Giurisprudenza

 
CORTE DI CASSAZIONE
SEZ. 3  SENT. 10692 DEL 27/10/1998
PRES. Iannotta A.     REL. Finocchiaro M.
PM. Maccarone V. (Conf.)
RIC. Adriatic Shipping Company Srl (avv. Sperati)
RES. Continentale Italiana SpA
Cassa app. Venezia, 16 marzo 1996

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 9 giugno 1988 la s.p.a. Cerealmangimi - successivamente fusasi, per incorporazione, nella s.p.a. Continentale Italiana - conveniva in giudizio, innanzi al tribunale di Venezia, la s.r.l. Adriatic Shipping Company unitamente alla s.n.c. Traspedi di Schiavon Sante & Figli, l'una o l'altra, agente raccomandatario della Losinjska Plovidba di Fiume, asseritamente vettore di un carico di 12.299,917 tonnellate di sorgo, trasportato da Port Sudan a Venezia a bordo della m/n "Mirna" per sentir condannare quest'ultimo al risarcimento dei danni conseguenti, da un lato, a un ammanco di 262,752 tonnellate di sorgo (rispetto al quantitativo risultante dalla polizza di carico), dall'altro, al costo di depurazione del carico riconsegnato, da spaghi e sacchi presenti nello stesso.
Costituitasi in giudizio in nome del proprietario armatore della nave e vettore del carico Trinos Shipping Corporation di Panama, la s.r.l. Adriatic Shipping resisteva alle avverse pretese eccependone - sotto diversi concorrenti profili - l'infondatezza, atteso, quanto alla prima voce di danno, da un lato, che il preteso ammanco rientrava nel c.d. "calo d'uso" previsto dagli usi marittimi della Provincia di Venezia, dall'altro, l'operatività della clausola "dice pesare" ("said to weight"), inserita nella polizza di carico, da ultimo, la circostanza che per espressa previsione contrattuale contenuta nel contratto di acquisto del sorgo la Cerealmangimi era tenuta a pagare al venditore solo la quantità effettivamente consegnata a destino ("nett delivered weight"); quanto alla seconda voce di danno la convenuta faceva presente sia che nella polizza di carico era contenuta espressa riserva, che dava conto della presenza all'imbarco di materiali estranei sino alla concorrenza del 3%, sia che - comunque - il lamentato danno era inesistente.
Nelle more di tale giudizio, con atto 19 luglio 1988 la Cerealmangimi conveniva nuovamente, in giudizio, innanzi allo stesso tribunale di Venezia, s.r.l. Adriatic Shipping Company unitamente alla s.n.c. Traspedi di Schiavon Sante & Figli, nella asserita loro qualità di raccomandatari della nave "Mirna" gestita da Trinos Shipping Corporation di Panama, ribadendo le domanda già formulate nel precedente giudizio.
Riunite le due cause svoltasi l'istruttoria del caso il tribunale di Venezia, con sentenza 19 maggio 1990 - 5 febbraio 1993, rigettava la domanda attrice di risarcimento dei costi di depurazione del carico da corpi estranei (ritenendo valida la riserva contenuta nella polizza di carico), mentre accoglieva la domanda relativa all'ammanco, dedotto il calo d'uso, per cui condannava la s.r.l. Adriatic Shipping Company, nella sua qualità di rappresentante processuale della Trinos Shipping Corporation al risarcimento dei danni liquidati in dollari USA 13.888,60.
Gravata tale pronuncia, in via principale dalla S.r.I. Adriatic Shipping Company, e in via incidentale dalla s.p.a. Continentale Italiana, già s.p.a. Cereal-Mangimi, la Corte di appello di Venezia, nella contumacia della s.n.c. Transpedi con sentenza 15 febbraio - 16 marzo 1996 rigettava sia l'appello principale che quello incidentale.
Quanto ai danni per l'ammanco i giudici di appello - dichiarata la invalidità della clausola "said to weight", contenuta nel la Polizza di carico, perché a norma dell'art. 462 codice della navigazione la stessa richiede la menzione dei motivi per cui la pesatura non sia stata possibile, ovvero la dimostrazione che le circostanze di imbarco erano tali da non consentire il controllo del peso - osservavano che era irrilevante - al fine del decidere - che nel contratto di compravendita del sorgo fosse previsto il pagamento della merce in base al peso netto alla consegna, atteso che tale clausola, non riportata in polizza, non poteva essere opposta dal vettore che rispondeva nei confronti del ricevitore non in forza del contratto di compravendita, ma "ex recepto".
