CONSIGLIO DELL’ORDINE
DEGLI AVVOCATI DI ROMA
Dipartimento Centro studi -
Formazione e Crediti formativi
Progetto sul Diritto della Navigazione e dei
Trasporti
Newsletter di Diritto
della Navigazione e dei Trasporti
Numero 15 — novembre-dicembre 2013
Sono lieto
di presentare il quindicesimo numero della Newsletter,
frutto dello studio dei componenti del Progetto sul Diritto della Navigazione e
dei Trasporti e del coordinamento scientifico del titolare della cattedra di
Diritto della Navigazione della Sapienza, Università di Roma, prof. Leopoldo
Tullio.
Sono di
seguito riportati gli argomenti trattati e il link per una lettura completa della Newsletter.
Il consigliere delegato al Progetto sul Diritto
della Navigazione e dei Trasporti
Avv. Fabrizio Bruni
PROGETTO
SUL DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE E DEI TRASPORTI
CONSIGLIERE DELEGATO: Avv.
Fabrizio Bruni
COORDINATORE: Prof.
Leopoldo Tullio
Collaboratori per la redazione
di questa Newsletter:
Cristina De Marzi, Enzo Fogliani, Giovanni Marchiafava, Elena
Provenzani, Daniele Ragazzoni, Andrea Tamburro, Leopoldo Tullio.
Indice degli argomenti trattati
Navigazione da diporto -
Noleggio occasionale - Tassa di possesso annuale.
Porti -
Presidente dell’autorità portuale - Requisiti di qualificazione richiesti dalla
legge.
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Assicurazione
danni - Interesse a contrarre dell’assicurato - Necessità di incidenza del
danno sul patrimonio dell’assicurato - Furto di imbarcazione appartenente al
figlio dell’assicurato - Sussistenza dell’interesse a contrarre.
TRIBUNALE
DI ROMA 3 SETTEMBRE 2013 N. 17714
Validità del
contratto di assicurazione a copertura di un bene intestato al figlio.
Nel settore del diritto della navigazione
e dei trasporti si rilevano spesso sentenze vistosamente lontane dalla
normativa applicabile, il cui esito — pur ispirato da intenti di giustizia
sostanziale — lascia il sospetto (spesso più che fondato) che gli estensori
siano molto poco familiari con le norme che avrebbero dovuto applicare.
Non è questo certamente il caso della
sentenza in esame, il cui giudice — pur dimostrando precisa conoscenza delle
norme applicabili — privilegia esplicitamente esigenze di giustizia sostanziale
alla rigida applicazione della norma.
La questione verteva sulla nullità del
contratto di assicurazione per carenza di interesse. Questione di importanza
primaria, assolutamente chiara dal punto di vista teorico: l’interesse
dell’assicurato — identificato dal fatto che il rischio coperto incida sul suo
patrimonio — è elemento della causa del contratto di assicurazione, sicché,
mancando esso, il contratto è nullo. A fronte di tale precisa norma necessaria
a distinguere l’assicurazione dalla scommessa, cristallizzata nell’art. 1904
c.c., sta la difficoltà dell’ordinamento
di approntare norme che rendano poi
sicura — sia nei rapporti fra
privati, sia davanti al giudice — gli elementi sulla cui base tale norma
dovrebbe applicarsi.
Così, nel giudizio in esame da un lato
abbiamo un’assicurazione che, dopo aver incassato premi assicurativi a
copertura del rischio di furto di un natante, solo al momento di versare
l’indennizzo scopre ed eccepisce che detto natante non sarebbe stato di
proprietà dell’assicurato.
Dall’altro, abbiamo la titolarità del
natante lasciata — perlomeno nel corso del giudizio — ad elementi tanto vaghi
da non consentire al giudice una decisa affermazione su di essa, ma
semplicemente che «sono stati acquisiti agli atti elementi tali da far
fondatamente ritenere» che la proprietà del natante appartenga non alla persona
che lo ha assicurato, ma a suo figlio.
