SEZ. L SENT. 6573 DEL 06/07/1998
PRES. Lanni S. REL. Mattone S.
PM. Fedeli M. (Conf.)
RIC. Brattoli (Avv. Vilardi)
RES. BNL SpA (Avv. De Angelis)
Conferma trib. Trani 3 maggio 1995
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Pretore di Ruvo di Puglia in funzione di
giudice del
lavoro la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a proponeva opposizione
avverso
il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti ad istanza di Donato
Brattoli,
con il quale le era stato intimato il pagamento della somma di L.
254.379.200.
Premetteva la ricorrente: a) che in forza del dispositivo della
sentenza
emessa da quel Pretore, con la quale la s.p.a. Adriatica di Navigazione
era stata condannata, previa declaratoria di illegittimità
del licenziamento
del Brattoli, a reintegrare il proprio dipendente nel suo posto di
lavoro
nonché a risarcirgli il danno da lui subito, questi aveva
intimato
alla società suddetta precetto di pagamento per la somma di
L. 254.379.200
e successivamente aveva proceduto al pignoramento di una nave di sua
proprietà,
la "Laurana", ormeggiata nel porto di Brindisi; b) che la
società
di navigazione aveva allora chiesto al presidente del Tribunale di
Brindisi
l'autorizzazione a che la nave intraprendesse i viaggi programmati ed
aveva
a tal fine presentato una lettera di garanzia da essa opponente
rilasciata
al Brattoli fino alla concorrenza della somma riportata in precetto; c)
e che in virtù di tale garanzia questi aveva chiesto ed
ottenuto
dal Pretore di Ruvo, nei confronti di essa fideiubente, il decreto
ingiuntivo
di cui all'opposizione.
Deduceva, quindi, per quanto qui ancora rileva, che la fideiussione
non poteva essere azionata in quanto rilasciata a garanzia dei viaggi
che
la "Laurana" avrebbe intrapreso fino al 30 settembre 1993 e nell'ambito
della funzione prevista dall'art. 652 cod. nav., con la conseguenza che
sarebbe potuta sorgere la sua responsabilità, in
qualità
di garante, nel solo caso in cui la nave fosse stata sottratta alla
esecuzione.
Nel giudizio si costituiva volontariamente, ex art. 105 c.p.c.,
l'Adriatica
di Navigazione s.p.a., che concludeva del pari per la revoca del
decreto
opposto. Si costituiva altresì il Brattoli, il quale
eccepiva in
via preliminare, tra l'altro, che la procura alle liti dell'opponente
era
invalida in quanto rilasciata da un soggetto diverso (la Banca
nazionale
del Lavoro quale istituto di diritto pubblico) da quello che aveva
agito
in giudizio (la s.p.a. Banca Nazionale del lavoro, tale divenuta a
seguito
del d. lgv. n. 356/90).
Accolta tale eccezione preliminare dal Pretore, il quale dichiarava
improponibile l'opposizione, e proposto appello dalla Banca Nazionale
del
Lavoro s.p.a., con sentenza del 3 maggio 1995 il Tribunale di Bari
affermava
anzitutto la validità della procura alle liti rilasciata dal
legale
rappresentante della Banca Nazionale del Lavoro prima che essa si
trasformasse
in società per azioni, a norma della legge 30 luglio 1990 n.
218
e dell'art. 16 del d. leg. 2O novembre 1990 n. 356, procura in
virtù
della quale era stata proposta l'opposizione a decreto ingiuntivo,
osservando
che la trasformazione degli enti creditizi prevista da tali
disposizioni
dà luogo ad un fenomeno assimilabile a quello regolato
dall'art.
2498 c.c., con la conseguenza che la procura generale alle liti,
rilasciata
dall'ente nella sua originaria configurazione, continua ad esplicare i
suoi effetti, fino a che essa non sia espressamente o tacitamente
revocata.
Respingeva altresì l'ulteriore eccezione preliminare
sollevata
dal Brattoli, secondo cui il decreto ingiuntivo sarebbe divenuto
inefficace
per avere la Banca Nazionale del Lavoro proposto una prima opposizione
con atto di citazione, cui non era seguita peraltro la costituzione nei
termini dell'opponente.