In merito all'appello incidentale della Continentale e alla presenza nella merce di corpi estranei ("juta e spaghi") i giudici di secondo grado, essendo pacifico - tra le parti - che la presenza di spaghi e di pezzi di juta nel carico era imputabile al caricatore, per le specifiche modalità impiegate a Porto Sudan, ritenevano spettasse al ricevitore fornire la prova circa colpe specifiche del vettore, quanto meno "in vigilando", per cui in assenza di tali prove, la domanda doveva essere rigettata, indipendentemente dalla validità della clausola apposta in polizza.
Quanto, infine, alla misura del danno, i giudici di appello, osservavano, da una parte, che correttamente erano stati esclusi, dal computo dello stesso, gli oneri aggiuntivi per lo scarico della merce e per prelievo Cee (tenuto presente che tali oneri non erano stati sostenuti dal ricevitore, per la merce non consegnata), dall'altra, che essendo stato liquidato il danno in moneta americana era onere del creditore - al fine di conseguire il risarcimento dei danni conseguenti al diminuito potere d'acquisto del proprio credito - dimostrare che la moneta statunitense si fosse svalutata, nelle more tra l'illecito e la sua liquidazione, da ultimo, infine, che non potevano riconoscersi, alla creditrice, gli interessi anatocistici, essendo questi previsti esclusivamente per le obbligazioni pecuniarie e non anche per i debiti di valore.
Per la cassazione di tale pronuncia ha proposto ricorso la s.r.l. Adriatic Shipping Company, affidato a due motivi e illustrato da memoria. Resiste con controricorso e ricorso incidentale, affidato a 7 motivi la s.p.a. Continentale Italiana.
La s.r.l. Adriatic Shipping Company, ha proposto controricorso, per resistere al ricorso incidentale avversario. La s.n.c. Traspedi non ha svolto attività difensiva, in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) I vari ricorsi avverso la stessa sentenza devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
2) Come accennato in parte espositiva, la s.p.a. Cerealmangimi (ora s.p.a. Continentale Italiana) ricevitrice, in forza di polizza di carico emessa a Porto Sudan il 10 luglio 1987 di un carico di 12.299,917 tonnellate di sorgo bianco sudanese alla rinfusa, trasportato da Porto Sudan a Venezia e Ravenna con la m/n "Mirna" ha evocato in giudizio la s.n.c. Traspedi nonché la s.r.l. Adriatic Shipping Company per conseguire il risarcimento dei danni patiti, vuoi per essere stata consegnata una quantità di merce inferiore di quella indicata nella polizza di carico, vuoi per le spese sostenute a causa delle impurità (iuta e spago) presenti nella merce al momento della consegna.
I giudici del merito - in parziale accoglimento delle eccezioni "hinc inde" dedotte - da una parte, hanno condannato la s.r.l. Adriatic Shipping Company, nella sua qualità di rappresentante processuale della Trinos Shipping Corporation, al pagamento della somma di dollari USA 13.888,60 per differenza tra la merce caricata e quella consegnata, dall'altra, hanno rigettato la domanda attrice, quanto alle pretese risarcitorie per la presenza, nella merce trasportata di corpi estranei.
Quanto, in particolare, alla domanda accolta i giudici di secondo grado - dichiarata la invalidità della clausola "said to weight", contenuta nella polizza di carico, perché a norma dell'art. 462 codice della navigazione la stessa richiede la menzione dei motivi per cui la pesatura non sia stata possibile, ovvero la dimostrazione che le circostanze di imbarco erano tali da non consentire il controllo del peso - hanno osservato che era irrilevante - al fine del decidere - che nel contratto di compravendita del sorgo fosse previsto il pagamento della merce in base al peso netto alla consegna, atteso che tale clausola, non riportata in polizza, non poteva essere opposta dal vettore che rispondeva nei confronti del ricevitore non in forza dea contratto di compravendita, ma "ex recepto".
