CONSIGLIO DELL’ORDINE
DEGLI AVVOCATI DI ROMA
Dipartimento Centro studi -
Formazione e Crediti formativi
Progetto sul Diritto della Navigazione e dei Trasporti
Newsletter di Diritto
della Navigazione e dei Trasporti
Numero 19 — luglio-ottobre 2014
Sono lieto
di presentare il diciannovesimo numero della Newsletter, frutto dello studio dei componenti
del Progetto sul Diritto della navigazione e dei trasporti e del coordinamento
scientifico del titolare della cattedra di Diritto della navigazione della
Sapienza, Università di Roma, prof. Leopoldo Tullio.
Sono di seguito riportati gli argomenti trattati e il link per una lettura completa della Newsletter.
Il consigliere
delegato al Progetto sul Diritto della navigazione e dei trasporti
avv. Fabrizio Bruni
PROGETTO
SUL DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE E DEI TRASPORTI
CONSIGLIERE DELEGATO: avv.
Fabrizio Bruni
COORDINATORE: avv. prof.
Leopoldo Tullio
COLLABORATORI PER LA REDAZIONE
DI QUESTA NEWSLETTER:
avv. Cristina De Marzi, avv. Enzo Fogliani,
avv. Francesco Mancini, avv. Giovanni Marchiafava, avv. Elena Provenzani, avv. Cristina Sposi, avv. Andrea Tamburro.
Indice degli
argomenti trattati
Aeromobile -
Aeromobile in volo in spazio aereo internazionale - Vendita - Assoggettamento
ad IVA.
Aeroporti - Rumore - Contenimento -
Restrizioni operative.
Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti - Riorganizzazione interna - Razionalizzazione e contenimento della finanza pubblica.
Servizi di trasporto ferroviari, stradali e per via
navigabile - Obblighi di servizio pubblico - Oneri gravanti sulle imprese di
trasporto - Diritto alla compensazione - Condizioni.
Servizi di trasporto marittimo - Libera prestazione dei servizi - Reg. (CEE) n. 4055/86 - Ambito di applicazione.
Trasporto ferroviario di
persone - Diritti dei passeggeri - Reg. (CE) n.
1371/2007 - Violazione - Disciplina sanzionatoria.
Trasporto stradale di cose -
Responsabilità del vettore - Azione contrattuale del mittente contro il subvettore - Inammissibilità - Azione extracontrattuale -
Oneri probatori.
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Aeromobile - Aeromobile
in volo in spazio aereo internazionale - Vendita - Assoggettamento ad IVA.
CORTE
DI CASSAZIONE, SEZ. TRIB.,
16 LUGLIO 2014 N. 16221
Dell’applicabilità
del regime dell’IVA alla vendita di aeromobili
italiani in volo su spazio aereo internazionale durante un volo di
addestramento.
La sentenza in esame è
stata emessa dalla suprema Corte di cassazione a seguito di
un ricorso promossa da una compagnia aerea contro l’Agenzia delle
entrate. Alla base della vicenda vi è un accertamento notificato alla suddetta
compagnia nel 2004 per il recupero di alcune imposte
dirette e per il recupero dell’IVA, relative all’anno 2000. La questione
principale fa riferimento al mancato pagamento dell’IVA per la vendita di due
aeromobili, iscritti nel registro aeronautico nazionale, effettuata
dalla compagnia aerea ad una società irlandese e perfezionatasi durante un volo
di addestramento nello spazio aereo internazionale.
Il contenzioso giunto
sino in Cassazione si fonda sulle contestazioni della compagnia aerea che, relativamente alla vendita dei due velivoli, deduce in
questa sede numerosi motivi di censura alla sentenza della Corte di appello.
1) Violazione degli art. 1 e 7 del decreto IVA e 8 della sesta direttiva.
Per la ricorrente la nozione di territorio dello Stato
coincide con lo spazio terrestre compreso nei confini nazionali e comprende
anche il soprasuolo, il sottosuolo ed il mare territoriale; perciò è
assoggettabile ad IVA il bene ceduto che sia fisicamente presente nel
territorio italiano al momento del perfezionamento della cessione, non
rilevando il luogo in cui la vendita è stata conclusa;
2) violazione di più
norme di diritto ed applicazione analogica dell’art. 4 c. nav., il quale non potrebbe essere applicato per regolare
rapporti tributari;
3) violazione dell’art.
4 c . nav. La compagnia
sostiene che quando il velivolo aereo si trova in spazio aereo internazionale
possono essere soggette ad imposizione IVA nazionale solo le cessioni fatte a
bordo, ma non la vendita conclusa in Italia del velivolo in volo in spazio non
soggetto alla sovranità dello Stato;
4) violazione degli art.
1-7 d.P.R. n. 633/1972 e art. 23-53 cost.;
5) infine con gli ultimi
tre motivi di censura si contesta sostanzialmente l’abusività
ed elusività della vendita dei due velivoli, effettuata
durante i voli di addestramento negli spazi internazionali.
La Corte di cassazione
ha respinto i motivi di ricorso, trattandoli globalmente e ritenendoli
manifestamente infondati, ed ha pertanto ritenuto la compagnia aerea obbligata
a versare l’IVA in contestazione.
