SEZ. 3 SENT. 08713 DEL 02/09/1998
PRES. Grossi M REL. Perconte Licatese R
PM. Golia A (Conf.)
RIC. Merzario SpA (avv. Zanchini)
RES. Vismara Spa ed altro (avv. Fedegari)
Cassa app. Milano 27 ottobre 1995
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La S.p.a. Vismara Associate e la S.p.a. Fedegari Autoclavi,
premesso
che alcuni macchinari da esse affidati alla S.p.a. Andrea Merzario per
il trasporto negli Stati Uniti d'America avevano subito danni per i
quali
erano stati rinviati in Italia per le riparazioni occorrenti,
esponevano
che la S.p.a. Prudential, in qualità di assicuratrice del
vettore,
aveva determinato l'indennizzo in L. 157.956.200, come da quietanza
all'uopo
sottoscritta, seppure con la riserva di richiedere l'ulteriore somma di
L. 13.485.212 per esborsi aggiuntivi. Poiché nessuna somma
era stata
loro versata, convenivano in giudizio, aventi al Tribunale di Milano,
la
S.p.a. Merzario, chiedendone la condanna al pagamento dei due indicati
importi, per un totale di L. 171.441.412, oltre agli accessori.
La convenuta instava preliminarmente per la chiamata in causa a titolo
di garanzia, cui veniva autorizzata, del proprio suddetto assicuratore,
e in via subordinata chiedeva di essere assolta dalla domanda.
La società Prudential eccepiva che i diritti assicurativi
derivanti
dalla polizza, stipulata "per conto di chi spetta", si erano
prescritti.
L'adito Tribunale, con sentenza del 28 ottobre 1993, ritenuta fondata
la domanda delle attrici verso la società Merzario, peraltro
non
estesa all'assicuratore chiamato in causa, nonché sfornita
la stessa
Merzario di un'azione di rivalsa contro di esso in quanto riferita ad
un
contratto di copertura assicurativa soltanto "per conto di chi spetta",
condannava la convenuta al pagamento dell'importo richiesto, oltre alla
rivalutazione e agli interessi, respingendo la domanda di manleva.
Appellava la soccombente e resistevano le altre parti.
Con la sentenza ora impugnata, emessa il 27 ottobre 1995, la Corte
distrettuale ha respinto il gravame.
Ricorre la S.p.a. A. Merzario, deducendo sei censure. Resistono con
controricorso le S.p.a. Vismara Associate, Fedegari Autoclavi e
Centurion
Assicurazioni (già Prudential).
Hanno depositato una memoria illustrativa la ricorrente e la resistente
Axa Assicurazioni (già Centurion Assicurazioni).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, dolendosi del vizio di violazione di legge
(art. 360
n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 3 n. 6 della Convenzione di
Bruxelles
del 25 agosto 1924, resa esecutiva in Italia con R.D.L. 6 gennaio 1928
n. 1958, convertito nella legge 19 luglio 1929 n. 1638, e all'art. 2951
c.c.) e del difetto di motivazione su un punto decisivo della
controversia
(art. 360 n. 5 c.p.c.), la ricorrente assume che la Corte d'appello,
per
respingere le eccezioni di decadenza dal diritto al risarcimento del
danno
conseguente all'avaria intervenuta in occasione del trasporto o di
prescrizione
dello stesso diritto, ai sensi delle norme surricordate, ha esposto
argomentazioni
"confliggenti con la realtà di fatto e con le norme vigenti,
ma
anche del tutto prive di qualsiasi logica e
conseguenzialità". Segnatamente
non ha spiegato il motivo per cui a un danno occorso nell'ambito di un
contratto di trasporto non risulterebbe applicabile lo specifico regime
normativo che lo contraddistingue, desumibile dalle citate disposizioni
di legge.
Col secondo motivo, denunciando violazione di legge (art. 360 n. 3
c.p.c., in relazione agli artt. 112, 163, 324 e 327 c.p.c.) e omessa,
insufficiente
e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.) la ricorrente
osserva
che le attrici invocarono, a fondamento della domanda, una
responsabilità
fondata sullo svolgimento dell'attività vettoriale,
sull'inadempimento
delle obbligazioni da essa nascenti e sulle conseguenze pregiudizievoli
che ne erano derivate; che, in accoglimento di tale "causa petendi", il
Tribunale dichiarò la responsabilità vettoriale
della convenuta;
che le attrici, nella comparsa costitutiva di appello, abbandonando la
"causa petendi" di cui il Tribunale aveva riconosciuto la fondatezza,
allegarono
un titolo diverso del credito, nascente a loro dire dall'atto di
quietanza
emesso dalla Prudential, ma senza proporre appello avverso il titolo
sul
quale era fondata la pronuncia di condanna.