3) Tale parte, della pronuncia gravata è censurata dalla ricorrente principale sia con il primo che con il secondo motivo di ricorso.
Con il primo, in particolare, la ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione di norma di diritto, art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione ad artt. 2697, 1223 c.c.", nonché "omessa motivazione circa una punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte, art. 360 n. 5 c.p.c.".
Assume, in particolare, la ricorrente che il compratore del sorgo sudanese - cioè la s.p.a. Cerealmangimi (ora s.p.a. Continentale Italiana) - era tenuto, verso il proprio venditore, al pagamento del corrispettivo [pattuito in dollari USA 107 per 1.000 kg.] del solo peso netto della merce effettivamente consegnata a destino, per cui se il ricevitore era tenuto a pagare "solo" la merce effettivamente consegnatagli dal vettore, il fatto che la quantità di questa sia inferiore a quella riportata nella polizza di carico non implica, per il primo, alcun pregiudizio patrimoniale.
4) Oppone parte controricorrente, nel resistere alla riassunta censura - facendo, altresì, propri anche gli argomenti svolti, al riguardo dai giudici del merito - che la deduzione non può trovare accoglimento atteso che:
- la inopponibilità del contratto concluso fra caricatore e ricevitore, da parte del vettore è inopponibilità "tout court" e, quindi, comporta anche l'inopponibilità, sul piano probatorio, di ogni emergenza derivante da tale rapporto;
- la presenza della clausola invocata da controparte non dimostra l'inesistenza del danno da inadempimento "parziale" (ovvero consegna di merce in quantità inferiore a quella denunziata in polizza) e di quello da "mancato guadagno" (in conseguenza della indisponibilità parziale della partita);
- il contratto in questione, in ogni modo, non è la prova critica voluta dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice, per escludere la presunzione di responsabilità "ex recepto" che fa carico al vettore;
- fin dalla comparsa di risposta [in primo grado] la convenuta [attuale ricorrente principale] non aveva contestato l'ammanco che è, quindi, un dato assodato, e non può, pertanto, ora sostenere che l'esistenza della ricordata clausola contrattuale privi di rilievo qualsiasi ipotesi di ammanco.
5) Nessuno dei riassunti rilievi coglie nel segno e il motivo si appalesa, a giudizio di questa Corte, fondato.
Contrariamente a quanto si assume da parte della controricorrente, nella specie con la deduzione in questione - già ampiamente sviluppata in sede di merito e in quella sede disattesa, per cui deve, decisamente, negarsi che trattisi di nuove precluse eccezioni o di difese in contrasto con la linea difensiva seguita nei precedenti gradi - la ricorrente principale non mira né a negare l'esistenza di un ammanco - cioè di una diversità quantitativa tra la merce ricevuta e quella consegnata al ricevitore - (per cui l'assunto non contrasta in alcun modo con l'assenza di contestazione, in primo grado, quanto al preteso "ammanco"), né ad escludere una sua eventuale responsabilità al riguardo (per cui malamente è richiamata la pacifica giurisprudenza di questa Corte regolatrice in tema di presunzione di colpa "ex recepto" del vettore a norma dell'art. 1693 c.c.).
In realtà la ricorrente nega di essere tenuta a risarcire i danni reclamati dalla controparte perché, assume, non solo non esiste alcuna prova, di tali danni, ma esiste - all'estremo - la prova, documentale, della loro inesistenza.
Malamente - inoltre - è invocato, nella specie - al fine di ritenere l'obbligo dell'attuale ricorrente di "risarcire" il ricevitore per il sorgo non riconsegnato, che detto ricevitore era terzo, rispetto al contratto di vendita del sorgo.
Come noto, in forza dell'art. 1696 c.c. il danno derivante da perdita o avaria delle cose trasportate si calcola secondo il prezzo corrente di queste nel luogo e nel tempo della riconsegna.
Tale disposizione - come pacifico nella giurisprudenza di questa Corte - collega la liquidazione del danno emergente ad un criterio sicuro ed univoco - con la conseguente esclusione (per tale tipo di danno) di ogni altro diverso criterio, pure astrattamente ammissibile.
