Corso di Diritto dei Trasporti

di ALFREDO ANTONINI

(Giuffrè Editore, Milano, 2004)

APPENDICE DI AGGIORNAMENTO

La materia dei trasporti è in continua evoluzione, sia sotto il profilo dell’innovazione normativa a livello nazionale e sovranazionale, che sotto quello dell’interpretazione giurisprudenziale e dottrinale.

Ciò esige un aggiornamento del Corso, dopo soli pochi mesi dalla sua pubblicazione.

Non sembrando opportuno procedere alla stesura di una nuova edizione, do sinteticamente conto in questa Appendice delle principali novità normative e interpretative, apportando altresì limitate integrazioni ad alcuni argomenti che ne appaiono meritevoli.

Tramite il sito internet " www.fog.it/corsotrasporti/ ", gli Studenti e tutti gli interessati potranno accedere a questa Appendice, che, per quanto possibile, terrò aggiornata in relazione alle eventuali ulteriori novità.

Accetterò volentieri suggerimenti per eventuali integrazioni o modifiche; risponderò per quanto possibile a richieste di informazioni o di chiarimenti sulla materia trattata (e-mail: segreteria@studio-antonini.it).

Ringrazio i Colleghi e gli Studenti per il favore con cui hanno accolto il Corso, che è stato indicato quale testo consigliato per gli insegnamenti di Diritto della navigazione e di Diritto dei trasporti presso numerose Università; ciò costituisce per me un riconoscimento dell’utilità dell’impostazione sistematica e del taglio espositivo adottati.

Nel procedere alle singole integrazioni, per facilitarne la comprensione, farò menzione dei paragrafi del Corso ove ciascun argomento forma oggetto di trattazione espressa.

Trieste, 12 settembre 2004.

ALFREDO ANTONINI


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Aggiornamento al 1° luglio 2006

SOMMARIO: 1. Novità normative; - 2. Responsabilità del vettore nel trasporto aereo di persone e di bagagli; - 3. Responsabilità del vettore nel trasporto aereo di cose; - 4. Responsabilità del vettore nel trasporto marittimo internazionale di persone e di bagagli; - 5. Responsabilità del vettore nel trasporto di bagagli; - 6. Overbooking; cancellazione del volo; ritardo prolungato; - 7. Prescrizione in materia di trasporto; - 8. Noleggio di unità da diporto; - 9. Franchising; - 10. Forma del contratto di autotrasporto di merci per conto terzi; - 11. Decadenza del vettore marittimo dal beneficio della limitazione del debito nel trasporto di cose; - 12. Trasporto amichevole; - 13. La riforma della parte aeronautica del codice della navigazione; - 14. La riforma dell’autotrasporto.

1. Novità normative.
Le principali novità normative, avutesi dal 2004 ad oggi nel campo dei trasporti o comunque aventi rilevanza in esso, sono le seguenti:
- entrata in vigore della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 sul trasporto aereo internazionale (il 28 giugno 2004);
- revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, realizzata con il d. lgs. 9 maggio 2005, n. 96, entrato in vigore il 21 ottobre 2005, successivamente modificato dal d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151;
- riforma del trasporto di merci su strada, realizzata con il d. lgs. 21 novembre 2005, n. 286;
    - promulgazione del codice della nautica da diporto (d. lgs. 18 luglio 2005, n. 171);
    - promulgazione del codice del consumo (d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206);
    - modifica della disciplina dell’overbooking e contestuale regolazione della cancellazione del volo e del ritardo prolungato (Reg. CE n. 261/2004 dell’11 febbraio 2004, che ha sostituito il previgente Reg. CEE n. 295/91).

2. Responsabilità del vettore nel trasporto aereo di persone e di bagagli (cap. I, §6; cap. II, § 9, lett. c e d; cap. VI, § 6 e § 7, lett. d).
    Il 28 giugno 2004 è entrata in vigore in Italia (e nella Comunità Europea) la Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 sul trasporto aereo internazionale. Contestualmente è divenuto applicabile il Regolamento (CE) n. 889/2002 del 13 maggio 2002, che ha modificato il Regolamento (CE) n. 2027/1997 sulla responsabilità del vettore aereo nel trasporto di persone e di bagagli.
    La Convenzione di Montreal si applica ai trasporti internazionali, allorquando il luogo di partenza e quello di arrivo sono situati nel territorio di due Stati contraenti, o nel territorio di un solo Stato contraente se è previsto uno scalo nel territorio di un altro Stato anche non contraente (art. 1, n. 2, Conv. di Montreal del 1999).
    La Convenzione di Varsavia del 1999 e i Protocolli modificativi restano applicabili ai trasporti internazionali, alle medesime condizioni appena indicate (art. 1, n. 2, Conv. di Varsavia del 1929), qualora non sia applicabile la Convenzione di Montreal e, quindi, se gli Stati fra i quali (o l’unico Stato nel quale) il trasporto avviene sono entrambi parti della Convenzione di Varsavia e almeno uno non è parte di quella di Montreal.
    Dal momento dell’entrata in vigore della Convenzione di Montreal del 1999, quindi, ai trasporti internazionali (come definiti dalla stessa) il cui luogo di partenza o di arrivo si trovano in Italia si applica tale Convenzione se lo Stato, ove si trovano rispettivamente il luogo di arrivo o di partenza, è anch’esso parte della Convenzione; altrimenti, si applica la Convenzione di Varsavia se tale Stato è parte della stessa; in difetto, si applica la legge individuata dall’art. 10 cod. nav.
Il Regolamento (CE) n. 2027/97, nel testo modificato dal Regolamento (CE) n. 889/2002, stabilisce che la responsabilità del vettore aereo comunitario in relazione ai passeggeri e ai loro bagagli è disciplinata dalla Convenzione di Montreal del 1999 (art. 3, n. 1, Reg. cit.).
Ne deriva che il trasporto nazionale (che può essere effettuato solo da vettori comunitari, ai sensi dei Regolamenti CEE n. 2407/92 e 2408/92) è risultato retto dalla Convenzione di Montreal, relativamente alla responsabilità del vettore per i passeggeri e i loro bagagli.
    Poiché il Regolamento n. 2027/97, nel testo modificato, si applica ai vettori aerei comunitari, ossia muniti di licenza d’esercizio rilasciata da uno Stato membro (art. 1, n. 1, lett. b Reg. cit.), le disposizioni del codice della navigazione sulla responsabilità nel trasporto aereo di persone e di bagagli, allora vigenti, avevano conservato una limitatissima sfera applicativa, ai voli effettuati da soggetti non muniti di licenza d’esercizio e, quindi, ai voli turistici effettuati con aeromobili da turismo.
    Con la riforma della parte aeronautica del codice della navigazione, effettuata con il d. lgs. 9 maggio 2005, n. 96, emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 2 della l. 9 novembre 2004, n. 237 (infra, n. 11), tali disposizioni sono state abrogate e sostituite dal richiamo alla normativa internazionale e comunitaria (art. 941 cod. nav., nuovo testo).
    Oggi, dunque, il trasporto aereo nazionale, infracomunitario e internazionale è retto in ogni caso dalla Convenzione di Montreal del 1999.
    I lineamenti della disciplina posta da tale Convenzione sono i seguenti:
    - la responsabilità del vettore aereo in caso di morte o di lesioni è illimitata; per i danni fino a 100.000 DSP il vettore non può esimersi da responsabilità, mentre, per l’eccedenza, può farlo dando la prova liberatoria dell’art. 21, n. 2, Conv. di Montreal; egli deve corrispondere un anticipo di pagamento entro quindici giorni dall’identificazione dell’avente diritto e tale anticipo non può essere inferiore a 16.000 DSP nel caso di morte;
    - la responsabilità del vettore aereo in caso di ritardo è limitata a 4.150 DSP nel trasporto di persone e a 1.000 DSP nel trasporto di bagagli; essa sussiste in via presuntiva, salvo che il vettore dia la prova liberatoria dell’adozione di tutte le misure possibili per evitare il ritardo o dell’impossibilità di adottarle;
    - la responsabilità del vettore aereo in caso di danno al bagaglio di qualunque genere, o di perdita dello stesso, è limitata a 1.000 DSP; per il bagaglio registrato, il vettore risponde anche se è esente da colpa, salvo che fornisca la prova che il danno deriva dalla natura o da un difetto del bagaglio stesso; per il bagaglio non registrato, egli è responsabile se il passeggero dimostra che il danno deriva da colpa del vettore o dei suoi ausiliari;
    - la responsabilità grava tanto sul vettore contrattuale, quanto sul vettore di fatto;
    - il termine per l’esercizio dell’azione (che per la giurisprudenza e parte della dottrina è di decadenza anziché di prescrizione) è di due anni.

