Tribunale di Venezia - sez. lavoro
12  aprile 1994

Tribunale di Venezia - Sez. lavoro 12 aprile 1994
Pres. Gradella, rel. D'Amico
Ligabue Catering (avv. M. Marinoni) c. Giovanni Minaudo (avv. V. Popolizio, G. Autiero)

MASSIME:
    Nel contratto di catering (contratto misto di somministrazione ed appalto) l'obbligazione della società nei confronti dell'armatore consiste nel somministrare il vitto all'equipaggio, e a fornire gli approvvigionamenti necessari per tutta la durata del viaggio.
    Il dipendente dell'armatore che sia al contempo incaricato dalla società di catering di gestire lo spaccio di bordo e curare l'approvvigionamento dei viveri, con remunerazione a percentuale per tali servizi, è legato a detta società di catering da un rapporto di lavoro parasubordinato di diritto comune.

SENTENZA:
Svolgimento del processo:
     Con ricorso depositato l'11/9/1987 la Ligabue Catering s.p.a. adiva il Pretore del Lavoro di Venezia chiedendo venisse accertato che tra la società ricorrente e Minaudo Giovanni non era intercorso alcun rapporto, avendo lo stesso lavorato come cuoco alle dipendenze dei diversi armatori delle navi con cui la Ligabue aveva concluso contratti per la somministrazione del vitto.
     Come risultava infatti dai contratti stessi era l'armatore che provvedeva all'arruolamento del personale avente la qualifica di cambusiere cuoco etc., mentre la Ligabue si limitava ad esprimere il suo parere ed a indicare quali erano i criteri tecnico amministrativi che dovevano essere osservati ai fini dello svolgimento del servizio di vitto.
     Spettava invece all'armatore e al comandante della nave, la direzione dell'attività lavorativa del Minaudo come degli altri componenti l'equipaggio.
     Il Minaudo per la Ligabue aveva svolto solo una modesta attività, di durata limitata ed in modo autonomo. consistente nell'erezione dell'inventario delle merci e nel riepilogo delle merci vendute all'equipaggio.
     In ordine ad ogni eventuale pretesa del Minaudo veniva poi sollevata espressamente eccezione di prescrizione biennale e quinquiennale.
     Si costituiva in giudizio il Minaudo chiedendo invece che previo rigetto della domanda attorea venisse accertato che tra la Ligabue e lo stesso era intercorso un rapporto di lavoro subordinato dal 54 all'86 con la condanna conseguente della società attrice a corrispondere all'esponente la paga di terra nella misura prevista dai CCNL dell'armamento per i marittimi in continuità, la gratifica natalizia, pasquale, l'indennità sostitutiva delle ferie non godute, e dei riposi non goduti sulla base dei compensi corrisposti dalla Ligabue durante l'imbarco ed infine il TFR relativo all'intero periodo d'occupazione determinato sulla base della retribuzione corrisposta dagli armatori e della somma pagata dalla stessa Ligabue, esponeva il Minaudo a sostegno della propria domanda che era irrilevante la sua sottoposizione al potere direttivo e disciplinare del comandante in quanto vi erano sottoposti tutti quelli che si trovavano a bordo - ancorchè gestissero autonome attività commeciali - e che il suo reale datore di lavoro era la Ligabue non potendo essere altrimenti dal momento che la società si era impegnata a fornire dei servizi ( somministrazione dei pasti e gestione dello spaccio) e che ciò non poteva fare se non con personale alle sue dipendenze.
     Risultava peraltro documentalmente provato che egli si era sempre imbarcato su navi indicate dalla Ligabue, dalla quale veniva effettivamente scelto e nei confronti della quale era responsabile per quanto riguardava la gestione del servizio.
     Accertata l'esistenza di un solo rapporto di lavoro alle dipendenze della ricorrente, quale azienda fornitrice dei predetti servizi doveva dichiararsi la stessa tenuta a corrispondere all'esponente la retribuzione per il periodo a terra nella misura corrispondente a quella percepita a bordo ed a pagare le altre somme dovute per i titoli indicati nelle conclusioni soprariportate.
     Il Pretore, con sentenza 301/91 non definitiva, accertava l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato comune dichiarando peraltro prescritti i crediti del Minaudo anteriori all'82.
     La S.p.a. Ligabue impugnava la decisione sulla base dei motivi di seguito illustrati.
     Il Minaudo, costituendosi, proponeva appello incidentale avverso le statuizioni di soccombenza e chiedeva il rigetto del gravame principale.
     La causa veniva, dopo uno scambio di note, decisa all'udienza collegiale del 13.12.93 sulle conclusioni di cui in epigrafe.

