CONSIGLIO DELL’ORDINE
DEGLI AVVOCATI DI ROMA
Dipartimento Centro studi -
Formazione e Crediti formativi
Progetto sul Diritto della Navigazione e dei
Trasporti
Newsletter di Diritto
della Navigazione e dei Trasporti
Numero 24 — luglio-ottobre 2015
Sono lieto
di presentare il ventiquattresimo numero della Newsletter, frutto dello studio dei componenti del Progetto sul
Diritto della navigazione e dei trasporti e del coordinamento scientifico del
titolare della cattedra di Diritto della navigazione della Sapienza, Università
di Roma, prof. Leopoldo Tullio.
Sono di
seguito riportati gli argomenti trattati e il link per una lettura completa della Newsletter.
Il consigliere
delegato al Progetto sul Diritto della navigazione e dei trasporti
avv. Fabrizio Bruni
PROGETTO
SUL DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE E DEI TRASPORTI
CONSIGLIERE DELEGATO: avv.
Fabrizio Bruni
COORDINATORE: avv. prof.
Leopoldo Tullio
COLLABORATORI PER
avv. Cristina De Marzi, avv. Francesco Mancini, avv. Antonio Pazzaglia,
avv. Elena Provenzani, avv. Cristina Sposi, avv. Andrea Tamburro.
Indice degli
argomenti trattati
Pilotaggio
marittimo - Autoproduzione - Negazione.
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Demanio marittimo - Lido e spiaggia -
Trasformazione di un bene in bene demaniale - Limiti e natura dell’accertamento
giudiziale.
CORTE DI
CASSAZIONE, SEZ. I, 1 APRILE 2015 N. 6619
Accertamento
giudiziale della demanialità ed effetti per la preesistente proprietà privata.
La pronuncia in epigrafe affronta il
dibattuto tema dell’accertamento dell’appartenenza di un bene al demanio
naturale, con riferimento ai limiti, alle modalità e infine alle conseguenze
del procedimento di verifica giudiziale.
Oggetto della controversia è la natura di
un’area confinante con il litorale, che come accertato dalla consulenza tecnica
d’ufficio resa nel giudizio di merito, è soggetto a mareggiate invernali di
tale intensità, continuità e regolarità da determinare la completa inondazione del
terreno.
La suprema Corte, in adesione
all’orientamento della Corte d’appello di Messina, valuta che la portata di
tali eventi naturali sia tale da aver fatto acquisire al terreno i connotati
naturali del demanio necessario, così determinando la trasformazione
irreversibile del medesimo da proprietà privata ad area demaniale marittima.
A fronte delle contestazioni di parte
ricorrente, che nel sostenere la permanenza della natura privata dell’area
lamenta che i giudici di merito abbiano omesso di precisare se essa sia
diventata lido o spiaggia, i giudici di legittimità aderiscono all’orientamento
pacifico per cui l’estensione del demanio marittimo (non a caso definito come
demanio «naturale e necessario») deriva direttamente dalla qualificazione
giuridica di cui all’art. 822, comma 1, c.c., collegata alla situazione
fisico-topografica dei luoghi; pertanto, il semplice fatto che un’area abbia
acquisito nel tempo le caratteristiche morfologiche di uno dei beni elencati
nella norma citata (tra cui, appunto, il lido e la spiaggia) la rende ipso iure demaniale, essendo peraltro
irrilevanti le cause che hanno prodotto la nuova morfologia accertata.
In merito all’elencazione dei beni
demaniali marittimi, dottrina e giurisprudenza si sono in più occasioni
cimentate nel tentativo di dare definizione giuridica a elementi naturali che,
per lo più, appaiono mutevoli e soggetti a variazioni di ampiezza e
consistenza.
Per quanto qui interessa, il lido del mare è la porzione di riva che
si trova ad immediato contatto con il mare e che si estende verso l’interno,
fin dove arrivano le ordinarie mareggiate invernali (salvo le ipotesi di
tempesta), «sicché ne riesce impossibile ogni altro uso che non sia quello
marittimo» (Cass. , sez. I, 30 luglio 2009 n. 17737).
La spiaggia
è invece costituita dalla porzione di terra sabbiosa o ghiaiosa che si estende
dal margine interno del lido verso terra. I confini della spiaggia sono di per
sé indeterminati, a causa dei processi di erosione marina o del ritirarsi del
mare, ma ciò che rileva ai fini della sua qualifica di bene demaniale marittimo
è sempre la sua idoneità al soddisfacimento dei pubblici usi del mare.