La Corte d'appello invece non si è limitata a valutare se
ricorrevano
o no i presupposti della responsabilità vettoriale,
prescindendo
dall'atto di quietanza, ma, senza rilevare la definitività
del titolo
di responsabilità individuato nel rapporto vettoriale
né
la novità della domanda proposta in secondo grado, ha
fondato la
sua decisione, peraltro non adeguatamente motivata, su un titolo ancora
diverso, non invocato dalle attrici appellate, costituito non
già
dalla quietanza ma da una serie di comportamenti (la spedizione alle
attrici
della quietanza della Prudential; la commissione di una perizia
estimativa
dell'avaria) che consentirebbero di affermare la
responsabilità
della Merzario sotto il profilo dell'assunzione di un impegno a
risarcire
(o a far risarcire) il danno, sottoposto non alla prescrizione breve
del
contratto di trasporto ma alla ordinaria decennale, in
realtà ispirati
a mera cortesia e correttezza commerciale, senza alcun intento
confessorio
di responsabilità.
Col terzo mezzo, allegando la violazione degli artt. 2951 e 2944 c.c.
e il vizio di motivazione (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), la ricorrente
rileva
un ulteriore errore della Corte di merito, laddove, negando che la
società
Merzario potesse eccepire utilmente la prescrizione ai sensi dell'art.
2951 c.c. per non essere decorso, al momento della citazione, il
termine
di un anno dalla data della quietanza, non ha considerato che
l'emissione
del documento era irrilevante agli effetti dell'interruzione della
prescrizione,
sia perché intervenuta quando il diritto si era
già prescritto
sia soprattutto perché il riconoscimento produce l'effetto
interruttivo
soltanto se proviene dal soggetto legittimato e non, come nella specie,
da una Compagnia assicurativa estranea al rapporto. Ed invero
l'emissione,
da parte della Prudential, della quietanza di pagamento poteva
costituire,
come già sottolineato dalla Merzario nell'appello, il
riconoscimento
dell'obbligo di pagare l'indennità, ma non poteva certo
rappresentare,
come ritenuto dalla Corte territoriale senza alcuna connessione logica,
il riconoscimento, da parte della Merzario, di un suo obbligo
risarcitorio.
Col quarto mezzo, basato sul vizio di omessa, insufficiente e
contraddittoria
motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.), la ricorrente deduce che la
sentenza
impugnata "ha sviluppato alcune argomentazioni dirette a liberare la
chiamata
in causa Centurion da ogni responsabilità in ordine al
pagamento
dell'indennizzo e ad addossare invece alla conchiudente tale
responsabilità,
apparentemente concatenate in modo logico, ma prive in
realtà di
qualsiasi supporto razionale, oltre che contraddittorie sia tra loro,
sia
anche rispetto ad altre affermazioni contenute nella stessa sentenza, e
in ogni caso assolutamente avulse dai titoli invocati in giudizio dalle
attrici".
Ed invero da una parte la sentenza ricava la responsabilità
della Merzario non dal contratto di trasporto ma da un'autonoma
obbligazione;
e dall'altro, fondandosi sul contratto di trasporto, sostiene che bene
le attrici si sono volte contro il vettore piuttosto che contro
l'assicuratore
per conto di chi spetta, e che le stesse hanno diritto al risarcimento
a preferenza del destinatario, non avendo questi Né ricevuto
né
richiesto la riconsegna della merce. E soggiunge che le attrici hanno
omesso
di valersi della quietanza, quando è vero il contrario, come
dimostra
la "mutatio libelli" da esse operata nella comparsa costitutiva di
appello;
e infine inutilmente afferma che è esclusa qualsiasi
estensione
della domanda all'assicuratore evocato dalla Merzario,
poiché una
specifica domanda delle attrici contro la Prudential non era
necessaria,
il terzo chiamato essendo divenuto parte del giudizio.
Il quinto motivo concerne la violazione degli artt. 1891 e 1411 c.c.