    3. Responsabilità del vettore nel trasporto aereo di cose (cap. VI, § 7, lett. a e d, e § 10, lett. d e g).
    Con l’entrata in vigore della Convenzione di Montreal del 1999, il vettore risponde dei danni alle cose trasportate, salvo che provi che il danno deriva da uno dei fattori tassativamente indicati (art. 18 Conv. di Montreal).
Il limite risarcitorio è di 17 DSP per chilogrammo di merce caricata (art. 22, n. 3, Conv. di Montreal); non è prevista la decadenza del vettore dal beneficio del limite.
    Tale disciplina, i virtù del nuovo art. 951 cod. nav., si applica anche al trasporto aereo nazionale e infracomunitario, poiché tale articolo, secondo il medesimo modello sopra indicato a proposito del trasporto aereo di persone, sostituisce alla precedente disciplina codicistica quella della Convenzione di Montreal.

4. Responsabilità del vettore nel trasporto marittimo internazionale di persone e di bagagli (cap. I, § 6; cap. II, § 9, lett. d; cap. VI, § 6).
    La Convenzione di Atene del 13 dicembre 1974, in vigore sul piano internazionale dal 28 aprile 1987 ma non in vigore in Italia, è stata modificata da ultimo dal Protocollo di Londra del  1° novembre 2002, non ancora in vigore.
    Il Protocollo modifica in senso favorevole al passeggero la disciplina della responsabilità del vettore marittimo per i danni alla persona e al bagaglio. In particolare:
    - esso distingue, come nel testo originario della Convenzione, fra danni provocati da un sinistro marittimo (naufragio, capovolgimento, urto, incaglio, esplosione, incendio, difetto della nave) e danni provocati da cause diverse;
    - per i danni provocati da un sinistro marittimo, la responsabilità del vettore è oggettiva sino a concorrenza di 250.000 DSP, salva la prova da parte sua della derivazione del sinistro da guerra o fatti assimilati, o da atto od omissione intenzionale di un terzo; ed è soggettiva per colpa presunta per l’eccedenza, salva la prova che l’evento dannoso non è imputabile a sua colpa;
    - per i danni provocati da cause diverse da un sinistro marittimo, la colpa del vettore deve essere provata da parte del danneggiato;    
    - per i danni al bagaglio, si distingue il bagaglio a mano dal bagaglio diverso da quello a mano: per il primo, la colpa del vettore deve essere dimostrata dal danneggiato, salvo che il danno derivi da un sinistro marittimo; per il secondo, la stessa è presunta, salva la prova da parte del vettore che l’evento non è imputabile a sua colpa;
    - il limite risarcitorio per i danni alla persona è di 400.000 DSP per passeggero; quello per i danni al bagaglio a mano è di 2.250 DSP per passeggero; quello per i danni ai veicoli e ai bagagli trasportati sopra o all’interno degli stessi è di 12.700 DSP per veicolo; quello per i danni ai bagagli diversi da quelli appena indicati è di 3.375 DSP per passeggero;
    - è prevista l’assicurazione obbligatoria della responsabilità del vettore (o la prestazione di altra garanzia finanziaria da parte del medesimo), con l’azione diretta in favore del danneggiato.