Infine, è unanimemente accettata l’inclusione,
tra i beni di demanio marittimo, dell’arenile,
termine con cui viene indicato «quel tratto di terraferma che risulti relitto
dal naturale ritirarsi delle acque» (Cass., sez. II, 11 maggio 2009 n. 10817) caratterizzato
per essere il naturale proseguimento della spiaggia verso l’interno. Detta
contiguità fa sì che all’arenile venga applicata la medesima disciplina della
spiaggia, «i caratteri essenziali dell’una e dell’altro derivando dal fatto di
essere stati entrambi un tempo sommersi dalle acque del mare ed essendo essi
determinati, sotto l’aspetto giuridico, dalla comune destinazione agli usi
pubblici marittimi (accesso, approdo, tirata in secco dei natanti, operazioni
attinenti alla pesca da terra, ecc.) che rivelano codesta comune attitudine,
anche soltanto allo stato potenziale, alla particolare destinazione» ( Cass., sez.
I, 30 luglio 2009 n. 17737) .
Per costante giurisprudenza, l’intrinseca
natura demaniale dei beni elencati nell’art. 822, comma 1, c.c. rende gli
stessi insensibili ad eventuali atti negoziali, o concessori, nonché a
qualsivoglia accertamento giurisdizionale di tipo costitutivo (cfr. C. cost. 14
novembre 2008 n. 370).
Infine, la suprema Corte porta il
ragionamento alle estreme ma doverose conseguenze: nelle ipotesi di una «progressiva
ed obiettiva trasformazione» delle caratteristiche naturali di un dato bene ed ove
quest’ultimo assuma le caratteristiche morfologiche di uno dei beni elencati
nell’art. 822 c.c., il preesistente diritto di proprietà privata ne risulta
necessariamente affievolito, giungendo addirittura ad estinguersi, quando le
nuove caratteristiche del bene stesso ne determinino la naturale destinazione
alla pubblica funzione, la quale ultima costituisce il requisito essenziale del
bene demaniale (cfr. Cass., sez. I, 21 aprile 1999 n. 3950).
Elena Provenzani
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Demanio marittimo - Utilizzazione per finalità
turistiche e ricreative - Concessioni - Procedure ad evidenza pubblica -
Disciplina.
LEGGE
REGIONE LAZIO 26 GIUGNO 2015 N. 8
Sulle
concessioni demaniali marittime per finalità turistiche e ricreative. Tra
semplificazione e trasparenza alla luce della nuova disciplina.
La lettura delle modifiche apportate
sembra mettere in luce tre direttrici lungo le quali si è mosso il legislatore
regionale:
·
la prima riguarda le agevolazioni riconosciute
al concessionario nell’utilizzazione delle aree. In particolare è stato
ampliato il periodo di possibile apertura delle attività che può essere anche
annuale, con possibilità di conservazione delle strutture di facile rimozione
presenti sull’area demaniale (art. 52-bis
della l. reg. 6 agosto 2007 n. 13), e lo svolgimento dell’attività è stato
subordinato a SCIA, senza più necessità quindi di attendere i trenta giorni
previsti per
·
la seconda riguarda la trasparenza e la tutela
della concorrenza. Oltre ad un obbligo di pubblicazione delle informazioni
relative alla concessione da parte del comune e del concessionario, infatti, il
legislatore regionale ha introdotto un obbligo espresso di ricorso alle
procedure ad evidenza pubblica ai fini del rilascio di nuove concessioni, ovvero
di affidamento ad altri soggetti delle attività oggetto della concessione e di
subingresso, ai sensi, rispettivamente, degli art. 45-bis e 46 c. nav. (art. 53-bis
l. reg. 13/2007), cui si è accompagnato il divieto di rinnovo della concessione
(ipotesi non più prevista) e la riduzione della loro durata in conformità della
normativa statale vigente in materia (art.
·
la terza direttrice, infine, riguarda la
pubblica fruizione dell’arenile di competenza comunale, che è stato previsto
sia garantita almeno in una quota, da inserire nei piani di utilizzazione degli
arenili (PUA) comunali, pari al 50% dell’arenile stesso, pena il divieto per il
Comune di rilasciare nuove concessioni demaniali (art. 7 della l. reg. 26
giugno 2006 n. 8).
L’intervento normativo in commento, a
dispetto dell’apparente semplicità delle modifiche apportate alla previgente
disciplina, sembra aver toccato gli aspetti più rilevanti della gestione del
demanio marittimo a fini turistici e ricreativi e può certamente essere
salutato con favore avendo portato anche nell’ambito considerato i principi di
trasparenza, concorrenza e pubblica fruizione del bene pubblico.