La suprema Corte ha
fondato la sua decisione su alcuni punti di seguito sinteticamente riassunti
a)
La dir. 2006/112/CE all’art. 5 intende per Stato membro e territorio di uno
Stato membro il territorio di ciascun Stato membro
della Comunità cui si applica il trattato istitutivo della Comunità europea.
Poiché mancano in tale Trattato definizioni precise del territorio che è
compreso nella sovranità di ciascun Stato membro, ogni
Stato deve stabilire i limiti e le estensioni di tale territorio, secondo le
regole del diritto internazionale pubblico.
Sulla base del diritto
interno, e precisamente con riferimento agli art. 3 e 4 c. nav., la Corte precisa che è soggetto alla sovranità dello
Stato lo spazio aereo che sovrasta il territorio della Repubblica e che gli
aeromobili italiani in luogo e spazio non soggetto alla sovranità di alcuno
Stato sono considerati come territorio italiano.
b)
Rileva poi la Cassazione che, secondo la Corte costituzionale (sentenza 22
dicembre 1961 n. 67) a mente dell’art. 4 c. nav., il collegamento con lo Stato esplica la sua efficacia
anche quando il velivolo si trova in spazio aereo internazionale e l’intensità
del collegamento deve far considerare che l’aeromobile sia parte del territorio
dello Stato di immatricolazione che pertanto vi fa valere la sua attività come
sul suo territorio.
c)
Orbene, conclude la suprema Corte di cassazione, è
italiano, secondo il codice della navigazione, un aeromobile iscritto nel
registro aeronautico nazionale di cui agli art. 749-751-753 c. nav. e un aeromobile italiano che si trovi in luogo o spazio non
soggetto alla sovranità di alcuno Stato è considerato come territorio italiano,
poiché spetta ad ogni Stato membro stabilire i limiti del proprio territorio,
secondo le regole del diritto internazionale.
Conclude pertanto la suprema
Corte che, dal momento che un aeromobile italiano in volo in spazio aereo
internazionale è soggetto all’autorità dello Stato italiano, di conseguenza la
vendita del detto velivolo effettuata durante il volo è soggetta all’imposta
interna sulla base del principio di territorialità stabilito dal decreto IVA.
L’operazione di vendita,
posta in essere dalla compagnia aerea, che non si
trova in regime di esenzione né in regime di non imponibilità, è dunque
soggetta al pagamento dell’IVA ai sensi dell’art. 17 del detto decreto.
Cristina Sposi
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Aeroporti - Rumore - Contenimento - Restrizioni
operative.
REGOLAMENTO (UE) N. 598/2014 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
DEL 16 APRILE 2014
Il primo
regolamento (sul rumore negli aeroporti) del pacchetto aeroporti è stato
approvato.
Il problema dell’inquinamento acustico
delle zone limitrofe ai grandi aeroporti è un tema d’attualità, la cui
soluzione pone non poche difficoltà, anche nei rapporti fra Stati quando un
aeroporto è posto nelle vicinanze dei loro confini.
La Comunità europea era già intervenuta
sul tema con la dir. 2002/30/CE, tuttavia, si legge nel quarto considerandum del
regolamento, «in seguito al ritiro dei velivoli più rumorosi a norma della
direttiva 2002/30/CE e della direttiva 2006/93/CE
occorre un aggiornamento delle modalità di utilizzo delle misure relative alle
restrizioni operative in modo da migliorare il clima acustico nell’intorno
degli aeroporti dell’Unione, entro il quadro internazionale dell’approccio
equilibrato».
Il regolamento (costituito da 17 articoli
e due allegati) entrerà in vigore il 13 giugno 2016, abrogando la dir.
2002/30/CE, che rimarrà comunque applicabile per le
procedure in corso al momento di entrata in vigore del regolamento (art. 15 e considerandum
21).
Per ambito applicativo pressoché sovrapponibile
alla direttiva, anch’esso si applica ai velivoli utilizzati in attività civili,
di medie e grandi dimensioni (con massa massima certificata al decollo pari o
superiore a 34 mila chilogrammi o con numero di posti passeggeri superiore a
19) e agli aeroporti con traffico superiore ai 50 mila movimenti annuali (sulla
media dei tre anni).
Il regolamento si pone l’obiettivo di
stabilire norme concernenti la procedura da seguire per l’introduzione di
restrizioni operative dirette a contenere il rumore, laddove sia stato constatato un problema di inquinamento acustico (art. 1) e,
data la sua diretta applicabilità agli ordinamenti degli Stati, produrrà un
effetto più incisivo della abrogata direttiva.
Per restrizioni operative si intende un intervento che limita l’accesso ad un
aeroporto o ne riduce le capacità operative. Avendo un forte impatto negativo
sul traffico aereo e, conseguentemente, sull’indotto economico ad esso collegato, si prevede che, quando sono messi in atto
interventi diretti a contenere il rumore, sia presa in considerazione la
migliore combinazione di misure disponibili in termini di rapporto fra costi e
benefici, lasciando per ultima la misura della restrizione operativa (art. 5).
Fra le misure disponibili c’è il ritiro dei velivoli «marginalmente conformi» e
a tal fine il regolamento consente agli Stati di intervenire con incentivi
economici per incoraggiare gli operatori del trasporto aereo ad utilizzare
velivoli meno rumorosi (art. 5.3).