A
questo punto il giudice deve scegliere se rendere una sentenza seguendo il puro
diritto (summum jus, summa iniuria), oppure rendere «giustizia»
all’attore, condannando l’assicuratore al pagamento dell’indennizzo. Sceglie la
seconda via, ma non senza evidenziare con precisione ratio e funzionamento della norma che, con il suo dictum, si appresta a disattendere.
Pur dando atto del fatto che la relazione
fra persona assicurata e cosa coperta da
assicurazione «non deve essere di mero fatto, bensì giuridica», finisce poi con
il ritenere sufficiente alla validità del rapporto assicurativo il rapporto di
parentela esistente fra assicurata e proprietario del natante.
È abbastanza evidente che un rapporto di
parentela fra persone è diverso da un rapporto giuridico fra una persona ed una
cosa; ma proprio la stridente
contraddizione fra le due affermazioni, che nella sentenza sono l’una di
seguito all’altra, evidenzia la difficoltà del giudice di rendere «giustizia»
in un sistema normativo incompleto.
Infatti, nonostante l’art. 29 cost. riconosca «i diritti della famiglia come
società naturale fondata sul matrimonio», il sistema consente in teoria ad un
assicuratore di incassare premi versati dalla madre per tutelare un bene che,
seppur intestato al figlio, è per la sua rilevanza parte del patrimonio lato sensu familiare, ed eccepire poi la
nullità del contratto per carenza di interesse, senza neppure prevedere che
l’assicuratore che formuli tale eccezione abbia l’onere di dimostrare di aver
verificato, al momento della stipula, la titolarità del bene assicurato.
Enzo Fogliani
* * *
Demanio marittimo - Strutture amovibili
di facile rimozione - Imposizione di rimozione al termine della stagione estiva
- Valutazioni tecniche della pubblica amministrazione - Sindacato
giurisdizionale e principio di ragionevolezza.
Consiglio
di Stato, Sez. VI, 18 SETTEMBRE 2013 N. 4642
Sui limiti del
sindacato giurisdizionale nei confronti di provvedimenti che siano espressione
di valutazioni tecniche della pubblica amministrazione.
Il Consiglio di Stato conferma l’attuale
orientamento giurisprudenziale sui limiti del sindacato giurisdizionale nei
confronti di provvedimenti che siano espressione di valutazioni tecniche della
pubblica amministrazione.
In tale ambito la giurisprudenza più
risalente consentiva esclusivamente un sindacato formale ed estrinseco,
circoscritto all’iter logico seguito nel provvedimento impugnato, all’errore di
fatto e all’illogicità manifesta; successivamente, un orientamento maggiormente
orientato alla effettiva tutela del cittadino ha cercato strumenti di controllo
più ampi, giungendo a ritenere ammissibile un sindacato «intrinseco» sulle
valutazioni tecniche espresse dall’amministrazione, prevedendo, di fatto, la
verifica diretta della loro attendibilità e correttezza (Cons. St. n.
601/2009).
Una volta riconosciuta la possibilità di
un controllo intrinseco su questa tipologia di atti amministrativi, lo sforzo
giurisprudenziale si è incentrato sulla individuazione del grado di incidenza
di detto controllo, concludendo nel senso della ammissibilità del solo
«sindacato debole»: non potendosi il giudice sostituire al potere
amministrativo, il vaglio dell’atto dovrà limitarsi necessariamente
all’accertamento della correttezza delle regole tecniche applicate.
Ove tali regole risultino rispettate e
l’iter logico-argomentativo del provvedimento risulti ragionevole,
proporzionale e attendibile, il giudice non potrà che confermare il
provvedimento impugnato anche ove lo ritenesse opinabile.
Ne consegue che il sindacato giurisdizionale
sui provvedimenti amministrativi che siano espressione di valutazioni tecniche
potrà incidere sui soli provvedimenti che appaiano in contrasto con il
principio di «ragionevolezza tecnica» .
