SEZ. 3 SENT. 10692 DEL 27/10/1998
PRES. Iannotta A. REL. Finocchiaro M.
PM. Maccarone V. (Conf.)
RIC. Adriatic Shipping Company Srl (avv. Sperati)
RES. Continentale Italiana SpA
Cassa app. Venezia, 16 marzo 1996
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 9 giugno 1988 la s.p.a. Cerealmangimi -
successivamente fusasi,
per incorporazione, nella s.p.a. Continentale Italiana - conveniva in
giudizio,
innanzi al tribunale di Venezia, la s.r.l. Adriatic Shipping Company
unitamente
alla s.n.c. Traspedi di Schiavon Sante & Figli, l'una o
l'altra, agente
raccomandatario della Losinjska Plovidba di Fiume, asseritamente
vettore
di un carico di 12.299,917 tonnellate di sorgo, trasportato da Port
Sudan
a Venezia a bordo della m/n "Mirna" per sentir condannare quest'ultimo
al risarcimento dei danni conseguenti, da un lato, a un ammanco di
262,752
tonnellate di sorgo (rispetto al quantitativo risultante dalla polizza
di carico), dall'altro, al costo di depurazione del carico
riconsegnato,
da spaghi e sacchi presenti nello stesso.
Costituitasi in giudizio in nome del proprietario armatore della nave
e vettore del carico Trinos Shipping Corporation di Panama, la s.r.l.
Adriatic
Shipping resisteva alle avverse pretese eccependone - sotto diversi
concorrenti
profili - l'infondatezza, atteso, quanto alla prima voce di danno, da
un
lato, che il preteso ammanco rientrava nel c.d. "calo d'uso" previsto
dagli
usi marittimi della Provincia di Venezia, dall'altro,
l'operatività
della clausola "dice pesare" ("said to weight"), inserita nella polizza
di carico, da ultimo, la circostanza che per espressa previsione
contrattuale
contenuta nel contratto di acquisto del sorgo la Cerealmangimi era
tenuta
a pagare al venditore solo la quantità effettivamente
consegnata
a destino ("nett delivered weight"); quanto alla seconda voce di danno
la convenuta faceva presente sia che nella polizza di carico era
contenuta
espressa riserva, che dava conto della presenza all'imbarco di
materiali
estranei sino alla concorrenza del 3%, sia che - comunque - il
lamentato
danno era inesistente.
Nelle more di tale giudizio, con atto 19 luglio 1988 la Cerealmangimi
conveniva nuovamente, in giudizio, innanzi allo stesso tribunale di
Venezia,
s.r.l. Adriatic Shipping Company unitamente alla s.n.c. Traspedi di
Schiavon
Sante & Figli, nella asserita loro qualità di
raccomandatari
della nave "Mirna" gestita da Trinos Shipping Corporation di Panama,
ribadendo
le domanda già formulate nel precedente giudizio.
Riunite le due cause svoltasi l'istruttoria del caso il tribunale di
Venezia, con sentenza 19 maggio 1990 - 5 febbraio 1993, rigettava la
domanda
attrice di risarcimento dei costi di depurazione del carico da corpi
estranei
(ritenendo valida la riserva contenuta nella polizza di carico), mentre
accoglieva la domanda relativa all'ammanco, dedotto il calo d'uso, per
cui condannava la s.r.l. Adriatic Shipping Company, nella sua
qualità
di rappresentante processuale della Trinos Shipping Corporation al
risarcimento
dei danni liquidati in dollari USA 13.888,60.
Gravata tale pronuncia, in via principale dalla S.r.I. Adriatic
Shipping
Company, e in via incidentale dalla s.p.a. Continentale Italiana,
già
s.p.a. Cereal-Mangimi, la Corte di appello di Venezia, nella contumacia
della s.n.c. Transpedi con sentenza 15 febbraio - 16 marzo 1996
rigettava
sia l'appello principale che quello incidentale.