Motivi della decisione
     Le parti ripropongono come motivi di gravame tutti gli argomenti - ampiamenti illustrati in istorico di lite, cui si rinvia - variamente disattesi dal pretore con la decisione impugnata.
     All'udienza del 28/9/92, interlocutoria, il procuratore dell'appellante ha eccepito la nullità dell'appello incidentale perchè la copia notificata non risultava sottoscritta.
     Il Collegio osserva che difforme dall'originale, in relazione all'art.137 II° comma c.p.c., e quindi incidente sulla validità dell'atto e della sua notificazione, deve ritenersi la copia che sia riprodotta con alterazioni e mutilazioni tali da rendere inintelleggibile il contenuto e le forme essenziali dell'atto medesimo.
     Nella specie non v'è minima incertezza in ordine alla provenienza ed al contenuto dell'appello incidentale, donde la sussistenza di una mera irregolarità priva di incidenza processuale.
     L'eccezione va quindi disattesa.
     Passando nel merito, giova evidenziare che il Minuado ha avanzato una domanda principale tendente ad ottenere l'accertamento dell'esistenza di una subordinazione ed una serie di ulteriori pretese ad essa conseguenti ed accessorie.
     Pertanto, respinta la tesi della subordinazione, (per le ragioni che saranno esposte) vanno disattese anche le pretese che da quella dipendono.
     La Ligabue invece chiede, tra l'altro, sia accertato " ...che nessun rapporto di lavoro di nessun genere è intercorso ..." ed eccepisce comunque la prescrizione dei diritti vantati ex adverso.
     Quanto alla prescrizione, la valutazione di fondatezza postula l'astratto riconoscimento di diritti patrimoniali, ma s'è già detto che così non è, donde l'assorbimento della questione.
     Poichè però l'appellante chiede comunque una qualificazione, va statuito che tra le parti è intercorso un rapporto di lavoro comune di natura parasubordinata.
     Al fine di cogliere l'essenza del rapporto è necessario por mente all'esigenza che ha creato il cd. Catering Navale.
     Invero la società di catering si impegna nei confronti dell'armatore a somministrare il vitto all'equipaggio nonchè a fornire gli approvvigionamenti necessari per tutta la durata del viaggio.
     L'attività di rifornimento non ha funzione meramente strumentale rispetto a quella di ristorazione, ma è decisiva il rapporto nella funzione del Catering, in quanto all'armatore vengono garantiti in ogni tempo e luogo i viveri, indipendentemente dalle difficoltà di approviggionamento - spesso frequenti - connesse agli specifici rischi della navigazione.
     Il contratto (un misto di somministrazione ed appalto) tende quindi ad assicurare un servizio per conseguire il quale l'armatore mette a disposizione anche il proprio personale, reclutato sulla base delle indicazioni della società.
     Nel caso di specie è pacifico in causa che il Minaudo ha sottoscritto un contratto d'arruolamento con l'ammontare, il quale gli ha corrisposto sia la retribuzione ordinaria che le maggiorazioni dovute al lavoro straordinario, ed ancora che è stato assoggettato alla gerarchia e al potere direttivo del conducente della nave, a vantaggio del quale ha prestato le proprie energie lavorative.
     E' quindi più che legittimo affermare che il Minaudo era alle dipendenze, quale subordinato, dell'armatore, ancorchè svolgesse un'ulteriore ruolo di ausiliario della società di catering, con la quale cooperava per offrire efficiente, e dalla quale veniva retribuito con provvigioni, tipica forma remunerativa di una collaborazione che si concretizzava in una prestazione d'opera continuativa e coordinata ed a carattere personale.