Con la pronuncia in commento il Consiglio
di Stato valuta il provvedimento con cui
Il provvedimento era stato inizialmente
annullato dal TAR Lecce per ritenuta contraddittorietà dell’iter logico seguito
e per mancata indicazione delle ragioni concrete ed effettive che
giustificassero la limitazione temporale imposta.
Il giudice dell’appello ribalta la
decisione del TAR accogliendo la tesi dell’amministrazione e fa rientrare il
provvedimento impugnato nella tipologia degli atti che costituiscono
espressione di valutazioni tecniche, nei cui confronti è ammesso il solo
sindacato giurisdizionale «debole».
In aderenza a tale principio, il
Collegio, previo accertamento della legittimità del procedimento seguito dalla
Soprintendenza e in particolare del rispetto della normativa regionale ad esso
applicabile, esamina l’atto impugnato limitandosi all’accertamento
dell’attendibilità delle valutazioni tecniche ivi contenute, secondo le quali i
valori paesaggistici della zona non vengono alterati solo se il manufatto viene
rimosso nel periodo invernale.
Dette conclusioni vengono ritenute
ragionevoli ed attendibili, posto che, nell’opinione del Collegio,
effettivamente le strutture realizzate sull’arenile potrebbero avere un impatto
sensibilmente diverso nei diversi periodi dell’anno, in quanto il paesaggio
marino muta sensibilmente nel contesto invernale ed estivo; inoltre, la
ragionevolezza della limitazione temporale viene riconosciuta anche in
considerazione del bilanciamento degli interessi coinvolti e dell’esigenza di
garantire un’incidenza quanto più possibile limitata sull’ambiente prospiciente
il mare .
Elena Provenzani
* * *
Navigazione da diporto - Noleggio
occasionale - Tassa di possesso annuale.
ART.
23 DECRETO LEGGE 21 GIUGNO 2013 N. 69
(convertito
in l. 9 agosto 2013 n. 98)
DISPOSIZIONI
URGENTI PER IL RILANCIO DELL’ECONOMIA
Interventi a favore della nautica da diporto.
Con la norma in esame il legislatore è intervenuto
per favorire il «rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico»:
l’intervento legislativo riguarda, più in particolare, il noleggio occasionale
e la tassa annuale per le unità da diporto.
Il noleggio occasionale, non presente
nell’originario impianto del c.d. codice della nautica da diporto (d.lg. 18
luglio 2005 n. 171), è stato introdotto dall’art. 59-ter della l. 24 marzo 2012 n. 27, che ha convertito con
modificazioni il d.l. 24 gennaio 2012 n. 1 (c.d. decreto liberalizzazioni).
L’articolo menzionato ha inserito nel
codice della nautica da diporto l’art. 49-bis,
il quale consente — secondo il testo originale — al titolare persona fisica o
all’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria di effettuare, in forma
occasionale, attività di noleggio di imbarcazioni e navi da diporto.
L’effettuazione del noleggio occasionale «non costituisce uso commerciale
dell’unità», ed è subordinata alla previa comunicazione all’Agenzia delle entrate
ed alla capitaneria di porto territorialmente competente, nonché all’INPS ed
all’INAIL in caso di impiego di personale la cui attività dia luogo a
prestazioni di lavoro occasionale di tipo accessorio. I proventi derivanti dal
noleggio occasionale possono essere assoggettati ad una imposta sostitutiva del
20%, purché — ai sensi dell’originaria formulazione dell’art. 49-bis, comma 5 — di importo non superiore
a 30.000 euro annui.
La norma, per come formulata, aveva dato
luogo ad interpretazioni discordanti, relativamente sia ai soggetti menzionati —
l’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria poteva essere anche una
persona giuridica? — sia al concetto di «occasionalità» del noleggio, non
facilmente individuabile in assenza di parametri precisi.