Quanto ai danni per l'ammanco i giudici di appello - dichiarata la
invalidità della clausola "said to weight", contenuta nel la
Polizza
di carico, perché a norma dell'art. 462 codice della
navigazione
la stessa richiede la menzione dei motivi per cui la pesatura non sia
stata
possibile, ovvero la dimostrazione che le circostanze di imbarco erano
tali da non consentire il controllo del peso - osservavano che era
irrilevante
- al fine del decidere - che nel contratto di compravendita del sorgo
fosse
previsto il pagamento della merce in base al peso netto alla consegna,
atteso che tale clausola, non riportata in polizza, non poteva essere
opposta
dal vettore che rispondeva nei confronti del ricevitore non in forza
del
contratto di compravendita, ma "ex recepto".
In merito all'appello incidentale della Continentale e alla presenza
nella merce di corpi estranei ("juta e spaghi") i giudici di secondo
grado,
essendo pacifico - tra le parti - che la presenza di spaghi e di pezzi
di juta nel carico era imputabile al caricatore, per le specifiche
modalità
impiegate a Porto Sudan, ritenevano spettasse al ricevitore fornire la
prova circa colpe specifiche del vettore, quanto meno "in vigilando",
per
cui in assenza di tali prove, la domanda doveva essere rigettata,
indipendentemente
dalla validità della clausola apposta in polizza.
Quanto, infine, alla misura del danno, i giudici di appello,
osservavano,
da una parte, che correttamente erano stati esclusi, dal computo dello
stesso, gli oneri aggiuntivi per lo scarico della merce e per prelievo
Cee (tenuto presente che tali oneri non erano stati sostenuti dal
ricevitore,
per la merce non consegnata), dall'altra, che essendo stato liquidato
il
danno in moneta americana era onere del creditore - al fine di
conseguire
il risarcimento dei danni conseguenti al diminuito potere d'acquisto
del
proprio credito - dimostrare che la moneta statunitense si fosse
svalutata,
nelle more tra l'illecito e la sua liquidazione, da ultimo, infine, che
non potevano riconoscersi, alla creditrice, gli interessi anatocistici,
essendo questi previsti esclusivamente per le obbligazioni pecuniarie e
non anche per i debiti di valore.
Per la cassazione di tale pronuncia ha proposto ricorso la s.r.l.
Adriatic
Shipping Company, affidato a due motivi e illustrato da memoria.
Resiste
con controricorso e ricorso incidentale, affidato a 7 motivi la s.p.a.
Continentale Italiana.
La s.r.l. Adriatic Shipping Company, ha proposto controricorso, per
resistere al ricorso incidentale avversario. La s.n.c. Traspedi non ha
svolto attività difensiva, in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) I vari ricorsi avverso la stessa sentenza devono essere
riuniti,
ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
2) Come accennato in parte espositiva, la s.p.a. Cerealmangimi (ora
s.p.a. Continentale Italiana) ricevitrice, in forza di polizza di
carico
emessa a Porto Sudan il 10 luglio 1987 di un carico di 12.299,917
tonnellate
di sorgo bianco sudanese alla rinfusa, trasportato da Porto Sudan a
Venezia
e Ravenna con la m/n "Mirna" ha evocato in giudizio la s.n.c. Traspedi
nonché la s.r.l. Adriatic Shipping Company per conseguire il
risarcimento
dei danni patiti, vuoi per essere stata consegnata una
quantità
di merce inferiore di quella indicata nella polizza di carico, vuoi per
le spese sostenute a causa delle impurità (iuta e spago)
presenti
nella merce al momento della consegna.
I giudici del merito - in parziale accoglimento delle eccezioni "hinc
inde" dedotte - da una parte, hanno condannato la s.r.l.
