardo, incorrendo in errori clamorosi. In primo luogo sostiene che la norma applicabile è quella dell’art. 942 c. nav., quando questo articolo è stato abrogato ormai da otto anni e sostituito dall’attuale art. 941 c. nav., che rinvia alla Convenzione di Montreal del 1999. L’errore è stato indotto dalla lettura di vecchie massime di giurisprudenza che si riferivano a quell’articolo, senza verificare la normativa vigente. Si tratta purtroppo di un vizio non raro dei nostri giudici di pace (v., al riguardo, lo scritto di F. Mancini, Massima vecchia non fa buon brodo, nella rubrica «Fatti e misfatti» del Dir. trasp. n. 3/3013).

L’errore non sarebbe in sé grave nei suoi effetti, perché l’abrogato art. 942 conteneva una norma non molto dissimile da quella dell’art. 19 della Convenzione di Montreal, secondo il quale «the carrier shall not be liable for damage occasioned by delay if it proves that it and its servants and agents took all measures that could reasonably be required to avoid the damage or that it was impossible for it or them to take such measures».

Quando però il nostro giudice passa a valutare concretamente la portata della disposizione, prima osserva correttamente che la diligenza del vettore deve essere una diligenza professionale, ma poi cita a sproposito due sentenze della Corte di giustizia europea (del 22 dicembre 2008 e del 19 novembre 2009), secondo le quali «il vettore dovrà dimostrare non solo che si sono realizzate circostanze eccezionali, ma anche che queste erano inevitabili pur facendo ricorso alle misure necessarie», concludendo che «alla luce della recentissima giurisprudenza della Corte di giustizia europea, il vettore è sempre considerato responsabile, non essendo mai esonerato neanche nelle ipotesi di sciopero o cause meteo».

Le due sentenze sono citate a sproposito per due motivi. Prima perché non riguardano la prova liberatoria del vettore dalla sua responsabilità per il ritardo, ma riguardano la prova che il vettore deve fornire se vuole evitare di pagare la compensazione pecuniaria prevista dal reg. (CE) n. 261/2004, che è tutt’altra cosa. Secondariamente perché la Corte di giustizia non ha affatto detto che il vettore deve pagare la compensazione pecuniaria anche in caso di sciopero o cause meteo. Anzi, al contrario, secondo il considerando 14, il vettore dovrebbe essere esonerato in caso di circostanze eccezionali provocate da «instabilità politica, condizioni meteorologiche incompatibili con l’effettuazione del volo in questione, rischi per la sicurezza, improvvise carenze del volo sotto il profilo della sicurezza e scioperi che si ripercuotono sull’attività di un vettore aereo operativo».

In definitiva, per decidere correttamente il giudice avrebbe dovuto applicare l’art. 19 della Convenzione di Montreal e verificare se la chiusura dell’aeroporto per il maltempo potesse avere impedito al vettore di prendere le misure ragionevolmente richieste per evitare il danno. In caso di risposta positiva, il vettore non sarebbe responsabile.

Il giudice ha comunque sentenziato la responsabilità del vettore e l’ha condannato a risarcire il danno patrimoniale, corrispondente al prezzo dei biglietti del volo non effettuato più il prezzo dei nuovi biglietti acquistati. Anche questa decisione è palesemente errata, perché i passeggeri sono comunque arrivati a destinazione con un volo e il loro danno è consistito soltanto nel prezzo dei nuovi biglietti acquistati a loro spese. Consentendo il rimborso di entrambi i biglietti (perduti e acquistati), il giudice ha consentito in sostanza ai passeggeri di volare gratis per la seconda tratta.

Una decisione forse corretta è stata peraltro presa. Infatti, il giudice ha condannato il vettore al pagamento della compensazione pecuniaria ai sensi del reg. (CE) n. 261/2004, nonostante il ritardo del primo volo sia stato di meno di tre ore, calcolando il ritardo non alla partenza, bensì all’arrivo alla destinazione finale. Con ciò conformandosi (ma senza citarla) alla sentenza della Corte di giustizia europea del 26 febbraio 2013 (causa C-11/11). Rimane il forte dubbio se, nella specie, il viaggio dovesse considerarsi unitario, nel senso che il viaggio in partenza da Spalato avesse come destinazione finale Catania anziché Roma, visto che a Roma i passeggeri hanno dovuto ritirare i loro bagagli (ed erano evidentemente privi della carta d’imbarco per il secondo volo).

 

Leopoldo Tullio

 

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Trasporto ferroviario di persone - Ritardo - Indennizzo previsto dall’art. 17 reg. (CE) n. 1371/2007 - Esclusione convenzionale per causa di forza maggiore - Illegittimità.

 

Corte di Giustizia UE 26 settembre 2013, causa C-509/11

 

Indennizzo da ritardo del trasporto ferroviario di persone nelle condizioni generali di trasporto, nel reg. (CE) n. 1371/2007 e nella COTIF-CIV 1999.

 

La sentenza in esame consente di fare un breve cenno alle norme applicabili al trasporto ferroviario e qualche riflessione sul loro ambito di applicazione.