Perché le autorità competenti (art 3)
possano intervenire con misure restrittive è
necessario che sia determinato periodicamente il rumore degli aeroporti e che
vi sia, quando si renda necessario adottare misure che ne riducano i livelli, una
cooperazione ed un processo di consultazione fra tutti soggetti interessati:
vettori, fornitori di servizi, gestori aeroportuali nonché residenti (art. 6).
L’art. 8 del regolamento prevede che l’introduzione
di una restrizione operativa, accompagnata da relazione scritta, sia notificata
dalle autorità competenti agli Stati membri, alla Commissione ed ai soggetti
interessati sei mesi prima della sua adozione e, comunque,
due mesi prima della determinazione dei parametri di coordinamento per l’assegnazione
delle bande orarie per l’aeroporto interessato e per la stagione di traffico.
La Commissione può riesaminare la
procedura entro tre mesi dalla notifica e, se ritiene che non sia stata
rispettata la procedura prevista dal regolamento, lo notifica alla autorità competente che informerà la Commissione delle
sue intenzioni prima di introdurre la restrizione operativa (art. 8).
Deroghe alle restrizioni sono previste
per i velivoli marginalmente conformi che siano stati
in servizio nell’Unione Europea nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore
del regolamento e che nello stesso periodo siano stati iscritti nel registro
del Paese in via di sviluppo e che continuino ad essere gestiti da persona
fisica o giuridica di tale Paese (art. 9).
Anche attività di carattere eccezionale,
come voli umanitari o riparazioni, possono giustificare
deroghe all’uso di velivoli marginalmente conformi, quando, data l’eccezionalità
dell’evento, sarebbe irragionevole negare una deroga temporanea (art. 10).
Al corpo normativo del regolamento cui si
è velocemente accennato seguono due allegati contenenti linee guida per la determinazione dei livelli sonori degli
aeroporti, per le informazioni sulla gestione del rumore e per la valutazione
in termini di costi e benefici delle restrizioni operative.
Cristina De Marzi
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* *
Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti - Riorganizzazione interna - Razionalizzazione e contenimento della
finanza pubblica.
Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 11 febbraio 2014
n. 72
la nuova
organizzazione interna del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
L’adozione del Decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 febbraio 2014 n. 72, recante «Organizzazione
del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti» muove dalla necessità di assicurare la riduzione del numero delle
strutture di primo livello del Ministero, nell’ottica
del contenimento della finanza pubblica e di razionalizzazione degli assetti
organizzativi esistenti, come da ultimo sancito dall’art. 2, comma 6, del d.l.
95/2012.
Alle esigenze sopra descritte, si
associa, poi, la necessità di corrispondere alle intervenute disposizioni di
legge riguardanti, tra l’altro, l’istituzione dell’Autorità di regolazione dei
trasporti (art. 37 d.l. 201/2011) ed il nuovo regime delle concessioni nel
settore autostradale (art. 11, comma 5, d.l. 216/2011); novità normative,
queste ultime, che hanno imposto la riorganizzazione funzionale e la
razionalizzazione delle risorse umane e strumentali, sia a livello centrale che
periferico, al fine di meglio corrispondere all’esercizio integrato delle
funzioni attribuite al Ministero — così come previsto all’articolo 1 — rispetto a quanto stabilito nel precedente Regolamento
di organizzazione (d.P.R.
211/2008).
L’architettura del nuovo assetto
organizzativo del MIT è dettata dall’articolo 2, che individua
le due strutture di livello dipartimentale (in breve, Dipartimento dei
Trasporti e quello delle Infrastrutture), le sedici Direzioni Generali, i sette
Provveditorati interregionali per le opere pubbliche, le quattro Direzioni
generali territoriali, oltre al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ed al
Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto.
Allo scopo di ottimizzare l’interazione
tra il settore delle infrastrutture e quello dei trasporti viene
istituita, dall’articolo 3, la Conferenza permanente del
Ministero, chiamata a svolgere funzioni di coordinamento generale sulle
questioni comuni all’attività dei due Dipartimenti, e che può formulare al
Ministro proposte per l’emanazione di indirizzi e direttive finalizzate ad assicurare
l’effettivo raccordo fra i Dipartimenti stessi e lo svolgimento coordinato
delle relative funzioni.
L’articolo
4 delinea, per aree omogenee, i compiti e le
attività di competenza dei due Dipartimenti, eliminando in tal modo duplicazioni
e disorganicità.
All’articolo
5 viene disposto che il Dipartimento per le
infrastrutture, i sistemi informativi e statistici sia articolato in otto
Direzioni Generali (per le quali sono analiticamente descritte le relative
competenze): sviluppo del territorio, programmazione e progetti internazionali;
edilizia statale e interventi speciali; condizione abitativa; strade,
autostrade, vigilanza e sicurezza nelle infrastrutture stradali; regolazione e
contratti pubblici; dighe e infrastrutture idriche ed elettriche; vigilanza
sulle concessionarie autostradali; sistemi informativi e statistici.
Rispetto al
precedente Regolamento di organizzazione (d.P.R.
211/2008), risulta soppressa la Direzione generale per la vigilanza e la
sicurezza nelle infrastrutture, le cui funzioni sono confluite nella Direzione
per le strade, autostrade, vigilanza e sicurezza nelle infrastrutture stradali.
Risulta di nuova
costituzione la Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie
autostradali, compito che precedentemente era riservato all’ANAS, e si è
disposto che le funzioni della Direzione generale per le infrastrutture
ferroviarie e l’interoperabilità confluiscano nella
Direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie, che opera
nell’ambito del Dipartimento per i trasporti.