Antonio Pazzaglia
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Pilotaggio marittimo -
Autoproduzione - Negazione.
TAR
SICILIA-CATANIA, SEZ. IV, 7 APRILE 2015 N. 947
Sull’autoproduzione
del servizio di pilotaggio.
La sentenza in esame
trae origine dal ricorso promosso nel 2013 dalla Autorità garante della
concorrenza e del mercato avverso l’Autorità marittima della navigazione dello
stretto di Messina,
Il ricorso aveva ad
oggetto l’annullamento del provvedimento adottato nell’agosto del 2012
dall’Autorità marittima della navigazione dello stretto di Messina con il quale
era stata rigettata l’istanza di una società per azioni all’autorizzazione a
svolgere in regime di autoproduzione il servizio di pilotaggio, nelle zone di
obbligatorietà del porto di Messina e dello stretto.
Il ricorso ha altresì impugnato la nota emessa
dalla medesima Autorità e quella della Direzione generale per i porti del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti entrambe emesse nel luglio 2012,
sulla base delle quali era stato adottato il provvedimento di diniego.
L’Autorità garante della
concorrenza e del mercato è stata legittimata alla proposizione
dell’impugnativa a seguito della denuncia della predetta società istante che le
segnalava i citati provvedimenti, al fine dell’esercizio dei suoi poteri
avverso gli atti ed i provvedimenti amministrativi che si ritiene violino norme
a tutela della concorrenza e del mercato.
L’Autorità garante
poneva a fondamento del ricorso le seguenti motivazioni:
1) violazione delle
norme a tutela della concorrenza nazionali e comunitarie: art. 41 cost., art. 9
legge n. 287/1990, art. 101, 102 e 106 TFUE;
2) eccesso di potere sub specie di difetto di motivazione in relazione al nesso tra
garanzia della sicurezza e tutela della concorrenza.
In relazione al primo
punto l’Autorità sostiene che l’amministrazione avrebbe errato sia nel ritenere
che l’obbligatorietà del servizio di pilotaggio comporti una gestione in via
esclusiva dello stesso, sia nel dichiarare prevalenti le esigenze di sicurezza
senza una possibilità di conciliazione con le regole della concorrenza e che
inoltre non sussisterebbero le condizioni per applicare le deroghe alla
concorrenza, sancita dall’art. 106 TFUE.
In relazione invece al
secondo punto l’Autorità evidenzia la mancanza di una specifica delle ragioni
di sicurezza che giustificano la negazione dell’autorizzazione
all’autoproduzione del servizio.
L’amministrazione
statale e la corporazione dei piloti si opponevano ai motivi del ricorso, rilevando
la prima la differenza tra esenzione dai servizi portuali e autoproduzione
degli stessi, mentre la seconda insisteva sulla legittimità dei provvedimenti
impugnati. Il Tribunale amministrativo della Sicilia ha rigettato il ricorso
ponendo a fondamento della decisione le motivazioni di seguito riportate.
Il Collegio traccia un
quadro delle norme che disciplinano il servizio di pilotaggio richiamando tra
queste, in primo luogo, l’art. 86 c. nav. che così recita: «Nei porti e negli
altri luoghi di approdo o di transito delle navi, dove è riconosciuta la
necessità del servizio di pilotaggio, è istituita, mediante decreto del
Presidente della Repubblica, una corporazione di piloti. La corporazione ha
personalità giuridica ed è diretta e rappresentata dal capo pilota».
Segue poi il richiamo
alla legislazione successiva e precisamente all’art. 14, comma 1-bis della legge n. 84/1994 che
specifica: «I servizi tecnico-nautici di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e
battellaggio sono servizi di interesse generale atti a garantire nei porti ove
essi sono istituiti, la sicurezza della navigazione e dell’approdo. Per il
pilotaggio l’obbligatorietà è stabilita con decreto del Ministero dei trasporti
e della navigazione».
Pertanto ritiene il
Collegio che sulla scorta della normativa vigente si può senza dubbio affermare
che il servizio di pilotaggio è istituito a seguito di una valutazione
discrezionale del Ministero dei trasporti e della navigazione, è un servizio
economico di interesse generale, fornito da imprese private, svolto dalla
corporazione dei piloti o da soggetti autorizzati, ha carattere oneroso e deve
essere indirizzato a garantire esigenze di sicurezza della navigazione e
dell’approdo, e comunque del porto nel suo complesso, più che come ausilio alle
manovre del singolo comandante dell’imbarcazione. Tale servizio non è stato
concepito come monopolio legale, ben potendo infatti le corporazioni dei piloti
essere più di una ed operare pertanto in regime di concorrenza.
