alle massime |
SENT. N. 401 DEL 19/11/1987
PRES. SAJA ; REL. PESCATORE
INFONDATEZZA
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO; composta dai signori:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 423,
primo comma, del Codice della Navigazione, promosso con ordinanza
emessa il 15 maggio 1986 dalla Corte di Appello di Catania nel
procedimento civile vertente tra S.p.A. Traghetti delle Isole Eolie e
Cerra Rosario ed altro, iscritta al n. 644 del registro ordinanze 1986
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.
54/1ø s.s. dell'anno 1986;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 29 settembre 1987 il Giudice relatore
Gabriele Pescatore;
Udito l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio per il risarcimento dei danni per la
perdita di un autocarro e delle merci da esso trasportate, in
conseguenza dell'affondamento di una nave traghetto in servizio tra
Milazzo e Lipari, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso contro
una sentenza della Corte d'Appello di Messina, che aveva ritenuto
ammissibile nella fattispecie il concorso, tra
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del
vettore. La causa veniva rinviata alla Corte d'Appello di Catania con
la enunciazione del principio secondo il quale "nel trasporto marittimo
di cose il vettore armatore risponde del fatto dei preposti a titolo di
colpa contrattuale, secondo le disposizioni degli artt. 422 e 423 cod.
nav...". Si escludeva, dunque, la possibilità di concorso
dell'azione contrattuale con l'azione risarcitoria aquiliana ai sensi
dell'art. 274, cod. nav. e 2049 cod. civ.. Tali norme non erano
ritenute invocabili dal creditore della prestazione di trasporto, in
quanto riconosciute operanti solo nei confronti dei terzi estranei a
tale rapporto.
Il giudice di rinvio rilevava, poi, che, essendo mancata la
dichiarazione di valore dei beni imbarcati, alla fattispecie doveva
applicarsi il principio fissato nel primo comma dell'art. 423 cod.
nav., secondo il quale per ogni unità di carico il
risarcimento non può essere superiore a lire duecentomila.
Peraltro, ritenendo che l'anzidetta disposizione contrasti con gli
artt. 3 e 42 Cost., con ordinanza 15 maggio 1986 ha sollevato questione
di legittimità costituzionale dell'art. 423 cod. nav., nella
parte in cui, in mancanza di dichiarazione del valore della merce
caricata, prevede la su detta limitazione della
responsabilità del vettore.
Secondo il giudice a quo tale norma violerebbe l'art. 3 Cost. in quanto
"non tiene conto della diversa capacità di reddito, in
dipendenza della diversità delle condizioni economiche dei
creditori della prestazione di trasporto"; ciò porterebbe ad
una ingiustificata disparità di trattamento degli stessi ai
fini del risarcimento dei danni. La norma violerebbe, inoltre, l'art.
42 Cost., stante la sostanziale irrisorietà della misura del
risarcimento previsto, rimasta inalterata dal 1954, rispetto alla quale
non sarebbe congruo rimedio la possibilità, prevista dallo
stesso art. 423 cod. nav., di dichiarare all'atto dell'imbarco il
valore della merce.
2. - Dinanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, ed ha chiesto che la questione sia dichiarata
inammissibile o, comunque, infondata.
In riferimento all'art. 3 Cost., l'inammissibilità
é connessa alla irrilevanza della dedotta
disparità di trattamento tra creditori, non considerando la
norma le condizioni economiche di essi. Comunque, la questione, secondo
l'Avvocatura generale dello Stato, sarebbe infondata sotto tutti i
profili prospettati, poiché l'art. 423 c.nav. non attua
alcuna discriminazione e connette al solo comportamento
dell'interessato, che abbia scelto di non dichiarare il valore delle
merci trasportate, la limitazione di responsabilità
prevista. Pertanto la soluzione normativa, che assicura la salvaguardia
della pretesa risarcitoria attraverso lo strumento della dichiarazione
di valore, sarebbe idonea a soddisfare le esigenze di tutela del
danneggiato.
Considerato in diritto
3. - Le questioni di costituzionalità sollevate
dalla Corte di appello di Catania si collegano strettamente con il
principio fissato dalla Cassazione, rinviando a quel giudice, che
esclude il concorso della responsabilità contrattuale del
vettore marittimo con la "diversa" forma di responsabilità
extracontrattuale, ai sensi degli artt. 274 c. nav. e 2049 c. civ.