Adriatic Shipping
Company, nella sua qualità di rappresentante processuale
della Trinos
Shipping Corporation, al pagamento della somma di dollari USA 13.888,60
per differenza tra la merce caricata e quella consegnata, dall'altra,
hanno
rigettato la domanda attrice, quanto alle pretese risarcitorie per la
presenza,
nella merce trasportata di corpi estranei.
Quanto, in particolare, alla domanda accolta i giudici di secondo grado
- dichiarata la invalidità della clausola "said to
weight",
contenuta nella polizza di carico, perché a norma dell'art.
462
codice della navigazione la stessa richiede la menzione dei motivi per
cui la pesatura non sia stata possibile, ovvero la dimostrazione che le
circostanze di imbarco erano tali da non consentire il controllo del
peso
- hanno osservato che era irrilevante - al fine del decidere - che nel
contratto di compravendita del sorgo fosse previsto il pagamento della
merce in base al peso netto alla consegna, atteso che tale clausola,
non
riportata in polizza, non poteva essere opposta dal vettore che
rispondeva
nei confronti del ricevitore non in forza dea contratto di
compravendita,
ma "ex recepto".
3) Tale parte, della pronuncia gravata è censurata dalla
ricorrente
principale sia con il primo che con il secondo motivo di ricorso.
Con il primo, in particolare, la ricorrente denuncia "violazione
e falsa applicazione di norma di diritto, art. 360 n. 3 c.p.c. in
relazione
ad artt. 2697, 1223 c.c.", nonché "omessa
motivazione circa
una punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte, art.
360
n. 5 c.p.c.".
Assume, in particolare, la ricorrente che il compratore del sorgo
sudanese
- cioè la s.p.a. Cerealmangimi (ora s.p.a. Continentale
Italiana)
- era tenuto, verso il proprio venditore, al pagamento del
corrispettivo
[pattuito in dollari USA 107 per 1.000 kg.] del solo peso netto della
merce
effettivamente consegnata a destino, per cui se il ricevitore era
tenuto
a pagare "solo" la merce effettivamente consegnatagli dal vettore, il
fatto
che la quantità di questa sia inferiore a quella riportata
nella
polizza di carico non implica, per il primo, alcun pregiudizio
patrimoniale.
4) Oppone parte controricorrente, nel resistere alla riassunta censura
- facendo, altresì, propri anche gli argomenti svolti, al
riguardo
dai giudici del merito - che la deduzione non può trovare
accoglimento
atteso che:
- la inopponibilità del contratto concluso fra caricatore e
ricevitore, da parte del vettore è inopponibilità
"tout
court" e, quindi, comporta anche l'inopponibilità,
sul piano
probatorio, di ogni emergenza derivante da tale rapporto;
- la presenza della clausola invocata da controparte non dimostra
l'inesistenza
del danno da inadempimento "parziale" (ovvero consegna di merce in
quantità
inferiore a quella denunziata in polizza) e di quello da "mancato
guadagno"
(in conseguenza della indisponibilità parziale della
partita);
- il contratto in questione, in ogni modo, non è la prova
critica
voluta dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice, per escludere
la presunzione di responsabilità "ex recepto" che fa carico
al vettore;
- fin dalla comparsa di risposta [in primo grado] la convenuta [attuale
ricorrente principale] non aveva contestato l'ammanco che è,
quindi,
un dato assodato, e non può, pertanto, ora sostenere che
l'esistenza
della ricordata clausola contrattuale privi di rilievo qualsiasi
ipotesi
di ammanco.
5) Nessuno dei riassunti rilievi coglie nel segno e il motivo si
appalesa,
a giudizio di questa Corte, fondato.