    5. Responsabilità del vettore nel trasporto di bagagli (cap. VI, fra il § 6 e il § 7, e § 10, lett. c).
    a. Trasporto stradale.
    La disciplina è la medesima della responsabilità del vettore per i danni alla persona del passeggero, che l’art. 1681 cod. civ. estende alle “cose che il passeggero porta con sé”. Pertanto, il vettore è responsabile del danno al bagaglio, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitarlo.
    b. Trasporto ferroviario.
Nel trasporto nazionale, le C.T. relative al trasporto di persone prevedono che le cose e gli animali ammessi al trasporto restano sotto la custodia esclusiva del viaggiatore, e che il vettore risponde dei danni ai medesimi solo in conseguenza di un sinistro di cui egli debba rispondere; in tali casi, il vettore è tenuto alla corresponsione di un’indennità di importo predeterminato; egli comunque non risponde degli oggetti di valore contenuti nei bagagli (art. 13, § 4 bis). Poiché le C.T. hanno, oggi, natura di condizioni generali di contratto, le suddette limitazioni sono sottoposte al disposto degli artt. 1341 e 1469 bis segg. cod. civ.
    Nel trasporto internazionale, le Regole CIV (Convenzione di Berna del 9 maggio 1980, come modificata dal Protocollo di Londra del 20 dicembre 1990; infatti il Protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999 non è ancora entrata in vigore) prevedono che:
    - il vettore è responsabile dei danni agli oggetti che il viaggiatore porta addosso e al bagaglio a mano, compresi gli animali, che egli porta con sé, salva la prova liberatoria coincidente con quella relativa ai danni alla persona (art. 26, n. 1, co. 2 e n. 2 Regole CIV);
    - egli è responsabile dei danni ai bagagli per i quali è stato emesso un bollettino (bagaglio registrato), salvo che provi che il danno è dovuto a colpa del viaggiatore, o deriva da una richiesta di questi, o da vizio proprio dei bagagli a mano, o da circostanze che egli non poteva evitare o alle cui conseguenze non poteva ovviare (artt. 34, n. 1, 35, n. 2, e 36, n. 1, Regole CIV); egli, inoltre, è esonerato da responsabilità per i danni derivanti dai rischi particolari relativi ad assenza o difetto dell’imballaggio, natura speciale del bagaglio, spedizione come bagaglio di oggetti esclusi dal trasporto (art. 35, n. 3, Regole CIV);
- il limite risarcitorio, nel caso di oggetti portati addosso e di bagaglio a mano, è di 700 DSP per ciascun viaggiatore (art. 31 Regole CIV);
    - lo stesso, nel caso di bagaglio registrato, è di 40 DSP per chilogrammo di bagaglio mancante o di 600 DSP per collo (art. 38, n. 1, lett. a, Regole CIV); il limite è ridotto rispettivamente a 10 DSP e a 150 DSP se l’ammontare del danno non è provato (risarcimento forfettario; art. 38, n. 1, lett. b, Regole CIV);
    - nel caso di veicoli al seguito del passeggero (ovviamente non qualificabili come bagaglio), il limite è di 8.000 DSP; per gli oggetti all’interno dei veicoli (in relazione ai quali il passeggero è onerato della prova della colpa del vettore), il limite è di 700 DSP; non vi è responsabilità per gli oggetti lasciati all’esterno dei veicoli, salvo il caso di wilful misconduct (art. 41 Regole CIV);
    - nel caso di ritardo nella riconsegna del bagaglio, è prevista la corresponsione di un’indennità, il cui ammontare è diversificato in reazione alle varie ipotesi (artt. 40 e 41 Regole CIV);
    - il vettore decade dal beneficio del limite risarcitorio nel caso di dolo o di wilful misconduct (art. 42 Regole CIV).
    c. Trasporto marittimo.
    Si distingue a seconda che il bagaglio sia consegnato o non consegnato.
    Nel primo caso, il vettore è responsabile, se non prova che il danno è derivato da causa a lui non imputabile (art. 412, 1° co., cod. nav.); il regime coincide, quindi, con quello relativo alla responsabilità per i danni alla persona del passeggero (art. 409 cod. nav.).
    Nel secondo caso, il vettore è responsabile solo se il passeggero prova che il danno è stato determinato da causa imputabile al vettore (art. 412, 3° co., cod. nav.).
    Le disposizioni suindicate si applicano tanto al trasporto nazionale, quanto a quello internazionale, poiché, per quest’ultimo, non è ancora in vigore in Italia la Convenzione di Atene del 1974 (cfr. il punto 2).
    d. Trasporto aereo.
    Sin dall’entrata in vigore della Convenzione di Montreal del 1999 e del Regolamento CE n. 889/2002, non hanno ricevuto più applicazione le disposizioni del codice della navigazione, che prendevano in considerazione il bagaglio consegnato e quello non consegnato (artt. 944 e 945 cod. nav.); le stesse sono state abrogate alla legge di riforma del codice della navigazione (infra, n. 11).
    Tanto al trasporto nazionale, quanto a quello internazionale, si applica quindi tale Convenzione, la quale distingue a seconda che il bagaglio sia registrato o non registrato.
    Nel primo caso, la responsabilità del vettore è oggettiva: egli risponde della distruzione, della perdita e dei danni al bagaglio alla sola condizione del verificarsi dell’evento, causa del danno, a bordo dell’aeromobile o durante il tempo in cui il bagaglio è sotto la sua custodia (art. 17, n. 2, 1° periodo, Conv. di Montreal); costituisce fattore esonerativo la derivazione del danno da un vizio proprio del bagaglio (ivi, 2° periodo); l’ammissione della perdita del bagaglio registrato, o il mancato arrivo dello stesso entro ventuno giorni dalla data prevista, danno titolo al passeggero di agire contro il vettore (art. 17, n. 3, Conv. di Montreal).
    Nel secondo caso, la responsabilità del vettore è soggettiva e senza inversione dell’onere probatorio, che resta a carico del danneggiato: il vettore risponde dei danni derivanti da colpa sua o dei suoi dipendenti e preposti; la colpa deve essere dimostrata dal passeggero interessato (art. 17, n. 2, 3° periodo, Conv. di Montreal).

    6. Overbooking (cap. VI, § 3); cancellazione del volo (cap. V, § 8, lett. c); ritardo prolungato (cap. VI, § 4).
    Il 17 febbraio 2005 è entrato in vigore il Regolamento (CE) n. 261/2004 dell’11 febbraio 2004, che ha abrogato e sostituito il previgente Regolamento (CEE) n. 295/91.
    Tale Regolamento disciplina, oltre all’overbooking, il negato imbarco da qualunque causa determinato, la cancellazione del volo e il ritardo prolungato; si applica ai passeggeri in partenza da un aeroporto comunitario, qualunque sia la nazionalità del vettore, e a quelli in partenza da un aeroporto situato in un paese terzo con destinazione comunitaria, se il vettore è comunitario; si applica tanto ai voli di linea, quanto a quelli non di linea e tanto al vettore contrattuale, quanto a quello operativo; non si applica al trasporto a titolo gratuito e a quello effettuato a condizioni di favore (art. 3 Reg. cit.). In virtù dell’art. 947, nuovo testo, cod. nav., si applica inoltre a tutte le fattispecie rette dal codice della navigazione.
    Nei casi di negato imbarco (art. 4 Reg. cit.) e di cancellazione del volo (art. 5 Reg. cit.), il passeggero ha diritto, cumulativamente:
    - al rimborso del prezzo del biglietto e se del caso al volo di ritorno verso il punto di partenza iniziale, oppure a un volo alternativo verso la destinazione finale da prendere immediatamente o in una data successiva di suo gradimento, oppure a un volo verso un aeroporto diverso da quello prenotato e in tal caso con il rimborso delle spese di trasferimento dall’aeroporto di arrivo a quello per il quale era stata effettuata la prenotazione (art. 8 Reg. cit.);
    - ad una somma di danaro (“compensation”; si eviti la ricorrente traduzione di “compensazione ”, che nella nostra tradizione giuridica ha tutt’altro significato) per il mancato imbarco, che deve qualificarsi come risarcimento determinato forfettariamente (piuttosto che come indennizzo, stante il fatto che si riconduce ad un atto illecito contrattuale, e non a un atto lecito dannoso); l’importo è pari a duecentocinquanta euro per i voli di lunghezza non superiore a millecinquecento chilometri, a quattrocento euro per quelli infracomunitari di lunghezza superiore a millecinquecento chilometri e per tutti gli altri compresi fra millecinquecento e tremilacinquecento chilometri, a seicento euro per tutti i voli diversi da quelli appena indicati (art. 7, n. 1, Reg. cit.); l’entità della somma si riduce della metà se il volo alternativo offerto dal vettore non eccede le due, le tre o le quattro ore di ritardo, rispettivamente per le tre categorie di volo suindicate (art. 7, n. 2, Reg. cit.);
- all’assistenza, consistente in pasti e bevande, sistemazione alberghiera, trasporto per il luogo di sistemazione, due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax o posta elettronica (art. 9 Reg. cit.).
Nel caso di cancellazione del volo, e non anche in quello di mancato imbarco, il vettore non è tenuto al pagamento della somma suindicata se ha informato il passeggero della cancellazione con il preavviso indicato nell’art. 5, n. 1, lett. c, Reg. cit., oppure se prova che la cancellazione è dovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ai sensi dell’art. 5, n. 3, Reg. cit.
Il ritardo prolungato si verifica quando l’aeromobile parte con un ritardo, rispetto all’orario programmato, eccedente le due ore per i voli di lunghezza non superiore a millecinquecento chilometri, le tre ore per i voli infracomunitari di lunghezza superiore a millecinquecento chilometri e per tutti gli altri compresi fra millecinquecento e tremilacinquecento chilometri, le quattro ore per tutti i voli diversi da quelli appena indicati. In tali casi, il vettore è tenuto a prestare al passeggero l’assistenza nei termini sopra indicati, e, se il ritardo è superiore a cinque ore, a rimborsargli del prezzo del biglietto (art. 6, n. 1, Reg. cit.). La nozione di ritardo prolungato, rilevante ai fini del Regolamento in esame, si rivela utile anche allo scopo di valutare se il ritardo nell’esecuzione del contratto, ossia quello all’arrivo, sia o meno notevole e tale da impegnare la responsabilità del vettore nonostante la previsione, contenuta nelle condizioni generali di trasporto, del carattere non vincolante degli orari indicati nel biglietto (cap. V, § 6, lett. e).
In tutte le fattispecie in riferimento (negato imbarco, cancellazione del volo, ritardo prolungato), resta salvo il diritto al risarcimento del danno ulteriore (art. 12, n. 1, Reg. cit.), che deve essere provato nell’entità. Ciò vuol dire che il regime, fissato dal Regolamento, rappresenta il livello minimo di tutela per il passeggero, cui non sottrae la possibilità di avvalersi del regime generale relativo alla responsabilità del vettore per inadempimento (art. 949 bis, nuovo testo, cod. nav.).