L’art. 23, comma 1, d.l. 69/2013, al
dichiarato fine di rilanciare la nautica da diporto ed il turismo nautico, ha
modificato l’art. 49-bis, provvedendo
peraltro a fugare i contrasti interpretativi ora menzionati.
Da un lato, l’intervento legislativo ha esteso il novero dei soggetti
legittimati all’effettuazione del noleggio occasionale, aggiungendo a quelli
già indicati anche la «società non avente come oggetto sociale il noleggio o la
locazione»; dall’altro, ha sostituito al criterio quantitativo dei 30.000 euro
annui un più chiaro criterio temporale: i proventi dell’attività di noleggio
possono ora essere assoggettati ad una imposta sostitutiva del 20% nel caso in
cui la durata complessiva della stessa attività non sia superiore a 42 giorni.
Il legislatore infine, sempre per le
medesime finalità, è intervenuto anche in tema di tassa di possesso annuale
delle unità da diporto, introdotta dall’art. 16 del d.l. 6 dicembre 2011 n. 201(c.d.
decreto salva Italia), convertito con modificazioni dalla l. 22 dicembre 2011
n. 214, successivamente più volte modificato: l’art. 23, comma 2, d.l. 69/2013,
infatti, modifica il secondo comma del menzionato art. 16, escludendo il
pagamento della tassa annuale per le unità con scafo uguale o inferiore ai
Daniele
Ragazzoni
* * *
Porti -
Presidente dell’autorità portuale - Requisiti di qualificazione richiesti dalla
legge.
CONSIGLIO
DI STATO, SEZ. IV, 26 SETTEMBRE 2013 N. 4768
Sui requisiti dei candidati a presidente
dell’autorità portuale.
Nella sentenza in commento il Consiglio di Stato ha affrontato
nuovamente la questione dell’accertamento dell’effettiva sussistenza del requisito della «massima e comprovata qualificazione
professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale» in
capo ai candidati a presidente dell’autorità portuale, che, al di là delle sue
funzioni di rappresentanza, è un organo essenzialmente tecnico non solo per
quanto attiene al profilo trasportistico e marittimistico, ma anche antitrust.
Tale connotazione tecnica traspare dalle previsioni relative alla
nomina e alla revoca dello stesso presidente dell’autorità portuale contenute
nella l. 28 gennaio 1994 n. 84 sul riordino della legislazione in materia
portuale. Riguardo al primo profilo, che è stato oggetto della decisione del
Consiglio di Stato, il presidente dell’autorità portuale, ai sensi dell’art. 8
della citata legge, è nominato con decreto del Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, previa intesa con
Al fine di garantire l’effettiva sussistenza del requisito di massima e
comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti
e portuale, presupposto indispensabile per potere essere inclusi nella terna di
esperti, il legislatore del
In ragione della mancata previsione di parametri obiettivi per
accertare l’effettiva sussistenza di una adeguata qualificazione professionale
dei candidati, il meccanismo di designazione è risultato tuttavia non idoneo a
evitare l’insorgenza di controversie ed è quindi oggetto di revisione da parte
del legislatore.
Con la sentenza in epigrafe il Consiglio di Stato ha riformato la
decisione del TAR Sardegna-Cagliari, che aveva respinto il ricorso proposto da
un docente di diritto della navigazione avverso il procedimento di nomina del
presidente dell’autorità portuale di Cagliari per violazione dell’art. 8 della legge n. 84/1994,
annullando gli atti impugnati in primo grado.