     Invero, il ricorrente, interrogato dal Pretore, ha tra l'altro testualmente dichiarato : "l'attività che svolgevo per conto della Ligabue mi impegnava mediamente due ore al giorno; per tale attività la Ligabue mi riconosceva il 13% sugli incassi di quanto vendeva all'equipaggio; fino agli ultimi anni in cui mi è stato dato il 5 per cento. Inoltre ogni qualvolta provvedevo a curare l'imbarco di merce all'estero mi veniva corrisposto il 2% sul valore della merce imbarcata da parte del fornitore locale; ricevevo inoltre dalla Ligabue L. 20.000 mensili oltre saltuariamente qualche altra gratifica" (v. verb.ud. 29.3.89).
     Si trattava quindi, come ha evidenziato il Pretore, di compiti di dispensiere cambusiere, le uniche compensate direttamente dalla Ligabue.
     Ora il Minaudo, come dispensiere, gestiva uno spaccio ove vendeva i c.d. beni di conforto all'equipaggio; rimettendo gli incassi alla società e venendo retribuito a percentuale a seconda dell'ammontare delle vendite; così svolgendo un'attività che per contenuto e modalità è certamente assimilabile - pur nei suoi connotati atipici - a quella di un rappresentante di commercio.
     Quanto invece ai compiti di cambusiere, va evidenziato che il Minaudo provvedeva direttamente all'acquisto di beni di modesta rilevanza, essendo stato dotato dalla società di un autonomo peculio, e che comunque detta funzione riguarda un rapporto avente ad oggetto una prestazione di facere, riconducibile quindi addirittura allo schema generale del lavoro autonomo.
     Nonostante ciò, la pacifica esistenza di direttive e di controlli della Ligabue nello svolgimento delle operazioni di carico e scarico della merce, induce il Collegio a ritenere che anche in questo caso si tratti di comune parasubordinazione, in quanto, in entrambe le ipotesi, ricorrono sia la continuità della prestazione, in quanto reinteratasi per anni, che la coordinazione della stessa, consistente nella connessione funzionale tra l'attività di lavoro prestata a bordo dal Minaudo e quella di programmazione e organizzazione dell'intero servizio di catering approntate dalla Ligabue, di modo che il risultato finale offerto viene a costituire il frutto della reciproca collaborazione.
     Quanto infine alla prevalenza personale della prestazione essa risulta di tutta evidenza.
     Invero chi collabora deve avere capacità e doti personali tali da assicurare il buon andamento del catering, che va quindi giudicato nella sua funzione globale più che nei suoi distinti dettagli, essendo il frutto del concorrente apporto di una efficiente struttura societaria e delle qualità della persona designata, la quale - godendo di margini di autonomia lavorativa (non foss'altro per le distanze e la particolarità dei compiti) - ne condiziona il positivo esito.
     Sulla sorta di tutte le considerazioni che precedono, va invece confermata la decisione pretorile laddove precisa che si verte in tema di lavoro comune, escludendo il rapporto di lavoro marittimo.
     Conclusivamente l'appello principale va parzialmente accolto con parziale riforma della sentenza impugnata, mentre il gravame incidentale dev'essere integralmente respinto.
     La novità delle questioni trattate induce il Collegio a procedere alla totale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
     Accoglie l'appello principale per quanto di ragione e, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, accerta che tra la Ligabue catering s.p.a. e il Minaudo è intercorso un rapporto di natura parasubordinata.
(omissis).