Rilevava, nel merito, che la fideiussione posta a fondamento del
decreto
ingiuntivo era stata prestata dalla Banca Nazionale del Lavoro a norma
dell'art. 652 cod. nav., a garanzia cioè dell'impegno
dell'armatore
di far rientrare la nave nel porto al termine dei viaggi autorizzati
dall'autorità
giudiziaria, e che alla data in cui il decreto ingiuntivo era stato
richiesto
nei confronti del solo fideiussore non era ancora scaduta
l'obbligazione
dell'Adriatica di far rientrare la "Laurana" nel porto di Brindisi,
sì
che il credito azionato da Brattoli in via monitoria difettava del
requisito
dell'esigibilità. Osservava, inoltre, che il pignoramento
della
nave era, peraltro, divenuto inefficace in quanto il creditore aveva
rinunciato
alla procedura esecutiva, omettendo di presentare l'istanza di vendita
del bene ex art. 653 cod. nav. Ed in riforma della sentenza impugnata,
accoglieva l'opposizione e revocava, pertanto, il decreto ingiuntivo
opposto.
Avverso tale sentenza il Brattoli ha proposto ricorso per cassazione,
affidato a tre motivi. Resistono mediante controricorso sia la Banca
Nazionale
del Lavoro che l'Adriatica di Navigazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) In linea preliminare vanno esaminate le eccezioni -
rispettivamente
- di nullità del ricorso per cassazione e di decadenza
dall'impugnazione,
che sono state sollevate nel controricorso dall'Adriatica di
Navigazione.
La resistente deduce, con la prima di esse, che l'atto è
stato
consegnato per la notificazione all'ufficiale giudiziario addetto alla
sezione distaccata di Molfetta della Pretura circondariale di Trani e
notificato,
per di più, dal locale messo di conciliazione, incompetente
ad eseguirla:
e, con la seconda, che la sentenza impugnata è stata
pubblicata
il 3 maggio 1995 e che la notifica del ricorso per cassazione
è
avvenuta il 3 maggio 1996, e quindi tardivamente, a norma dell'art.
327,
comma 1, c.p.c.: le eccezioni sono entrambe destituite di fondamento.
Quanto alla prima, va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte
è costante nell'affermare che l'incompetenza territoriale
dell'ufficiale
giudiziario, al pari di quella del messo di conciliazione, determina
soltanto
la nullità della relativa notificazione, che è
suscettibile
di essere sanata con effetto retroattivo dalla costituzione
dell'intimato
ovvero tramite la rinnovazione disposta dal giudice ai sensi dell'art.
291 c.p.c (ex multis, Cass. 11 dicembre 1987, n. 9165; 11 febbraio
1995,
n. 1344). Nella specie, l'Adriatica di Navigazione si è
ritualmente
costituita in giudizio, dando così luogo alla sanatoria
della nullità
da essa eccepita.
In ordine, poi, alla seconda, si osserva che nello stabilire che il
ricorso per cassazione e gli altri mezzi di impugnazione ivi indicati
"non
possono proporsi dopo decorso un anno dalla pubblicazione della
sentenza",
l'art. 327, comma primo, c.p.c., ha inteso dire che la scadenza del
termine
"lungo" coincide con lo spirare dell'ultimo istante del giorno, del
mese
e dell'anno corrispondente a quello del giorno, mese e anno in cui
è
stata pubblicata la sentenza medesima (Cass. 20 marzo 1964, n. 620; 7
aprile
1976, n. 1214), con la conseguenza che nella specie il ripetuto termine
deve ritenersi dal ricorrente rispettato.
2) Con il primo motivo il ricorrente - nel denunziare violazione e
falsa applicazione degli artt. 2498, 1662 e segg., 2697 cod. civ.,
anche
in relazione agli artt. 1 e 2 della legge n. 218 del 1990 e degli artt.
1, 2, 3, 4, 6, 7, 16 e segg., 24 e segg. dec. leg. n. 365 del 1990,
nonché
vizio di motivazione - deduce che dai documenti richiamati dal
Tribunale,
che ne viola persino il tenore letterale, emerge che, in luogo
dell'originario
istituto pubblico, si è costituito un gruppo creditizio
(cioè
una serie di società per azioni, ciascuna operante in un
determinato
settore), per cui, da un lato, non si è affatto verificata
la "mera
mutazione formale di un'organizzazione che sopravvive senza soluzione
di
continuità e ferma restando l'identità e
l'integrità
dell'impresa gestita" (così Cass. n. 2736/95); e,
dall'altro, la
B.N.F. s.p.a. è succeduta all'istituto preesistente nei soli
limiti
di cui all'art. 16 del d. leg. n. 365 cit. Ed afferma, quindi, che si
è
realizzata nella specie una successione a titolo non già
universale,
ma particolare, non essendo pertanto riconducibili alla
società
per azioni tutte le situazioni "ex lege" facenti capo al "vecchio"
istituto
di credito di diritto pubblico.