Dalla stessa - in particolare - derivano alcuni corollari che possono così riassumersi:
- la responsabilità "ex recepto" del vettore per la perdita o l'avaria della cosa consegnatagli non è esclusa dalla mancata prova, da parte del destinatario proprietario del bene, di aver sostituito la cosa perduta od avariata con altra o di avere sostenuto una spesa a tal fine, rappresentando detta perdita od avaria di per sé un danno da calcolarsi secondo i criteri fissati dall'art. 1696 c.c. (Cass. 20 gennaio 1987 n. 453);
- la previsione in parola non esclude la risarcibilità, secondo i principi generali di cui all'art. 1223 c.c., dell'eventuale danno ulteriore, costituito dal lucro cessante, e cioè dal mancato guadagno che l'avente diritto contava di ritrarre dalle cose trasportate, sempre che esso costituisca conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento degli obblighi gravanti sul vettore (Cass. 28 ottobre 1980 n. 5793);
- il valore della merce, in caso di perdita o di avaria, bene può essere desunto - dal giudice - dalle fatture emesse dal mittente nei confronti del destinatario della merce stessa, stante la presunzione semplice che nei normali rapporti tra imprenditori commerciali venga praticato il prezzo di mercato (cfr., ad esempio, Cass. 24 luglio 1986 n. 4732);
- con riguardo a beni mobili consegnati dal venditore con la rimessa di essi al vettore, ed andati poi perduti prima del recapito all'acquirente, l'obbligazione risarcitoria del vettore medesimo nei confronti dell'acquirente, che eserciti professionalmente il commercio di detti beni, non può includere l'ammontare dell'IVA portato dalla fattura del venditore, atteso che esso acquirente, in sede di computo tra IVA-fornitori ed IVA-clienti, e previa registrazione della fattura stessa ai sensi dell'art. 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, ha facoltà di recuperare il relativo esborso detraendolo da quanto dovuto all'amministrazione finanziaria in relazione alle operazioni di rivendita effettuate nell'ambito della propria attività di commerciante (Cass. 12 settembre 1984 n. 4789).
Si ricava, da quanto sopra, e dalla stessa ratio della previsione in esame, che in tanto il vettore è tenuto - in caso di perdita o avaria della merce trasportata - a risarcire il "danno" secondo il criterio indicato nell'art. 1696 c.c. [prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel tempo della riconsegna] in quanto si raggiunga - eventualmente per via presuntiva - la prova che per effetto della accertata "perdita" o "avaria" il destinatario ha ricevuto un "pregiudizio economico", cioè ha patito un "danno".
Non essendosi attenuti i giudici del merito, al riferito principio diritto, è evidente che il primo motivo del ricorso principale merita accoglimento e che, per l'effetto, la sentenza gravata deve essere cassata, nella parte in cui ha rigettato il primo motivo di appello della Adriatic Shipping Company s.r.l.
6) Premesso quanto sopra si osserva - ancora - che a norma dell'art. 384, comma 1, c.p.c. nella specie non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e che - pertanto (come del resto puntualmente sollecitato dalla stessa ricorrente principale) - questa Corte può decidere la causa nel merito.
Al riguardo deve premettersi - "in primis" - che in tesi la Continentale [che certamente non ha provveduto a pagare al proprio fornitore il sorgo non consegnatole dal vettore], poteva dedurre, e adeguatamente provare, di avere subito un pregiudizio per non aver potuto commercializzare, in Italia, la quantità di sorgo mancante (ad esempio dimostrando di essersi impegnata a consegnare esattamente la quantità indicata come caricata sulla nave e di aver dovuto pagare una penale al proprio acquirente).
La stessa, per contro, in realtà, non ha mai spiegato alcuna domanda in tal senso.
La Continentale, infatti, in sede di merito ha sempre sollecitato il pagamento di una somma pari al valore commerciale del sorgo non consegnatole: in questi limiti i primi giudici hanno accolto la domanda e la Continentale non ha proposto appello incidentale, per il conseguimento, sotto il riferito profilo [ammanco] ulteriori voci di danni.