(art. 360 n. 3 c.p.c.). La società Merzario ricorda come la
sentenza
impugnata, dopo aver riconosciuto alle attrici la titolarità
del
diritto al risarcimento, quali soggetti assicurati ai sensi dell'art.
1891
2º comma c.c., abbia poi escluso qualunque estensione in
favore delle
stesse attrici delle domande formulate dalla Merzario contro la
Prudential,
per la ragione che esse non avrebbero mai dichiarato di voler far
valere
alcun diritto nei confronti di detta Compagnia, omettendo, nello stesso
tempo, di dedurre un eventuale rapporto di garanzia assicurativa con la
medesima. Ignora però la Corte d'appello che l'art. 1891 va
interpretato
in connessione con l'art. 1411 e che, per effetto di tale ultima norma,
il terzo (in questo caso le attrici) acquista il diritto contro il
promittente
per effetto della stipulazione; mentre, in base al successivo comma
dello
stesso art. 1411, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante
solo
in caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di
profittarne.
Nel caso specifico le attrici hanno senza equivoci manifestato la
volontà
di accettare la stipulazione in loro favore sottoscrivendo la
quietanza,
né rileva la loro richiesta di un risarcimento maggiore di
quello
liquidato dalla Compagnia, che anzi dimostra ulteriore adesione alla
stipulazione
stessa. Dimentica infine la Corte d'appello che l'assicurazione per
conto
di chi spetta, stipulata dallo spedizioniere vettore, è
riconducibile
nell'ambito dell'assicurazione della responsabilità civile.
Col sesto motivo, infine, allegando la violazione dell'art. 1274 c.c.,
e ancora una volta, il vizio di motivazione (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.),
la ricorrente nega che, come ritenuto dalla Corte d'appello,
l'obbligazione
in parola abbia natura risarcitoria e comporti la rivalutazione, posto
che tale affermazione contraddice la premessa, secondo cui la
responsabilità
della Merzario non nasce dal contratto di trasporto ma dall'assunzione,
da parte sua, di un diverso obbligo specifico, come tale estraneo alle
obbligazioni di valore.
Le prime tre censure, da esaminare, per le loro connessioni, in un
unico contesto, sono fondate.
La Corte d'appello, per superare le due eccezioni preliminari della
Merzario, di decadenza ai sensi dell'art. 3 n. 6 della ricordata
Convenzione
di Bruxelles del 25 agosto 1924 sulla polizza di carico o di
prescrizione
ai sensi dell'art. 2951 c.c., premesso, in punto di fatto, che
l'incidente
a causa del quale i macchinari rimasero danneggiati avvenne "nel corso
del trasporto su strada a Norfolk" e che, in seguito all'incidente,
venne
"appositamente concordato ed attuato il rinvio in Italia delle
apparecchiature
per le riparazioni necessarie presso le stesse aziende produttrici e
venditrici",
ossia le società Vismara e Fedegari, ha così
argomentato:
1) la Convenzione non è applicabile, giacché "si
verteva
e si verte nell'ambito di un contesto negoziale acceduto al contratto
principale,
ma autonomo da esso, perché inteso ad un amichevole
componimento,
in sostanza transattivo, della questione allora insorta e dei possibili
profili contenziosi"; 2) quanto all'eccezione di prescrizione, la
stessa
appellante Merzario, nella citazione introduttiva del grado, qualifica
"la quietanza di risarcimento predisposta dalla Prudential (...) nel
gennaio
1989, e trasmessa, si noti, a propria cura alla società
Vismara
per la sottoscrizione anche da parte della Fedegari Autoclavi, come
"ultimo
atto suscettibile in interrompere i( decorso del termine di cui
all'art.
2951 c.c."; "e dunque con esito utile ai fini in discussione, posta la
di poco successiva introduzione della causa"; 3) comunque "il rinvio
degli
impianti in Italia era stato senza dubbio concordato dalle parti",
avendo
nell'occasione la Merzario "commesso una perizia d'avaria (...),
facendo
altresì intervenire (...) l'assicuratore Prudential"; 4) la
stessa
appellante, proclamando il suo diritto di essere "manlevata" dalla
Prudential,
cui attribuisce un comportamento "inequivocabilmente confessorio", "nel
contempo (...) evidenzia che il suo comportamento nelle circostanze
dettesi,
ovvero con le iniziative assunte, era stato quello (...) di
riconoscersi
responsabile per l'accaduto sinistro e di impegnarsi al risarcimento
del
caso od anche solo a procurarlo tramite il terzo assicuratore"; 5) in
conclusione
"tale non refutabile scelta operativa era valsa a far insorgere
comunque
una autonoma obbligazione rispetto alla figura originaria da cui si
occasionava
- il contratto di trasporto -, ormai soggetta alla ordinaria
prescrizione
decennale".