7. Prescrizione in materia di trasporto (cap. V, § 9).
    a. Trasporto stradale di merci.
Nel trasporto stradale di merci, l’art. 2, 1° co., d. l. 29 marzo 1993, n. 82, convertito in l. 27 maggio 1993, n. 162, ha introdotto il termine di prescrizione di cinque anni (in deroga rispetto al termine di un anno o di diciotto mesi previsto dall’art. 2951 cod. civ.) per “i diritti derivanti dal contratto di autotrasporto di cose per conto terzi, per i quali è previsto il sistema di tariffe a forcella”.
    L’interpretazione immediata di tale disposizione è stata che il termine quinquennale riguarda tutti i diritti relativi ai contratti di autotrasporto di merci per conto terzi assoggettati al regime delle tariffe a forcella, tanto se il contratto è sottoposto al relativo obbligo tariffario, quanto se ne è esentato, e tanto ai diritti spettanti al vettore (anzitutto, quello al nolo), quanto a quelli spettanti al mittente e al destinatario (riconsegna delle merci, risarcimento del danno da inadempimento, ritardo, perdita, avaria).
    Di recente è stata affacciata una differente interpretazione, fondata sul dato testuale dell’art. 2 in riferimento, che menziona “i diritti … per i quali è previsto il sistema di tariffe a forcella”: il termine in questione riguarderebbe solo il diritto al corrispettivo spettante al vettore, e non anche gli altri diritti, fra i quali quelli spettanti al mittente e al destinatario (riconsegna e risarcimento), che resterebbero sottoposti al termine dell’art. 2951 cod. civ.
    Tale ultima soluzione si rivela maggiormente rispondente allo spirito della legge speciale sull’autotrasporto (tutela del vettore nei confronti della grande committenza) e all’esigenza, di cui il presente Corso costituisce espressione, di uniformità normativa fra i vari sottotipi di trasporto (caratterizzati dal termine breve di prescrizione).
    La riforma dell’autotrasporto (art. 3, co. 2, lett. d, d. lgs. n. 286 del 2005) ha abrogato l’art. 2, 1° co., del d.l. n. 82 del 1993; per l’effetto, al trasporto stradale di merci riceve nuovamente applicazione il termine dell’art. 2951 cod. civ.
    b. Trasporto aereo.
Nel trasporto aereo, con l’entrata in vigore della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 e del Regolamento (CE) n. 889/2002, il termine biennale di estinzione dei diritti nei confronti del vettore previsto dalla prima (art. 35 Conv. di Montreal) ha ricevuto applicazione, in virtù del secondo, anche al trasporto nazionale, relativamente alla responsabilità del vettore comunitario nel trasporto aereo di passeggeri e di bagagli. Coerentemente, la riforma della parte aeronautica del codice della navigazione ha dapprima (d. lgs. 96/2005) eliminato il richiamo, per il trasporto di persone e di bagagli, alla corrispondente disposizione sul trasporto marittimo relativamente alla prescrizione; indi (d. lgs. 151/2006) ha introdotto una regola del tutto nuova, per la quale i diritti derivanti dal contratto di trasporto di persone e di bagagli, così come da quello di trasporto di cose, sono assoggettati alle norme sulla decadenza proprie della Convenzione di Montreal, e non sono assoggettati alle norme sulla prescrizione (artt. 949 ter e 954 cod. nav.).
Ne deriva che il termine di estinzione di tutti i diritti derivanti dal contratto di trasporto di persone e bagagli - fra i quali, quelli inerenti alla responsabilità del vettore sia per i danni alla persona del passeggero e al bagaglio, sia per inadempimento degli obblighi contrattuali - è quello biennale di cui all’art. 35 della Convenzione di Montreal del 1999, e che tale termine non è suscettibile di interruzione, poiché quest’ultima non riceve applicazione, trattandosi di regola propria del regime della prescrizione.
    Occorre tenere presente che, mentre il termine di prescrizione previsto dal codice della navigazione anteriormente alla riforma poteva essere interrotto anche da un atto di costituzione in mora (art. 2943 cod. civ), quello previsto dalla Convenzione di Montreal e ora anche dal codice della navigazione (la cui natura di decadenza, anziché di prescrizione, è stata fatta propria dal legislatore della riforma) può essere interrotto solo dall’esercizio dell’azione contro il vettore (art. 35 Conv. di Montreal).