Contrariamente a quanto si assume da parte della controricorrente,
nella specie con la deduzione in questione - già ampiamente
sviluppata
in sede di merito e in quella sede disattesa, per cui deve,
decisamente,
negarsi che trattisi di nuove precluse eccezioni o di difese in
contrasto
con la linea difensiva seguita nei precedenti gradi - la ricorrente
principale
non mira né a negare l'esistenza di un ammanco -
cioè di
una diversità quantitativa tra la merce ricevuta e quella
consegnata
al ricevitore - (per cui l'assunto non contrasta in alcun modo con
l'assenza
di contestazione, in primo grado, quanto al preteso "ammanco"),
né ad escludere una sua eventuale responsabilità
al riguardo
(per cui malamente è richiamata la pacifica giurisprudenza
di questa
Corte regolatrice in tema di presunzione di colpa "ex recepto"
del
vettore a norma dell'art. 1693 c.c.).
In realtà la ricorrente nega di essere tenuta a risarcire i
danni reclamati dalla controparte perché, assume, non solo
non esiste
alcuna prova, di tali danni, ma esiste - all'estremo - la prova,
documentale,
della loro inesistenza.
Malamente - inoltre - è invocato, nella specie - al fine di
ritenere l'obbligo dell'attuale ricorrente di "risarcire" il ricevitore
per il sorgo non riconsegnato, che detto ricevitore era terzo, rispetto
al contratto di vendita del sorgo.
Come noto, in forza dell'art. 1696 c.c. il danno derivante da perdita
o avaria delle cose trasportate si calcola secondo il prezzo corrente
di
queste nel luogo e nel tempo della riconsegna.
Tale disposizione - come pacifico nella giurisprudenza di questa Corte
- collega la liquidazione del danno emergente ad un criterio sicuro ed
univoco - con la conseguente esclusione (per tale tipo di danno) di
ogni
altro diverso criterio, pure astrattamente ammissibile.
Dalla stessa - in particolare - derivano alcuni corollari che possono
così riassumersi:
- la responsabilità "ex recepto" del vettore per la perdita
o l'avaria della cosa consegnatagli non è esclusa dalla
mancata
prova, da parte del destinatario proprietario del bene, di aver
sostituito
la cosa perduta od avariata con altra o di avere sostenuto una spesa a
tal fine, rappresentando detta perdita od avaria di per sé
un danno
da calcolarsi secondo i criteri fissati dall'art. 1696 c.c. (Cass. 20
gennaio
1987 n. 453);
- la previsione in parola non esclude la risarcibilità,
secondo
i principi generali di cui all'art. 1223 c.c., dell'eventuale danno
ulteriore,
costituito dal lucro cessante, e cioè dal mancato guadagno
che l'avente
diritto contava di ritrarre dalle cose trasportate, sempre che esso
costituisca
conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento degli obblighi
gravanti
sul vettore (Cass. 28 ottobre 1980 n. 5793);
- il valore della merce, in caso di perdita o di avaria, bene
può
essere desunto - dal giudice - dalle fatture emesse dal mittente nei
confronti
del destinatario della merce stessa, stante la presunzione semplice che
nei normali rapporti tra imprenditori commerciali venga praticato il
prezzo
di mercato (cfr., ad esempio, Cass. 24 luglio 1986 n. 4732);
- con riguardo a beni mobili consegnati dal venditore con la rimessa
di essi al vettore, ed andati poi perduti prima del recapito
all'acquirente,
l'obbligazione risarcitoria del vettore medesimo nei confronti
dell'acquirente,
che eserciti professionalmente il commercio di detti beni, non
può
includere l'ammontare dell'IVA portato dalla fattura del venditore,
atteso
che esso acquirente, in sede di computo tra IVA-fornitori ed
IVA-clienti,
e previa registrazione della fattura stessa ai sensi dell'art. 25 del
d.P.R.
26 ottobre 1972 n. 633, ha facoltà di recuperare il relativo
esborso
detraendolo da quanto dovuto all'amministrazione finanziaria in
relazione
alle operazioni di rivendita effettuate nell'ambito della propria
attività
di commerciante (Cass. 12 settembre 1984 n. 4789).