Il motivo è infondato. E' stato costantemente affermato da
questa
Corte, in relazione alla questione della validità della
procura
alle liti in esito alla trasformazione di una società:
a) che in tema di società ogni specie di trasformazione
comporta
il solo mutamento formale di una organizzazione societaria
già esistente,
ma non la creazione di un nuovo ente che si distingua dal precedente,
con
la conseguenza che l'ente trasformato, pure se consegue la
personalità
giuridica di cui era per l'innanzi sprovvisto, non si estingue per
rinascere
sotto altra forma, né da luogo ad un centro di imputazione
di rapporti
giuridici, ma sopravvive alla vicenda modificativa senza soluzione di
continuità
e senza perdere la sua identità soggettiva, per cui conserva
efficacia,
fino a quando non sia espressamente o tacitamente revocato, un mandato
ad "Litem" rilasciato dalla società nella sua originaria
configurazione;
b) e che il mandato "ad litem", rilasciato al difensore dal legale
rappresentante di una società, non si estingue per il
sopravvenuto
mutamento della persona fisica che rappresenta la società
medesima,
ma continua a produrre effetti fino a che non sia revocato dal nuovo
rappresentante
(ex multis, Cass. 31 ottobre 1981, n. 5768; 12 aprile 1984, n. 2369; 9
marzo 1995, n. 2736).
Questi principi, dai quali non vi è ragione di discostarsi,
si rivelano validi, con gli opportuni adattamenti, anche con
riferimento
al caso in esame, nel quale ha trovato applicazione la legge 30 luglio
1990, n. 218 (c.d. legge Amato).
L'art. 1, comma primo, di essa stabilisce, per quanto qui rileva, che
gli enti creditizi pubblici iscritti nell'albo di cui all'art. 29 r.
decreto-legge
12 marzo 1936, n. 375, convertito, con modificazioni, dalla legge 7
marzo
1938 n. 141 e succ. modif., possono effettuare "trasformazioni" da cui,
anche a seguito di successive trasformazioni o conferimenti, risultino
comunque società per azioni operanti nel settore del
credito. Le
società bancarie risultanti dalle trasformazioni o da altre
operazioni
descritte nell'art. 1 (fusioni, conferimenti) succedono nei diritti,
nelle
attribuzioni e nelle situazioni giuridiche dei quali gli enti originari
erano titolari in forza di leggi o di provvedimenti amministrativi
(art.
16 d. leg.vo 20 novembre 1990, n. 356), sostituendosi pertanto agli
enti
preesistenti, ancorché ad esse non si applichino le norme
che disciplinano
l'organizzazione di questi ultimi (art. 17 d. leg.vo, n. 356/90, cit.).
Tale circostanza, tuttavia, non preclude di per sé che
all'ipotesi
della trasformazione disciplinata dalla legge n. 218 del 1990 si
applichino
i principi giurisprudenziali poc'anzi ricordati in quanto la
trasformazione
non determina comunque l'estinzione dell'ente pubblico preesistente, ma
soltanto - come accade, del resto, allorquando una società
di persone
si trasformi in una società di capitali, o viceversa - la
modificazione
dell'atto costitutivo.
Né rileva - come è stato in particolare
sottolineato
dal ricorrente - che in luogo dell'originario istituto di diritto
pubblico
si sia costituito un "gruppo" creditizio, per cui si sarebbe in
presenza
di una successione (tra "vecchio" Istituto e "nuova" Banca a carattere
societario) di una successione a titolo non già universale
ma particolare.
Come risulta dallo statuto della Banca Nazionale del Lavoro s.p.a.