Infine, nel Dipartimento infrastrutture è
stata inserita la Direzione generale per i sistemi informativi e statistici,
che opera al servizio dei due Dipartimenti, con compiti di carattere
trasversale per l’implementazione comune delle misure di innovazione
tecnologica, a vantaggio di tutti gli Uffici del Ministero.
L’articolo 6 individua il Dipartimento
per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale prevedendo
che lo stesso sia articolato in otto Direzioni Generali (con descrizione
puntuale delle relative competenze): personale e affari generali;
motorizzazione; sicurezza stradale; trasporto stradale e intermodalità;
trasporto e infrastrutture ferroviarie; sistemi di trasporto ad impianti fissi
e trasporto pubblico locale; vigilanza sulle autorità portuali, le
infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per vie d’acqua interne;
aeroporti e trasporto aereo.
Si segnala che rispetto al precedente
Regolamento è stata accorpata la Direzione generale
per i porti e la Direzione generale per il trasporto marittimo e per vie d’acqua
interne.
Infine, nel Dipartimento trasporti è
stata inserita la Direzione generale del personale e degli affari generali
deputata a curare, con carattere trasversale per tutti gli uffici del
Ministero, la gestione dei servizi comuni concernenti l’utilizzazione
delle risorse strumentali, finanziarie ed umane, anche mediante l’utilizzazione
e l’implementazione delle misure di innovazione amministrativa.
Gli articoli
7, 8 e 9 recano la specifica
disciplina e le attribuzioni riguardanti, quali organi decentrati del
Ministero, i sette Provveditorati interregionali per le opere pubbliche
(Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria; Lombardia e Emilia
Romagna; Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia
Giulia; Toscana, Marche e Umbria; Lazio, Abruzzo e Sardegna; Campania, Molise,
Puglia e Basilicata; Sicilia e Calabria.
Rispetto al precedente Regolamento, è
stato soppresso il Provveditorato per l’Emilia Romagna e la Liguria ed il
Provveditorato per la Puglia e la Basilicata, ridistribuendo gli ambiti
territoriali tra gli altri Provveditorati.
Nello specifico, l’art. 9, nel recare
disposizioni in ordine all’organizzazione dei
Provveditorati, ne chiarisce l’ispirazione, data dalla necessità di conferire
piena attuazione al criterio dell’efficiente dimensionamento delle strutture,
tenendo conto della qualità e della quantità dei servizi svolti, della
rilevanza dei compiti e delle funzioni assegnate con riferimento al bacino di
utenza e all’ambito territoriale interessato.
Gli articoli
10, 11 e 12 definiscono —
analogamente a quanto stabilito per i Provveditorati interregionali —
composizione e compiti delle articolazioni periferiche del Ministero dipendenti
funzionalmente dal Dipartimento per i trasporti, individuate in quattro
Direzioni Generali Territoriali corrispondenti alle seguenti circoscrizioni:
¾
Direzione generale territoriale del Nord-Ovest,
per gli uffici aventi sede nelle regioni: Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e
Liguria, con sede
in Milano;
¾
Direzione generale territoriale del Nord-Est,
per gli uffici aventi sede nelle regioni: Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Marche, con sede in
Venezia;
¾
Direzione generale territoriale del Centro, per
gli uffici aventi sede nelle regioni: Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo e
Sardegna, con sede in Roma;
¾
Direzione generale territoriale del Sud per gli
uffici aventi sede nelle regioni: Campania, Molise, Puglia, Basilicata,
Calabria e Sicilia, con sede in Napoli.
Rispetto al precedente Regolamento è stata soppressa la Direzione generale territoriale Sud e
Sicilia, il cui ambito territoriale è confluito nella Direzione generale
territoriale del Sud.
L’articolo
13 individua le attribuzioni e le funzioni del Corpo delle Capitanerie di
Porto nell’ambito delle attribuzioni per lo stesso previste
dal codice della navigazione e dalle altre leggi speciali, e sotto il coordinamento
del Dipartimento per i trasporti che lo esercita tramite il Comando Generale
del Corpo.
È altresì disposto che le Capitanerie di
Porto - Guardia Costiera continuino a svolgere gli ulteriori
compiti previsti dalla normativa vigente secondo le direttive dei Ministri
competenti (Ambiente, Risorse agricole alimentari e forestali, Beni culturali),
prevedendo l’impiego di personale in funzione di collegamento per gli aspetti
connessi alle materie dì competenza.
L’articolo
14 prevede che, nell’ambito del Ministero, operi — secondo le modalità previste dal d.P.R.
204/2006 — il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, articolato ora in tre
sezioni distinte per materie e compiti, rispetto alle cinque precedenti. La
ripartizione delle materie è definita dal Ministro, su
proposta del Presidente del Consiglio Superiore, entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore del regolamento. Detta ripartizione può essere modificata
ogni biennio, con pari procedura.
L’articolo
15 stabilisce l’operatività,
nell’ambito del Ministero, della Struttura Tecnica di Missione, di cui all’art.
163 del codice dei contratti pubblici; del Nucleo di valutazione e verifica
degli investimenti pubblici cui competono le funzioni
di cui all’art. 1 della legge 144/1999 e dell’art. 7 del d.lg.