Contemporaneamente si osserva che nella specie - pur essendo noti sia la quantità di sorgo non riconsegnata alla Continentale, al rientro della m/n Mirna in Italia, sia il valore commerciale - di tale sorgo (sulla base delle risultanze della fattura d'acquisto) - esiste, in atti, la prova, positiva, che la Continentale non ha subito alcun pregiudizio economico, per effetto della consegna di una quantità si sorgo inferiore a quella imbarcata.
Certo, infatti, che la Continentale non era contrattualmente tenuta al pagamento nei confronti della propria fornitrice del sorgo assente al momento dello sbarco (e non risultando, altresì, che detta fornitrice abbia in qualche modo preteso detto pagamento) è palese che la somma reclamata nell'atto introduttivo del giudizio (e liquidata dai primi giudici) non costituiva il risarcimento di un danno subito dalla Continentale, ma un suo arricchimento senza causa.
E' palese - pertanto - in applicazione dei principi di diritto che si sono sopra riferiti, che la domanda proposta dalla Cerealmangimi s.p.a. e proseguita dalla Continentale Italiana s.p.a. per conseguire il valore del sorgo non consegnatole dalla Adriatic Shipping Company s.r.l. deve rigettarsi.
7) All'accoglimento del primo motivo segue l'assorbimento del secondo motivo, del ricorso principale.
8) I giudici del merito - come accennato in parte espositiva - hanno rigettato la domanda della Continentale volta a ottenere il ristoro dei danni patiti a causa della presenza nel sorgo trasportato di corpi estranei (juta e spaghi) essendo pacifico - tra le parti - che la presenza di spaghi e di pezzi di juta nel carico era imputabile al caricatore, per le specifiche modalità impiegate a Porto Sudan, per cui spettava al ricevitore fornire la prova circa colpe specifiche del vettore, quanto meno "in vigilando", per cui in assenza di tali prove, la domanda doveva essere rigettata, indipendentemente dalla validità della clausola apposta in polizza.
9) La ricorrente incidentale con il primo motivo denuncia "omesso esame di un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 4 c.p.c.)" per non avere i giudici di secondo grado esaminato uno dei motivi di appello e - in particolare - quello con il quale era stata censurata la pronuncia dei primi giudici, nella parte in cui costoro avevano rigettato la domanda ora in esame, motivo con il quale era stato dedotto, nell'ordine, la nullità della clausola "foreing matters" e la violazione dell'art. 3 n. 3 della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico, la violazione dell'art. 1362 c.c. in sede di interpretazione della clausola "de qua", la nullità della deposizione resa dal teste Cedolini, determinante ai fini della decisione della causa in primo grado.
10) Il motivo non coglie nel segno.
Come ammette la stessa difesa della ricorrente incidentale i giudici di appello non hanno esaminato il motivo di appello sopra riassunto avendo risolto la controversia sulla base di altre considerazioni - assorbenti - che rendevano del tutto superfluo l'esame del motivo stesso che è rimasto, pertanto, assorbito.
E' di palmare evidenza - pertanto - che la dedotta violazione dell'art. 360 n. 4 c.p.c. ("nullità della sentenza o del procedimento") non sussiste atteso che non sussisteva, nella specie, alcun obbligo per i giudici di secondo grado di esaminare censure (avverso la pronuncia dei primi giudici) che anche nell'ipotesi fossero risultate fondate in alcun caso avrebbero potuto condurre alla riforma della sentenza impugnata (cioè a un risultato utile per la parte appellante).
11) Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente incidentale denuncia "violazione della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico (art. 3, n. 3) e dell'art. 424 codice della navigazione", atteso che la clausola "foreign matters" era nulla alla luce dell'art. 3, n. 3 della Convenzione di Bruxelles del 1924 sulla polizza di carico (r.d.l. 6 gennaio 1928, n. 1958 approvazione delle convenzioni internazionali di diritto marittimo, firmate in Bruxelles, fra l'Italia ed altri Stati, il 25 agosto 1924 e il 10 aprile 1926).
Con il terzo motivo, ancora, la ricorrente incidentale assume che la sentenza gravata avrebbe violato le norme ermeneutiche previste dagli artt. 1362 e ss. c.c. in sede di interpretazione della polizza di carico.
12) I due motivi di censura - intimamente connessi e da esaminare congiuntamente - sono inammissibili, per difetto di interesse.