Tuttavia, ribadisce il
Collegio, la legittimità dei provvedimenti impugnati si fonda sulla circostanza
che tali provvedimenti hanno ritenuto la proposta di autoproduzione del
servizio in contrasto con le esigenze di sicurezza della navigazione e
dell’approdo. Proprio l’esigenza di garantire la sicurezza generale fa sì che
il servizio di pilotaggio non possa essere svolto in proprio, a vantaggio di
singole navi, ma debba necessariamente essere effettuato da un organismo unico
che abbia una visione complessiva del traffico navale.
L’organismo unitario è
appunto la corporazione dei piloti e in tal caso l’effettuazione del servizio
in regime di concorrenza è garantita dalla possibilità di una pluralità di
corporazioni. Rileva infine il Tribunale che la censura della società per
azioni, per la quale il provvedimento impugnato non avrebbe garantito il regime
della concorrenza, è infondata perché l’istanza della detta società non aveva
come scopo quello di tentare l’apertura del mercato a diversi operatori, bensì
esclusivamente quello di ottenere l’autorizzazione all’autoproduzione del
servizio, inteso come esenzione dall’utilizzo del servizio offerto dalla
corporazione dei piloti dello stretto di Messina.
Cristina Sposi
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Servizi aerei - Accordi bilaterali - Accordo
UE-USA - Accordi di adesione di Islanda e Norvegia - Decisione UE sulla firma e
l’applicazione provvisoria degli accordi - Violazione di norme procedurali - Annullamento
della decisione - Mantenimento degli effetti.
Corte
di Giustizia UE, Grande Sezione, 28 aprile 2015
Annullamento
della decisione UE sulla firma e la provvisoria applicazione degli accordi di
adesione dell’Islanda e della Norvegia all’accordo open skies fra UE ed USA.
Il 25-30 aprile 2007
Tale accordo consente a Stati terzi la
possibilità di aderirvi, sicché l’Islanda e
Contestualmente fu adottato un altro accordo
(«accordo addizionale»), fra le stesse parti, che integra l’accordo di adesione,
stabilendo che, nelle procedure di adozione dei provvedimenti di attuazione
dell’accordo sui trasporti aerei iniziale,
Sulla firma e l’applicazione provvisoria
dei due accordi,
Con la sentenza del 28 aprile 2015,
È accaduto, perciò, che gli Stati membri
hanno partecipato all’adozione del primo atto, nonostante l’art. 218, § 5,
TFUE, disponga che un atto del genere debba essere adottato dal solo Consiglio.
Inoltre, il Consiglio è stato coinvolto, in qualità di istituzione dell’Unione,
nell’adozione del secondo atto, nonostante questo rientri, anzitutto,
nell’ambito del diritto interno degli Stati membri e, successivamente,
nell’ambito del diritto internazionale.
Gli effetti dell’annullamento non
sarebbero stati privi certamente di impatto negativo sia nelle relazioni
dell’Unione europea con gli Stati interessati sia nel mercato del trasporto
aereo, sicché
Cristina De Marzi
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Trasporto aereo di persone - Ritardo nella riconsegna
del bagaglio - Responsabilità del vettore - Convenzione di Montreal -
Risarcimento del danno non patrimoniale.
CORTE
DI CASSAZIONE, SEZ. III, 14 LUGLIO 2015 N. 14667
In tema di risarcibilità del danno non
patrimoniale per il ritardo del vettore aereo nella riconsegna del bagaglio al
passeggero.
Nel
caso in oggetto una neo sposa, vittoriosa in primo grado, risultava
parzialmente soccombente nel giudizio di appello promosso dalla compagnia
aerea, già riconosciuta responsabile del ritardo nella riconsegna del bagaglio,
avvenuta dopo due settimane dal volo per il Venezuela, meta del viaggio di
nozze. La donna aveva pertanto soggiornato senza poter disporre dei propri
effetti personali, risultando così impossibilitata a partecipare ad escursioni
e a cene di gala.