228/2011; e della Direzione Generale per le investigazioni ferroviarie e
marittime, chiamata a svolgere compiti in materia di sinistri ferroviari e
marittimi.
Gli articoli
da 16 a 19 costituiscono il capo VII del d.P.C.
e disciplinano la dotazione organica e le norme di funzionamento del Ministero.
In conclusione, si evidenzia che il
procedimento di razionalizzazione cui è stato sottoposto il MIT ha consentito
una notevole riduzione delle posizioni dirigenziali generali che sono passate da 47 a 39, provvedendo, del pari, alla
riduzione delle funzioni dirigenziali di seconda fascia, che sono passate da
251 a 195.
La ratio
appare essere quella di migliorare la produttività e garantire l’effettiva invarianza della quantità e qualità dei servizi.
Elena Provenzani
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Servizi di trasporto ferroviari, stradali e per via navigabile - Obblighi di servizio pubblico - Oneri gravanti sulle imprese di trasporto - Diritto alla compensazione - Condizioni.
CORTE
DI GIUSTIZIA UE 3 MARZO 2014 N. 410
In materia di obblighi
di servizio pubblico nel settore dei trasporti ferroviari, stradali e per via
navigabile. Il diritto alla compensazione degli oneri gravanti sulle imprese di
trasporto.
La
sentenza in esame trae origine da una domanda pregiudiziale
sull’interpretazione del reg. (CEE) n. 1191/69, relativo all’azione degli
Stati membri in materia di obblighi inerenti alla
nozione di servizio pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia, su strada
e per via navigabile, come modificato dal reg. (CEE) n. 1893/91.
Per obblighi di servizio pubblico si intendono
gli obblighi che l’impresa di trasporto, ove considerasse il proprio interesse
commerciale, non assumerebbe ovvero non assumerebbe nella stessa misura o alle
stesse condizioni (art. 2.1).
Le competenti autorità degli Stati membri sopprimono gli obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico
imposti nel settore dei trasporti per ferrovia, su strada e per via
navigabile (art. 1.3). Tuttavia, le competenti autorità degli Stati membri
possono mantenere o imporre gli obblighi di servizio pubblico per i servizi
urbani, extraurbani e regionali di trasporto di passeggeri, secondo le
condizioni, le modalità e i criteri di compensazione
stabiliti dal regolamento (art. 1.5).
Le imprese di trasporto possono presentare alle autorità
competenti degli Stati membri domanda per la soppressione totale o parziale di
un obbligo di servizio pubblico, qualora tale obbligo comporti per esse svantaggi economici (art. 4.1). Le decisioni di
mantenere o di sopprimere a termine, totalmente o parzialmente, un obbligo di
servizio pubblico, prevedono in favore delle imprese di trasporto, per gli
oneri che ad esse ne derivano, la concessione di una
compensazione determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento (art.
6.2).
In tale contesto normativo, la domanda di pronuncia pregiudiziale è
volta a chiarire se gli art. 4 e 6 reg. (CEE) n. 1191/69 debbano essere
interpretati nel senso che il sorgere del diritto alla compensazione per gli
oneri derivanti dall’adempimento di un obbligo di servizio pubblico sia subordinato,
da un lato, alla presentazione di una domanda di soppressione di detto obbligo
da parte dell’impresa di trasporto interessata, dall’altro, alla decisione di
mantenimento o di soppressione a termine di detto obbligo da parte delle competenti
autorità degli Stati membri.
In merito, la Corte di
giustizia ha stabilito che gli art. 4 e 6 del reg. (CEE) n. 1191/69 devono
essere interpretati nel senso che, quanto agli obblighi di servizio pubblico venuti
in essere anteriormente all’entrata in vigore del
regolamento, il sorgere di un diritto alla compensazione per gli oneri
derivanti dall’adempimento di tali obblighi è subordinato alla presentazione di
una domanda di soppressione degli obblighi stessi da parte dell’impresa di
trasporto interessata, nonché alla decisione di mantenimento o di soppressione
a termine di detti obblighi da parte delle autorità competenti. Per contro,
quanto agli obblighi di servizio pubblico venuti in essere successivamente
all’entrata in vigore del regolamento, il sorgere del diritto alla
compensazione non è subordinato alle suddette condizioni.
Andrea
Tamburro
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Servizi di
trasporto marittimo - Libera
prestazione dei servizi - Reg. (CEE) n. 4055/86 -
Ambito di applicazione.
CORTE DI GIUSTIZIA
UE 8 LUGLIO 2014, CAUSA C-83/13
Sull’ambito di applicazione del principio della libera prestazione dei servizi marittimi.
La Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza in epigrafe
ha affrontato la questione dell’ambito di operatività
del reg. (CEE) n. 4055/86 del Consiglio del 22 dicembre 1986, che applica il
principio della libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo fra Stati
membri e fra questi Stati e Paesi terzi ai cittadini degli Stati membri
stabiliti in uno Stato membro diverso da quello del destinatario dei servizi.
Attraverso la presentazione di una domanda di pronuncia pregiudiziale
ex art. 267 TFUE, l’autorità giudiziaria svedese ha chiesto ai giudici europei
di stabilire se le norme del reg. (CEE) n. 4055/86, recepite
negli ordinamenti giuridici degli Stati contraenti dell’Accordo sullo Spazio
economico europeo del 2 maggio 1992 (SEE), siano applicabili a una società con
sede in uno Stato aderente all’Associazione europea di libero scambio (European Free Trade Association - EFTA),
che svolge servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro dell’Unione
europea o in uno Stato EFTA mediante l’utilizzazione di una nave battente
bandiera di uno Stato terzo.