A seguito di un’analisi comparativa dei curricula del soggetto nominato a presidente dell’autorità portuale
e del docente, il Consiglio di Stato ha rilevato che solo il secondo fosse
effettivamente in possesso del requisito della «massima e comprovata
qualificazione professionale nei settori dell’economia e dei trasporti»
richiesto dalla legge. Il curriculum
del docente attestava una sua «indubbia preparazione scientifica» in diritto
della navigazione, che costituisce in materia portuale «lo strumento
dell’economia dei trasporti» e «abbraccia comunque tutti gli aspetti
pubblicistici, privatistici, commerciali, comunitari, penali, che interessano
la gestione portuale, dalla realizzazione delle infrastrutture, alla polizia
portuale, alla gestione dei servizi, all’utenza, al personale portuale, alla
sicurezza» e in quanto tali rientrano nell’ambito della competenza
dell’autorità portuale. D’altra parte, la stessa legge sul riordino della
legislazione in materia portuale, secondo gli stessi giudici, è contenuta nella
nozione di diritto della navigazione. Dal medesimo curriculum emergeva altresì che il docente aveva acquisito anche
una consolidata esperienza professionale attraverso lo svolgimento di
un’attività di consulenza decennale in materia portuale, per la quale è
essenziale una specifica competenza e conoscenza. Diversamente, il Consiglio di
Stato ha ritenuto che i titoli di studio, l’esperienza professionale di medico
e la funzione di parlamentare o consigliere provinciale del componente della
terna scelto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, non essendo
direttamente attinenti ai settori dell’economia dei trasporti e portuale, non
fossero idonei ad integrare il massimo grado di qualificazione professionale
richiesto dalla legge in tali settori a coloro che sono destinati ad assumere
il ruolo di presidente di un’autorità portuale.
Il Consiglio di Stato ha pertanto dichiarato illegittima la
designazione del componente della terna designata e per le medesime motivazioni
anche la sua nomina da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
a presidente dell’autorità portuale di Cagliari, giacché privo del requisito
della «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori
dell’economia dei trasporti e portuale». D’altra parte, la mancanza di tale
requisito, secondo lo stesso Consiglio di Stato, avrebbe dovuto condurre il
Ministro a richiedere la designazione di una nuova terna di candidati così come
previsto dall’art. 8 della legge n. 84/1994 anziché procedere alla scelta del
presidente dell’autorità portuale.
Dunque i giudici di palazzo Spada hanno censurato la decisione del TAR
di considerare che la regolarità formale del procedimento di nomina del
presidente dell’autorità portuale di Civitavecchia fosse idonea di per sé ad
integrare anche quella sostanziale stabilita dal citato art. 8 e ciò senza
considerare che «condizione assolutamente necessaria» per coloro che sono
designati a ricoprire tale carica è il possesso di una massima comprovata
qualificazione professionale. Il giudice di primo grado non ha quindi colto la ratio dell’art. 8 della legge n. 84/1994
che è quella di garantire una scelta selettiva idonea ad escludere che possa
essere nominato «un soggetto, il quale seppure designato dagli enti locali, non
sia realmente esperto».
Giovanni Marchiafava
* * *
Trasporto aereo di
persone - Ritardo - Responsabilità del vettore - Danni patrimoniali -
Compensazione pecuniaria.
GIUDICE DI PACE
DI MASCALUCIA 12 OTTOBRE 2013
Iura navigationis non novit curia. Una motivazione clamorosamente
errata in tema di ritardo nel trasporto aereo.
Nel gennaio 2013 due passeggeri avevano acquistato biglietti aerei per un volo da Spalato a Roma operato da Croatia Airlines con partenza alle ore 16.05 e arrivo alle 17.10 e da lì la prosecuzione per Catania con un volo operato da Alitalia con partenza alle 20.50 e arrivo alle 22.05.
Il volo da Spalato a Roma, a causa del maltempo che aveva determinato la temporanea chiusura dell’aeroporto, era stato ritardato alla partenza di due ore e ventidue minuti, sicché era arrivato a Roma alle 19.50. Dovendo ritirare i bagagli, i passeggeri non avevano fatto in tempo a prendere la coincidenza, sicché avevano dovuto trascorrere la notte in aeroporto e acquistare a loro spese un altro biglietto Alitalia per l’indomani mattina, giungendo a destinazione con oltre dieci ore di ritardo.