Il trasporto ferroviario internazionale è regolato dalla COTIF 1999 (Convenzione sul trasporto internazionale ferroviario del 1980, nella versione da ultimo emendata dal Protocollo di Vilnius del 1999), sia per il trasporto di persone (appendice CIV) che merci (appendice CIM). Al fine di evitare che le successive modifiche della Convenzione creassero diverse versioni applicabili a ciascuno Stato a seconda della versione ratificata, come avviene in altre modalità di trasporto, la COTIF presenta la particolarità di essere sostituita dai protocolli successivi, sicché una volta emendata, non rimane in vigore nelle versioni precedenti nemmeno per i Paesi che non ratificano il protocollo. Da ciò consegue che oggi la Convenzione non è più in vigore per i Paesi che — come purtroppo l’Italia — non hanno ratificato il Protocollo di Vilnius.

Nell’ambito del diritto dell’Unione europea, il reg. (CE) n. 1371 del 23 ottobre 2007 ha risolto il (nostro) problema della mancanza di norme uniformi applicabili al trasporto ferroviario passeggeri, in parte prevedendo norme ad hoc ed in parte assorbendo le norme della COTIF-CIV 1999 e rendendole quindi direttamente applicabili in tutti gli ordinamenti degli Stati appartenenti alla Unione europea. Si tratta invero di un meccanismo che l’Unione europea ha attuato anche con riferimento ad altre modalità di trasporto.

La Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sulla interpretazione di alcune norme del regolamento sia alla luce delle norme della COTIF-CIV, che in base alle norme degli altri regolamenti comunitari a tutela dei passeggeri delle altre modalità di trasporto.

Il giudizio nell’ambito del quale si è reso necessario adire la Corte è stato promosso dal vettore ferroviario di persone austriaco per impugnare la decisione della Commissione di controllo della rete ferroviaria che gli ha imposto il contenuto della condizione contrattuale relativa all’indennizzo dei passeggeri in caso di ritardo. Il vettore aveva inserito nelle proprie condizioni generali di trasporto una clausola di esclusione del diritto del passeggero all’indennizzo, previsto dall’art. 17 del regolamento, per il ritardo verificatosi per causa di forza maggiore.

Alla Corte sono stati sottoposti due quesiti; con il primo, le è stato chiesto se l’organismo nazionale designato all’applicazione del regolamento abbia il potere di imporre al vettore l’applicazione di condizioni contrattuali sull’indennizzo al passeggero conformi al regolamento, anche se la normativa nazionale limita il suo potere alla dichiarazione di inefficacia di tali condizioni.

Con il secondo quesito le è stato chiesto se l’art. 17 del regolamento (che prevede l’indennizzo per il ritardo) debba essere interpretato nel senso che una impresa ferroviaria possa escludere l’obbligo di indennizzo in casi di ritardo per forza maggiore, in applicazione analogica delle cause di esclusione previste dagli altri regolamenti o della norma della COTIF-CIV.

Il primo quesito è stato risolto negativamente, dichiarando che, ove non sia previsto dalla legge nazionale, l’organismo di controllo non può imporre il contenuto delle condizioni contrattuali.

Si tratta di una condivisibile decisione della Corte fondata sulla considerazione che l’art. 30 del regolamento prevede che ciascun organismo adotti le misure necessarie per garantire il rispetto dei diritti dei passeggeri, ma tali misure non sono state concretamente definite dal legislatore comunitario; quindi i poteri che competono all’organismo nazionale di controllo sono delimitati dalle norme nazionali. Nel caso in esame, la legge federale austriaca sulle ferrovie si limita a prevedere che la Commissione possa dichiarare l’inefficacia delle condizioni di indennizzo previste dal vettore se non sono conformi ai criteri stabiliti dal regolamento e non prevede che il contenuto delle condizioni possa essere imposto al vettore.

Con la risposta al secondo quesito la Corte ha dichiarato che il vettore ferroviario non può esonerarsi dal pagamento dell’indennizzo per il ritardo previsto dall’art. 17 del reg. (CE) 1371/2007, inserendo nelle condizioni di contratto una clausola che escluda il diritto all’indennizzo quando il ritardo sia dipeso da una causa di forza maggiore.

Il condivisibile ragionamento della Corte parte dalla considerazione preliminare che l’art. 17 prevede indennizzi minimi parametrati al prezzo del biglietto che i passeggeri hanno diritto di chiedere in caso di ritardo, a condizione che non siano stati informati del ritardo prima dell’acquisto del biglietto o che il ritardo non sia inferiore a 60 minuti. Il regolamento, però, non esonera il vettore dal pagamento dell’indennizzo se il ritardo sia stato causato da forza maggiore.

Lo si può ritenere esonerato attraverso l’applicazione analogica dei regolamenti comunitari destinati ad altre modalità di trasporto passeggeri? Secondo la Corte la risposta deve essere negativa, perché ogni modalità di trasporto presenta caratteristiche proprie, connaturate all’ambiente in cui il trasporto è attuato, in funzione delle quali sono state predisposte norme per la protezione del passeggero.