Si ricava, da quanto sopra, e dalla stessa ratio della previsione in
esame, che in tanto il vettore è tenuto - in caso di perdita
o avaria
della merce trasportata - a risarcire il "danno"
secondo il criterio
indicato nell'art. 1696 c.c. [prezzo corrente delle cose trasportate
nel
luogo e nel tempo della riconsegna] in quanto si raggiunga -
eventualmente
per via presuntiva - la prova che per effetto della accertata "perdita"
o "avaria" il destinatario ha ricevuto un "pregiudizio
economico",
cioè ha patito un "danno".
Non essendosi attenuti i giudici del merito, al riferito principio
diritto, è evidente che il primo motivo del ricorso
principale merita
accoglimento e che, per l'effetto, la sentenza gravata deve essere
cassata,
nella parte in cui ha rigettato il primo motivo di appello della
Adriatic
Shipping Company s.r.l.
6) Premesso quanto sopra si osserva - ancora - che a norma dell'art.
384, comma 1, c.p.c. nella specie non sono necessari ulteriori
accertamenti
di fatto e che - pertanto (come del resto puntualmente sollecitato
dalla
stessa ricorrente principale) - questa Corte può decidere la
causa
nel merito.
Al riguardo deve premettersi - "in primis" - che in
tesi la
Continentale [che certamente non ha provveduto a pagare al proprio
fornitore
il sorgo non consegnatole dal vettore], poteva dedurre, e adeguatamente
provare, di avere subito un pregiudizio per non aver potuto
commercializzare,
in Italia, la quantità di sorgo mancante (ad esempio
dimostrando
di essersi impegnata a consegnare esattamente la quantità
indicata
come caricata sulla nave e di aver dovuto pagare una penale al proprio
acquirente).
La stessa, per contro, in realtà, non ha mai spiegato alcuna
domanda in tal senso.
La Continentale, infatti, in sede di merito ha sempre sollecitato il
pagamento di una somma pari al valore commerciale del sorgo non
consegnatole:
in questi limiti i primi giudici hanno accolto la domanda e la
Continentale
non ha proposto appello incidentale, per il conseguimento, sotto il
riferito
profilo [ammanco] ulteriori voci di danni.
Contemporaneamente si osserva che nella specie - pur essendo noti sia
la quantità di sorgo non riconsegnata alla Continentale, al
rientro
della m/n Mirna in Italia, sia il valore commerciale - di tale sorgo
(sulla
base delle risultanze della fattura d'acquisto) - esiste, in atti, la
prova,
positiva, che la Continentale non ha subito alcun pregiudizio
economico,
per effetto della consegna di una quantità si sorgo
inferiore a
quella imbarcata.
Certo, infatti, che la Continentale non era contrattualmente tenuta
al pagamento nei confronti della propria fornitrice del sorgo assente
al
momento dello sbarco (e non risultando, altresì, che detta
fornitrice
abbia in qualche modo preteso detto pagamento) è palese che
la somma
reclamata nell'atto introduttivo del giudizio (e liquidata dai primi
giudici)
non costituiva il risarcimento di un danno subito dalla Continentale,
ma
un suo arricchimento senza causa.
E' palese - pertanto - in applicazione dei principi di diritto che
si sono sopra riferiti, che la domanda proposta dalla Cerealmangimi
s.p.a.
e proseguita dalla Continentale Italiana s.p.a. per conseguire il
valore
del sorgo non consegnatole dalla Adriatic Shipping Company s.r.l. deve
rigettarsi.
7) All'accoglimento del primo motivo segue l'assorbimento del secondo
motivo, del ricorso principale.
8) I giudici del merito - come accennato in parte espositiva - hanno
rigettato la domanda della Continentale volta a ottenere il ristoro dei
danni patiti a causa della presenza nel sorgo trasportato di corpi
estranei
(juta e spaghi) essendo pacifico - tra le parti - che la presenza di
spaghi
e di pezzi di juta nel carico era imputabile al caricatore, per le
specifiche
modalità impiegate a Porto Sudan, per cui spettava al
ricevitore
fornire la prova circa colpe specifiche del vettore, quanto meno "in
vigilando",
per cui in assenza di tali prove, la domanda doveva essere rigettata,
indipendentemente
dalla validità della clausola apposta in polizza.