I giudici di appello hanno ritenuto irrilevante, al fine del decidere, ogni indagine, sia sulla applicabilità - o meno - alla presente vertenza della Convenzione di Bruxelles in esame (non avendo la Repubblica del Sudan aderito a tale convenzione ed essendo stata la polizza di carico redatta nel territorio di quello Stato, a norma dell'art. 26 preleggi, applicabile nella specie "ratione temporis"], sia quanto alla fondatezza - o meno - dell'eccezione di nullità fatta valere dall'appellante incidentale, sia - infine - in ordine al contenuto della polizza di carico e alla clausola "foreign matters", ed hanno risolto, pertanto, la controversia - come osservato sopra - in forza di altri rilievi.
E' di palmare evidenza, di conseguenza, l'inammissibilità delle deduzioni in questione in quanto con le stesse si censurano affermazioni non contenute nella sentenza gravata (ma solo nella sentenza dei primi giudici).
13) Con il quarto motivo il ricorrente incidentale denunciando "violazione di legge (art. 422 cod. nav.) e motivazione contraddittoria (art. 360 n. 5 c.p.c.)" lamenta che i giudici di appello abbiano posto a fondamento della loro decisione, di rigetto dell'appello incidentale, la circostanza che la presunzione di colpa del vettore marittimo stabilita dall'art. 422 cod. nav. per perdite e avarie viene meno e spetta al ricevitore dimostrare la colpa del vettore quando le perdite e le avarie siano dipese da atti o omissioni in genere del caricatore o dei suoi dipendenti e/o preposti.
Così ragionando - prosegue la ricorrente incidentale - la corte di appello ha violato l'art. 422 comma 2 c.n., tenuto presente che il vettore è di regola presunto responsabile "ex recepto" dell'avaria subita dalle merci a meno che provi che la causa dell'avaria non è stata né in tutto né in parte determinata da colpa propria o da colpa commerciale dei propri dipendenti, atteso che anche nelle ipotesi previste dall'art. 422, comma 2 c.n. il vettore deve previamente dimostrare che il danno è stato prodotto da una causa ivi indicata, ma in questo caso l'avente diritto alla riconsegna può vincere di riscontro la prova liberatoria del vettore.
Contemporaneamente, prosegue la ricorrente, nella specie "controparte non si è preoccupata di fornire tal prova, mentre la Corte non si è nemmeno posta il problema di verificare l'effettivo raggiungimento di tale prova liberatoria da parte del vettore, prima di stabilire ... il mancato assolvimento da parte dell'esponente dell'onere di vincere una prova liberatoria che, oltre a non essere stata offerta, certo non può provenire da una generica indicazione di polizza".
14) La censura è infondata.
Come ammette la stessa ricorrente, in tema di trasporto marittimo di cose, la responsabilità del vettore, a norma dell'art. 422 comma 1, c. nav., per ammanco od avaria del carico, può essere esclusa, ai sensi ed agli effetti del comma 2 del predetto art. 422, solo se il vettore medesimo dimostri il verificarsi di un evento compreso fra i cosiddetti pericoli eccettuati, secondo l'elencazione contenuta nel menzionato comma 2, ovvero anche alla stregua delle situazioni atipiche contemplate dall'art. IV della Convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924, e dimostri altresì la derivazione causale del danno da quell'evento (cfr., oltre le pronuncie ricordate nel ricorso incidentale, Cass. 30 gennaio 1990 n. 639, nonché Cass. 29 maggio 1990 n. 5031).
Nella specie i giudici del merito non si sono in alcun modo posti in contrasto con la richiamata lettura dell'art. 422, comma 2, c.c. che dà la dottrina e la pacifica giurisprudenza di legittimità sopra ricordata, atteso che hanno escluso la responsabilità del vettore per essere stata raggiunta la prova, in causa, sia a mezzo della esperita consulenza tecnica, sia per effetto delle stesse ammissioni delle parti, che la presenza di spaghi e di juta nel sorgo era imputabile a fatto del caricatore (a causa delle specifiche modalità impiegate a Porto Sudan per il carico della nave).