    8. Noleggio di unità da diporto (cap. III, § 3).
    L’art. 47, 1° co., del codice della nautica da diporto (d. lgs. n. 171 del 2005) - riprendendo quanto disposto dall’art. 2 della l. 8 luglio 2003, n. 172, che ha modificato l’art. 10, co. 8, lett. b, del d. l. 21 ottobre 1996, n. 535, convertito in l. 23 dicembre 1996, n. 647 - ha introdotto la seguente nuova definizione del contratto di noleggio di unità da diporto: “il contratto con cui una delle parti, in corrispettivo del nolo pattuito, si obbliga a mettere a disposizione dell’altra parte l’unità da diporto per un determinato periodo da trascorrere a scopo ricreativo in zone marine o acque interne di sua scelta, da fermo o in navigazione, alle condizioni stabilite nel contratto”. Tale definizione è rimasta immodificata    Rispetto alla precedente definizione, risulta aggiunta la previsione dell’utilizzazione dell’unità da diporto anche “da fermo” e risulta omessa quella relativa al numero massimo dei passeggeri.
    Ne è derivato un ulteriore scostamento rispetto al tipo contrattuale del noleggio regolato dal codice della navigazione, poiché la prestazione principale del noleggiante nel caso del diporto non ha ad oggetto il compimento di viaggi, ma la “messa a disposizione” dell’unità da diporto, sia da fermo che in navigazione. A tale espressione non può attribuirsi il significato giuridico proprio della stessa, che consisterebbe nella dazione in godimento del bene (da fermo), oppure nel compimento di viaggi (in navigazione). In realtà, l’unità da diporto resta nella disponibilità del proprietario noleggiante e rappresenta lo strumento con il quale questi dà esecuzione alla prestazione complessa, o alla somma di prestazioni, oggetto del contratto, consistenti nella fruizione, da parte del noleggiatore e dei soggetti che si trovano con lui, dell’unità da diporto e dei servizi di cabina e di tavola, nonché nel trasferimento dei medesimi nei luoghi previsti all’origine o volta a volta indicati.
    Il noleggio di unità da diporto, dunque, non costituisce un sottotipo del noleggio regolato dal codice della navigazione, essendone diversa la causa, ricavabile dall’oggetto della prestazione contrattuale.
    Esso non costituisce neppure un tipo contrattuale nuovo, sia perché la legge, pur dandone la definizione, si astiene dal dettarne la disciplina giuridica completa (questo argomento però non è decisivo, soprattutto dopo che il codice della nautica da diporto ha introdotto il requisito della forma scritta ad substantiam e ha regolato gli obblighi del noleggiante e del noleggiatore: artt. 47, 2° co., 48, 49), sia perché tale disciplina non è idonea a identificare una causa autonoma.
    La causa deve essere quindi desunta da quella delle singole prestazioni rientranti nel contratto.
Orbene, nel noleggio di unità da diporto la fase statica (messa a disposizione dell’unità “da fermo”) è ancillare e complementare o strumentale a quella dinamica (“in navigazione”), e in quest’ultima fase il “viaggio” consiste nel trasferimento di persone (il diportista e i suoi familiari o amici) da un luogo ad un altro, anche se per finalità ricreative. Ciò comporta che l’obbligazione principale a carico del proprietario o armatore dell’unità da diporto può individuarsi in quella di trasportare, che rappresenta l’obbligazione caratteristica del contratto di trasporto.
    Ne deriva che il noleggio di unità da diporto si riconduce al tipo legale del trasporto.
    L’importante conseguenza di ciò è l’applicazione, nel caso di danni alla persona dei diportisti, della normativa inderogabile propria del trasporto marittimo di persone (art. 409 cod. nav.), anziché di quella derogabile propria in generale delle obbligazioni contrattuali (art. 1218 cod. civ.).
    Allorquando nel contratto rientrano altre prestazioni “crocieristiche”, quali vitto, alloggio, escursioni, scuola-sub e simili, non meramente accessorie a quella del trasferimento, esso può qualificarsi come sottotipo contrattuale rispetto al tipo rappresentato dal viaggio organizzato, disciplinato dall’art. 1, n. 2, della CCV e dall’art. 83, co. 1, lett. a del codice del consumo (d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206), che ha riprodotto la disciplina dell’art. 3, co. 1, del d. lgs. 111/95 (cap. III, §§ 8 e 9). Di tale tipo esso presenta tutte le caratteristiche (fornitura di una combinazione di almeno due prestazioni aventi rilevanza turistica) e quella ulteriore dell’esecuzione delle prestazioni stesse tramite un’unità da diporto ferma o in navigazione, che contraddistingue il sottotipo rispetto al tipo.
    In tale caso, la responsabilità del noleggiante (che assume la qualifica di organizzatore di viaggi, normalmente svolgente in proprio tutte le prestazioni previste) è retta dall’art. 93, co. 1, del d. lgs. 206/2005 (conforme all’art. 14, co. 1, del d. lgs. 111/95): egli risponde dell’inadempimento delle proprie obbligazioni, salvo che dia la prova che il mancato o l’inesatto adempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
    Il noleggio dell’unità da diporto solo “da fermo” e senza compimento di un viaggio (ad es. per una festa, un pranzo o un incontro di affari) è un contratto diverso da quello diffuso nella realtà operativa e avuto presente dal legislatore, probabilmente riconducibile alla locazione con servizi accessori.
    
9. Franchising (cap. IV, § 11).
    Il franchising o affiliazione commerciale è stato regolato nel nostro ordinamento dalla l. 6 maggio 2004, n. 129.
    Essa lo ha definito come “il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi”.
    E’ prevista la forma scritta ad substantiam; sono regolati gli obblighi delle parti.
    Il franchising aeronautico si discosta in parte da tale nozione, almeno per il profilo dell’organizzazione commerciale: questa, nella figura contrattuale definita dalla legge cit., è realizzata secondo una formula che prevede il ricorso ad una rete di affiliati come sistema ordinario di commercializzazione dei prodotti o dei servizi dell’imprenditore affiliante; mentre nel campo aeronautico l’esercente franchisor gestisce direttamente la gran parte delle proprie linee e si avvale solo marginalmente di uno o più franchisee per la gestione di singole linee, per le ragioni commerciali a suo tempo indicate.

    10. Forma del contratto di autotrasporto di merci per conto terzi (cap. V, § 2).
     L’art. 3 del d.l. 3 luglio 2001, n. 256, convertito in l. 20 agosto 2001, n. 334, contenente l’interpretazione autentica dell’art. 1 della l. 27 maggio 1993, n. 162, ha stabilito che l’obbligo di annotazione nel contratto di trasporto dell’iscrizione del vettore nell’albo degli autotrasportatori riguarda solo i contratti stipulati in forma scritta; la conseguenza di tale disposizione è stata il superamento della regola nuova che era stata desunta dall’art. 1 cit., e la riaffermazione del principio che il contratto di autotrasporto di merci per conto terzi è libero nella forma; la Corte costituzionale, con le sentenze n. 26 e n. 341 del 2003, ha dichiarato legittima tale norma interpretativa.
Ne è risultato un sistema per il quale il contratto in questione avrebbe potuto essere stipulato anche oralmente, ma, se fosse stato stipulato per iscritto, avrebbe dovuto contenere a pena di nullità la menzione dell’iscrizione del vettore nell’albo degli autotrasportatori.    
    L’assurdità evidente dello stesso ha determinato un ulteriore intervento della Corte costituzionale, la quale, con la sentenza 14 gennaio 2005, n. 7, lo ha ritenuto irragionevole per due ordini di ragioni: perché colpisce il contratto di trasporto con la sanzione della nullità non per il fatto di essere concluso con un autotrasportatore abusivo, ma per il fatto di non contenere un’indicazione puramente formale, ancorché concluso con un autotrasportatore in regola; perché introduce una irragionevole disparità di trattamento fra due autotrasportatori, entrambi in regola, a seconda che stipulino il contratto in forma orale o in forma scritta. Di conseguenza, ha dichiarato costituzionalmente illegittima la previsione della nullità del contratto scritto se non contenente l’indicazione dell’iscrizione del vettore nell’albo degli autotrasportatori.
    All’esito del complesso iter appena descritto, è venuto meno qualsiasi profilo di specialità del contratto in esame sotto l’aspetto della forma, che è libera.
    La l. 1 marzo 2005, n. 32, contenente la delega per il riassetto normativo dell’autotrasporto di persone e di cose (infra, n. 12), ha posto fine alla suddetta complessa vicenda normativa, abrogando l’art. 3 del d.l. 3 luglio 2001, n. 256.
Il d. lgs. 21 novembre 2005, n. 286, sulla base dell’indicazione del principio contenuto nella accennata legge delega (art. 2, lett. b, n. 4), ha introdotto la singolare disposizione per la quale il contratto di trasporto stradale di cose deve essere redatto “di regola in forma scritta” (art. 6, co. 1). Certamente non si tratta di forma prescritta ad substantiam e neppure ad probationem; la stessa sembra stabilita “per favorire la correttezza e la trasparenza dei rapporti fra i contraenti” (art. 6, co. 1, cit.); il discrimine fra il contratto stipulato in forma scritta e quello stipulato oralmente, validi entrambi, si coglie nel diverso regime sostanziale e probatorio relativo alla responsabilità del committente, del caricatore e del proprietario delle merci trasportate, in solido con il  conducente, per la violazione di disposizioni sulla sicurezza della circolazione (art 7 d. lgs. cit.); inoltre al rapporto nascente da un contratto non scritto ricevono applicazione gli usi raccolti nei bollettini predisposti dalle camere di commercio (art. 9 d. lgs. cit.).