9) La ricorrente incidentale con il primo motivo denuncia "omesso esame
di un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 4 c.p.c.)" per non
avere i giudici di secondo grado esaminato uno dei motivi di appello e
- in particolare - quello con il quale era stata censurata la pronuncia
dei primi giudici, nella parte in cui costoro avevano rigettato la
domanda
ora in esame, motivo con il quale era stato dedotto, nell'ordine, la
nullità
della clausola "foreing matters" e la violazione dell'art. 3 n. 3 della
Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico, la violazione
dell'art.
1362 c.c. in sede di interpretazione della clausola "de qua",
la
nullità della deposizione resa dal teste Cedolini,
determinante
ai fini della decisione della causa in primo grado.
10) Il motivo non coglie nel segno.
Come ammette la stessa difesa della ricorrente incidentale i giudici
di appello non hanno esaminato il motivo di appello sopra riassunto
avendo
risolto la controversia sulla base di altre considerazioni - assorbenti
- che rendevano del tutto superfluo l'esame del motivo stesso che
è
rimasto, pertanto, assorbito.
E' di palmare evidenza - pertanto - che la dedotta violazione dell'art.
360 n. 4 c.p.c. ("nullità della sentenza o del
procedimento")
non sussiste atteso che non sussisteva, nella specie, alcun obbligo per
i giudici di secondo grado di esaminare censure (avverso la pronuncia
dei
primi giudici) che anche nell'ipotesi fossero risultate fondate in
alcun
caso avrebbero potuto condurre alla riforma della sentenza impugnata
(cioè
a un risultato utile per la parte appellante).
11) Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente incidentale denuncia
"violazione della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di
carico (art.
3, n. 3) e dell'art. 424 codice della navigazione", atteso
che la clausola
"foreign matters" era nulla alla luce dell'art. 3,
n. 3 della Convenzione
di Bruxelles del 1924 sulla polizza di carico (r.d.l. 6 gennaio 1928,
n.
1958 approvazione delle convenzioni internazionali di diritto
marittimo,
firmate in Bruxelles, fra l'Italia ed altri Stati, il 25 agosto 1924 e
il 10 aprile 1926).
Con il terzo motivo, ancora, la ricorrente incidentale assume che la
sentenza gravata avrebbe violato le norme ermeneutiche previste dagli
artt.
1362 e ss. c.c. in sede di interpretazione della polizza di carico.
12) I due motivi di censura - intimamente connessi e da esaminare
congiuntamente
- sono inammissibili, per difetto di interesse.
I giudici di appello hanno ritenuto irrilevante, al fine del decidere,
ogni indagine, sia sulla applicabilità - o meno - alla
presente
vertenza della Convenzione di Bruxelles in esame (non avendo la
Repubblica
del Sudan aderito a tale convenzione ed essendo stata la polizza di
carico
redatta nel territorio di quello Stato, a norma dell'art. 26 preleggi,
applicabile nella specie "ratione temporis"], sia quanto alla
fondatezza
- o meno - dell'eccezione di nullità fatta valere
dall'appellante
incidentale, sia - infine - in ordine al contenuto della polizza di
carico
e alla clausola "foreign matters", ed hanno risolto, pertanto, la
controversia
- come osservato sopra - in forza di altri rilievi.
E' di palmare evidenza, di conseguenza, l'inammissibilità
delle
deduzioni in questione in quanto con le stesse si censurano
affermazioni
non contenute nella sentenza gravata (ma solo nella sentenza dei primi
giudici).