Il giudice di secondo grado riteneva che, a norma
degli art. 19, 22 e 23 della Convenzione di Montreal, la responsabilità del
vettore per i danni, patrimoniali e non, derivanti dalla perdita del bagaglio è
contenuta entro il limite di 1.000 diritti speciali di prelievo, corrispondenti
ad euro 1.164,00 (art. 22.2), e che nulla è dovuto a titolo di risarcimento per
danno non patrimoniale, non applicandosi la disciplina di cui al d.lg. 111/1995
e non ricorrendo i presupposti di cui all’art. 2059 c.c.
La donna propone ricorso per cassazione sostenendo
che il limite di 1.000 diritti speciali di prelievo è riferibile al solo danno
patrimoniale, mentre il pregiudizio non patrimoniale sarebbe riconducibile alla
fattispecie del danno da vacanza rovinata, di cui al d.lg. 111/1995,
applicabile ratione temporis.
La suprema
Corte precisa, in primo luogo, che il danno da vacanza rovinata non incide nella
sfera giuridica del vettore, bensì attiene al diverso ambito, non dedotto in
giudizio, della responsabilità dell’organizzatore e del venditore per le
obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico.
In ordine alla limitazione
risarcitoria prevista dall’art. 22.2 del testo uniforme,
Tanto premesso, i giudici di legittimità concludono
nel senso che l’art. 22.2 della Convenzione di Montreal individua, entro un
determinato limite risarcitorio, soltanto la portata complessiva dell’area di
risarcibilità del danno — da considerarsi secondo una nozione generica e come
tale comprensiva in astratto sia del pregiudizio inferto alla sfera
patrimoniale del passeggero, sia di quello attinente alla sfera non
patrimoniale — lasciando alla disciplina degli Stati aderenti la determinazione
del contenuto proprio dell’obbligazione risarcitoria.
In particolare, nel nostro ordinamento assume
rilievo la norma dell’art. 2059 c.c., nell’interpretazione consolidata a far
tempo dalle note sentenze delle sezioni unite del 2008 (Cass., sez. un., 11
novembre 2008 n. 26972, 26973, 26974 e 26975), che consente la risarcibilità
del danno non patrimoniale nelle ipotesi di fatto illecito astrattamente configurabile
come reato, ovvero di fattispecie in cui la legge espressamente consente il
risarcimento del danno non patrimoniale anche al di fuori di un’ipotesi di
reato, ovvero di fatto illecito gravemente lesivo di diritti inviolabili della
persona, come tali oggetto di tutela costituzionale.
Il principio di diritto enunciato dalla suprema
Corte in parte qua è contrario ai
principi fondamentali del diritto dell’Unione europea ed è pertanto errato e
illegittimo.
Ed infatti, la sentenza della Corte di giustizia supra citata evidenzia che i
termini «préjudice» e «dommage» — che compaiono, nel testo in
lingua francese, nelle disposizioni del capitolo III della Convenzione di
Montreal — devono essere ricondotti nell’alveo di «una nozione di danno, di
origine non convenzionale, comune a tutti i sistemi di diritto internazionale»
e tale da far ritenere che essi «includono tanto i danni di natura materiale
quanto quelli di natura morale».
A
siffatta nozione onnicomprensiva di danno si riferisce, pertanto, anche l’art.
22.2 della Convenzione di Montreal, «che fa pure parte del detto capo III e
quindi del contesto pertinente»; detta norma «limita la responsabilità del
vettore in caso di distruzione, perdita, deterioramento o ritardo, il che
implica che la natura del danno subito dal passeggero è a tal riguardo
indifferente».
In
argomento, è appena il caso di rammentare che le sentenze della Corte di
giustizia hanno immediata operatività nel nostro ordinamento, al pari delle
norme comunitarie dotate di efficacia diretta (cfr. C. cost. 25 aprile 1985 n.
In
particolare, il giudice di merito non è vincolato al rispetto degli
orientamenti della giurisprudenza di legittimità — e ciò a fortiori quando sorgano dubbi sulla compatibilità del diritto
vivente con fonti comunitarie dotate di efficacia diretta — ed è altresì tenuto
al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia nel caso in cui ravvisi un
contrasto tra l’interpretazione fornita dalla Corte di cassazione e il diritto
comunitario così come interpretato dalla Corte di giustizia.
A
tale ultimo riguardo, si consideri che
Andrea Tamburro
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Trasporto marittimo di
persone - Diritti dei passeggeri - Reg. (UE) n. 1177/2010 - Violazione -
Disciplina sanzionatoria.
DECRETO
LEGISLATIVO 29 LUGLIO 2015 N. 129:
La
disciplina sanzionatoria italiana in materia di violazioni dei diritti dei passeggeri
nel trasporto marittimo.