I passeggeri avevano dunque
citato in giudizio
Il giudice si dedica inizialmente all’esposizione del sistema di responsabilità del vettore aereo per ritardo, incorrendo in errori clamorosi. In primo luogo sostiene che la norma applicabile è quella dell’art. 942 c. nav., quando questo articolo è stato abrogato ormai da otto anni e sostituito dall’attuale art. 941 c. nav., che rinvia alla Convenzione di Montreal del 1999. L’errore è stato indotto dalla lettura di vecchie massime di giurisprudenza che si riferivano a quell’articolo, senza verificare la normativa vigente. Si tratta purtroppo di un vizio non raro dei nostri giudici di pace (v., al riguardo, lo scritto di F. Mancini, Massima vecchia non fa buon brodo, nella rubrica «Fatti e misfatti» del Dir. trasp. n. 3/3013).
L’errore non sarebbe in sé grave nei suoi
effetti, perché l’abrogato art. 942 conteneva una norma non molto dissimile da
quella dell’art. 19 della Convenzione di Montreal, secondo il quale «the carrier shall not be liable for damage occasioned by delay if it
proves that it and its servants and agents took all measures that could
reasonably be required to avoid the damage or that it was impossible for it or
them to take such measures».
Quando però il nostro giudice passa a valutare concretamente la portata della disposizione, prima osserva correttamente che la diligenza del vettore deve essere una diligenza professionale, ma poi cita a sproposito due sentenze della Corte di giustizia europea (del 22 dicembre 2008 e del 19 novembre 2009), secondo le quali «il vettore dovrà dimostrare non solo che si sono realizzate circostanze eccezionali, ma anche che queste erano inevitabili pur facendo ricorso alle misure necessarie», concludendo che «alla luce della recentissima giurisprudenza della Corte di giustizia europea, il vettore è sempre considerato responsabile, non essendo mai esonerato neanche nelle ipotesi di sciopero o cause meteo».
Le due sentenze sono citate a
sproposito per due motivi. Prima perché non riguardano la prova liberatoria del
vettore dalla sua responsabilità per il ritardo, ma riguardano la prova che il
vettore deve fornire se vuole evitare di pagare la compensazione pecuniaria
prevista dal reg. (CE) n. 261/2004, che è tutt’altra cosa. Secondariamente
perché
In definitiva, per decidere correttamente il giudice avrebbe dovuto applicare l’art. 19 della Convenzione di Montreal e verificare se la chiusura dell’aeroporto per il maltempo potesse avere impedito al vettore di prendere le misure ragionevolmente richieste per evitare il danno. In caso di risposta positiva, il vettore non sarebbe responsabile.
Il giudice ha comunque sentenziato la responsabilità del vettore e l’ha condannato a risarcire il danno patrimoniale, corrispondente al prezzo dei biglietti del volo non effettuato più il prezzo dei nuovi biglietti acquistati. Anche questa decisione è palesemente errata, perché i passeggeri sono comunque arrivati a destinazione con un volo e il loro danno è consistito soltanto nel prezzo dei nuovi biglietti acquistati a loro spese. Consentendo il rimborso di entrambi i biglietti (perduti e acquistati), il giudice ha consentito in sostanza ai passeggeri di volare gratis per la seconda tratta.
Una decisione forse corretta è stata peraltro presa. Infatti, il giudice ha condannato il vettore al pagamento della compensazione pecuniaria ai sensi del reg. (CE) n. 261/2004, nonostante il ritardo del primo volo sia stato di meno di tre ore, calcolando il ritardo non alla partenza, bensì all’arrivo alla destinazione finale. Con ciò conformandosi (ma senza citarla) alla sentenza della Corte di giustizia europea del 26 febbraio 2013 (causa C-11/11). Rimane il forte dubbio se, nella specie, il viaggio dovesse considerarsi unitario, nel senso che il viaggio in partenza da Spalato avesse come destinazione finale Catania anziché Roma, visto che a Roma i passeggeri hanno dovuto ritirare i loro bagagli (ed erano evidentemente privi della carta d’imbarco per il secondo volo).