11. Decadenza del vettore marittimo dal beneficio della limitazione del debito nel trasporto di cose (cap. VI, § 10, lett. g).
    La Corte costituzionale, con la sentenza 26 maggio 2005, n. 199, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 423, 1° co., cod. nav., nella parte in cui non esclude il limite del risarcimento dovuto dal vettore marittimo nel caso di responsabilità determinata da dolo o da colpa grave sua o dei suoi dipendenti e preposti.
    Si è così introdotta, anche nel trasporto marittimo di cose retto dal codice della navigazione, la decadenza del vettore dal beneficio del limite risarcitorio nei casi di dolo e di colpa grave, realizzandosi l’uniformità normativa sia con il trasporto aereo e stradale, che con quello ferroviario (nel quale, peraltro, il dolo e la colpa grave del vettore determinano il raddoppio del limite, anziché l’eliminazione dello stesso).

    12. Trasporto amichevole (cap. V, § 4).    
    Abbiamo evidenziato la singolarità della disciplina dell’art. 414 cod. nav., che, oltre a porre a carico del danneggiato l’onere della prova della colpevolezza del vettore a titolo amichevole, per la sussistenza della responsabilità non ritiene sufficiente la colpa lieve, ma richiede la colpa grave; e ne abbiamo rilevato l’erosione dell’ambito applicativo, limitato alla navigazione marittima mercantile (nella quale peraltro il trasporto amichevole non appare suscettibile di concreta configurazione) e al volo con aeromobili da turismo (in virtù del richiamo dell’art. 414 cod. nav. effettuato dall’art. 949 cod. nav.).
    Lo svolgimento successivo è rappresentato dal decreto correttivo della riforma della parte aeronautica del codice della navigazione, che ha opportunamente soppresso il richiamo dell’art. 414.
    Ne deriva che la disciplina speciale del trasporto amichevole rimane confinata alla sola navigazione marittima mercantile e, stante quanto già evidenziato circa la concreta estraneità alla stessa dei rapporti di mera cortesia, resta sostanzialmente espunta dall’ordinamento.
    Nel settore aeronautico, il trasporto amichevole è ora retto dalla regola generale propria della responsabilità extracontrattuale (art. 2043 cod. civ.), tanto se effettuato con aeromobili, quanto se compiuto con apparecchi per il volo da diporto o sportivo.
    L’evoluzione del trasporto amichevole non si è fermata qui.
Nella navigazione marittima da diporto, il recente codice delle assicurazioni (d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209) prevede il risarcimento diretto del terzo trasportato ad opera dell’assicuratore dell’unità da diporto a bordo della quale egli si trovava al momento del sinistro, entro il massimale minimo di legge, salvo che il sinistro dipenda da caso fortuito e prescindendo dall’accertamento della responsabilità dei mezzi coinvolti nel sinistro. Ciò comporta una modifica nel regime normativo del trasporto amichevole (peraltro applicabile anche al trasporto gratuito, essendo entrambi coperti dall’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile), di favore per il trasportato: mentre la prova liberatoria per il vettore amichevole (conducente) consiste nell’avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, quella per l’assicuratore è limitata al caso fortuito.
L’obbligazione risarcitoria a carico dell’assicuratore viene a collocarsi, così, nell’ambito della responsabilità oggettiva.

    13. La riforma della parte aeronautica del codice della navigazione.
    Il d. lgs. 9 maggio 2005, n. 96, emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 2 della l. 9 novembre 2004, n. 237, ha realizzato la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, ossia di un complesso normativo che l’evoluzione tecnica e lo sviluppo della normativa internazionale e comunitaria, avutisi negli ultimi decenni, avevano reso in ampia parte superato quanto alla regolazione della navigazione aerea. La riforma è stata completata dal d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151, parzialmente correttivo e integrativo di quello precedente.
    La riforma si è riferita anzitutto alla parte organizzativa della navigazione aerea: organi amministrativi, servizi della navigazione aerea, aerodromi, gestioni aeroportuali, assistenza a terra, personale aeronautico, aeromobile, servizi aerei, polizia della navigazione, atti di stato civile, navigazione da turismo e con alianti (libro I della parte II del codice della navigazione). Questi aspetti toccano solo marginalmente la materia trattata nel Corso.
    La stessa ha riguardato pure agli aspetti privatistici, fra i quali il rilevante settore dei contratti di utilizzazione dell’aeromobile (art. 17 d. lgs. n. 96 del 2005 e art. 14 d. lgs. n. 151 del 2006); ciò nonostante il fatto che la legge delega dettasse principi e criteri direttivi con riferimento al contratto di trasporto e alla tutela del passeggero, ma non anche agli altri contratti e alle altre fonti di obbligazione (assicurazione, responsabilità per danni a terzi sulla superficie).
    Ne diamo brevemente conto nei termini che seguono.

a. Locazione, comodato, leasing (cap. II, §§ 5 e 6; cap. IV, § 1).
E’ rimasta ferma l’impostazione del codice della navigazione, per la quale la locazione di aeromobile è regolata dalle medesime disposizioni concernenti la locazione di nave, salvo quelle specificamente ad essa dedicate.
    Mentre, nella stesura originaria, l’unica disposizione differente era quella per la quale la forma scritta ad probationem era sempre necessaria per la locazione di aeromobile, indipendentemente dalle dimensioni dello stesso (a differenza che nel settore marittimo, ove la forma della locazione delle navi al di sotto di un determinato tonnellaggio è libera), attualmente le disposizioni, specificamente afferenti la locazione dell’aeromobile, sono le seguenti:
- il contratto di locazione richiede la forma scritta ad probationem, indipendentemente dalle dimensioni dell’aeromobile, salvo che abbia durata inferiore a sei mesi, e deve essere reso pubblico mediante trascrizione nel registro aeronautico nazionale ed annotazione sul certificato di immatricolazione (art. 939 bis cod. nav.);
- la locazione di durata non superiore a quattordici giorni non determina lo spostamento della qualifica di esercente dal locatore al conduttore; tuttavia, quest’ultimo risponde in solido con il primo dei danni a terzi (art. 939 ter cod. nav.);
- la medesima regola appena indicata vale per il comodato e per ogni altro contratto implicante il diritto di utilizzare l’aeromobile, se di durata non superiore a quattordici giorni (art. cit.);
- le disposizioni sulla locazione di aeromobile si applicano anche alla locazione finanziaria o leasing (art. 939, 2° co., cod. nav.).