Con l’emanazione del d.lg. 29
luglio 2015 n. 129 l’Italia ha finalmente ottemperato agli obblighi previsti
dal reg. (UE) n. 1177/2010 di adottare sanzioni «effettive, proporzionate e
dissuasive» per le violazioni delle disposizioni contenute nel regolamento
stesso.
L’intervento del legislatore
europeo, in analogia con quanto avvenuto nelle altre modalità di trasporto, ha
introdotto misure di tutela minima, come tale inderogabile ed irrinunciabile,
per il passeggero che viaggi via mare o per vie navigabili interne e che sia
rimasto vittima di disservizi durante l’esecuzione del contratto di passaggio
(sul tema v. A. Zampone,
Diritti minimi del passeggero marittimo.
Cancellazione della partenza e ritardo, in Libro dell’anno del diritto 2012,
582 ss., nonché La tutela della persona
disabile o con mobilità ridotta, in Libro dell’anno del diritto 2012, 585 ss.).
Nell’ottica europea,
tuttavia, la garanzia del rispetto di tali diritti non può essere concretamente
raggiunta se non a fronte della previsione di un apparato di sanzioni per
l’inosservanza delle disposizioni contenute nei regolamenti: di qui la
prescrizione, contenuta anche nel reg. (UE) n. 1177/2010, di introdurre
un’adeguata disciplina sanzionatoria.
Per quanto riguarda i diritti
del passeggero marittimo, dette sanzioni sono ora recate dal decreto in esame,
che ricalca nei contenuti le corrispondenti discipline emanate in materia di
trasporto ferroviario e in materia di trasporto a mezzo autobus (si fa
riferimento al d.lg. 17 aprile 2014 n. 70 e al d.lg. 4 novembre 2014 n. 169,
pubblicati, insieme con i pertinenti regolamenti dell’Autorità per la
regolazione dei trasporti, nei numeri 19 e 21 di questa Newsletter con commenti, rispettivamente, di F. Mancini e A.
Pazzaglia).
Il d.lg. 129/2015, in
particolare, consta di diciassette articoli suddivisi in tre capi: il primo contiene
le disposizioni generali; il secondo la disciplina delle singole fattispecie
sanzionatorie, con una sezione, la seconda, dedicata alle violazioni degli
obblighi relativi alle persone con disabilità o mobilità ridotta; il terzo
recante disposizioni finanziarie.
Va segnalato che, anche nella
disciplina in esame, l’Autorità
di regolazione dei trasporti è l’organismo deputato a vigilare sull’osservanza del regolamento, a
ricevere e istruire i reclami presentati dai passeggeri nonché ad accertare le
violazioni e irrogare le relative sanzioni nel rispetto dei criteri di gravità
della violazione, della sua eventuale reiterazione, delle azioni realizzate per
eliminare o attenuare gli effetti della violazione e del numero dei passeggeri
coinvolti (art. 3 e 4).
Occorre dire che si tratta sempre
di un procedimento in seconda istanza rispetto alla prima fase, necessariamente
costituita dalla presentazione del reclamo da parte dal passeggero direttamente
al vettore o all’«operatore del terminale», al soggetto, cioè, pubblico o
privato, responsabile dell’amministrazione e della gestione del porto.
Le sanzioni previste sono
eminentemente di carattere pecuniario; l’unica ipotesi di contenuto diverso è
costituita dalla sanzione della declaratoria di inefficacia delle clausole del
contratto di trasporto qualora prevedano deroghe e limitazioni agli obblighi
sanciti dal regolamento europeo e ciò in ragione della loro inderogabilità (art.
6).
Il procedimento
sanzionatorio, non diversamente dalle discipline in materia di trasporto
ferroviario e stradale, è regolato dai principi della legge 24 novembre 1981 n.
689 («in quanto compatibili»).
Con il d.lg. 29 luglio 2015
n. 129 si può, dunque, dire completato il quadro delle discipline sanzionatorie
relative alle violazioni dei diritti minimi dei passeggeri nelle varie modalità
di trasporto.
Si attende a questo punto
solo l’adozione da parte dell’Autorità per la regolazione dei trasporti del
regolamento che disciplini nel dettaglio i termini della procedura di
accertamento delle violazioni e dell’irrogazione delle sanzioni.
All’atto della stesura del
presente commento tale regolamento non risulta essere stato approvato ma
risulta avviata a tale scopo una consultazione volta ad acquisire le
osservazioni dei soggetti interessati.
Francesco
Mancini