Va subito precisato che, essendo avvenuto il danneggiamento, come
accertato
dal giudice di merito, durante la fase finale del trasporto per via di
terra, la Merzario non può invocare l'assoggettamento del
rapporto
alla Convenzione di Bruxelles.
Infatti il regime della responsabilità in essa previsto
trova
applicazione dal momento della caricazione delle merci a bordo della
nave
fino a quello del loro sbarco (art. 1 lett. E). Il trasporto misto di
cose,
per via marittima e terrestre, sebbene caratterizzato dall'assoluta
prevalenza
del tratto marittimo, non rientra dunque nell'ambito della normativa
speciale
prevista dalla Convenzione, riguardante il solo contratto di trasporto
che si svolge esclusivamente per via marittima, ma rimane regolato
dalla
disciplina del codice civile (Cass. 8 luglio 1993 n. 7504; cfr., sulla
prevalenza, in tal caso, del codice civile anche rispetto al codice
della
navigazione, Cass. 17 novembre 1978 n. 5363; e, per analogo principio
affermato
in tema di trasporto misto internazionale per via aerea e per terra,
Cass.
14 febbraio 1986 n. 887).
Così appurato che non è questione di decadenza a
norma
della Convenzione ma semmai di prescrizione ai sensi dell'art. 2951 20
comma c.c. (diciotto mesi, avendo avuto termine il trasporto fuori
d'Europa),
emerge subito l'erroneità, puntualmente denunciata, del
primo argomento
addotto dalla Corte d'appello per disattendere la relativa eccezione
della
Merzario.
A norma dell'art. 2944 c.c., "la prescrizione è interrotta
dal
riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto
stesso può essere fatto valere".
Essendo in discussione, tra le mittenti attrici e la convenuta
Merzario,
in forza del contratto di trasporto (come si vedrà tra
breve), il
diritto delle prime al risarcimento del danno da avaria nei confronti
della
seconda, pur concedendo che il riconoscimento del diritto, idoneo a
interrompere
la prescrizione, non esige forme particolari ma può essere
anche
tacito o implicito, purché univoco, la Corte d'appello
avrebbe dovuto
spiegare in modo logico, sulla base di fatti concludenti, dove si
radichi
l'asserito effetto interruttivo in danno della Merzario. Segnatamente
avrebbe
dovuto chiarire come potesse derivare quest'ultimo effetto da un atto
(la
quietanza) trasmesso dalla Merzario alle mittenti ma predisposto, in
vista
del pagamento alla Vismara e alla Fedegari dell'indennizzo previsto dal
contratto assicurativo, da un altro soggetto (la Prudential), contro il
quale il diritto all'indennizzo poteva essere fatto valere.
Viceversa essa si è basata, in modo nient'affatto appagante,
su una pura e semplice opinione soggettiva manifestata in proposito
dall'appellante
Merzario, la quale per giunta assume oggi di essere stata fraintesa,
avendo
più oltre, nello stesso appello, meglio espresso il suo
pensiero
col precisare che la quietanza era in realtà ricognitiva del
solo
obbligo della Prudential di pagare l'indennità e non poteva
avere
riflessi negativi per essa Merzario.
Non meno viziato è il secondo argomento col quale la Corte
d'appello
ha ritenuto di respingere l'eccezione di prescrizione.
Non può infatti non rilevarsi come il giudice del gravame
(peraltro
nella sola disamina di tale questione preliminare, nella risoluzione di
tutte le altre questioni avendo ragionato unicamente in termini di
contratto
di trasporto) abbia arbitrariamente sostituito alla "causa petendi"
fatta
valere inequivocamente dalle attrici (inadempimento del contratto di
trasporto:
art. 1693 c.c.) un titolo completamente diverso e distinto, anch'esso
di
natura negoziale ma affatto nuovo.