(art. 1), essa "succede nei diritti, nelle attribuzioni e nelle
situazioni
giuridiche, dei quali era titolare la Banca Nazionale del Lavoro -
Istituto
di credito di diritto pubblico, in forza di leggi e di provvedimenti
amministrativi,
non attribuiti espressamente ad altre società esercenti
attività
creditizia del Gruppo Creditizio Banca Nazionale del Lavoro". Ora, si
tratti
o meno nella specie di successione a titolo universale o particolare
(al
riguardo, vedi da ultimo, per un'ipotesi di conferimento di un'azienda
bancaria ex art. 1 l. n. 218/90, Cass. sez. un., ord., 2 febbraio 1998,
n. 185), certo è che, stante l'assoluta posizione di
centralità,
nell'ambito dell'operazione finanziaria in oggetto, della Banca
Nazionale
del Lavoro s.p.a., deve ritenersi che la procura alle liti rilasciata
in
favore dell'Istituto inerisse ad essa, non essendo del resto
ipotizzabile
(e non essendo stato peraltro dedotto) che la procura stessa dovesse
essere
riferita, viceversa, ad altre società del Gruppo, le quali
si andavano
in quel momento a costituire e che, esse sì, non potevano
vantare
comunque, per il carattere di parzialità della loro
attività,
un rapporto di derivazione dal preesistente Istituto.
3) Con il secondo motivo è dedotta violazione e falsa
applicazione
degli artt. 39, 112, 641, 647, 653, 654, 656 c.p.c.; delle norme e dei
principi in tema di giudicato anche interno, pure in relazione agli
artt.
181 e 307 c.p.c.; nonché motivazione insufficiente,
contraddittoria
e perfino omessa su punti decisivi.
Assume il ricorrente che nel giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo
non possono trovare applicazione le ordinarie norme in tema di
costituzione
delle parti, poiché l'art. 647 sanziona la mancata
attività
dell'opponente con l'esecutività del decreto; e che peraltro
il
Tribunale, avendo rilevato che il processo instaurato a seguito di atto
di citazione si era estinto per inattività delle parti,
avrebbe
dovuto dichiarare conseguentemente l'esecutività del decreto
e,
quindi, l'inammissibilità e/o l'improcedibilità
dell'opposizione,
stante il giudicato formatosi riguardo ad esso.
Anche questo motivo è infondato. Dalla sentenza impugnata
risulta:
a) che avverso il decreto ingiuntivo emesso ad istanza del Brattoli e
notificato
il 5 maggio 1993, la Banca Nazionale del Lavoro ha proposto
opposizione,
una prima volta, con atto di citazione notificato il 19 maggio 1993; b)
che tale atto di citazione non è stato peraltro seguito
dalla iscrizione
a ruolo e dalla costituzione delle parti; c) e che l'intimata ha poi
proposto
altra opposizione a quel decreto con ricorso depositato il 21 maggio
1993,
e quindi tempestivamente.
Ora, è vero che, se l'opponente non si costituisce in
giudizio,
il giudice deve dichiarare esecutivo il decreto e che, per di
più,
tale declaratoria - secondo la giurisprudenza di questa Corte -
può
essere pronunciata anche prima della scadenza del termine stabilito nel
decreto stesso per fare opposizione (Cass. 27 maggio 1963, n. 1387); ma
a diversa soluzione deve pervenirsi quanto meno nell'ipotesi in cui
altra
valida opposizione sia proposta prima della scadenza del termine
previsto
per la costituzione in giudizio.
Nella specie, essendo stato l'atto di citazione notificato il 19 maggio
1993, è evidente che, quando la Banca Nazionale, il 21
maggio successivo,
ha proposto il secondo atto di opposizione mediante ricorso, il termine
per la sua costituzione in quel giudizio, quale che fosse la data
dell'udienza
fissata dinanzi al pretore, non poteva essere ancora scaduto:
legittimamente
il giudice adito, il quale non aveva peraltro avuto - a quanto consta -
cognizione del primo processo, che era stato "abbandonato" dalle parti
e che egli avrebbe altrimenti riunito al secondo (essendo ovviamente
escluso
- come ha invece ritenuto il Tribunale - che potesse porsi in quel caso
una questione di litispendenza), non ha dichiarato
l'esecutività
del decreto ex art. 647 cit. ed ha portato avanti la trattazione del
giudizio
ritualmente instaurato con il ricorso predisposto secondo il rito del
lavoro,
a norma, cioè, dell'art. 414 c.p.c.
4) Il terzo motivo ha ad oggetto violazione e falsa applicazione degli
artt. 672 cod. nav.; 497, 481 e 628 c.p.c.; motivazione viziata ed
insufficiente;
violazione e falsa applicazione degli artt. 652 cod. nav., 1936, 1944,
1957 cod. civ., 592 e segg., 65 c.p.c.; nonché motivazione
viziata,
contraddittoria ed insufficiente.