13) Con il quarto motivo il ricorrente incidentale denunciando "violazione
di legge (art. 422 cod. nav.) e motivazione contraddittoria (art. 360
n.
5 c.p.c.)" lamenta che i giudici di appello abbiano posto a
fondamento
della loro decisione, di rigetto dell'appello incidentale, la
circostanza
che la presunzione di colpa del vettore marittimo stabilita dall'art.
422
cod. nav. per perdite e avarie viene meno e spetta al ricevitore
dimostrare
la colpa del vettore quando le perdite e le avarie siano dipese da atti
o omissioni in genere del caricatore o dei suoi dipendenti e/o
preposti.
Così ragionando - prosegue la ricorrente incidentale - la
corte
di appello ha violato l'art. 422 comma 2 c.n., tenuto presente che il
vettore
è di regola presunto responsabile "ex recepto"
dell'avaria
subita dalle merci a meno che provi che la causa dell'avaria non
è
stata né in tutto né in parte determinata da
colpa propria
o da colpa commerciale dei propri dipendenti, atteso che anche nelle
ipotesi
previste dall'art. 422, comma 2 c.n. il vettore deve previamente
dimostrare
che il danno è stato prodotto da una causa ivi indicata, ma
in questo
caso l'avente diritto alla riconsegna può vincere di
riscontro la
prova liberatoria del vettore.
Contemporaneamente, prosegue la ricorrente, nella specie "controparte
non si è preoccupata di fornire tal prova, mentre la Corte
non si
è nemmeno posta il problema di verificare l'effettivo
raggiungimento
di tale prova liberatoria da parte del vettore, prima di stabilire ...
il mancato assolvimento da parte dell'esponente dell'onere di vincere
una
prova liberatoria che, oltre a non essere stata offerta, certo non
può
provenire da una generica indicazione di polizza".
14) La censura è infondata.
Come ammette la stessa ricorrente, in tema di trasporto marittimo di
cose, la responsabilità del vettore, a norma dell'art. 422
comma
1, c. nav., per ammanco od avaria del carico, può essere
esclusa,
ai sensi ed agli effetti del comma 2 del predetto art. 422, solo se il
vettore medesimo dimostri il verificarsi di un evento compreso fra i
cosiddetti
pericoli eccettuati, secondo l'elencazione contenuta nel menzionato
comma
2, ovvero anche alla stregua delle situazioni atipiche contemplate
dall'art.
IV della Convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924, e dimostri
altresì
la derivazione causale del danno da quell'evento (cfr., oltre le
pronuncie
ricordate nel ricorso incidentale, Cass. 30 gennaio 1990 n. 639,
nonché
Cass. 29 maggio 1990 n. 5031).
Nella specie i giudici del merito non si sono in alcun modo posti in
contrasto con la richiamata lettura dell'art. 422, comma 2, c.c. che
dà
la dottrina e la pacifica giurisprudenza di legittimità
sopra ricordata,
atteso che hanno escluso la responsabilità del vettore per
essere
stata raggiunta la prova, in causa, sia a mezzo della esperita
consulenza
tecnica, sia per effetto delle stesse ammissioni delle parti, che la
presenza
di spaghi e di juta nel sorgo era imputabile a fatto del caricatore (a
causa delle specifiche modalità impiegate a Porto Sudan per
il carico
della nave).
Fatta tale premessa la Corte di appello - in puntuale applicazione
del principio di diritto che la ricorrente incidentale assume violato -
ha rilevato che a quel punto delle indagini [accertato cioè
che
l'avaria era imputabile al caricatore] era onere del ricevitore - onere
certamente non assolto nella specie - dimostrare una colpa specifica
del
vettore, per l'esistenza delle lamentate avarie del carico.
Pacifico quanto sopra è evidente - come accennato -
l'infondatezza
della censura in esame.