Alla fattispecie (danni per perdita di un autocarro e della relativa
merce in un trasporto marittimo da Milazzo a Lipari, effettuato con
nave traghetto), la Cassazione ritenne applicabile l'art. 423 c. nav.,
che limita il risarcimento dovuto dal vettore, per ciascuna
unità di carico, a lire duecentomila (art. 423 c. nav. cit.,
come modificato dall'art. 2 l. 16 aprile 1954, n. 202).
Nell'attuale testo la norma così dispone: "Il risarcimento
dovuto dal vettore non può, per ciascuna unità di
carico, essere superiore a lire duecentomila o alla maggior cifra
corrispondente al valore dichiarato dal caricatore anteriormente
all'imbarco. Il valore dichiarato dal caricatore anteriormente
all'imbarco si presume come valore effettivo delle cose trasportate
fino a prova contraria; ma il vettore, ove provi che la dichiarazione
é inesatta, non é responsabile per la perdita o
per le avarie delle cose trasportate ovvero per ritardo, a meno che
venga provato che l'inesattezza non fu scientemente commessa".
L'ordinanza sospetta di incostituzionalità tale disciplina,
sotto diversi profili, in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost. (cfr. n.
7).
4. - Ai fini di precisare la sfera di operatività dell'art.
423 c. nav., appare opportuno considerarne la genesi e l'evoluzione.
La norma deriva dalla corrispondente disciplina (art. 4) della
convenzione di Bruxelles 25 agosto 1924. Questa convenzione
recepì l'ampia elaborazione contenuta nelle c.d. Regole
dell'Aja (1921) e costituì il momento attuativo della
tendenza diretta a contenere l'introduzione, nelle polizze di carico,
di clausole di esonero o di limitazione della
"responsabilità" del vettore.
La convenzione, mentre stabiliva la nullità di tali clausole
(art. 3 n. 8), fissava il limite massimo del risarcimento in 100
sterline oro per collo o unità o l'equivalente in altra
moneta (artt. 4.5, 9, primo comma), alla stregua di una valutazione
"usuale" delle merci e delle relative perdite e danni.
Il caricatore aveva titolo all'integrale risarcimento se dichiarava
anteriormente alla caricazione (e inseriva in polizza) la natura e il
valore delle merci (art. 4.5, primo comma, convenz. cit.).
Naturalmente, all'aumento dell'entità del risarcimento
finiva per corrispondere un aumento di nolo, in conseguenza anche della
maggiore incidenza dell'assicurazione nel costo della prestazione del
vettore.
Tale il sistema della convenzione di Bruxelles del 1924, che
é alla base della normativa dell'art. 423 c. nav. (cfr.
Relaz. ministeriale a questo codice: nn. 252 e 253).
L'evoluzione della disciplina uniforme fu contrassegnata dalla
sostituzione della sterlina oro col franco Poincaré
(unità di conto consistente in 65,5 milligrammi d'oro con
900/1000 di fino) e con la fissazione dell'importo massimo del
risarcimento in diecimila franchi per collo o unità ovvero
in trenta franchi per chilogrammo di peso lordo per le merci perdute o
danneggiate, applicandosi l'uno o l'altro limite, se più
elevato ((Protocollo di Bruxelles 23 febbraio 1968, art. 2 lett. a)) .
Successivamente (Protocollo di Bruxelles 21 dicembre 1979, entrato in
vigore per l'Italia il 22 novembre 1985) al franco Poincaré
furono sostituiti come unità di conto i diritti speciali di
prelievo, che erano stati già introdotti dalle Regole di
Amburgo del 31 marzo 1978.
In base all'artt. 2.1 e 2 del Protocollo di Bruxelles del 1979,
infatti, l'entità del risarcimento viene commisurata a
666,67 diritti speciali di prelievo per "package or unit" ovvero - se
più favorevole - a 2 di tali diritti per chilogrammo di peso
della merce perita o danneggiata.
In ogni caso resta elemento costante del sistema risarcitorio uniforme
la facoltà del caricatore di dichiarare la natura e il
valore delle merci, con i già segnalati riflessi sul limite
del debito del vettore (cfr. Protocollo di Bruxelles del 1979 cit.,
art. 2.1, lett. a).
Queste modificazioni della normativa uniforme non diminuiscono
l'attualità delle considerazioni contenute nella relazione
ministeriale al codice della navigazione.