b. Noleggio (cap. II, § 7).
Con un intervento fortemente criticabile, in quanto non tiene conto della configurazione assunta nella pratica dai contratti di utilizzazione della nave e dell’aeromobile (per la quale i contratti, comunemente denominati noleggi o charter, corrispondono al tipo legale del trasporto, e non a quello del noleggio, che è pressoché privo di riscontro concreto), si è introdotta una disciplina specifica del contratto di noleggio di aeromobile.
La scarsa chiarezza legislativa è resa evidente dalla disposizione per la quale le norme sul noleggio di aeromobile si applicano anche se il noleggio ha ad oggetto solo una parte della capacità dello stesso. Infatti, atteso che l’obbligazione essenziale nel contratto di noleggio è il compimento di viaggi (art. 384 cod. nav.), sembra ad essa del tutto estranea la messa a disposizione di uno spazio sull’aeromobile. Tale messa a disposizione, d’altronde, non integra il trasferimento del godimento di un bene (locatio rei), essendo infatti meramente strumentale rispetto alla fruizione di un servizio. Quest’ultimo consiste nel trasferimento di cose o di persone da un luogo ad un altro, tramite l’aeromobile e usufruendo della capacità di carico dello stesso, di cui l’utilizzatore ha acquisito la disponibilità. Ne deriva che il c.d. noleggio di parte della capacità di un aeromobile è un contratto di trasporto.
Le disposizioni di nuova introduzione (capo II del titolo I del libro III della parte II del cod. nav.) sono le seguenti:
- il contratto di noleggio richiede la forma scritta ad probationem indipendentemente dalle dimensioni dell’aeromobile (art. 940 bis cod. nav.);
- il noleggiante ha facoltà di sostituire in ogni momento l’aeromobile designato nel contratto con altro di caratteristiche e capacità identiche o superiori (art. 940 ter cod. nav., come risultante a seguito del decreto modificativo, che introduce una regola differente da quella propria del campo marittimo, atteso che nei contratti di voyage charter e di time charter non è in linea di principio consentito all’armatore di sostituire la nave indicata nel contratto);
- nei rapporti interni fra le parti, i rischi della gestione nautica sono a carico del noleggiante e quelli della gestione commerciale sono a carico del noleggiatore (art. 940 quater, 2° co., cod. nav., conforme alle regole generali che nel campo marittimo la prassi internazionale formalizza nelle clausole employment e indemnity);
- il noleggiatore risponde verso i terzi delle obbligazioni contratte in relazione all’impiego commerciale dell’aeromobile, conformemente alle disposizioni internazionalmente vigenti (Convenzione di Montreal del 1999) che prevedono la responsabilità solidale del vettore effettivo e di quello contrattuale (art. 940 quater, 1° co., cod. nav.).

c. Trasporto (capp. V e VI).
Le nuove disposizioni in materia di trasporto, sia di persone che di cose, tengono conto del radicale mutamento normativo avutosi, anche a livello della disciplina dei trasporti nazionali, per effetto della normativa comunitaria sulla responsabilità del vettore nel trasporto di persone e di bagagli (Reg. CE n. 2027/1997), nonché dei nuovi principi propri dell’ordinamento internazionale uniforme (Conv. di Montreal del 1999).
E’ così che, in maniera assai opportuna e inaugurando a livello codicistico lo strumento normativo del rinvio alla normativa convenzionale uniforme, l’art. 941, 1° co., cod. nav. stabilisce che il trasporto aereo di persone e di bagagli, compresa la responsabilità del vettore per lesioni personali del passeggero, è regolato dalle norme comunitarie ed internazionali. La regola conferma il regime già oggi vigente, per effetto del Reg. CE n. 2027/1997 nel testo attuale, per i trasporti eseguiti da vettori muniti di licenza di esercizio (sopra, n. 1); il carattere generale della stessa fa venire meno tale limitazione; conseguentemente, l’art. 941, 3° co., cod. nav. ne prevede l’applicazione a tutti i trasporti, anche se eseguiti da vettori non muniti di licenza di esercizio. Analogamente dispone l’art. 951 cod. nav. per il trasporto di cose, che rinvia anch’esso alle norme internazionali in vigore nella Repubblica.
Per il trasporto di persone e bagagli, cessa il rinvio alle disposizioni sul trasporto marittimo di persone, che caratterizzava la normativa previgente. Le regole di nuova introduzione sono le seguenti:
Le regole di nuova introduzione sono le seguenti:
- mediante il richiamo dell’art. 953 concernente il trasporto di cose, introdotto dal decreto modificativo, la responsabilità del vettore per i danni al bagaglio si estende anche alla fase in cui lo stesso è affidato a un operatore di assistenza a terra o ad altro ausiliario;
- è posto a carico del vettore l’obbligo di assicurare la propria responsabilità verso i passeggeri secondo la normativa comunitaria e viene assegnata al passeggero l’azione diretta contro l’assicuratore, caratterizzata dall’inopponibilità delle eccezioni contrattuali da parte dell’assicuratore al terzo danneggiato, salva la rivalsa contro il vettore assicurato (art. 942 cod. nav.);
- presupponendosi la possibilità per il vettore che ha rilasciato il biglietto (vettore contrattuale) di far eseguire il trasporto da un altro vettore (vettore di fatto), come accade ad es. in virtù dei contratti di wet lease, di code sharing, di franchising, è posto a carico del vettore contrattuale l’obbligo di informare il passeggero di tale circostanza ed è previsto che, in mancanza, il passeggero può risolvere il contratto, ottenendo il rimborso del biglietto, oltre al risarcimento dei danni (art. 943 cod. nav.);
- gli impedimenti del passeggero e del vettore, determinanti la risoluzione del contratto per fatto del primo o del secondo, o per fatto non imputabile perché dipendente da caso fortuito o da forza maggiore (artt. 945, 946, 947, 949 cod. nav.), sono regolati in maniera autonoma rispetto alla disciplina del trasporto marittimo, secondo un criterio di maggiore tutela del passeggero; in ispecie, l’impedimento del passeggero o dei suoi congiunti per causa ad essi non imputabile determina la risoluzione del contratto e il diritto al rimborso integrale del biglietto; nel caso di impedimento imputabile al passeggero, l’imbarco sostitutivo di un altro passeggero dà diritto al rimborso integrale del biglietto; nei casi di negato imbarco, soppressione o ritardo della partenza, interruzione del viaggio, anche per causa di forza maggiore, competono al passeggero i diritti stabiliti dalla normativa comunitaria;
- si rinvia ad un emanando regolamento quanto alla disciplina delle liste di attesa (art. 948 cod. nav.);
- si regola la responsabilità per inadempimento in conformità alla disciplina previdente: il vettore è responsabile, se non prova che egli stesso e i suoi dipendenti e preposti hanno preso tutte le misure necessarie e possibili, secondo l’ordinaria diligenza, per evitare il danno, oppure che era loro impossibile adottarle (art. 949 bis cod. nav.);
- la prescrizione, come sopra già illustrato (§ 7, lett. b), è regolata mediante richiamo delle disposizioni internazionali uniformi sulla decadenza (art. 35 Conv. di Montreal del 1999) ed è esclusa l’applicazione delle disposizioni del nostro ordinamento sulla prescrizione (fra le quali quelle sull’interruzione).
Per il trasporto di cose, rimane il richiamo delle disposizioni sul trasporto marittimo in generale (artt. 425 - 437 cod. nav.) e a quelle sul trasporto di cose determinate (artt. 451 - 456), in quanto compatibili (art. 951, 2° co., cod. nav.); nel sistema previgente, il richiamo riguardava anche la disposizione sulla prescrizione (art. 438 cod. nav.).
    La responsabilità del vettore per inadempimento (mancata esecuzione del trasporto) è retta conformemente alla disciplina previgente: il vettore è responsabile, se non prova che egli stesso e i suoi dipendenti e preposti hanno preso tutte le misure necessarie e possibili, secondo l’ordinaria diligenza, per evitare il danno, oppure che era loro impossibile adottarle (art. 952, 1° co., cod. nav.). L’obbligazione risarcitoria ha carattere limitato, in applicazione delle norme internazionali sulla responsabilità per ritardo (art. 952, 2° comma, cod. nav.); tali norme sono quelle dell’art. 22, n. 3, della Convenzione di Montreal del 1999, che indica il limite in 17 D.S.P. per chilogrammo.
    La responsabilità del vettore per i danni alle cose trasportate si estende anche alla fase in cui le stesse sono affidato ad un operatore di assistenza a terra o ad altro ausiliario (art. 953 cod. nav.). Questa previsione conduce al superamento del dibattito dottrinale e giurisprudenziale circa la sussistenza della responsabilità del vettore per perdita o avaria delle cose trasportate, successivamente all’affidamento delle stesse ad un operatore di handling; responsabilità che la dottrina affermava, considerando l’handler un ausiliario del cui operato il vettore risponde, e che la giurisprudenza prevalentemente escludeva, qualificando la consegna all’handler come contratto di deposito a favore del destinatario. La soluzione normativa è conforme a quella dottrinale suindicata.
    Il regime della prescrizione è identico a quello introdotto per il trasporto aereo di persone (art. 954 cod. nav.), mentre è stato eliminato il richiamo della corrispondente disposizione del trasporto marittimo.