Premette il ricorrente che, nel corso dell'esecuzione in danno della
nave "Laurana", la Adriatica non solo aveva chiesto l'amministrazione
giudiziaria,
ma aveva proposto anche opposizione a precetto ed al pignoramento, per
cui i relativi termini di efficacia erano rimasti sospesi; e che
funzione
precipua dell'amministrazione giudiziaria è quella,
soprattutto,
di costituire un opportuno sostitutivo della espropriazione. Lamenta,
quindi,
che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto, da un lato, che il
pignoramento
fosse divenuto inefficace e, dall'altro, che l'Adriatica avesse assunto
l'impegno di far rientrare la nave nel porto, quando attraverso
l'amministrazione
giudiziaria si intende proprio evitare la riconsegna del bene
all'esecutato,
la cui insolvibilità si dà per certa. Ne consegue
- a giudizio
del ricorrente - l'inutilità di ogni disquisizione intorno
all'obbligazione
principale ed a quella di garanzia, in quanto, una volta accertato che
l'obbligo dell'armatore era quello di pagare la somma precettata, la
fideiussione
- solidale - poteva essere azionata alla scadenza del debito.
In ogni caso, anche a voler ammettere che il provvedimento del
presidente
del Tribunale di Brindisi avesse imposto l'obbligo dell'armatore di far
rientrare la nave in porto, ad essa non faceva alcun riferimento la
lettera
della B.N.L. in data 21 aprile 1993, che era stata posta a fondamento
del
ricorso monitorio ed il cui contenuto è stato trascurato dal
giudice
di appello. Immotivata ed apodittica è, poi, l'affermazione
del
Tribunale, secondo cui, essendo stata depositata detta fideiussione
nella
cancelleria del tribunale, essa doveva ritenersi vincolata ad ordine di
giustizia, non potendo il vincolo di indisponibilità
riguardare
giammai il creditore pignorante. Così come errata
è, infine,
l'applicazione nella fattispecie dell'art. 652 cod. nav. in quanto tale
disposizione non prevede la possibilità, per il debitore
esecutato,
di prestare fideiussione nell'ambito dell'amministrazione giudiziaria.
Anche l'ultimo motivo è privo di fondamento. E' opportuno
premettere
al riguardo, per una migliore comprensione del quadro normativo di
riferimento,
che a norma dell'art. 652, comma primo, cod. nav. (r.d. 30 marzo 1942,
n. 327), il capo dell'ufficio giudiziario competente ai sensi del
precedente
art. 643 (vale a dire, per l'esecuzione forzata), su istanza di chi vi
ha interesse può disporre che la nave pignorata intraprenda
uno
o più viaggi, prescrivendo con ordinanza le garanzie e le
altre
cautele che creda opportune" e disponendo in ogni caso che sia
stipulata
una adeguata assicurazione.
Trascurando la complessa disciplina dettata da tale disposizione per
l'"amministrazione della nave pignorata" (così la rubrica
dell'art.
652), occorre qui sottolineare che questa rappresenta - secondo la
diffusa
opinione dottrinaria - uno strumento destinato ad evitare, in relazione
alla specificità del bene aggredito dall'esecuzione, la sua
espropriazione,
da un lato consentendo che attraverso i proventi del viaggio o dei
viaggi
autorizzati il debitore possa far fronte ai suoi impegni e dall'altro
evitando
che l'immobilizzo del veicolo ne comporti il deterioramento e, quindi,
lo stesso deprezzamento, che si risolverebbe in danno dei creditori.