Secondo quanto stabilito dall’art. 1 del reg. (CEE) n. 4055/86 la
libera prestazione dei servizi marittimi è concessa ratione personae
ai cittadini degli Stati membri «stabiliti in uno Stato membro differente da quello destinatario del servizio» (art. 1.1) nonché ai
cittadini degli Stati membri e alle società di navigazione sotto il controllo
di cittadini comunitari, che siano stabiliti fuori dell’Unione europea qualora
le loro navi siano «registrate in tale Stato membro conformemente alla sua
legislazione» (art. 1.2).
Sulla base delle condizioni di operatività di
detto regolamento, la Corte, con riferimento agli Stati contraenti dell’Accordo
sullo Spazio economico europeo, ha osservato che la libera prestazione dei
servizi di trasporto marittimo non è accordata ai cittadini di uno Stato SEE
stabiliti in uno Stato terzo se le loro navi non siano «registrate in tale
Stato membro [parte contraente dell’Accordo SEE] conformemente alla sua
legislazione».
L’assenza del medesimo criterio di collegamento concernente
la nazionalità delle navi per i cittadini di uno Stato SEE stabiliti in
un altro Stato SEE, secondo la stessa Corte, dimostra che il legislatore ha
ritenuto che tali cittadini possano essere compresi nella sfera di operatività ratione materiae del
reg. (CEE) n. 4055/86 a prescindere dalla bandiera delle loro navi in ragione
della relazione già di per sé stretta che essi hanno con il diritto dello
Spazio economico europeo. Tale assunto è conforme a quanto rilevato dalla
stessa Corte di giustizia europea in una sua precedente pronuncia e cioè che l’art. 1 del regolamento in parola riguarda i
cittadini degli Stati membri dell’Unione europea stabiliti in un altro Stato
membro diverso da quello del destinatario dei servizi marittimi e non fa
riferimento alla bandiera delle navi utilizzate dalle imprese di navigazione (cfr. C. giust. CE 17 maggio 1994 Corsica Ferries
s.r.l. c. Corpo dei
piloti del Porto di Genova, causa C-18/93, in Dir. mar. 543, 548).
Una volta stabilito che la libera prestazione dei servizi marittimi è
accordata a un cittadino o a una società stabiliti in
uno Stato SEE diverso da quello destinatario del servizio di trasporto
marittimo svolto con una nave battente bandiera di uno Stato terzo, la Corte,
per determinare l’applicabilità ratione personae del reg. (CEE) n. 4055/86, ha ritenuto altresì
di accertare se il cittadino o la società possa qualificarsi come prestatore di
tale servizio. In proposito, la medesima Corte, anche sulla base delle conclusioni
dell’avvocato generale, ha considerato che ai fini della qualificazione di una
società come prestatore di servizi di trasporto marittimo è
necessario che «essa gestisca la nave con cui tale trasporto viene effettuato».
Nel caso di specie i giudici europei, ritenuto incontestato che i
destinatari dei servizi marittimi prestati da una società norvegese con nave
battente bandiera panamense erano stabiliti in uno Stato contraente
dell’Accordo SEE diverso dalla Novergia e supposto
che la stessa società potesse essere qualificata come prestatore dei servizi di
trasporto marittimo, hanno considerato che il giudice del rinvio pregiudiziale
dovrebbe concludere che la società in questione
rientra nella sfera di applicazione ratione personae del reg. (CEE) n. 4055/86 ai sensi dell’art.1.1 e perciò essa può avvalersi della libera prestazione
dei servizi per l’esercizio di tali attività.
In conclusione, la libera prestazione dei servizi marittimi, ai sensi
dell’art. 1 del reg. (CEE) n. 4055/86, può essere accordata a
una società stabilita in uno Stato contraente dell’Accordo sullo Spazio
economico europeo e proprietaria di una nave battente bandiera di uno Stato
terzo, attraverso la quale è svolto un servizio di trasporto marittimo da uno
Stato SEE o verso il medesimo Stato purché la stessa società «in ragione del
fatto che gestisce la nave» possa essere qualificata prestatore di tali servizi
e i rispettivi destinatari siano stabiliti in Stati SEE diversi da quello dove
la società in questione è stabilita.
Giovanni Marchiafava
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Trasporto ferroviario di persone -
Diritti dei passeggeri - Reg. (CE) n. 1371/2007 -
Violazione - Disciplina sanzionatoria.
DECRETO
LEGISLATIVO 17 APRILE 2014 N. 70
AUTORITÀ
DI REGOLAZIONE DEI TRASPORTI, 4 LUGLIO 2014
La disciplina
italiana sulle violazioni dei diritti dei passeggeri nel trasporto ferroviario.
Due importanti tasselli si aggiungono al
quadro normativo relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri del
trasporto ferroviario in ambito europeo, delineando,
peraltro, importanti compiti per l’Autorità di regolazione dei trasporti,
recentemente istituita.