Quanto, da ultimo, alla lamentata esistenza, nella parte "de
qua"
della sentenza impugnata, di una motivazione contraddittoria, non
può
non ribadirsi, al riguardo, che sussiste vizio di motivazione
contraddittoria
- ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. - quando le ragioni logico
giuridiche
addotte a sostegno della decisione siano fra loro inconciliabili
elidendosi
a vicenda, sì da rendere incomprensibile la "ratio
decidendi":
la stessa, inoltre, deve risultare dal testo stesso del provvedimento
impugnato,
la motivazione, cioè, deve apparire tale nello stesso
sviluppo logico
della motivazione e non nella diversa prospettazione addotta dal
ricorrente
(da ultimo, in tale senso, ad esempio, Cass. 25 febbraio 1998 n. 2008,
specie in motivazione ove la precisazione, altresì, che la
sentenza
impugnata non è suscettibile di cassazione ex art. 360 n. 5
c.p.c.
per il solo fatto che gli elementi considerati dal giudice di merito
siano,
secondo l'opinione del ricorrente, tali da consentire una diversa
valutazione,
conforme alla tesi da lui sostenuta, al di fuori delle dimostrazione
che
la valutazione fattane da quel giudice è illogica
(contraddittoria]
ovvero che egli avrebbe dovuto considerarne altri [insufficiente]).
Poiché nella specie non si ravvede, nella motivazione della
sentenza impugnata, alcun salto logico che impedisca di ricostruire
l'iter
logico che la giustifica è palese, anche sotto questo
diverso profilo,
l'infondatezza della censura.
15) I motivi dal quinto al settimo, del ricorso incidentale, investono
la pronuncia in questa sede gravata relativamente alla misura del
risarcimento
liquidato dai giudici di merito in favore della Continentale s.p.a.
Si denuncia, in particolare, con gli stessi, da un lato "la
nullità
dei presupposti della sentenza (art. 360 n. 4 c.p.c.)", per
non avere
la Corte di appello di Venezia dichiarata la nullità di una
deposizione
testimoniale raccolta in prime cure (quinto motivo), dall'altro, la "violazione
dell'art. 1696 c.c. in tema di liquidazione del danno" e "omessa
o insufficiente motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.)", nella
parte in
cui erano stati esclusi [al fine del computo del danno quanto alle
tonnellate
di sorgo non consegnate] gli oneri accessori aggiuntivi sia per lo
scarico
della merce sia per prelievo CEE (sesto motivo), sia, infine, "violazione
dell'art. 1223 c.c. Omissione del calcolo della svalutazione monetaria
e degli interessi composti", tenuto presente che "contra
legem"
con riguardo alla merce non consegnata [e mai pagata come osservato
sopra
dal ricevitore al proprio venditore], i giudici di appello, essendo
stato
liquidato il danno in moneta americana, non avevano rivalutato il
credito
né avevano riconosciuto, alla creditrice, gli interessi
anatocistici
(essendo questi previsti esclusivamente per le obbligazioni pecuniarie
e non anche per i debiti di valore) (settimo motivo).
Posto, come osservato sopra, che per effetto dell'accoglimento del
primo motivo del ricorso principale e della pronuncia, sul merito della
controversia, adottata da questa Corte, è stato escluso, in
radice,
che alla Continentale competa alcun risarcimento a causa della mancata
consegna di parte del carico, è palese che tutti i riferiti
motivi
rimangono assorbiti (per difetto di interesse della ricorrente
incidentale
al loro esame).
16) Sussistono giusti motivi onde disporre, tra le parti, la totale
compensazione delle spese dell'intero giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte, riunisce i ricorsi;
accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito
il secondo;
rigetta il ricorso incidentale;
cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e,
decidendo
nel merito, rigetta la domanda proposta dalla Cerealmangimi s.p.a. ora
Continentale Italiana s.p.a. per il risarcimento dei danni conseguenti
alla mancata consegna di parte del carico di cui in parte motiva;
compensa, tra le parti, le spese dell'intero giudizio.
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