Ciò premesso, si osserva che il Tribunale, dopo aver
delineato
il contenuto dell'art. 652 cod. nav. e sottolineato, in particolare,
che
l'obbligazione principale cui accede la garanzia prestata in forza di
tale
disposizione è costituita dall'impegno dell'armatore (o di
chi vi
ha interesse) a far rientrare la nave in porto al termine dei viaggi
autorizzati
dal giudice competente, ha affermato che la necessaria correlazione tra
oggetto dell'obbligazione principale e oggetto dell'obbligazione di
garanzia
consente di ritenere che in tanto il garante può essere
chiamato
ad adempiere in quanto non adempia il debitore principale,
sicché
l'obbligazione del primo necessariamente scade dopo la scadenza
dell'obbligazione
primaria. Ha osservato che, nel caso in esame, su istanza
dell'Adriatica
di Navigazione s.p.a. erano stati autorizzati dal presidente del
tribunale
competente i viaggi di linea della motonave Laurana, che aveva formato
oggetto di pignoramento ad iniziativa del Brattoli, sino a tutto il 30
settembre 1993, "previo deposito nelle forme di legge da parte
dell'istante
di una fideiussione bancaria... per un ammontare pari al credito
azionato
dal pignorante"; fideiussione che era stata appunto prestata dalla
Banca
Nazionale del Lavoro. Ha asserito, inoltre, che tale fideiussione era
stata
imposta - e prestata - dalla B.N.L. a norma dell'art. 652 cod. nav.,
allo
scopo cioè di consentire al debitore esecutato di
intraprendere
i viaggi programmati con la nave caduta in esecuzione. Ha
conclusivamente
ritenuto sul punto che, poiché l'obbligazione principale
della Adriatica
(quella, cioè, di far rientrare la nave in porto) sarebbe
scaduta
il 30 settembre 1993, all'atto in cui era stato chiesto il decreto
ingiuntivo
nei confronti del solo fideiussore (24 aprile 1993), essa non era
ancora
scaduta, per cui il credito azionato in via monitoria dal Brattoli nei
confronti del garante (vale a dire, della B.N.L.) difettava del
requisito
dell'esigibilità; né per altro verso risultava
che la società
di navigazione si fosse resa inadempiente ai propri obblighi sottraendo
la "Laurana" alla garanzia del credito. Ed ha infine rilevato che il
pignoramento,
del resto, era divenuto inefficace in quanto l'istanza di vendita non
era
stata presentata dal Brattoli entro il termine prescritto.
Ora, prescindendo da tale ultimo rilievo, che il giudice di appello
ha svolto "ad abundantiam" e che non è essenziale ai fini
della
decisione, da quanto precede emerge che nessuna delle censure formulate
dal ricorrente in relazione al nucleo centrale della motivazione, di
per
sé idoneo a fondare la decisione, coglie nel segno.
A ben vedere, tutto il ragionamento svolto dal ricorrente sottende
una critica di fondo all'individuazione, compiuta dal Tribunale, del
contenuto
della fideiussione in questione, risolvendosi in realtà in
una denunzia,
ancorché non palesemente manifestata, dei criteri
ermeneutici da
esso impiegati nella ricostruzione della volontà dei
contraenti;
denunzia che è peraltro priva del necessario carattere di
specificità
(nel senso cioè che il ricorrente non precisa sotto quale
aspetto,
in relazione agli artt. 1362 segg. cod. civ., il procedimento
interpretativo
ne risulterebbe viziato) e che neppure può essere, poi,
condivisa
sotto il diverso profilo del vizio di motivazione, al quale pure si fa
riferimento.
In effetti, la sentenza impugnata ha ravvisato uno strettissimo
collegamento
tra il provvedimento presidenziale che, nell'autorizzare la nave
pignorata
a svolgere i viaggi programmati, con rientro in porto al 30 settembre
1993,
aveva preteso il deposito di una fideiussione bancaria di pari importo
a quella del credito azionato, da un lato, e la fideiussione prestata
dalla
Banca Nazionale del Lavoro, che puntualmente rispondeva a tali
caratteristiche,
dall'altro. Pur trascurando - se si vuole - il contenuto della
fideiussione
predetta (che a dire del ricorrente non faceva alcun riferimento
all'oggetto
specifico della garanzia), ha ritenuto che in virtù di quel
nesso,
ed in quanto prestata nell'ambito del procedimento previsto dall'art.
652
cod. nav., essa non potesse aver inteso garantire, ad ogni modo, se non
il rientro in porto del veicolo pignorato entro il termine prefissato.
Ed all'esito di tale processo interpretativo - conforme ai criteri
codicistici
e sorretto da motivazione adeguata e priva di vizi logici e giuridici,
come tale incensurabile in questa sede - ha linearmente concluso che se
l'obbligazione garantita non aveva formato oggetto di inadempimento,
nessuna
responsabilità poteva sorgere a carico del fideiussore,
stante il
carattere accessorio dell'obbligazione di garanzia.
Né, infine, si comprende l'ulteriore doglianza del
ricorrente,
espressa in termini estremamente sintetici, secondo cui il debitore
esecutato
non potrebbe prestare fideiussione nell'ambito dell'amministrazione
giudiziaria,
laddove l'art. 652 cod. nav. contiene un esplicito riferimento alla
facoltà
del giudice competente di prescrivere, nell'ambito di quella procedura,
"le garanzie... che creda opportune", senza escludere alcuno degli
strumenti
negoziali idonei alla realizzazione del fine perseguito dal
legislatore.
5) Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
La complessità delle questioni controverse rende equa la
compensazione
tra tutte le parti delle spese del presente giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
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