Collegando la disciplina posta dalla normativa nazionale alle origini e
alle finalità di quella uniforme, l'anzidetta relazione
sintetizza nel modo seguente le linee di funzionamento del sistema di
limitazione del risarcimento dovuto dal vettore marittimo di cose:
inammissibilità di una riduzione del limite; efficacia
semplicemente presuntiva della dichiarazione di valore compiuta dal
caricatore; conseguenza di una dichiarazione scientemente inesatta.
Si riconnette alle norme relative un benefico risultato "in quanto le
controversie erano fortissime al riguardo della validità
delle clausole limitative di polizza. La limitazione legale e
l'orientamento univoco delle alterazioni contrattuali per i casi
considerati normali (e quindi sottoposti in pieno al regime dell'art.
423) sono destinate ad eliminare radicalmente ogni incertezza". Anche
per i casi in cui fosse ammessa la piena derogabilità di
tale regime, l'interprete avrebbe agevolmente individuato il criterio
al quale attenersi nel giudicare la validità delle clausole.
Tale criterio non poteva essere più rigoroso di quello che
il legislatore aveva fatto proprio nello statuire una limitazione di
pieno diritto; e "poiché questa limitazione prescinde da
ogni discriminazione nella causa della responsabilità, ne
sarebbero risultate indipendenti anche le clausole limitative
contrattuali, sempre che fossero collegate soltanto ad un equilibrio
delle prestazioni, implicito nel libero gioco della domanda e
dell'offerta del servizio" (cfr. Relazione ministeriale cit., n. 253).
5. - Il contenuto dell'art. 423 c. nav. (limitazione del risarcimento
dovuto dal vettore; possibilità di deroga a tale limitazione
attraverso la dichiarazione di valore) trova, dunque, la sua ragione
sostanziale nell'"equilibrio delle prestazioni, implicito nel libero
gioco della domanda e dell'offerta del servizio". L'entità
del risarcimento é in funzione del costo dell'operazione di
trasporto: il vettore, conoscendo, attraverso la dichiarazione del
caricatore, l'effettivo valore della merce, é posto al
corrente dell'entità della sua eventuale obbligazione
risarcitoria e può perciò adeguare ad essa il
nolo. Sì che l'operatività del limite
é in funzione di un atto di autonomia di uno dei soggetti
del rapporto (caricatore), libero di scegliere tra risarcimento non
limitato (con maggiorazione del nolo) e risarcimento indicato nella
prima parte del primo comma dell'art. 423 c. nav. (con conseguente
minor incidenza del corrispettivo).
L'effetto sostanziale della dichiarazione di valore consiste nella
determinazione convenzionale dell'ammontare dei danni risarcibili, in
sostituzione dell'indennizzo legale. La limitazione concerne
l'obbligazione e tocca la sfera risarcitoria della
responsabilità, in quanto, per il conseguimento della somma
limitata, il patrimonio del vettore é assoggettato nella sua
interezza all'azione esecutiva (artt. 2740, 2910 c. civ.).
6. - Si é già osservato che la inserzione
nell'operazione di trasporto della dichiarazione di valore si riflette
sul costo dell'operazione stessa e si é fatto riferimento al
ruolo svolto in materia dall'assicurazione, evitando, peraltro, di
assimilare la dichiarazione ad una "forma" o "modalità" di
assicurazione della merce, accessoria al contratto di trasporto
marittimo. É, infatti, da escludere che la dichiarazione
ponga in essere automaticamente un rapporto assicurativo. Il ricorso a
tale rapporto non é peraltro precluso a ciascuna delle parti
e, segnatamente, al caricatore. In mancanza, l'uso, che pur si
é fatto, del termine assicurazione può valere
soltanto a descrivere la funzione economica della dichiarazione, che
realizza una maggiore "copertura" del caricatore, determinando
l'aumento dell'ammontare dei danni risarcibili rispetto alla
quantificazione legale di essi.
7. - Le considerazioni fin qui svolte valgono a collocare in un quadro
ben definito le censure di costituzionalità, mosse
dall'ordinanza di rimessione al sistema risarcitorio ex art. 423 cod.
nav.
La mancata considerazione, nella determinazione del limite del
risarcimento, "della diversa capacità di reddito, in
dipendenza della diversità delle condizioni economiche dei
creditori della prestazione di trasporto" non determina - al contrario
di quanto ritiene il giudice a quo - violazione dell'art. 3 Cost.