Questo nuovo titolo, dai contorni invero non ben definiti, sembra sia
stato rinvenuto in una sorta di transazione, stipulata nemmeno
espressamente
ma per fatti concludenti, in forza della quale (dapprima la Merzario
ordinando
una perizia di avaria, di poi le attrici e la convenuta concordando il
rientro dei macchinari in Italia per le riparazioni e intavolando
trattative
con l'assicuratrice Prudential, sfociate nella emissione, da parte di
quest'ultima,
della più volte ricordata quietanza, sottoscritta con
riserva dalle
mittenti) sarebbe stata novata l'originaria obbligazione risarcitoria
da
trasporto della Merzario, che avrebbe assunto, in sostituzione, un
autonoma
obbligazione risarcitoria, svincolata dal contratto di trasporto, o per
lo meno si sarebbe impegnata a procurare il risarcimento alle
controparti
per il tramite della società assicuratrice. Di qui
l'applicazione
dell'ordinaria prescrizione decennale.
Una simile escogitazione, come affiora dalle stesse odierne difese
delle resistenti Vismara e Fedegari, non trova il benché
minimo
addentellato nelle deduzioni in fatto e in diritto delle attrici, le
quali
con l'atto di citazione allegarono unicamente il contratto di trasporto
con la Merzario e la conseguente responsabilità (presunta)
della
medesima, ancorandosi alla quietanza emessa dalla Prudential come a un
semplice, obiettivo parametro concordato di una parte del danno
subìto,
dovendosi aggiungere l'ulteriore importo di L. 13.485.212, preteso per
le spese di rientro dei macchinari in Italia; e mantennero inalterata
questa
prospettazione, che poi era la più naturale e lineare, anche
nelle
conclusioni definitive di primo grado (nelle quali chiesero la condanna
della Merzario "al pagamento di L. 157.956.200 portate dall'atto di
quietanza
27 gennaio 1989" e in subordine "al pagamento dell'ulteriore somma di
L.
13.185.212").
Non per nulla il Tribunale non ebbe difficoltà a inquadrare
nei suoi esatti confini la controversia, affermando a chiare lettere la
"responsabilità vettoriale" della Merzario, senza che le
attrici,
pur esposte, in base al contratto di trasporto, al rischio della
prescrizione,
avessero di che dolersi, essendosi limitate, nella comparsa costitutiva
di appello, ad asserire, non si sa a qual fine, che "dall'atto di
quietanza
ha origine il credito delle attrici di primo grado".
Non occorre ricordare come al giudice sia fatto divieto dall'art. 112
c.p.c. di sostituire l'azione espressamente proposta con una diversa,
fondata
su fatti diversi o su una diversa "causa petendi", con la conseguente
introduzione
nel processo di un nuovo o diverso titolo, accanto a quello posto dalla
parte a fondamento della domanda, e di un nuovo tema d'indagine (Cass.
18 aprile 1996 n. 3670; 20 aprile 1990 n. 3289; 12 giugno 1986 n.
3916).
E' poi "jus receptum" che il giudice di appello può dare al
rapporto
dedotto in causa (e quindi alla domanda che in esso si rispecchia) una
qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo
grado
e prospettata dalla parte, ma sempre, per non incorrere nel vizio di
extrapetizione,
con il limite invalicabile di lasciare inalterati il "petitum" e la
"causa
petendi" e di non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di
fatto
(Cass. 5 febbraio 1987 n. 1138; 10 gennaio 1981 n. 211; 9 febbraio 1977
n. 580).
In particolare è stato ritenuto sussistente il vizio di
extrapetizione
in ipotesi analoghe alla presente, quando il giudice applichi d'ufficio
una disciplina di natura contrattuale non allegata dall'attore a
sostegno
della domanda (Cass. 15 dicembre 1990 n. 11920); o quando il giudice di
appello confermi la sentenza di primo grado ponendo a fondamento della
propria decisione un fatto giuridico costitutivo diverso da quello
dedotto
in giudizio ed oggetto di contestazione in sede di gravame (Cass. 13
maggio
1993 n. 5463).
L'accoglimento dei primi tre motivi del ricorso, da cui consegue
l'assorbimento
delle residue censure, comporta la cassazione della sentenza impugnata,
col rinvio ad un altro giudice di pari grado, designato nel
dispositivo,
il quale dovrà decidere la controversia, e in primo luogo
l'eccezione
di prescrizione, alla stregua dell'unica "causa petendi" azionata
(contratto
di trasporto e connessa responsabilità "ex recepto").
Lo stesso giudice provvederà anche sulle spese del presente
giudizio di Cassazione (art. 385 u.c. c.p.c.).
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbiti gli altri; cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano.
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