Il reg. (CE) n. 1371/2007, in vigore dal
2009, in coerenza con le norme di contenuto analogo stabilite per le altre modalità di trasporto, è intervenuto a fissare livelli
uniformi di tutela per il passeggero nel trasporto ferroviario. Tale
regolamento ha, all’art. 32, demandato agli Stati membri la disciplina delle
sanzioni per l’inosservanza delle disposizioni in esso
contenute da parte dei professionisti operanti nel settore e delle misure
necessarie per assicurarne l’attuazione.
In Italia la citata previsione è stata
recentemente realizzata attraverso l’emanazione del d.lg.
17 aprile 2014 n. 70, che introduce la disciplina sanzionatoria
per le violazioni delle disposizioni del suddetto regolamento nonché con l’approvazione in data 4 luglio 2014 del
regolamento dell’Autorità di regolazione dei trasporti, che ne traccia la
procedura.
Il d.lg. n.
70/2014 consta di ventuno articoli divisi otto capi: il primo contiene le disposizioni
generali; dal secondo al settimo capo si trova disciplina delle singole
fattispecie sanzionatorie, di cui sono chiamate a
rispondere l’impresa ferroviaria e/o, a seconda dell’illecito
in considerazione, il gestore dell’infrastruttura, il venditore di biglietti,
il tour operator; l’ottavo e ultimo
capo è dedicato alle disposizioni finanziarie.
Tra le disposizioni generali spicca
l’art. 4 che individua nell’Autorità di regolazione dei trasporti l’organismo
di controllo deputato alla verifica della corretta applicazione del citato
regolamento dell’Unione europea nonché il soggetto
chiamato all’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni. La
norma attribuisce all’organismo di controllo anche poteri ispettivi nei
confronti delle imprese ferroviarie e dei gestori dell’infrastruttura e gli assegna il compito di riferire al Parlamento in ordine
all’applicazione del regolamento e all’attività espletata nell’anno precedente.
Particolare menzione merita anche l’art.
5 che fissa i criteri generali del procedimento per l’accertamento delle
violazioni e per l’irrogazione delle sanzioni, disponendo che l’organismo di
controllo debba determinare l’importo delle sanzioni amministrative nell’ambito
della forbice prevista per ogni singola fattispecie dal medesimo d.lg., avuto riguardo a criteri
quali la gravità e la reiterazione della violazione, le azioni realizzate per
eliminare o attenuare la violazione, il rapporto tra passeggeri coinvolti nella
violazione e quelli trasportati.
Quanto ai
profili più strettamente procedurali dell’accertamento delle violazioni e
dell’irrogazione delle sanzioni, il d.lg. n. 70/2014
rinvia alle parti della legge n. 689/1981 (capo I, sezioni
I e II) relative alle sanzioni amministrative e alla loro applicazione nonché
alla disciplina di dettaglio contenuta nel regolamento dell’organismo di
controllo.
Come sopra anticipato, tale regolamento è
stato approvato con delibera dell’Autorità di regolazione dei
trasporti del 4 luglio 2014.
Il procedimento delineato da detto regolamento
può essere promosso d’ufficio ovvero su impulso del passeggero (ovvero ancora
delle associazioni rappresentative degli interessi dei passeggeri); il reclamo,
tuttavia, a pena di improcedibilità,
deve seguire, spirato un termine massimo di tre mesi, analoga segnalazione
presentata direttamente al soggetto ritenuto responsabile dell’illecito fra
quelli indicati come destinatari delle sanzioni amministrative ai sensi del d.lg. n. 70/2014 (ossia impresa
ferroviaria, gestore dell’infrastruttura, venditore di biglietti, tour operator).
Avviato il procedimento, l’Autorità è
tenuta a svolgere un’attività preistruttoria
finalizzata alla raccolta di elementi alla quale, in
caso di rilevata sussistenza dei presupposti per l’intervento sanzionatorio, fa seguito l’atto di contestazione vero e
proprio, che, nei contenuti e nelle formalità, ricalca quello disciplinato
dalla l. n. 689/1981.
Tale attività preistruttoria
non sostituisce quella istruttoria che l’Autorità può
in ogni caso disporre, qualora sia necessario acquisire ulteriori informazioni
o elementi di valutazione.
In linea con i principi di cui alla legge
di depenalizzazione, si segnala che il destinatario dell’atto di contestazione
può far pervenire, entro trenta giorni, scritti difensivi e documenti, come
pure si sottolinea la possibilità di richiedere
l’audizione personale, facoltà che, tuttavia, a differenza dell’analoga
previsione della legge n. 689/1981, nel regolamento in esame deve essere
oggetto di istanza separata.
Il procedimento si conclude
nel termine di centoventi giorni decorrenti dalla data di notifica della
contestazione, fatti salvi i periodi di sospensione per l’eventuale ulteriore
attività istruttoria disposta o con l’atto sanzionatorio
o con l’archiviazione del procedimento; nel caso di irrogazione della sanzione,
il relativo provvedimento deve contenere l’espressa indicazione del termine
entro cui ricorrere all’autorità giurisdizionale.
Va, infine, evidenziata la possibilità di adozione da parte dell’Autorità di regolazione dei
trasporti di provvedimenti temporanei di natura cautelare.
Francesco Mancini
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Trasporto stradale di cose - Responsabilità del
vettore - Azione contrattuale del mittente contro il subvettore
- Inammissibilità - Azione extracontrattuale - Oneri probatori.
TRIBUNALE
DI UDINE 10 APRILE 2014 N. 543
Legittimazione
passiva del subvettore nei confronti del mittente ed
oneri probatori.