d. Code sharing (cap. IV, § 12)
    Il nuovo art. 780 cod. nav., ricompreso nell’ambito delle disposizioni sui servizi aerei intracomunitari, si riferisce al contratto di code sharing (oltre che ad altri accordi commerciali), denominandolo “condivisione di codici di volo” ed imponendo ai vettori il rispetto delle regole di concorrenza e dei requisiti di sicurezza, nonché l’assolvimento degli obblighi di informazione di cui all’art. 943 cod. nav.
    Tale menzione legislativa non assegna, ovviamente, a tale contratto la natura di contratto tipico o nominato, poiché la disciplina legislativa è limitata ai suddetti profili e non attiene al nucleo essenziale delle prestazioni contrattuali.
    Resta confermato che l’obbligazione principale, assunta dal vettore operativo, è quella di eseguire il trasporto dei passeggeri clienti del vettore contrattuale (subtrasporto); ne discende la responsabilità del vettore di fatto nei confronti del passeggero, in solido con il vettore contrattuale, come previsto dal nuovo art. 940 quater, 1° co., cod. nav.

    14. La riforma dell’autotrasporto.
    La l. 1 marzo 2005, n. 32, ha rilasciato delega al Governo per il riassetto normativo del settore dell’autotrasporto di persone e di cose. La delega è stata attuata con tre decreti legislativi, tutti del 21 novembre 2005: il d. lgs. n. 284, concernente la Consulta generale per l’autotrasporto e il Comitato centrale per l’Albo nazionale degli autotrasportatori; il d. lgs. n. 285, concernente i servizi di trasporto interregionale su autobus; il d. lgs. n. 286, concernente l’autotrasporto di merci su strada.
    Per quanto riguarda l’autotrasporto di merci, le principali regole di nuova introduzione sono le seguenti:
    - superamento del sistema delle tariffe obbligatorie a forcella e libera contrattazione dei prezzi (art. 3 d. lgs. n. 286 del 2005) (cap. V, § 5, lett. b);
    - libertà di forma del contratto (art. 6 d. lgs. n. 286 del 2005), salva l’applicazione di un regime normativo in parte differenziato ai contratti conclusi oralmente (sopra, § 10) (cap. V, § 2);
    - responsabilità del vettore, del committente, del caricatore e del proprietario del carico, in concorso con il conducente e a determinate condizioni, per la violazione delle disposizioni sulla sicurezza della circolazione stradale e sulla sicurezza sociale (art. 7 d. lgs. n. 286 del 2005);
- nuova definizione del limite del risarcimento per perdita e avaria delle cose trasportate (art. 10 d. lgs. cit.), realizzato novellando l’art. 1696 cod. civ.; il limite è di un euro per chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata nei trasporti nazionali, ed è quello stabilito dalla CCV (Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970) nei trasporti internazionali; il limite è derogabile in favore del vettore nei casi e con le modalità previsti dalle leggi speciali e dalle convenzioni internazionali applicabili; il vettore decade dal beneficio nei casi di dolo e di colpa grave suoi e dei suoi dipendenti e preposti o di altri soggetti di cui egli si sia avvalso per l’esecuzione del trasporto se hanno agito nell’esercizio delle loro funzioni (cap. VI, § 10).
    Le nuove disposizioni sul limite risarcitorio prestano il fianco a severe critiche, almeno per due aspetti. Anzitutto, l’inserimento della disposizione sul limite nel codice civile, nell’ambito della regolazione generale del trasporto (ossia, di ogni forma di trasporto), dovrebbe indurre a considerare lo stesso come regola generale del trasporto, applicabile non soltanto a quello stradale, ma a tutti i trasporti per i quali disposizioni speciali non dispongano diversamente; quindi, ad es., al trasporto a fune e a quello multimodale; tale conseguenza potrebbe non essere corretta, alla luce di un’interpretazione restrittiva della nuova disposizione, condotta in considerazione sia della ratio legislativa, sia dell’ambito segnato dalla legge delega e confermato dagli artt. 1 e 2 del d. lgs. in esame, riferito al solo trasporto stradale; ove corretta, presenterebbe il fianco a una agevole eccezione di legittimità costituzionale per eccesso di delega. Pure l’irrisorietà del limite dà adito a fondati dubbi di costituzionalità, in relazione al principio di adeguatezza. Ad analoghi dubbi conduce la mancata previsione della possibilità di deroga del limite a favore del mittente, che sembra emergere dal complesso normativo di nuova introduzione.



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(pagina a cura di Enzo Fogliani - aggiornata il 9.3.2013) 

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