Leopoldo Tullio
* * *
Trasporto ferroviario di persone - Ritardo
- Indennizzo previsto dall’art. 17 reg. (CE) n. 1371/2007 - Esclusione
convenzionale per causa di forza maggiore - Illegittimità.
Corte
di Giustizia UE 26 settembre 2013,
causa C-509/11
Indennizzo da
ritardo del trasporto ferroviario di persone nelle condizioni generali di
trasporto, nel reg. (CE) n. 1371/2007 e nella COTIF-CIV 1999.
La sentenza in esame consente di fare un
breve cenno alle norme applicabili al trasporto ferroviario e qualche
riflessione sul loro ambito di applicazione.
Il trasporto ferroviario internazionale è
regolato dalla COTIF 1999 (Convenzione sul trasporto internazionale ferroviario
del 1980, nella versione da ultimo emendata dal Protocollo di Vilnius del
1999), sia per il trasporto di persone (appendice CIV) che merci (appendice
CIM). Al fine di evitare che le successive modifiche della Convenzione
creassero diverse versioni applicabili a ciascuno Stato a seconda della
versione ratificata, come avviene in altre modalità di trasporto,
Nell’ambito del diritto dell’Unione europea,
il reg. (CE) n. 1371 del 23 ottobre
Il giudizio nell’ambito del quale si è
reso necessario adire
Alla Corte sono stati sottoposti due
quesiti; con il primo, le è stato chiesto se l’organismo nazionale designato
all’applicazione del regolamento abbia il potere di imporre al vettore
l’applicazione di condizioni contrattuali sull’indennizzo al passeggero
conformi al regolamento, anche se la normativa nazionale limita il suo potere
alla dichiarazione di inefficacia di tali condizioni.
Con il secondo quesito le è stato chiesto
se l’art. 17 del regolamento (che prevede l’indennizzo per il ritardo) debba
essere interpretato nel senso che una impresa ferroviaria possa escludere
l’obbligo di indennizzo in casi di ritardo per forza maggiore, in applicazione
analogica delle cause di esclusione previste dagli altri regolamenti o della
norma della COTIF-CIV.
Il primo quesito è stato risolto
negativamente, dichiarando che, ove non sia previsto dalla legge nazionale,
l’organismo di controllo non può imporre il contenuto delle condizioni
contrattuali.
Si tratta di una condivisibile decisione
della Corte fondata sulla considerazione che l’art. 30 del regolamento prevede
che ciascun organismo adotti le misure necessarie per garantire il rispetto dei
diritti dei passeggeri, ma tali misure non sono state concretamente definite
dal legislatore comunitario; quindi i poteri che competono all’organismo
nazionale di controllo sono delimitati dalle norme nazionali. Nel caso in
esame, la legge federale austriaca sulle ferrovie si limita a prevedere che
Con la risposta al secondo quesito
Il condivisibile ragionamento della Corte
parte dalla considerazione preliminare che l’art. 17 prevede indennizzi minimi
parametrati al prezzo del biglietto che i passeggeri hanno diritto di chiedere
in caso di ritardo, a condizione che non siano stati informati del ritardo
prima dell’acquisto del biglietto o che il ritardo non sia inferiore a 60
minuti. Il regolamento, però, non esonera il vettore dal pagamento
dell’indennizzo se il ritardo sia stato causato da forza maggiore.