La sentenza Trib.
Udine del 10 aprile 2014 n. 543 si segnala per la precisione e la correttezza
delle sue statuizioni in una questione — come spesso in materia di trasporti —
alquanto intricata.
La vicenda alla base della sentenza è un trasporto affidato dal mittente Bungle
s.p.a. ad un vettore, Ratio Sistemi s.r.l. (che per semplicità
indicheremo come “A”). Come spesso succede nel settore, il vettore contrattuale
affida a sua volta il trasporto ad altro vettore “B” (CTF Consorzio trasporti
Faenza), il quale a sua volta lo affida ad altro
vettore “C” (Futura s.r.l. ), che a sua volta lo affida ad altro vettore “D”
(SAV), il cui autista (“E”) denuncia infine la perdita del carico a causa di
rapina. In sostanza, una lunga catena di subtrasporti,
nei quali ciascun vettore (salvo ovviamente l’ultimo) risulta
contrattualmente mittente del successivo.
L’azione è portata in surrogazione da Unipol, assicuratore di “A”, che ha risarcito quest’ultimo di quanto egli ha a sua volta risarcito al
mittente Bungle. Unipol
cita in giudizio “C”, “D” ed “E”, ma non anche “B”. Solo “C” si costituisce in
giudizio, chiamando a sua volta in causa il proprio assicuratore della
responsabilità civile e chiedendo, in caso di condanna, di essere
manlevato dai convenuti “D” ed “E”.
La sentenza risolve correttamente la
questione, rilevando che l’azione dell’assicuratore in surroga dei diritti di “A” è stata portata in via contrattuale e, come tale, non
potrebbe che essere rivolta nei confronti del vettore “B” (subvettore
contrattuale di “A”), che peraltro non è stato neppure chiamato in giudizio.
Non esiste infatti alcun rapporto contrattuale fra
mittente (in questo caso, “A”) e subvettori (“C” e
“D”) del vettore “B” (sui rapporti fra mittente, vettore e subvettore,
cfr. Cass. 12 dicembre 2003 n.
19050; sull’inesistenza di un’azione contrattuale diretta del mittente verso il
subvettore, Cass. 14 maggio 1979 n. 2773).
La sentenza va oltre, enunciando una
serie di principi che, seppur corretti, molto spesso vengono
disattesi da sentenze di merito in casi analoghi. Osserva
infatti la sentenza che, anche nel caso in cui l’azione fosse stata
portata in via aquiliana, legittimato passivamente
avrebbe potuto esserne soltanto il vettore nel cui periodo di custodia si era
verificato il danno e non indifferentemente uno o addirittura tutti i vettori
facenti parte della catena di subtrasporti.
Statuizione questa esatta, in quanto se la
responsabilità extracontrattuale nasce da atto illecito, solo l’autore di tale
atto ne risponde (salvo specifici casi previsti dalla legge).
Altrettanto importante la specificazione
dei diversi oneri probatori incombenti sull’attore nel caso di
azione verso vettore contrattuale ed azione extracontrattuale verso subvettore. Per il primo caso, la sentenza si allinea a
quella corrente giurisprudenziale ormai prevalente che ritiene che solo il
fatto «imprevedibile» costituisca fortuito esimente di responsabilità ex art.
1693 c.c.; con la conseguenza che — essendo in
Italia, purtroppo, le rapine eventi prevedibili — il vettore va esente da
responsabilità solo se dimostri di aver adottato tutte le misure atte a
prevenirle.
Nel caso di azione
extracontrattuale verso un subvettore, invece, il
mittente non può avvalersi del favorevole regime dell’art. 1693 c.c., ma deve fornire la prova di tutti gli elementi della
responsabilità aquiliana, ossia di aver subito un
danno ingiusto provocato da un fatto illecito doloso o colposo del subvettore; prova questa, nel caso di rapina, ben più
difficile da fornire.
È appena il caso di aggiungere che, se l’assicuratore
avesse citato in giudizio il primo subvettore
contrattuale (ossia “B”), questi avrebbe dovuto essere
tenuto responsabile dell’operato dei successivi subvettori,
a prescindere da quale di essi avesse in custodia la merce la momento della
perdita. Sarebbe stato in quel caso applicabile l’art. 1228 c.c., secondo cui «il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione
si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di
costoro».
Da segnalare infine che la disciplina
sopra delineata non vale per il trasporto aereo, nel quale la Convenzione di
Montreal del 1999 dedica specifiche previsioni al vettore di fatto (capitolo V,
art. da 39 a 48). Sulla base di tali previsioni, sia
il vettore contrattuale che il vettore di fatto sono soggetti alle disposizioni
della Convenzione (il primo per l’intero trasporto contemplato nel contratto,
il secondo per la parte da lui eseguita: art. 40), e rispondono solidalmente
nei confronti del mittente (art. 41). Di conseguenza, se la situazione
esaminata dal Tribunale di Udine si fosse verificata
nell’ambito di un trasporto aereo, l’unico vettore convenuto (“C”) non sarebbe
stato carente di legittimazione passiva per mancanza di rapporto contrattuale
diretto con il vettore-mittente (“A”), ma sarebbe stato tenuto al risarcimento
in virtù del rapporto di solidarietà vigente fra tutti i vettori di fatto
facenti parte della catena di subvezione.
Enzo Fogliani