Diritto dei trasporti
1996 241 244

Enzo Fogliani
CATERING E LAVORO A BORDO

     La  sentenza d'appello del Tribunale di Venezia che si  annota, oltre  ad offrire una definizione del contratto di Catering,  costituisce   un'altro   interessante   tassello   nella   problematica   delle    diverse  possibilità  di configurazione della prestazione di attività lavorativa  a bordo  della  nave; problematica recentemente divenuta di  attualità  a seguito   di   due  pronunce  diametralmente  opposte  da   parte   dei magistrati del lavoro in relazione alla prestazione.

     Un  primo  orientamento,  espresso dal  pretore  di  Roma (1), ritiene  sostanzialmente  che qualsiasi prestatore  d'opera  che  svolga servizi  di lavoro subordinato a bordo della nave in  navigazione  non possa   che   necessariamente  essere  un   dipendente   dell'armatore. Secondo  questo  orientamento sarebbe quindi illegittimo  per  illecita interposizione  fittizia ed appalto di manodopera il rapporto di  lavoro tra  la  società  di  catering che gestisca i servizi di  vitto  e  pulizia  a bordo  ed  il  personale  navigante che di  tali  servizi  si  occupa.   Il rapporto  di  lavoro  intercorrente  fra  quest'ultimo  e  l'armatore  si configurerebbe come rapporto di lavoro marittimo subordinato basato sull'atto  di arruolamento, riducendosi quindi, di  converso,  l'attività della  società  di catering alla mera fornitura del cibo e  del  materiale occorrente alla prestazione del servizio a bordo.

     La  contraria  opinione,  recentemente espressa  dal  pretore  di Civitavecchia (2)  con  il  conforto della migliore  dottrina (3)  e  di alcune risalenti pronuncie della cassazione (4), ammette la  possibilità che a bordo della nave prestino la loro attività anche dipendenti  delle imprese  appaltatrici   dei servizi di bordo. A tale rapporto  di  lavoro subordinato  di  diritto comune, per il quale il  dipendente  è  inserito nell'organizzazione gerarchica dell'impresa appaltatrice, si affianca la   sottoposizione  gerarchica di natura pubblicistica al comandante  della nave,     conseguente    all'iscrizione    del    dipendente     nel     ruolo    dell'equipaggio  sulla base dell'atto di  arruolamento;  confermandosi   così  l'esattezza della dottrina maggioritaria che distingue nell'atto  di arruolamento  la  parte  pubblicistica e  necessaria  che  costituisce  il presupposto per l'imbarco e l'inserzione nel ruolo dell'equipaggio,  e  la  parte  privatistica  (eventuale)  costituita  dal  contratto  di  lavoro subordinato stipulato fra il marittimo e l'armatore.

     La  pronuncia  del pretore di Venezia dalla   cui  impugnazione trae  origine la sentenza oggi in esame aveva seguito  questo  secondo orientamento,   accertando   l'esistenza  di  un   rapporto   di   lavoro subordinato di diritto comune fra il lavoratore imbarcato e la  Società di  catering  che gestiva i servizi a bordo della  nave.  Tale  sentenza, peraltro,  non  superava  il rilievo che, di  fatto,  il  marittimo  aveva stipulato con l'armatore un regolare contratto di arruolamento ed  era da  questa  regolarmente retribuito; essendo  l'impegno  lavorativo  a favore  dell'impresa  appaltatrice  del  servizio  di  catering  a  bordo limitato a non più di un paio d'ore giornaliere.

     La   sentenza   di  primo  grado  è  stata   quindi   parzialmente riformata dal Tribunale di Venezia, il quale ha ricostruito peraltro  in fatto  una  situazione per più versi differente da quella  esaminata  dal  Pretore  di  Roma  e  dal  Pretore  di  Civitavecchia.  Per   conciliare l'appurata   esistenza   di   un  contemporaneo   rapporto   di   lavoro subordinato del marittimo con l'armatore, il Tribunale ha  prospettato una  nuova  ed  inedita configurazione per il  rapporto  fra  prestatore d'opera     e     appaltatore     dei     servizi,     definendolo      come  "parasubordinato" e ritenendolo retto dalle norme di diritto comune.