Lo si può ritenere esonerato attraverso
l’applicazione analogica dei regolamenti comunitari destinati ad altre modalità
di trasporto passeggeri? Secondo
Lo si può ritenere, allora, esonerato
attraverso l’applicazione delle cause di esonero di responsabilità previste
dalla COTIF-CIV? L’art. 15 del regolamento prevede che, fatti salvi gli
articoli da
Rimane ferma la possibilità per il passeggero
di agire anche per ottenere il risarcimento del danno da ritardo ed il vettore
potrà allora eccepire la causa di forza maggiore che esclude la sua
responsabilità.
Cristina De Marzi
* * *
Trasporto marittimo di
cose - Diritto di ritenzione del vettore - Collegamento funzionale tra bene e
credito - Sussistenza.
TRIBUNALE
DI ROMA 27 SETTEMBRE 2013
In materia di diritto di ritenzione del
vettore nel trasporto marittimo di merci.
Dal combinato disposto degli art. 2756 e 2761
c.c. discende un diritto legale di ritenzione sulle merci trasportate in favore
del vettore a garanzia del pagamento dei crediti del trasporto. In particolare,
l’art. 2761, comma 1, c.c. stabilisce che i crediti derivanti dal contratto di
trasporto hanno privilegio sulle cose trasportate finché queste rimangono
presso il vettore; l’art. 2756 c.c., comma 3, c.c. prevede che il creditore può
ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo
credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del
pegno.
La sentenza in oggetto applica la richiamata disciplina ad una fattispecie di
trasporto marittimo di merci, precisando che sussiste il collegamento funzionale
tra il bene ritenuto ed il credito vantato sul medesimo bene, requisito
necessario secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. 10 maggio 2012 n.
7152; Cass. 28 giugno 2005 n. 13905; Cass. 24 marzo 1998 n. 3108).
Nel trasporto marittimo di merci può inoltre
verificarsi che le parti trasferiscano l’obbligazione di pagamento del nolo dal
caricatore al destinatario mediante la
pattuizione di una cesser clause, che
prevede la cessazione di ogni obbligo del caricatore verso il vettore allorché
la merce sia stata caricata. Tale clausola è normalmente accompagnata dal
riconoscimento al vettore di un lien
sul carico, cioè di una sorta di diritto di ritenzione convenzionale a garanzia
del pagamento da parte del destinatario del nolo e degli altri eventuali crediti
del vettore, con la previsione che il caricatore rimane obbligato se il vettore
non sia riuscito a soddisfare i suoi crediti nonostante l’esercizio del lien.
Il codice della navigazione garantisce i
crediti del vettore per nolo e controstallie facendoli assistere da un
privilegio sulle cose caricate (art. 561, n. 4, c. nav.) e consentendo inoltre
al comandante, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria del luogo di
scaricazione, di depositare ovvero, se sia necessario, di vendere tanta parte
delle cose caricate quanta ne occorra per coprire il nolo e i compensi di
controstallia, a meno che il destinatario non provveda al deposito di una somma
pari all’ammontare del credito del vettore (art. 437 c. nav.).
Secondo la dottrina la tutela accordata
dall’esercizio del lien convenzionale
si aggiunge alla tutela legale prevista dall’art. 437 c. nav. senza
sostituirla, con l’effetto di sovrapporvi un diritto di ritenzione in
autotutela (prescindendo, cioè, dal ricorso all’autorità giudiziaria) e
mantenendo sia la facoltà di deposito e vendita (previa autorizzazione), sia la
possibilità di offrire cauzione.
Sulle lien
clauses, cfr. F. Berlingieri,
Il trasporto marittimo, Genova, 1975,
187 ss.; G.B. Gallus, Introduzione alla natura ed efficacia per il
diritto italiano delle lien clauses contenute nei charterparties, in Dir. trasp. 1993, 356 ss.; M. Deiana, I liens nei contratti di utilizzazione della nave, Torino, 1995; A. Lefebvre D’Ovidio - G. Pescatore - L.
Tullio, Manuale di diritto della
navigazione, XIII ed., Milano, 2013,
Andrea Tamburro