Lo si può ritenere, allora, esonerato attraverso l’applicazione delle cause di esonero di responsabilità previste dalla COTIF-CIV? L’art. 15 del regolamento prevede che, fatti salvi gli articoli da 16 a 18 (e quindi anche l’art. 17 in esame), la responsabilità dell’impresa ferroviaria è regolata dalla COTIF-CIV. Ciononostante, non è possibile applicare all’indennizzo previsto dall’art. 17 le cause di esonero di responsabilità contenute dall’art. 32 della COTIF-CIV fra cui la forza maggiore. L’indennizzo previsto dal regolamento, in sostanza, riduce il corrispettivo pagato a fronte di una prestazione non eseguita esattamente dal vettore in ritardo e non si qualifica come un risarcimento del danno causato dall’inesatto adempimento del vettore.

Rimane ferma la possibilità per il passeggero di agire anche per ottenere il risarcimento del danno da ritardo ed il vettore potrà allora eccepire la causa di forza maggiore che esclude la sua responsabilità.

 

Cristina De Marzi

 

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Trasporto marittimo di cose - Diritto di ritenzione del vettore - Collegamento funzionale tra bene e credito - Sussistenza.

 

TRIBUNALE DI ROMA 27 SETTEMBRE 2013

 

In materia di diritto di ritenzione del vettore nel trasporto marittimo di merci.

 

 Dal combinato disposto degli art. 2756 e 2761 c.c. discende un diritto legale di ritenzione sulle merci trasportate in favore del vettore a garanzia del pagamento dei crediti del trasporto. In particolare, l’art. 2761, comma 1, c.c. stabilisce che i crediti derivanti dal contratto di trasporto hanno privilegio sulle cose trasportate finché queste rimangono presso il vettore; l’art. 2756 c.c., comma 3, c.c. prevede che il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno.
La sentenza in oggetto applica la richiamata disciplina ad una fattispecie di trasporto marittimo di merci, precisando che sussiste il collegamento funzionale tra il bene ritenuto ed il credito vantato sul medesimo bene, requisito necessario secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. 10 maggio 2012 n. 7152; Cass. 28 giugno 2005 n. 13905; Cass. 24 marzo 1998 n. 3108).

Nel trasporto marittimo di merci può inoltre verificarsi che le parti trasferiscano l’obbligazione di pagamento del nolo dal caricatore al destinatario mediante  la pattuizione di una cesser clause, che prevede la cessazione di ogni obbligo del caricatore verso il vettore allorché la merce sia stata caricata. Tale clausola è normalmente accompagnata dal riconoscimento al vettore di un lien sul carico, cioè di una sorta di diritto di ritenzione convenzionale a garanzia del pagamento da parte del destinatario del nolo e degli altri eventuali crediti del vettore, con la previsione che il caricatore rimane obbligato se il vettore non sia riuscito a soddisfare i suoi crediti nonostante l’esercizio del lien.

Il codice della navigazione garantisce i crediti del vettore per nolo e controstallie facendoli assistere da un privilegio sulle cose caricate (art. 561, n. 4, c. nav.) e consentendo inoltre al comandante, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria del luogo di scaricazione, di depositare ovvero, se sia necessario, di vendere tanta parte delle cose caricate quanta ne occorra per coprire il nolo e i compensi di controstallia, a meno che il destinatario non provveda al deposito di una somma pari all’ammontare del credito del vettore (art. 437 c. nav.).

Secondo la dottrina la tutela accordata dall’esercizio del lien convenzionale si aggiunge alla tutela legale prevista dall’art. 437 c. nav. senza sostituirla, con l’effetto di sovrapporvi un diritto di ritenzione in autotutela (prescindendo, cioè, dal ricorso all’autorità giudiziaria) e mantenendo sia la facoltà di deposito e vendita (previa autorizzazione), sia la possibilità di offrire cauzione.

Sulle lien clauses, cfr. F. Berlingieri, Il trasporto marittimo, Genova, 1975, 187 ss.; G.B. Gallus, Introduzione alla natura ed efficacia per il diritto italiano delle lien clauses contenute nei charterparties, in Dir. trasp. 1993, 356 ss.; M. Deiana, I liens nei contratti di utilizzazione della nave, Torino, 1995; A. Lefebvre D’Ovidio - G. Pescatore - L. Tullio, Manuale di diritto della navigazione, XIII ed., Milano, 2013, 511. In giurisprudenza, cfr. Trib. Ravenna 23 novembre 2005, in Dir. mar. 2007, 523; Lodo arb. 14 gennaio 1994, in Foro padano 1994, I, 163; Cass. 22 febbraio 1992 n. 2186, in Dir. mar. 1992, 667; App. Genova 28 aprile 1987, in Dir. mar. 1987, 943; Trib. Venezia 7 gennaio 1986, in Dir. mar. 1986, 978; App. Brescia 14 marzo 1980, in Dir. mar. 1981, 379.

 

Andrea Tamburro