     Mentre  le  fattispecie esaminate dalle richiamate  sentenze  dei Pretori  di Roma e Civitavecchia si riferivano a contratti di appalti  di servizi a bordo effettuati sostanzialmente e principalmente a beneficio dei passeggeri trasportati, nel caso esaminato dal Tribunale Veneto  si trattava  di servizi di approvvigionamento e di  somministrazione  del vitto all'equipaggio di navi non addette al trasporto passeggeri.

     Il marittimo in questione risultava in effetti legato  all'armatore da  un contratto di arruolamento sulla base del quale era imbarcato  e retribuito  dall'armatore  stesso. La scelta di tale marittimo  da  parte dell'armatore era stata peraltro effettuata su indicazione della  società di catering il cui suddetto marittimo era legato dall'accertato rapporto di parasubordinazione.

     Sulla   base   di  quest'ultimo  rapporto   il   marittimo   veniva ricompensato  con  una  provvigione percentuale  sulle  vendite  dello spaccio  che egli gestiva per conto di detta società, nonché  con  altre gratifiche;   configurando   così   un'attività  avente   ad   oggetto   la prestazione  di un facere che la sentenza stessa non esita a  ricondurre per alcuni versi allo schema generale del lavoro autonomo.

     Non   è  dato  sapere  dalla  sentenza  in  esame  gli   ulteriori, essenziali  aspetti del rapporto fra armatore e società di  catering  che possano  costituire  un  valido supporto  causale  alla  situazione  così delineata.   Certo   è  che  tale  supporto   causale   dovrebbe   essere estremamente  robusto  in  quanto,  in  mancanza,  la  posizione   del marittimo in questione darebbe adito a più di un dubbio.

     Mentre  infatti  la  posizione  di  un  dipendente  della   società appaltatrice  di servizi a bordo è estremamente chiara in  relazione  ai rapporti   del  dipendente  con  l'armatore,  nel  caso  esaminato   dal Tribunale  di  Venezia  il lavoratore può  trovarsi,  quale  Arlecchino servitore   di   due   padroni,   punto   di   riferimento   di    interessi contrastanti.  Egli  infatti viene ad essere parte comune  nel  rapporto fra  lui e l'armatore, fra lui e la societa' di catering e fra  armatore  e societa' di catering.

     La  sentenza non si sofferma su tali problematiche; ma  il  fatto stesso che sia stata data una tale configurazione al rapporto esaminato porta   a   ritenere  che  il  Tribunale  ritenga  del   tutto   lecita   tale configurazione. Con cio' offrendo interessanti spunti e nuove idee  in tema di rapporto di lavoro (subordinato o parasubordinato) a bordo.

Enzo Fogliani
NOTE:

(1) Pret. Roma, 2 novembre 1990, in Dir. Trasp. II, 1992, 593,  con  nota di Enzo Fogliani, In tema  di  appalto  di servizi  a  bordo e interposizione  illegittima  di  mano d'opera.

(2) Pret. Civitavecchia 17 novembre 1994,  in Dir. Trasp. 1995,  577,  con  nota  di  Enzo  Fogliani Legittimita' dell'appalto dei servizi a bordo.

(3) Si veda, per tutti, ENRICO LUFIFREDI, voce Equipaggio della nave, in Dig. (disc. comm.), Torino, 1990, V,  259,  e riferimenti dottrinali ivi indicati.

(4)  Cass. 14 luglio 1964, n. 1900, in Foro it. 1964,  I, 1338;  cass. 25 agosto 1971 n. 2570, in Dir.  Mar.  1972, 346.