Fatta tale premessa la Corte di appello - in puntuale applicazione del principio di diritto che la ricorrente incidentale assume violato - ha rilevato che a quel punto delle indagini [accertato cioè che l'avaria era imputabile al caricatore] era onere del ricevitore - onere certamente non assolto nella specie - dimostrare una colpa specifica del vettore, per l'esistenza delle lamentate avarie del carico.
Pacifico quanto sopra è evidente - come accennato - l'infondatezza della censura in esame.
Quanto, da ultimo, alla lamentata esistenza, nella parte "de qua" della sentenza impugnata, di una motivazione contraddittoria, non può non ribadirsi, al riguardo, che sussiste vizio di motivazione contraddittoria - ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. - quando le ragioni logico giuridiche addotte a sostegno della decisione siano fra loro inconciliabili elidendosi a vicenda, sì da rendere incomprensibile la "ratio decidendi": la stessa, inoltre, deve risultare dal testo stesso del provvedimento impugnato, la motivazione, cioè, deve apparire tale nello stesso sviluppo logico della motivazione e non nella diversa prospettazione addotta dal ricorrente (da ultimo, in tale senso, ad esempio, Cass. 25 febbraio 1998 n. 2008, specie in motivazione ove la precisazione, altresì, che la sentenza impugnata non è suscettibile di cassazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. per il solo fatto che gli elementi considerati dal giudice di merito siano, secondo l'opinione del ricorrente, tali da consentire una diversa valutazione, conforme alla tesi da lui sostenuta, al di fuori delle dimostrazione che la valutazione fattane da quel giudice è illogica (contraddittoria] ovvero che egli avrebbe dovuto considerarne altri [insufficiente]).
Poiché nella specie non si ravvede, nella motivazione della sentenza impugnata, alcun salto logico che impedisca di ricostruire l'iter logico che la giustifica è palese, anche sotto questo diverso profilo, l'infondatezza della censura.
15) I motivi dal quinto al settimo, del ricorso incidentale, investono la pronuncia in questa sede gravata relativamente alla misura del risarcimento liquidato dai giudici di merito in favore della Continentale s.p.a.
Si denuncia, in particolare, con gli stessi, da un lato "la nullità dei presupposti della sentenza (art. 360 n. 4 c.p.c.)", per non avere la Corte di appello di Venezia dichiarata la nullità di una deposizione testimoniale raccolta in prime cure (quinto motivo), dall'altro, la "violazione dell'art. 1696 c.c. in tema di liquidazione del danno" e "omessa o insufficiente motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.)", nella parte in cui erano stati esclusi [al fine del computo del danno quanto alle tonnellate di sorgo non consegnate] gli oneri accessori aggiuntivi sia per lo scarico della merce sia per prelievo CEE (sesto motivo), sia, infine, "violazione dell'art. 1223 c.c. Omissione del calcolo della svalutazione monetaria e degli interessi composti", tenuto presente che "contra legem" con riguardo alla merce non consegnata [e mai pagata come osservato sopra dal ricevitore al proprio venditore], i giudici di appello, essendo stato liquidato il danno in moneta americana, non avevano rivalutato il credito né avevano riconosciuto, alla creditrice, gli interessi anatocistici (essendo questi previsti esclusivamente per le obbligazioni pecuniarie e non anche per i debiti di valore) (settimo motivo).
Posto, come osservato sopra, che per effetto dell'accoglimento del primo motivo del ricorso principale e della pronuncia, sul merito della controversia, adottata da questa Corte, è stato escluso, in radice, che alla Continentale competa alcun risarcimento a causa della mancata consegna di parte del carico, è palese che tutti i riferiti motivi rimangono assorbiti (per difetto di interesse della ricorrente incidentale al loro esame).
16) Sussistono giusti motivi onde disporre, tra le parti, la totale compensazione delle spese dell'intero giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte, riunisce i ricorsi;
accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo;
rigetta il ricorso incidentale;
cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dalla Cerealmangimi s.p.a. ora Continentale Italiana s.p.a. per il risarcimento dei danni conseguenti alla mancata consegna di parte del carico di cui in parte motiva;
compensa, tra le parti, le spese dell'intero giudizio.



(pagina a cura di Enzo Fogliani - aggiornata il 3.4.2013) 

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