Non si realizza infatti la supposta ingiustificata disparità
di trattamento delle categorie di caricatori, poiché la
misura del risarcimento, anche in mancanza di limite, é
sempre obiettivamente determinata e non rileva in alcun modo la
diversità di condizione economica del caricatore; essa
é estranea al meccanismo di formazione del nolo e di
determinazione del risarcimento.
Inoltre, il sistema di risarcimento congegnato dall'art. 423 c. nav.,
lascia larga operatività all'autonomia dell'utente con
riguardo all'interesse che egli "dichiari" di avere al carico,
specificandone il valore, anteriormente all'imbarco. E, sotto questo
aspetto, mentre risulta irrilevante la "diversa capacità di
reddito, in dipendenza della diversità delle condizioni
economiche dei creditori della prestazione di trasporto" - come, al
contrario, assume il giudice a quo - la norma attribuisce un efficace
strumento di tutela al soggetto del rapporto considerato più
debole (caricatore).
Quanto alla prospettata violazione dell'art. 42 Cost., é da
osservare che le garanzie, poste da questa norma a tutela della
proprietà privata, non si estendono alle obbligazioni
pecuniarie (Corte cost. 28 aprile 1976, n. 99). Tanto meno l'estensione
sarebbe giustificabile, nel caso di obbligazione risarcitoria del
vettore marittimo, alla determinazione della quale abbia contribuito la
volontà del creditore della prestazione, con un suo atto di
autonomia.
8. - Le conclusioni che gli elementi del presente giudizio impongono
alla valutazione della legittimità costituzionale della
normativa esaminata, non impediscono alla Corte di richiamare
l'attenzione del legislatore sul problema del limite da "imporre"
all'autonomia privata (art. 1322, primo comma, c. civ.), alla quale
é rimessa, in sostanza, nella situazione considerata (cfr.
nn. 5 7), la determinazione dell'entità del risarcimento. La
materia del trasporto marittimo coinvolge rilevanti interessi, inerenti
a diversi settori dell'economia.
Al riguardo, non può sfuggire il rilievo che l'adeguamento
del debito del vettore aereo di merci - debito per tanti aspetti
omogeneo a quello in esame - é stato oggetto di un'apposita
legge (13 maggio 1983, n. 213), che ha sancito il principio del
periodico aggiornamento dei limiti di responsabilità
stabiliti dal codice della navigazione in materia aeronautica.
La prima applicazione di tale principio é contenuta nel
d.P.R. 7 marzo 1987, n. 201, successivo alla sentenza 6 maggio 1985, n.
132 di questa Corte, in materia di limitazione di
responsabilità del vettore aereo nel trasporto
internazionale di persone.
Il d.P.R. n. 201/1987, ora ricordato, ha stabilito, tra l'altro, un
più adeguato ammontare del limite anteriormente fissato
dall'art. 952, primo comma, cod.nav., per il debito del vettore aereo,
elevandolo da lire diecimila a lire trentamila per chilogrammo di merce
caricata. La fattispecie normativa aeronautica corrisponde
integralmente a quella marittima, in quanto prevede anch'essa la
facoltà del caricatore di ovviare all'applicazione del
limite legale del debito del vettore con la dichiarazione di valore,
resa anteriormente alla caricazione.
In questa linea si colloca anche il progetto di legge di delega per il
nuovo codice della navigazione (1986), che fissa come principio
direttivo quello dell'"adeguatezza" del limite di
responsabilità del vettore marittimo, in modo da garantire
la congruità del risarcimento (cfr. n. 38 dello schema di
disegno di legge).
Si tratta di un complesso di elementi, normativi e giurisprudenziali,
concordi nello stabilire l'attualità della linea evolutiva,
diretta a inserire nel nostro ordinamento un automatico meccanismo di
adeguamento, riferibile anche all'obbligazione risarcitoria del vettore
nel trasporto marittimo di cose.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 423, primo comma, c. nav., in riferimento agli
artt. 3 e 42 della Costituzione sollevata con l'ordinanza 4 giugno 1986
dalla Corte di appello di Catania (n. 644 Reg. Ord. del 1986).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta l'11 novembre 1987.
FRANCESCO SAJA, PRESIDENTE
GABRIELE PESCATORE, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 19 novembre 1987.
Gazzetta Ufficiale del 2/12/1987